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Autore: Hesper    05/07/2014    2 recensioni
Questo è il primo episodio del remake di "Vendetta... O Giustizia?", serie che avevo mesi fa pubblicato per poi cancellarla non molto tempo dopo. Spero di aver fatto un buon lavoro nel riscriverla...
Questa è la storia del controverso incontro tra due dei più pericolosi criminali di tutto il Regno d'Egitto: Bakura e... una giovane donna.
Dal capitolo 1:
"C'era qualcosa che non lo convinceva in questa giovane donna, qualcosa che concerneva l'interesse che traspariva dai suoi occhi verdi e penetranti, i quali, peraltro, pensava lui, gli ricordavano il rettile più pericoloso che si possa trovare nel deserto, ovvero il serpente."
Genere: Avventura, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Touzoku-ou Bakura
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Mentre Siamun e gli altri sacerdoti si consultavano per decidere se accogliere o meno la richiesta della finta messaggera, Mahado si diresse, sia per ordine del visir, sia per sua sponte, verso la camera da letto del sovrano, in modo tale da verificare se la salute di quest’ultimo fosse migliorata.
Non era passato poco tempo da quando il faraone si era ammalato, e, da quel fatidico giorno, sembrava non essersi più ripreso. Poiché riusciva a stento ad alzarsi, era costretto, suo malgrado, a passare interminabili giornate riposandosi sul letto, affidando quindi il Regno nelle mani del visir e dei sacerdoti, persone di cui lui si era sempre fidato. Ovviamente tutti i funzionari, Mahado compreso, si stavano impegnando al massimo pur di permettere al loro sovrano di riprendere a governare la vasta terra d’Egitto e a scacciare eventuali minacce che potevano incombere su quest’ultima: per fare ciò, infatti, avevano chiamato i migliori medici conosciuti all’epoca, non senza prima, ovviamente, aver fatto un tentativo loro stessi. Ma nulla di tutto ciò che avevano fatto sembrava aver cambiato le carte in tavola.
Oltre a preoccuparsi della salute del suo re, c’era un altro pensiero che il sacerdote non riusciva a togliersi dalla testa: i suoi dubbi nei confronti di quella bizzarra e insistente messaggera.
C’era qualcosa in lei che non lo convinceva affatto. Correva effettivamente voce che non ci fossero guarnigioni sufficienti per difendere la città di Menfi, perciò era prevedibile che il funzionario della città, prima o poi, avrebbe mandato qualcuno a chiedere ausilio a Tebe. Fin lì non c’era nulla di male. Ma la maniera in cui quella donna era arrivata, le parole che utilizzava per esprimere i concetti… Tutto ciò lo lasciò parecchio perplesso.
Però, si chiese lui, anche se fosse stata una finta messaggera, perché mai avrebbe dovuto farlo? Doveva per forza avere un ottimo motivo per compiere un atto simile, il quale, peraltro, le sarebbe costato la prigione se l’avessero colta in flagrante.
Insomma, se così fosse stato ci sarebbe dovuto essere qualcosa di più grande dietro, e, per il momento, nulla di tutto ciò si era presentato.
“Sono sicuro che Siamun sistemerà tutto, qualora ce ne fosse bisogno” pensò il sacerdote, tenendo lo sguardo fisso per terra a causa della concentrazione “Nessuno qui è uno stupido, perciò posso stare tranquillo riguardo a ciò. Ora devo solamente pensare al faraone.”
Mahado quindi accelerò il passo, come per arrivare il prima possibile a destinazione. E, dopo non molto, ci riuscì. Una volta di fronte alla porta, diede, con le nocche, tre colpetti a quest’ultima, come per chiedere il permesso di entrare.
 
All’improvviso, un rumore di nocche che battono sul legno distrasse il ladro da quei perversi pensieri. Qualcuno aveva bussato alla porta della stanza in cui si trovava.
Dopotutto, Bakura se lo sarebbe dovuto aspettare, considerando che colui che aveva designato come vittima era nientemeno che il faraone in persona, il quale, peraltro, si trovava persino in uno stato di malattia. Già non lo lasciavano in pace quando si sentiva bene, figuriamoci quando la sua salute veniva meno…
“Calma” pensò fra sé, cercando di non farsi prendere dalla tensione a cui quella situazione lo aveva portato.
Cominciò a ragionare. Aveva un travestimento pressoché perfetto, non era un cattivo attore… Non c’era alcun bisogno di preoccuparsi, in fondo! Bastava solamente convincere colui che era sul punto di entrare di essere un autentico medico e il gioco era fatto. E poi, anche se quell’uomo o donna, chiunque esso fosse, lo avesse smascherato, avrebbe potuto tentare di fuggire.
Tanto, alla fine, ci avrebbe provato un’altra volta, magari ideando un piano anche migliore rispetto a quello che stava mettendo in pratica in quel momento.
“È permesso entrare?”
Dopo aver sentito questa frase, la quale sembrava esser stata pronunciata dalla stessa persona che aveva bussato alla porta, il ragazzo si girò di scatto, in quanto lo scricchiolio di quest’ultima aveva attirato la sua attenzione.
Quel qualcuno, quel fastidioso qualcuno, non si era limitato a bussare. Anzi: era persino entrato nella stessa camera da letto in cui lui si trovava.
Il suo volto stava per cessare di mentire riguardo alle sue emozioni: l’espressione seria che avrebbe dovuto avere per mantenere la copertura era sul punto di trasformarsi in una maschera di fastidio e frustrazione.
“Oh, si trova ancora qui?” gli chiese il sacerdote, distogliendolo dai suoi pensieri “Pensavo avesse già terminato la visita di oggi…”
“Guardi” rispose prontamente Bakura “Io, a dire il vero, sono appena arrivato.”
Mahado si sedette non molto distante dal finto medico, tenendo però lo sguardo fisso sul re in malattia, il quale, al momento, dormiva.
“Ha per caso controllato la salute del faraone?” chiese immediatamente il mago, fissando il suo interlocutore e aspettando con impazienza la sua risposta.
“Per ora, non ha dato segni di peggioramento, quindi presumo non ci siano problemi” rispose il ladro, ben mantenendo il ruolo.
“Ne sono felice. Speriamo soltanto che la sua salute vada migliorando.”
Nonostante avesse finito di parlare con lui, il mago non distolse nemmeno per un secondo lo sguardo dal giovane, il quale, al contrario, fissava il sovrano dormiente. Qualcosa, infatti, attirò la sua attenzione: la guancia destra del medico era attraversata da una lunga cicatrice, la quale incontrava a sua volta altre due cicatrici più piccole.
La prima cosa che gli venne da pensare fu che non era possibile che se la fosse procurata in un combattimento o simili. Sembrava troppo elaborata per esserlo. Al contrario, invece, assomigliava molto a quelle che i soldati incidevano sul volto dei criminali, in modo da sottolineare il disonore che portava compiere atti contro le leggi imposte dal faraone, quindi dagli déi.
Poteva essere una coincidenza, certo. Ma non lo poteva essere il fatto che di persone strane nel palazzo ne erano entrate due, peraltro nello stesso momento. Che fossero in combutta? Che fosse solo un caso o che fosse solo la sua immaginazione? Fatto stava che, vero o non vero, lui doveva comunque assicurarsi che quel luogo fosse privo di ogni pericolo, perciò non poteva permettersi di credere a chiunque, soprattutto in un momento critico come quello.
“Mi scusi?” Così Mahado richiese l’attenzione di Bakura, il quale, per fortuna non era stato ancora smascherato “Posso sapere che cosa ha intenzione di fare per permettere al re di rimettersi in sesto?”
La situazione cominciò a vacillare. Era evidente che quel tipo aveva non pochi sospetti nei confronti del finto medico, soprattutto perché sembrava avesse fatto quella domanda per coglierlo in castagna. Oltre a ciò, benché fosse celato tra le parole, si poteva comunque percepire un alone di perplessità.
E fu proprio per questo che il ladro non poté permettersi nemmeno un piccolo errore nella sua recitazione: da quel momento in poi avrebbe dovuto dare il massimo, e, come sempre, fece di tutto pur di non far cadere la copertura.
Alla luce di ciò, guardando dritto negli occhi il suo interlocutore, rispose, prontamente:
“Ecco, io avevo pensato di dargli questo.”
Mentre disse ciò, prese la piccola sacca che aveva strappato dalle mani dell’autentico medico, frugandovi dentro per poi prendere la prima boccetta di vetro che gli capitò tra le dita. La mostrò quindi a Mahado, il quale, però, non sembrava tanto convinto. Fissò infatti il liquido contenuto all’interno del piccolo contenitore di vetro con aria perplessa, dicendo in seguito:
“È una medicina?”
“Certamente, signore.”
“E posso sapere che cosa ha utilizzato per crearla?” chiese subito quello con fare investigativo.
“Ciò con cui si creano le medicine, ovviamente: le erbe” rispose Bakura, mantenendo la calma e non cascando nei tranelli del sacerdote.
“Già, che sciocco… E, quando sarebbe opportuno dargliela?” domandò nuovamente, diventando parecchio soffocante.
“Domani, possibilmente dopo il pasto. Direi che ora non sarebbe il momento opportuno, considerando anche il fatto che il sovrano sta dormendo, non crede?” spiegò il ladro, cercando inutilmente di dissipare i dubbi – giustificati – del sacerdote.
“Certamente” rispose il funzionario, incrociando le braccia e rivolgendo, con fare pensieroso, lo sguardo verso il sovrano.
Le cose si complicarono sempre più. Bakura infatti, affinché avesse potuto completare la sua missione, avrebbe dovuto trovare un modo per convincere il sacerdote ad andarsene, cosa peraltro poco semplice da compiere conoscendo la devozione che quelli del suo calibro avevano nei confronti del sovrano.
Non poteva sconfiggerlo in un combattimento, in quanto questo non lo avrebbe aiutato a levarsi i problemi con facilità. Dall’altra parte, però, non poteva rimanere impassibile e aspettare l’occasione buona per indurlo ad uscire, la quale, sicuramente, non sarebbe di certo piovuta dal cielo.
Considerati tutti questi fatti, al ladro rimase soltanto un’opzione: andarsene. In questo modo, infatti, avrebbe avuto sia meno probabilità di essere arrestato, sia avrebbe potuto imparare dagli errori precedentemente compiuti e ideare un piano migliore la volta successiva. In breve, quella fu la scelta più saggia che gli potesse venne in mente in quel momento.
“Mi scusi?” cominciò il ragazzo, smorzando il clima di riflessione che si era creato nella mente del giovane mago “Rimane lei qui ad assistere il nostro re?”
“Perché me lo chiede?” fu la domanda che fece immediatamente Mahado sentendo le parole del finto medico “Ha per caso altro da fare?”
“No, è che per oggi io avrei finito. Nel caso voleste chiamarmi nuovamente, però, non esiterò a venire” rispose prontamente Bakura, avvicinandosi furtivamente alla porta per poi uscire dalla stanza.
Vedendo ciò, però, il sacerdote si alzò di scatto, dicendo in maniera imperativa:
“Aspetta.”
Sentendo quella parola, il ladro si girò verso colui che l’aveva pronunciata, per poi trovarsi davanti ad una figura imponente che sprizzava scetticismo da ogni suo poro.
“Posso sapere il motivo di tutta questa fretta?” chiese il mago, facendo alcuni passi verso il finto medico.
“Mi scusi, ma, davvero, si è fatto tardi. La mia famiglia mi aspetta” disse Bakura, irritato.
Mahado, però, non si fece ingannare da lui. Appena sentite le sue parole, si avvicinò fulmineamente al suo interlocutore, prendendolo per un polso e dicendo:
“Il vero medico mi aveva detto di non essere sposato e di vivere quindi da solo. Oltre a ciò, lui non ha una cicatrice come quella che porti tu sul volto.”
Il finto medico venne fulminato dallo sguardo del giovane sacerdote, il quale, dopo un breve intervallo, passò subito al dunque:
Mi spiace, ma la recita è finita.
Il ladro, sentendo quella frase, rivolse il suo sguardo verso il basso.
Ormai non c’era più nulla da fare: lo aveva scoperto.
In quel momento la frustrazione cominciò a prendere il sopravvento. Ricordava di essere stato colto in flagrante solamente quando era giovane e inesperto; ma, una volta guadagnata l’esperienza necessaria per ciò che riguarda gli atti contro la legge, nessuno era mai riuscito a sventare i suoi piani.
Oltre a ciò, quello non era un piano qualunque: era una congiura contro il faraone in persona, il sovrano del grande regno d’Egitto. Un atto a dir poco spregevole agli occhi degli altri, così spregevole che, se lo avessero catturato, lo avrebbero condannato a morte senza indugi.
Poiché non aveva alcuna intenzione di essere ucciso in quel modo, agitò fulmineamente il polso in modo da liberarsi dalla presa del sacerdote, per poi correre verso la parete opposta, proprio dove c’era la finestra.
“È inutile che tu tenti di fuggire. Ormai sei in trappola” disse Mahado, incrociando le braccia e riducendo i suoi occhi a piccole fessure per scrutare il suo oramai avversario.
“Evidentemente non hai calcolato… Questo” ribatté Bakura, sorridendo malevolmente.
Una volta detta la parola “questo”, il ragazzo diede le spalle al giovane mago, per poi arrampicarsi sulla finestra e lanciarsi nel vuoto.
La scena durò pochi secondi ovviamente, ma riuscì comunque a lasciare di stucco il giovane.
Non poteva certamente lasciarsi scappare quell’impostore, qualunque cosa avesse voluto fare all’interno del palazzo. Doveva ancora sapere il motivo della sua presenza, se aveva complici, che cosa aveva pianificato, dove era finito l’autentico medico… Insomma, doveva interrogarlo.
E fu proprio per questo motivo che, appena lo vide scappare, corse immediatamente ad avvertire i soldati, in modo tale che lo arrestassero prima che riuscisse a fuggire.
 
Mentre il sacerdote faceva ciò, però, le sentinelle non rimasero impassibili. Infatti, appena videro il bandito sottrarre un cavallo ad un loro compagno a seguito della sua veloce fuga dal grande edificio, si diedero immediatamente all’inseguimento nel tentativo di catturarlo. Non ci fu bisogno dell’avvertimento del loro superiore per indurli a fare ciò: pensarono infatti che, se in quel momento stava scappando dal palazzo con il cavallo di un altro, c’era sicuramente un motivo. Magari poco valido ai loro occhi, ma pur sempre un motivo.
Bakura, dopo esser finalmente uscito dalla capitale, cosa che gli fece sprecare non molto tempo, si guardò le spalle. Da lontano poteva scorgere circa tre sentinelle, le quali gli stavano alla calcagna inseguendolo con i loro cavalli.
“Fermati immediatamente!” gridavano quelli, senza ovviamente ricevere una risposta dal loro bersaglio.
Rivolse nuovamente lo sguardo verso la strada da lui percorsa. Oramai si trovava nel bel mezzo della Valle dei Re, e questo lo poté comprendere osservando il terreno roccioso che lo circondava.
“Perfetto” borbottò il ragazzo, non nascondendo il sarcasmo che si celava nel suo tono di voce.
E non aveva tutti i torti, in fin dei conti. Quel luogo non lo aiutava nemmeno un poco nel suo tentativo di seminare quei dannati soldati, in quanto non presentava, almeno per quanto ne sapeva lui, biforcazioni nel percorso.
Cominciò a preoccuparsi, e questo lo si poté comprendere sia dalla sua espressione facciale, sia dal semplice fatto che non riusciva a fare a meno di voltarsi per vedere se i soldati, magari per un colpo di fortuna, lo avessero perso di vista o avessero rallentato il passo.
Ma nessuna di queste due cose si verificò. Anzi: le tre sentinelle non stavano facendo altro che accelerare, riducendo la distanza che vi era fra loro e il ladro.
Accorgendosi di ciò, spronò il cavallo, come per indurlo a prendere ancor più velocità. Ma la cosa non servì a nulla, in quanto anche i suoi avversari fecero la stessa cosa.
Insomma, nonostante l’aumento di velocità, di fatto, la situazione non variò: né Bakura riusciva a seminare le guardie, né quest’ultime sembravano capaci di raggiungerlo.
L’andamento dell’inseguimento non appariva propenso a cambiare, finché, però, il ladro non trovò una soluzione ai suoi problemi: infatti, non molto distante da lui, si trovava una piccola montagna, la cui posizione faceva sì che la strada finisse con una biforcazione.
Un bel colpo di fortuna: un cambiamento nel percorso, infatti, gli avrebbe permesso di confondere i nemici, se non addirittura di seminarli. Anzi, ancor meglio: avrebbe potuto permettersi di aspettare che fossero passati avanti per poi attaccarli alle spalle.
Non poteva assolutamente perdersi un’occasione del genere, perciò, senza esitare, prese la strada che conduceva proprio dietro la montagna, in modo tale da potersi nascondere dalle sentinelle e allo stesso tempo confondere quest’ultime.
Il piano, in effetti, funzionò a meraviglia: i soldati, pensando che il nemico li avesse oramai seminati, procedettero diritti, chiedendo addirittura ai cavalli uno sforzo ancor maggiore, inducendoli quindi ad accelerare.
Una volta sufficientemente lontani, però, Bakura decise di uscire allo scoperto.
“Stavolta sarò io ad inseguire voi…” disse, sottovoce, peraltro con un tono che faceva trasparire malizia da ogni parte.
Ordinando al cavallo di accelerare, dopo non molto tempo, riuscì a raggiungere i suoi bersagli.
Doveva riuscire ad ucciderli tutti e tre, o perlomeno fare in modo che non riuscissero a tornare al palazzo per informare il sacerdote riguardo al luogo in cui aveva intenzione di nascondersi.
E fu proprio per questo motivo che, una volta avvicinatosi al soldato che si trovava nelle retrovie, se così si potevano definire, lo spinse giù dal cavallo, facendolo cadere bruscamente sulla schiena.
Sentendo il grido che il loro compagno fece a causa di ciò, gli altri due si girarono, mostrando un volto modellato dalla sorpresa: davvero quel criminale, o chiunque egli fosse, era riuscito a raggiungerli? Com’era stato possibile? Poco prima non era davanti a loro?
Colui che guidava la schiera fece trasparire dal suo volto ancor più stupore quando, a causa della distrazione provocata da quegli stessi sentimenti, un altro compagno fu messo fuori gioco da quello sconosciuto.
“Ora manca solamente quello” pensò Bakura, sorridendo malevolmente.
La guardia di cui parlava però, non si fece, al contrario dei colleghi, cogliere di sorpresa. Infatti, vedendo l’avversario tendere la mano verso di lui per fargli fare la stessa fine degli altri due, gliela bloccò saldamente, dicendo, determinato:
“La stessa tattica non può funzionare tre volte!”
Il ragazzo lo fulminò con lo sguardo, come per pensare, nel frattempo, ad una soluzione, che, per sua fortuna, gli venne presto in mente. Sguainò dunque dalla sua giacca un piccolo pugnale, per poi infilarlo velocemente nel braccio dell’avversario, il quale, a causa del dolore, mollò immediatamente la presa. Ma non sembrò soddisfatto: infatti, dopo aver fatto ciò, lo spinse giù dall’animale, in modo tale da assicurarsi di non essere più ostacolato da lui.
Fatto ciò, tirò un sospiro di sollievo. Ce l’aveva fatta, dopo tutto quel tempo passato a fuggire: era finalmente riuscito a liberarsi dei suoi inseguitori.
È vero, magari non era riuscito a completare la sua missione, fatto che, peraltro, gli aveva lasciato non poco amaro in bocca. In quell’istante, però, la cosa non gli interessò minimamente: ciò che contava era non essere stato catturato.
Ancora non poco scosso da questo fatto, si diresse finalmente verso casa, la quale era a pochi chilometri dal luogo in cui, al momento, si trovava.

 
 


 
Angolo dell’autrice
Salve!
Stavolta sono arrivata prima del previsto… Ma solo perché i capitoli - no, il capitolo successivo è già pronto. Insomma, quando posso mi porto avanti!
Come avrete sicuramente notato, il nostro Bakura è riuscito a scappare. L’idea iniziale era di farlo arrestare, ma poi ho pensato che non gli avrebbe reso onore, diciamo così. Perciò… Ecco che l’ho fatto fuggire.
Come ho detto prima, il prossimo sarà l’ultimo capitolo. Ed è proprio per questo motivo che voglio lasciarvi con una provocazione: secondo voi, che fine ha fatto Alima (pensavate che me ne fossi dimenticata, eh? Le cose le calcolo, io: non sono una sprovveduta!)?
Beh, non posso dirvi la soluzione… Perciò vi tocca aspettare un pochettino finché non arriva il capitolo dodicesimo.
Detto ciò vi lascio. Alla prossima!
-Hesper
  
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