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Autore: La Nuit du Chasseur    06/07/2014    2 recensioni
[Michael Fassbender]
"Mi sposo", disse lei.
"Vieni a cena con me", disse lui.
Così diversi ma così vicini. La loro storia creerà problemi, danni, guai, passione e felicità. Non sapranno resistere all'avvicinarsi l'uno all'altra, anche se sanno che dovrebbero.
In una Londra complice e romantica, galeotta fu una caffetteria...
Genere: Erotico, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Halooooooo! 
Dunque, per la prima volta mi sento di iniziare il capitolo con una nota personale...
GRAZIE! 
Ho letto con moltissimo piacere tutte le recensioni che mi avete lasciato, 
e sono rimasta davvero a bocca aperta! 
Avete avuto per me tutti parole bellissime e complimenti che onestamente non pensavo di meritare! 
Davvero, grazie e continuate così! 
Detto ciò... ALERT: capitolo ad alto contenuto calorico (chi vuol capire capisca!), 
quindi armatevi di ghiaccio sul collo e acqua freddissima in mano! 

Buona lettura! 
Hr



Michael si alzò presto e andò alla caffetteria. Ormai quella caffetteria non vedeva Julia da più di dieci giorni. Non si erano più visti davvero dal pic nic, fatta eccezione per l’incontro davanti al negozio. La ricordava meno bella di come fosse, e averla così vicino gli aveva provocato un colpo al cuore: avrebbe solo voluto uccidere quell’uomo e averla tutta per se. Ma purtroppo non poteva decidere lui per la vita di Julia. Nonostante ciò, tutte le mattine andava alla caffetteria, sperando di vederla, sperando di ricevere un segno da lei. Doveva leggere una sceneggiatura e decise che quello era il luogo adatto: falso, non andava lì certo perché la luce era buona per leggere e l’atmosfera perfetta per decidere se accettare o no quella parte. Però continuò a farlo tutti i giorni. Dopo altri cinque giorni erano passate ormai due settimane dalla loro litigata. Julia gli mancava. Quella mattina era particolarmente giù di corda, e dopo altre due ore passate ad aspettarla, decise che doveva agire, doveva fare qualcosa. Prese il cellulare ed iniziò ad organizzare il tutto per il venerdì successivo, quando sapeva che Julia avrebbe avuto il pomeriggio libero. Solo quarantotto ore e l’avrebbe vista di nuovo. Finalmente il cattivo umore andò via, lasciando spazio all’eccitazione, anche se formalmente lei avrebbe potuto mandarlo a quel paese e andarsene, ma almeno doveva provarci. Michael passò i due giorni successivi ad organizzare qualcosa che credeva assurdo lui stesso, e a fare telefonate per essere sicuro che fosse tutto perfetto, niente doveva andare storto. Finalmente il venerdì arrivò, e lui alle 12 in punto si mise sotto lo studio di Julia con un girasole in mano. Per fortuna, pensò, in una delle loro passeggiate, erano passati proprio davanti il palazzo dove lavorava Julia. Si poggiò paziente ad una macchina lì parcheggiata, sperando che proprio quel venerdì Julia non dovesse protrarre la sua giornata di lavoro. E sperando soprattutto di riuscire a convincerla a seguirlo. Doveva almeno provarci, si disse ancora, come un mantra. Alle 12.30 Julia uscì. Dapprima non lo vide: il marciapiede era largo e affollato. Poi la gente andò via e se lo trovò davanti: era bello come non mai e aveva uno sguardo follemente sexy. Le era mancato più di quanto volesse ammettere. E tutte le cose che si era detta per auto convincersi caddero in un minuto davanti a quel girasole. “Cosa ci fai qui? Vuoi ancora dirmi cosa dovrei fare nella mia vita?”. Disse algida lei. Non era disposta a cadergli ai piedi. “Sono venuto a chiederti scusa.” “D’accordo, scuse accettate.” Dicendo ciò si incamminò, ma lui la raggiunse e le chiese di fermarsi. “Senti, Julia, tu mi piaci e questo non è più un mistero, ma sono stato uno stronzo a dire certe cose, non avrei dovuto. Ti chiedo un pomeriggio, poi potrai mandarmi al diavolo e ti giuro che non mi rivedrai mai più”. A quelle parole Julia si sentì mancare: l’idea di non rivederlo più la faceva stare male, come era stata male nelle ultime due settimane, anche se alla fine aveva deciso di essere forte e smetterla di fare l’adolescente innamorata. Respirò a fondo e decise che un pomeriggio non avrebbe fatto male a nessuno. Era una bugia, l’ennesima, e sapeva che avrebbe dovuto allontanarlo subito, prima di cadere di nuovo nella rete e rischiare di non uscirne più, ma preferì mentire a se stessa. Pur di averlo ancora vicino. “Aspetta.” Gli disse, poi prese il telefono e si girò dandogli le spalle. “Rob, ciao si sono io… senti, ho chiamato Tilly e mi ha chiesto se potevamo passare il pomeriggio insieme. Forse rimango anche a cena, tanto tu devi lavorare, ok? Si d’accordo, ti chiamo più tardi. A dopo, baci”. Poi senza rivolgere uno sguardo a Michael compose un sms per Tilly, la sua migliore amica: “Tilly, salvami, io oggi sto con te fino a stasera. Nessuna domanda, poi ti spiego in settimana. Un abbraccio”. Solo dopo chiuse il telefono, lo buttò in borsa, respirò a fondo, e si voltò verso Michael, il cui sorriso sembrava quello di un bambino a cui era stato dato il suo giocattolo. Julia era consapevole che aver mentito, di nuovo, davanti a Michael gli dava una sicurezza che decisamente non le dava nessun vantaggio, ma momentaneamente non se ne interessò e si disse che era solamente curiosa di vedere cosa lui aveva in mente, solo quello. Un’altra, pietosa, bugia. “Tilly, mi è sempre piaciuto come nome…”. Era tornato e lei non seppe resistere a farsi una risata. “Un pomeriggio, Fassbender. Sfruttalo bene.” Non sapeva quanto bene l’avrebbe sfruttato lui. Chiamò un taxi e gli diede un indirizzo scritto su un foglietto. Poi si sistemò sul sedile e guardò Julia. “Il viaggio non sarà breve, mettiti comoda.” In effetti rimasero in quel taxi poco meno di quarantacinque minuti, un’eternità praticamente, nei quali cercarono di trovare di nuovo la loro sintonia. Non era facile, dopo quello che si erano detti: ormai giocavano a carte scoperte e nessuno dei due aveva dimenticato un solo particolare del loro ultimo incontro. Però piano sembrarono essere tornati quelli di qualche tempo prima. Arrivarono ad un eliporto poco fuori Londra, e Julia si insospettì: dove voleva portarla? Michael sembrava essere di casa da quelle parti, le aprì la portiera dopo aver parlottato con un uomo in una strana divisa. Appena uscì, l’uomo le sorrise e disse alla coppia di seguirlo. Arrivarono di fronte ad un elicottero, fecero indossare ad entrambi un giubbino di sicurezza e li fecero salire a bordo, dando loro anche delle cuffie. Julia era incredula: “Fassbender, una visita al Museo di Storia era troppo banale, vero!?” “Mi hai detto tu di sfruttare bene il nostro ultimo pomeriggio insieme!” e rise. Quella risata provocò quasi un infarto a Julia, che dovette distogliere lo sguardo con una scusa per non buttargli le braccia al collo. Si guardò distrattamente la mano, dove fra qualche mese avrebbe troneggiato la sua fede nuziale e si sentì in colpa: solo un pomeriggio con un amico, Julia, si disse, cercando di calmarsi. Un’altra bugia. L’elicottero si alzò rapidamente in volo, facendo andare lo stomaco di Julia sotto sopra. Istintivamente si strinse al braccio di Michael, che si girò ad osservarla: era bellissima, un’espressione di sorpresa e felicità si era dipinta sul suo volto. Sentire il suo corpo così vicino lo eccitò fisicamente e mentalmente e sperò vivamente che quel pomeriggio avrebbe convinto Julia che lui era la scelta non razionale ma passionale da fare. Il viaggio durò parecchio, e Julia non faceva altro che guardare il panorama e indicare con le dita il mare, la costa, e qualsiasi altro dettaglio, urlando per la sorpresa e guardandolo con entusiasmo ed incredulità. Ma questo era niente: Julia era convinta che fosse solo una gita in elicottero, non sapeva che non sarebbero atterrati a Londra. Iniziò a rendersene conto quando vide il verde d’Irlanda. Era riconoscibile lontano un miglio, e lì si ammutolì non capendo le vere intenzioni di Michael. Atterrarono in un eliporto ventoso e in mezzo al nulla. C’era solo un hangar e poco altro, non si vedeva nessun paesaggio, nessuna casa, niente di niente. Julia scese, consegnando giubbino e cuffie al pilota, poi si girò verso Michael e chiese: “Dove siamo?” “Aspetta e vedrai, vieni.” Le porse la mano, lei la prese e sentì di nuovo le farfalle nello stomaco, lo stress passò, il malumore anche, la depressione era come se non fosse mai esistita. Fecero svariati metri a piedi, su un sentiero sterrato: ringraziò l’abbigliamento abbastanza casual di quel venerdì, anche se risultava ancora particolarmente elegante per l’ambiente. Ad un certo punto, presa a guardare il terreno per non inciampare, non si accorse che Michael si era fermato, così lo urtò, alzando gli occhi per chiedergli perché avesse frenato così bruscamente e… l’Irlanda precipitava nel mare davanti a lei. Michael l’aveva portata sulle più belle scogliere della Nazione, quelle che lui amava e che per lui rappresentavano uno degli spettacoli più sensazionali della terra. Era a bocca aperta, non sapeva cosa dire, sentiva le lacrime salirle agli occhi: lacrime di felicità, molto diverse da quelle che aveva versato nelle settimane precedenti chiusa in bagno. Michael era lì a gustarsi quella donna così bella che era rimasta senza parole: lei guardava solo di fronte a se, per lui invece lo spettacolo era di lato, era lei. “Tu… tu sei… un… folle!” urlò quasi, in preda ad un strana energia che sentiva di avere dentro. Si girò di scatto e decise di lanciarsi davvero: gli gettò le braccia al collo e lo baciò. Michael fu colto di sorpresa, la prese fra le braccia, stringendola, e rispose al bacio, finalmente un bacio vero, pieno di passione, poco romantico, poco gentile, pieno di tutta l’eccitazione che entrambi sentivano di avere da tempo. Quando ad entrambi mancò il fiato si guardarono negli occhi, con ancora l’eccitazione in circolo. “Julia, io sono innamorato di te. Sono stato male senza di te, e vorrei davvero che non ci fosse nessun Robert. Ma non sono nessuno per dirti cosa fare, quindi scusami. E da ora in poi non dirò più una parola: accetto la sfida e non pretendo nulla. Solo devi giurarmi che non ti farai del male.” Julia annuì, quel discorso era bellissimo, e non perché le dava la possibilità di fare quel che voleva, ma perché dimostrava che Michael la rispettava. “Facciamo due passi?” “Vieni…” la guidò attraverso i sentieri che conosceva bene, mano nella mano, fecero un giro lunghissimo, fermandosi di tanto in tanto a contemplare l’orizzonte, il mare sotto di loro e scattando foto con i cellulari. In mezzo a tutto ciò c’erano baci sempre più infuocati, sempre più maliziosi. Quando ormai erano le diciotto passate, Michael le disse che avrebbero dovuto tornare a Londra. Julia si fermò e gli fece una proposta che non si sarebbe mai aspettata di sentire uscire dalla sua stessa bocca: “Possiamo fermarci questa notte? Ci sarà un hotel da queste parti.” Disse timida, abbassando gli occhi. Michael la prese fra le braccia, la baciò e disse: “Sei sicura?” “Si, voglio fermarmi… voglio passare più tempo con te” “Allora non ci servirà nessun hotel, vieni con me”. Andarono a dire al pilota dell’elicottero che non sarebbero tornati a Londra con lui. Il ragazzo rise, salutò e salì per andare via. Poi andarono verso il paese vicino e noleggiarono una macchina. Quando Julia si sedette sul sedile aveva i piedi distrutti: erano le diciannove e camminavano da circa quattro ore. Però era felice, ed eccitata… tanto che mentre Michael guidava verso la loro meta, a lei sconosciuta, iniziò a baciargli il lobo dell’orecchio, e a giocarci con la lingua. Scese verso il collo, dandogli dei piccoli baci con la bocca un po’ aperta, e annusandolo. Era pazzesco: lei non aveva mai fatto una cosa così, e con un uomo con cui c’era stato si e no un bacio. Cosa le aveva fatto quell’uomo? Michael si eccitò all’istante, non credeva che quella donna potesse essere tanto erotica. Premette sull’acceleratore per arrivare prima: quelle strade gli erano più note del corridoio della sua casa londinese. Julia non sapeva dove stavano andando, ma per una volta non voleva pensare, voleva solo vivere. Continuò a stuzzicarlo, notando un rigonfiamento sulla patta dei pantaloni con la coda dell’occhio. Arrossì leggermente, ma fu felice: voleva quell’uomo dal primo giorno che l’aveva visto, e lo voleva ancora di più da quando l’aveva conosciuto. Passarono un altro paesino e arrivarono ad una piccola tenuta, con un cancello di legno basso. C’era un giardino incolto ma tenuto bene e subito dopo una villetta bassa e larga. Julia scese e notò che la posizione della casa era spettacolare: era su una scogliera, si poteva vedere tutto il mare oltre la costruzione. Il paese era non troppo lontano: ci si poteva arrivare comodamente a piedi, ma non era in pieno centro e questo garantiva privacy e tranquillità. Rimase ferma a guardare quello splendore, quando sentì Michael dietro di lei. Le mise le mani intorno alla vita, poggiò il suo corpo al suo, facendole sentire il risultato del suo giochino, e iniziò a baciarla sul collo. Intorno a loro non c’era niente e nessuno, erano soli nel mondo ed era tutto quello che avevano, inconsciamente, sempre voluto. Michael la prese in braccio per trascinarla in casa. Julia lo lasciò fare, intrecciò le gambe alla sua vita e lo baciò. Lui aprì il cancello con il piede e camminò sicuro, solo davanti la porta di casa la lasciò per aprire con le chiavi. Lei si strusciò a lui senza sosta, mentre Michael cercava di trovare la chiave giusta, totalmente distratto e rapito da quella donna. Appena entrati in casa fu un attimo: si trovarono con passione e voracità. Julia tolse la maglia a Michael, passando le sue mani su quel petto che aveva tanto sognato. In un attimo si trovò semi nuda stesa sul divano. “Dio, ti ho sognato così a lungo…” disse lui, fra un bacio e un gemito. Iniziò a toccarla ovunque, con mani salde ma non violente. Michael sembrava capirla anche nel sesso: non era delicato, non era gentile, era rude, sapeva fare l’uomo, la faceva sentire dominata e totalmente sua. Julia stava per esplodere. Fecero l’amore a lungo, senza fermarsi, continuando a stuzzicarsi e ad accarezzarsi senza tregua. Solo quando furono senza forze si fermarono. Erano nudi, abbracciati sul divano, accaldati in quella casa che Julia neanche conosceva. Michael la strinse a se, poi allungò una mano fino alla poltrona lì accanto e prese una coperta. La spiegò su di loro e mise un braccio dietro la testa. Era in paradiso. Julia era poggiata al suo petto e respirava appagata pensando che quello era stato il miglior sesso della sua vita: come era possibile che quell’uomo fosse perfetto? “A chi hai rubato questa casa?” gli chiese, passando distrattamente il dito sul suo petto e guardando l’orizzonte. “E’ mia. L’ho comprata anni fa. Vivo a Londra da una vita, ma l’Irlanda è tutto ciò che sono, così a volte ho bisogno di tornarci, ma odio gli hotel e stare dai miei è un trauma ogni volta. Quando vengo qui ho bisogno di disintossicarmi, così ho preso questa villetta, isolata quando basta per ritrovare le forze necessarie.” “E’ bellissima, Michael. Questa vetrata sulla scogliera riesce a metterti in pace con il mondo. E anche l’arredamento è accogliente e caldo.” Dove caldo era la parola poco adatta: era dicembre, faceva un freddo becco e la casa era chiusa da tempo. I riscaldamenti partivano automaticamente di tanto in tanto, ma comunque faceva freddo. Julia si accorse che appena entrati in casa era stata tanta l’eccitazione che nessuno dei due aveva sentito freddo. Ora sotto la coperta iniziava a tremare, così Michael si alzò, ancora nudo, accese i riscaldamenti e il camino, che era interamente in pietra e posizionato lateralmente rispetto al divano. Julia si avvolse nella coperta e gli andò vicino, mentre era accovacciato ad armeggiare con la legna. Si abbassò anche lei sulle ginocchia e gli mise un pezzo di plaid sulle spalle, poggiandoci anche la sua guancia. Michael sorrise sentendo il contatto del suo corpo. “E’ una manovra per chiedere un altro round?” disse malizioso, ridendo appena. “Idiota, ho sfidato il gelo perché sei nudo e non vorrei che ti ibernassi!” disse, fintamente risentita. Ma era pur vero che avrebbe volentieri fatto di nuovo sesso con lui. In realtà avrebbe fatto sesso con lui continuamente. Così aggiunse, suadente: “… anche se… insomma, se proprio insisti…”. Michael non se lo fece ripetere sue volte e si girò. Erano entrambi in ginocchio e presto caddero sull’enorme tappeto di fronte al divano. Il freddo era passato, Michael aveva iniziato di nuovo a torturarla per farla sua. Solo dopo un paio d’ore, di sesso e chiacchiere, decisero di mangiare qualcosa. Michael prese due accappatoi dal bagno e ne porse uno a Julia. Lei lo mise e sentì che era pieno del profumo inebriante dell’uomo. Rimase seduta sul divano e le cadde l’occhio sull’orologio: le 22.30! Cavolo, si era dimenticata di chiamare Robert! Ma in verità non sapeva neanche dove fosse il suo cellulare. Si vestì in fretta e corse alla macchina a prendere la sua borsa, lasciata lì quando erano arrivati in preda alla voglia dell’altro. Prese il cellulare e vide che c’erano 3 chiamate senza risposta: Robert, sua madre, Robert. La realtà che tornava. Decise di non affrontarla, non fino a lunedì. Rimase lì a guardare la scogliera: era follemente felice ed innamorata di Michael, ma affrontare il tutto sarebbe stato difficile e doloroso. Compose un sms e lo mandò a Robert: “Robert, io e Tilly andiamo nella sua casa di campagna. Ho bisogno di stare un po’ con la mia amica a scaricare la tensione. Non cercarmi, ti prego. Credo che spegnerò il cellulare. Sarò di ritorno a Londra lunedì. Ti chiamo. Ciao.” Inviò e spense davvero il cellulare. “Non pensarci… non ora, dai”. Lui sapeva sempre cosa dire, e lei sentì di nuovo avvamparsi le guance. Rientrarono in casa, mangiarono toast e salsicce alla brace, ringraziando le provviste surgelate che erano lì per scorta. Decisero di mangiare per terra, davanti al divano, guardando fuori attraverso l’enorme vetrata. L’Irlanda era così maestosa e bella. Dicembre però non era il mese più clemente, e di lì a poco si scatenò un feroce temporale, con lampi e tuoni pazzeschi. Rimasero accoccolati sul divano a parlare per tutta la notte, con i piatti e i bicchieri di vino rosso ancora per terra, con il camino che scoppiettava e il silenzio rotto solamente dalle risate e dalla pioggia. Julia si sentiva davvero a casa, avrebbe potuto chiudere tutti i ponti con il mondo e vivere lì per sempre con Michael. Per la prima volta il suo lavoro non era tutto, anzi era diventato quasi niente. Si addormentarono a tarda notte, e quando si svegliarono e le nubi erano ancora nere nel cielo, fecero di nuovo l’amore, con passione e voglia: “Io farei l’amore con te tutti i minuti, Michael Fassbender!” disse Julia con la voce roca e la fronte imperlata di sudore, stringendosi di più a lui, che ancora era dentro di lei. “Bambina, così mi ecciti di nuovo… non possiamo andare avanti in questo modo!” “E perché no!? Chi ce lo vieta, scusa?!” rispose lei, maliziosa. Iniziò di nuovo a muoversi sopra di lui, gettando i lunghi capelli indietro con la testa. Michael sospirò e dimostrò di non essere ancora stanco, anzi tutt’altro e ripresero la loro danza. Rimasero chiusi nella casa per tutto il weekend, mangiando, facendo l’amore e vedendo strani programmi in tv. Praticamente non si vestirono mai, le uniche cose che misero addosso furono coperte e accappatoi. La domenica sera però arrivò fin troppo presto a portare di nuovo la realtà fra quelle mura. “Michael, io voglio stare con te, per un milione di motivi. Anche perché non potrei seriamente più rinunciare al sesso con te…” disse ridendo e baciandolo. Poi continuò seria: “Però devo qualcosa a Robert e alle nostre famiglie. Non posso tornare a Londra lunedì, dopo avergli detto che ero con la mia amica, e mollarlo su due piedi. Capisci?” Michael, ancora avvolto nell’accappatoio sul divano, con il calice di vino rosso in mano, sospirò pensieroso: aveva ragione lei e lui doveva dargliene atto. “Il patto è questo: mettici il meno tempo possibile. E permettimi di vederti, anche di nascosto, in questo periodo” propose. Julia acconsentì ad entrambe le cose, anche se sapeva che sarebbe stato tutt’altro che un gioco. Il lunedì mattina fecero ritorno a Londra con un volo privato che Michael prenotò la sera prima. Consegnarono la macchina presa a noleggio, che era servita a ben poco, e fecero un viaggio un po’ silenzioso. Entrambi avevano ombre negli occhi, e appena l’aereo toccò terra in territorio inglese, si baciarono per l’ultima volta tranquilli: da ora in poi avrebbero dovuto avere mille occhi.
  
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