Storie originali > Thriller
Segui la storia  |       
Autore: Gnana    04/07/2014    1 recensioni
Alexander era spaccone, impulsivo, un demone ammaliatore, un vagabondo. E' diventato un uomo vigile, posato, consapevole di sé stesso. Ma nessun evento, nessun insegnamento ha potuto cambiare la sua natura. A causa di un trauma terribile, diventa un abile e spietato assassino. Anche ora che si trova in un carcere di massima sicurezza, specializzato nella cura dei criminali come lui, dove trascorrerà il resto dei suoi giorni, lui non si pente delle sue azioni.
Vede il carcere come un punto di arrivo, un check point, un posto dove ristorarsi perché é molto meglio di qualsiasi sistemazione abbia trovato in tutta la sua vita. L'unica cosa che lo infastidisce é Bill, un criminologo, apparentemente ossessionato da lui e dai suoi omicidi che non perde tempo per riportare a galla ricordi ormai assopiti e dettagli insignificanti, ma Alexander non ha idea delle innumerevoli cose che nasconde.
La sua routine e la sua tranquillità verranno stravolte dal suo compagno di cella, Harry, un uomo umile ma sicuro di sé, che ha avuto tutto e poi niente dalla vita. Harry ha un piano ben preciso, un idea estremamente coraggiosa che Alexander non riesce a digerire ma che alla fine accetta solo per poterlo seguire.
Genere: Azione, Drammatico, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
“Dammi almeno un buon motivo per dirtelo.”
“Semplice, amico. Quello che mi dirai non ti nuocerà, non graverà sulla tua situazione: è solo un approfondimento. Oppure prendila come una mia curiosità. In effetti sono fottutamente curioso!”
Pronunciò l’ultima frase accompagnandola con una risata quasi isterica.
Alexander pensò che forse i pazzi lì dentro ne erano due.
“Senti, Bill, mi farebbe tanto piacere continuare a parlare con te e magari prenderci anche un tè, ma l’orario delle visite è finito.” Disse frettoloso e ironico.
“Come fai a saper..”
“Professor Simon.” Lo interruppe una voce autoritaria ma gentile. “Il tempo è scaduto, la accompagno?”
“ No, John, grazie.”
Disse con tono annoiato alla guardia a cui non degnò nemmeno uno sguardo, perché era impegnato a studiare l’uomo seduto davanti a lui.
Alexander aveva un sorrisetto di scherno che irritò molto Bill, il quale prima di dirigersi verso la porta gli rivolse un’occhiataccia.
Bocca-meschina scomparve e Alexander sentì due forti braccia che lo aiutavano ad alzarsi dalla sedia, poiché le manette ai polsi e alle caviglie non gli permettevano movimenti fluidi.
Iniziò la camminata nel corridoio che piu’ odiava, anche se lo conosceva a memoria.
Lo faceva quasi tutti i giorni. Dalla sua cella alla stanza e viceversa.
La “galleria”, lo chiamavano, perché era lunghissimo e scuro e il soffitto era molto alto.
Era l’unico passaggio che divideva le celle dalla zona amministrativa. Ai detenuti era permesso attraversarlo solo per andare in sala visite. Perfino la mensa e il cortile si trovavano al lato opposto, nel retro dell’istituto.
Nonostante le manette, le tuniche arancioni contrassegnate da numeri e le sbarre, quel posto non sembrava una prigione. Le celle erano abbastanza larghe ed ospitali, con un cucinotto e uno o piu’ letti con materassi comodi e lenzuola sempre pulite. Anche i bagni erano in ottime condizioni, a parte qualche volta in cui in tutto il piano si sentiva una puzza insopportabile.
Era Bobby, il povero stitico che non andava spesso in bagno, ma quando ci andava lo dovevano sapere tutti.
Alexander si trovava bene lì, forse non era mai stato meglio. L’ambiente non era dei migliori: tutti erano pazzi, chi piu’ chi meno. E lui era uno di quelli.
Si volevano tutti bene in fondo. Anche il personale di sorveglianza e quello di pulizia andavano d’accordo con quasi tutti i detenuti, pur mantenendo un atteggiamento autoritario e distaccato.
Non sembrava una prigione perché non era quella la vera prigione.
Lì c’erano tutti i casi meno gravi, i criminali meno pericolosi. Ma c’era una zona dell’istituto che veniva vista con terrore e raccontata come se fosse una leggenda. In effetti quello che succedeva lì era un mistero. Era una zona completamente a parte, divisa dal resto dell’edificio.
Lì c’erano le celle di isolamento, le sale in cui legavano i pazienti impazziti ai letti e dove iniettavano nelle vene sostanze che i detenuti della “zona verde” non volevano neanche immaginare. Tutti avevano paura di quel posto, ma nessuno aveva paura che potesse andarci. Appunto, pazzi.
“Si dice che facciano anche degli esperimenti lì giù!”  Disse Bobby lo stitico, intento a spiegare ad un nuovo arrivato della cella di fronte  l’esistenza della “zona morte”.
“Ma stai zitto! Non dire stupidaggini, è solo un ragazzo.” Esclamò Ian in una cella poco distante dalla sua.
In effetti Alexander aveva notato che il ragazzo era impressionato, ma decise di non intervenire. Si divertiva a sentire quei due che bisticciavano.
Andò a stendersi sul suo letto a riflettere sul discorso che gli aveva fatto Bill.
Aveva ragione, aveva perfettamente ragione.
Non si spiegava come aveva fatto a scoprire della sua vecchia fiamma o come era arrivato a quelle conclusioni, fatto sta che aveva indovinato tutto. Aveva fatto in tempo, però, a salvare almeno due dei suoi segreti: il perché uccideva e Marie.
Sapeva, però, che era questione di tempo e Bill avrebbe continuato a spremerlo.
Si era sempre chiesto come mai, nonostante fosse condannato e per tutto il mondo fosse un mostro, lui doveva ancora subire quelle torture.
Non cambiava niente se quella che aveva ucciso era la sua fidanzata oppure no, eppure Bill lo voleva sapere. Talmente tanto che aveva perso qualche nottata per indagare, l’aveva capito dalle grosse occhiaie.
Possibile che lo faccia per vendicarsi di quella notte? Possibile che sia così immaturo?
Un rumore di chiavi gli fece spostare gli occhi dal soffitto alla porta a grate. Un agente di turno alto e robusto stava aprendo la cella per fare spazio a un uomo.
Bassino per la sua età – 34 anni – con capelli lunghi e neri che sembravano sempre unti, e forse lo erano davvero. Era muscoloso e con un ossatura grossa, un tipo col quale dovevi stare attento a non fare a botte, avrebbe potuto stendere Alexander con uno schiaffo. Ma non era per quello che se l’era fatto amico, tra l’altro era l’unico che aveva lì dentro.
“Harry, ti vedo soprappensiero.” Disse Alexander, curioso di sapere dove Harry era stato.
“Ehi, io non ti rompo le palle ogni volta che entri in cella.” Rispose con calma, restando in soprappensiero. Si sedette sul letto, dall’altra parte della stanza.
Alexander sorrise, se lo aspettava. Quello che gli piaceva di lui era proprio il fatto che sapesse rispondere sempre per le rime a chiunque ed era l’unico che non aveva paura di lui.
Harry non aveva paura di nessuno.
“Ok, ho capito, resto zitto.” Disse Alexander girandosi verso il muro.
“Dai, girati, idiota. Non fare l’offeso.”
Alexander sorrideva, mentre guardava il muro. Sapeva che di lì a poco Harry gli avrebbe raccontato tutto.
Nessuno se n’era accorto lì dentro, ma Alexander aveva il sospetto che il suo compagno avesse un debole per lui. Non gli dispiaceva per niente, amava sentirsi desiderato. Ma non si concedeva a nessuno.
“Alex, io e te ci conosciamo da tanto…” Esitò per un po’, nessuna risposta.
“Sei… la persona con cui mi sono trovato meglio qui dentro. Hai il passato piu’ tenebroso di tutti, ma nonostante questo non ho mai avuto paura di te, perché mi sei sembrato il piu’ sano di mente.”
Fece un sorriso, poi continuò:
“Ho riflettuto molto a come dovevo confessarmi, quali parole usare e tutte quelle cazzate varie. Vedi… Vorrei che tu fossi piu’ che un compagno di cella.”
Si fermò per far si che il suo compagno assimilasse il significato di quelle parole.
Alexander era su di giri, ma non voleva ancora girarsi, si sarebbe sentito molto piu’ a suo agio non guardandolo in faccia.
Sentì Harry alzarsi dal letto, evidentemente voleva avvicinarsi, ma si fermò al centro della stanza.
“Alex…io…Vorrei che fossi il mio compagno di fuga.”
Alexander si alzò di scatto e si bloccò, perforandolo col suo sguardo sconcertato.
“IO COSA? MA SEI IMPAZZITO?”
Si portò subito la mano alla bocca, mentre sentì un rumore provenire dalle sbarre. L’agente vi aveva sbattuto il suo manganello, per calmarli.
“Alex, cosa urli?” Disse Harry, sussurando, mentre si avvicinava per mettergli una mano sulla spalla.
Alexander si scostò subito, stizzito. Era arrabbiato con lui. Arrabbiato perché si era illuso, arrabbiato perché si sentiva preso in giro, ma soprattutto arrabbiato perché Harry non capiva la fortuna che avevano. Lanciando ogni tanto uno sguardo fuori per vedere se c’erano agenti in giro, buttò tutta la rabbia su Harry.
“Harry non capisci che qui siamo in salvo? Stiamo bene, ci trattano quasi come persone normali. E’ vero, facciamo una vita da detenuti e pur di non deprimerci in cella sopportiamo le ore di esercizio fisico. Scusa, ma io non mi sognerei mai di uscire da qui. E poi dove potresti andare?”
“Dalla mia fidanzata.”
Rispose Harry, come se fosse la cosa piu’ ovvia del mondo.
Il cuore di Alexander saltò un battito.
Cosa? Pensò.
“Cosa?” Disse.
“Hei, calma!” Disse Harry ridendo. “Stavo scherzando!”
Harry tornò a sedersi sul letto e cominciò a raccontare cosa aveva scoperto in quelle settimane e perché era necessario scappare il piu’ possibile da lì.
“Ho sentito dalle mie fonti che stanno succedendo cose strane…” si fermò prima di pronunciare le ultime parole con espressione disgustata “…li giù.”
“Fonti? Quali fonti? Sembrano le parole di un visionario.
 La giù non succede niente! Credevo fossi d’accordo con me a deridere tutti gli altri come Bobby.”
“Alex, la ‘zona morte’ è un aggettivo molto appropriato.”

“Mi stai dicendo che lì la gente muore davvero?”
“Se è così, di preciso non lo so… Ma, credimi, molti detenuti sono letteralmente scomparsi.”
“Harry, non dire stronzate. Siamo al sicuro!” Alexander alzò di nuovo la voce senza accorgersene e questo scaturì la reazione immediata di un’altra delle guardie di passaggio:
“Ragazzi, allora?” 
Il suo tono era come quello di un padre che non ha voglia di fare la predica. Poi aggiunse sussurrando, senza farsi sentire dagli altri, con fare preoccupato:
“Mi dite perché litigate? Non vi siete mai comportati così.”
“Juan, nada de nada.” Rispose Harry, divertito. Juan era il soprannome della guardia che aveva due baffoni neri da messicano. 

“Se non vuoi che ti tenga chiuso qui nell’orario della mensa, stai zitto.” Disse un po’ offeso, ma non lo diede a vedere. Con questo si girò e fece per andarsene, ma Alexander lo richiamò.
“Aspetta, Phil!”
La guardia si girò.
 “Stavamo discutendo animatamente sulla zona morte. “
Harry, non piu’ sorridente, lo fulminò con lo sguardo.
“Ancora con questa storia? Andiamo, ragazzi, io avrei piu’ paura degli alieni. Noi che male vi potremmo fare?”

“Ti ringrazio Phil.” Continuò Alexander. “Ma vorrei sapere tu da chi l’hai sentita questa storia.”
“Beh, da voi, ovvio. Bobby è il primo che ne parla come un ossesso.”

“E tra di voi?” Alexander stava rallentando di proposito la cadenza di voce, per risultare inquisitorio.
“Noi ci ridiamo su.”

“C’è qualcuno che ne è completamente indifferente?”

“Si, ma pochi. E’ troppo divertente.” Rispose Phil con un sorriso, ma quando vide l’espressione seria di Alexander si fermò di colpo.
“Tu ci sei mai andato lì?” disse rallentando ancora, impercettibilmente.

“Non sono autorizzato.” Cominciava ad inquietarsi.
“Scommetto che quelli che fanno gli indifferenti fanno parte del personale autorizzato.”
Phil lo guardò incerto, poi spostò lo sguardò, evidentemente per pensarci su. Poi rispose:
“Si.”

“E scommetto anche che solo quelli che ne fanno parte ne sono indifferenti.”
Gli occhi ormai erano due fessure e Phil era palesemente spaventato.
“Si.” Rispose con voce tremante.
Alexander in un secondo cambiò espressione e divenne raggiante.
Con un largo e caloroso sorriso disse:
“Grazie Phil.”
Poi si girò e andò a sedersi.
Gli sguardi di Alexander e Harry si incrociarono, ma non si dissero una parola, stavano aspettando che Phil se ne andasse.

Phil si allontanò molto confuso da quell’avvenimento. La voce e gli occhi di Alexander erano così ipnotici che non fu in grado di reagire. Preferì andarsene e far finta di niente.
Nella cella fu Harry a rompere il silenzio. Questa volta era lui ad essere arrabbiato.
“Si può sapere che cosa ti è saltato in mente?”

“Ehi, calma, non è successo nulla.” Rispose mentre tornava a stendersi sul letto.
“Ora so che gli unici che fanno finta di niente sono proprio quelli che lavorano lì. E’ abbastanza evidente che nascondono qualcosa. Quindi… Ora ho un dubbio anch’io.”

“Alex, io non ho dubbi, lo so per certo! Lì è pericoloso!”

“Ma si può sapere che fonti hai? Sembra che parlo con un investigatore privato!”
“Se solo tu stessi zitto e aprissi le orecchie, ti spiegherei per filo e per segno, cazzo!”
Alexander divenne docile, abbassando lo sguardo e sciogliendo le spalle.
Si calmò anche Harry e iniziò a raccontare.
“Lavoravo in polizia, avevo molte conoscenze perché anch’io ero molto conosciuto. Rispettato anche come uomo, tutti volevano il mio aiuto. Ho salvato la vita a molta gente e per questo mi sono fatti molti nemici. Ho delle conoscenze qui dentro, uomini che morirebbero per me, che tengono d’occhio il direttore di questo istituto.
 E’ un mio acerrimo nemico, ha cercato di uccidermi molte volte, ma non ci è mai riuscito. Alla fine mi ha incastrato ed è riuscito a rinchiudermi qui dentro rovinando la mia carriera, la mia reputazione e la mia famiglia. Fortunatamente non ho perso alcuni seguaci.”
“Lo sapevo che eri diverso da tutti gli altri.” Disse Alexander con un sorriso. Harry rispose al gesto arrossendo e continuò il suo racconto.

“Questi…seguaci non si basano su voci. Tengono d’occhio il direttore per davvero. Sono partiti col mettere delle telecamere nascoste nel suo ufficio, poi sono passati alle intercettazioni e quando hanno sentito delle conversazioni inquietanti riguardanti la zona morte hanno deciso di hackerare le telecamere di sicurezza. 
Ma, indovina? Lì non ci sono telecamere. Così ne hanno piazzata una ben nascosta e sono talmente bravi che riescono a cambiare anche le batterie. Ah, i miei ragazzi.” Disse orgoglioso.
“Mesi di sorveglianza hanno portato a delle conclusioni inquietanti. Hanno visto piu’ di una volta due persone in camice bianco trascinare per il corridoio un corpo inanime, poi entrare sempre nella stessa stanza e uscirne ore dopo. Senza il corpo. E poi ancora e ancora.”

“I corpi che entrano non ne escono piu’?”
“Esatto. Stanno tentando di scoprire cosa succede, ma perfino per loro che sono così bravi è difficile.”
“E come fate a comunicare?”

“Questo non ha importanza. Il punto è che dalle immagini hanno scoperto che quelli che finiscono lì hanno tutti una cosa in comune.”

“Cioé?” domandò Alexander preoccupato.

“Riprendendo le loro facce e facendo delle indagini hanno scoperto che sono detenuti che hanno superato un certo numero di anni di detenzione. Credono, quindi, che per evitare l’affollamento se ne sbarazzino. Solo che non sappiamo come lo facciano.”

“Potrebbero scortarli in un altro edificio collegato, o addirittura in una prigione sotterranea. Noi non sappiamo l’intera mappa, sarebbe sciocco e inutile.”
“Noi non lo sappiamo, ma i miei ragazzi si. Non c’è nessun edificio collegato e non credo abbiano indagato per una prigione sotterranea, ma riferirò. Il punto è che è perfettamente inutile far perdere coscienza a una persona per poi scortarla nel… nulla.”

“Hai ragione. Se fosse per l’affollamento ci sposterebbero e basta, senza segreti.”
“Esatto. Quindi tramano qualcosa. Sei d’accordo con me?”

“Si.”

Si diedero il cinque.
Alexander però aveva ancora un dubbio.
“In media qual è il numero di anni di detenzione superati?”
“Quindici, circa. Perché?”

“Siamo qui da due anni, perché vuoi andartene adesso?”
Harry alzò gli occhi al cielo.

“Alex, io non voglio scappare per salvarmi la pelle, voglio scappare per salvare la pelle agli altri!”
Anche Alexander alzò gli occhi al cielo.

“Maledetto altruismo.” Disse annoiato.

Harry gli diede un buffetto dietro il collo, poi risero.
Harry sapeva che, nonostante Alexander fosse così egoista, l’avrebbe seguito in capo al mondo.
 

vvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvv

''...''- cit. L'Ordine del Silenzio.

 
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Thriller / Vai alla pagina dell'autore: Gnana