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Autore: PiGreco314    06/07/2014    7 recensioni
Dopo aver letto Hunger Games sono totalmente impazzita. L'ho amato, ma una domanda continuava ad assillarmi: (mini-spoiler) "come hanno fatto Katniss e Peeta a riavvicinarsi?"
Metto a vostra disposizione una mia personale risposta a questa domanda e spero vi piaccia :3
A chi dunque sia interessato ai fatti che potrebbero essere accaduti dal rientro nel distretto 12 all'epilogo auguro buona lettura :3
P.S. È la mia prima ff, siate buoni!
Tratto dal primo capitolo:
"Riesco a stento a ricordare l'ultima volta che le sue labbra hanno sfiorato le mie. Poi il tepore della coperte mi assorbe completamente e io scivolo di nuovo nel sonno, mentre sento il tocco leggero della mano di Peeta e il suo profumo. Haymitch ha ragione - è l'ultima cosa che risco a pensare, insieme alla risposta all'ultima domanda che mi ha rivolto.
- No, non c'è bisogno che mi ricordi che ho un motivo più che valido per andare avanti. Peeta. -"
Genere: Fluff, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Gale Hawthorne, Haymitch Abernathy, Katniss Everdeen, Peeta Mellark
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
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Passeggiare accanto a Thom è strano. O forse lo è passeggiare per le strade del distretto o semplicemente passeggiare. Non so nemmeno che emozione provare; tristezza, colpevolezza... Speranza.
Ho insistito affinché Thom mi accompagnasse, con l'intenzione di mettere quanta più strada tra me e il villaggio dei vincitori, ma ora non sono più sicura che sia stata una grande idea.
Il distretto è come un enorme cantiere: alcune case e alcuni negozi sono stati già ricostruiti ma la maggior parte sono ancora da rimettere in piedi.
Altri ancora sono ridotti a un cumolo di macerie.
La cosa positiva è che le persone sono davvero troppo impegnate per notarmi e le poche che lo fanno sono quelle che si fermano per salutare Thom.
Non sembrano arrabbiate con me, anzi, mi sorridono debolmente, qualcuno con l'aria di chi guarda un cane bastonato, ma in generale come se fossero preoccupati per me. E per Peeta.
Sembra che anche lui non si sia fatto vedere per un po' e mi chiedono sue notizie, portando la mia mente di nuovo a questa mattina, a pochi minuti fa, e facendomi sentire stranamente stupida.
Tutti però non si trattengono a parlare molto e riprendono presto il loro lavoro.
- Katniss, sei sicura di stare bene? - mi chiede Thom d'un tratto.
- Perché continuate a chiedermelo tutti? - rispondo, leggermente infastidita.
- Perché, senza offesa, la tua faccia è davvero orribile - continua.
Resto in silenzio, incerta su come rispondere.
- Nottataccia? Troppi pensieri per la testa? - prova a venirmi incontro lui ed io annuisco.
- Mmh... - Thom si mordicchia le labbra; sembra quasi che voglia dirmi qualcosa ma, non so perché, si trattiene.
- Devi dirmi qualcosa? - gli chiedo.
Lui sembra soppesare la domanda e pensarci su ma infine risponde: - No. -
Sorrido, ripensando alle mie scarse abilità nel mentire: ho trovato una persona ancora più inabile.
- Penso proprio che tu mi stia mentendo – gli dico, mentre i miei occhi si posano su una casa - o quello che ne rimane - in cui credo abitasse un'amica di Prim. Qual era il suo nome? Lily? Che fine avrà fatto?
- E ora guarda e dimmi cosa ne pensi! -
Thom richiama la mia attenzione indicando qualcosa davanti a sé e cambiando abilmente discorso.
Lo osservo per qualche secondo, intontita, chiedendomi cosa debba fare e ancora, delle sorti di quella bambina, ma quando finalmente vedo il suo dito puntare qualcosa alla sua destra mi giro nella direzione da lui indicata e resto di stucco.
Il Forno.
Il Forno è stato ricostruito.
- È davvero...? - provo a chiedere, ma lo stupore è davvero troppo.
- Sì è davvero il Forno, con la differenza che ora è tutto legale - risponde Thom con un sorriso.
Mi avvicino per poterlo osservare meglio; non è uguale a quello che c'era prima ma è chiaro che sia stato progettato su ispirazione di quello vecchio.
Sfioro con la mano una parete, fredda e impolverata, mentre sento stringermi il cuore. Non ho parole per esprimere quello che provo e sento; il Forno è associato a troppi, troppi ricordi, sia belli che brutti.
È associato alla fame ma anche alle zuppe improponibili ma squisite di Sae, alla miseria ma anche alla soddisfazione dell’aver venduto un buon bottino, allo smarrimento che provai quando varcai la sua soglia per la prima volta da sola, senza mio padre, per provare a vendere qualcosa, ma anche a tutte le volte che l’ho varcato con Gale.
- È stata una delle prime costruzioni rimesse in piedi – afferma Thom, alle mie spalle.
- A breve i lavori saranno definitivamente conclusi e il Forno vivrà di nuovo – conclude.
Mi volto, gli occhi che trattengono a stento le lacrime.
Respiro con fatica. Chiudo gli occhi e provo a tranquillizzarmi.
- Dammi solo qualche minuto – gli dico e mi siedo piano per terra.
Il distretto dodici sta rinascendo dalle ceneri.
È tutto ok.
Thom si siede al mio fianco, lasciando un po’ di spazio e restiamo in silenzio, mentre il mio respiro si fa regolare.
Il sole fa capolino da dietro una nuvola illuminando il distretto e dandogli una nota di colore che prima non avevo notato: hanno dipinto le case con tanti colori diversi.
Il calore del sole sulla pelle mi rincuora.
Niente più baracche sporche e grigie.
È tutto ok.
 
- Forse non avremmo dovuto andare al distretto – mi dice Thom mentre torniamo indietro al villaggio dei vincitori.
È quasi ora di pranzo, il sole ora è alto e cocente.
- Non ti preoccupare, mi ha fatto piacere – ribatto, ma evidentemente con tono poco convinto perché Thom risponde con una smorfia di disappunto.
Non ha parlato molto da quando abbiamo lasciato il Forno; credo di aver fatto preoccupare un’altra persona per l’ennesima volta.
In ogni caso sono davvero contenta di questa mia visita. Non posso non pensare al fatto che le mie intenzioni erano semplicemente allontanarmi da Peeta e alla strana sensazione di quando ho visto il nuovo Forno ma tutto sommato è stato bello vedere la gente combattere ancora per il proprio distretto, questa volta in maniera diversa: niente armi, solo duro lavoro e sudore.
Vorrei tranquillizzare Thom, riferirgli i miei pensieri ma c’è qualcosa che mi frena.
Mentre imbocchiamo un’altra strada ricordo che anche Thom voleva dirmi qualcosa ma che poi ha cambiato idea. Mi chiedo di cosa si trattasse ma trattengo la domanda a fior di labbra: forse non è il caso che insista, sembra piuttosto affranto.
Provo a dargli un colpetto sul braccio, come ha fatto lui con me questa mattina.
- Non ci provare nemmeno Everdeen! – dice trattenendo una risata - Sei l’ultima persona al mondo che farebbe una cosa del genere, mi dai i brividi! –
Accenno un sorriso mentre Thom inizia a ridere.
- Mi conosci a stento! –
- E la colpa di chi è? Aspetta, forse è di quella ragazza… Ma sì, quella con i capelli scuri, sai, raccolti in una treccia, il muso lungo fino a terra, che quando incontravo con il mio amico a stento rispondeva al saluto! Molto simpatica, nulla da ridire! –
Il mio sorriso diventa più ampio ma allo stesso tempo acquista una piccola sfumatura amara.
Continuiamo a camminare ma all’improvviso, come un lampo, nella mia mente appare un’immagine.
Mi fermo di colpo.
L’immagine ora sta prendendo di nuovo forma davanti ai miei occhi, lentamente; case vengono ricostruite in pochi secondi, persone compaiono dal nulla e una bambina con due trecce bionde corre in direzione di un negozio, si gira verso di me e con un sorriso mi indica una vetrina piena di dolcetti.
Tuttavia un battito di ciglia cancella la visione, e dove prima c’era il negozio ora ci sono solo resti cadenti e bruciati: tutto quello che resta della panetteria Mellark.
- Qui è dove abitava Peeta. Dove avevano il negozio – dico in un sussurro.
Non mi avvicino ma osservo tutto da lontano mentre provo con la mia mente a ricostruire la scena e bearmi ancora un po’ dell’immagine della mia paperella felice, dell’idea che nulla sia cambiato, che non ci sia niente da ricostruire perché nulla è stato mai distrutto, che ci sia un Peeta non depistato a decorare una splendida torta all’interno del negozio ma la mia testa mi gioca uno scherzo crudele e io continuo a fissare sempre e solo delle macerie.
- Gli abitanti del distretto sono stati tutti d’accordo nel lasciarlo così. Abbiamo pensato che Peeta l’avrebbe preferito ma lui… Non è nemmeno passato a vederlo e nessuno ha avuto il coraggio di parlargliene – è tutto quello che dice Thom e io annuisco distrattamente in risposta.
Pensavo che Peeta ci fosse già stato ma mi sbagliavo.
Il ricordo di noi due davanti alla stanza di Prim solo la sera prima si tinge di una nuova sfumatura e il mio cervello sembra finalmente realizzare che non sono l’unica ad aver subito delle perdite: Peeta ha perso tutta la sua famiglia.
Certo, una famiglia che non gli ha dato mai abbastanza amore ma erano pur sempre i suoi genitori e i suoi fratelli. E non li rivedrà mai più così come io non rivedrò più la mia dolce Prim.
Inoltre, come se non bastasse, non sarà mai più lo stesso ragazzo che un tempo parlava con loro, che lavorava in quel negozio; troppe cose sono cambiate e lui non tornerà mai più come prima.
Quest’ultima consapevolezza mi stringe il cuore con particolare dolore perché mi costringe a dire addio al ragazzo del pane come l’ho sempre conosciuto… Al ragazzo innamorato…
Al ragazzo che ora non mi ama più.
Al ragazzo che merita qualcosa di meglio, una ragazza dolce e premurosa come io non potrò mai essere - ma come potrebbe Delly.
Volto leggermente la testa e i miei occhi lo vedono: l’albero sotto il quale mi accasciai il giorno in cui Peeta mi offrì il pane e che per ironia della sorte, è rimasto in piedi, nonostante tutto.
Osservo le piccole foglie verdi che stanno rinascendo ondeggiare pianissimo in un suono ovattato e il tronco dalla corteccia solida terminare in un intreccio di radici e mi avvicino lentamente; anche da lì, le cose non cambiano e le macerie restano macerie.
Eppure non molto tempo fa dallo stesso punto osservavo il mio ragazzo del pane, sotto la pioggia, disobbedire all’ordine di sua madre.
- Katniss, andiamo? –
La voce di Thom mi giunge distante, come in un sogno.
Poco più avanti di me noto una piccola macchia gialla: un piccolo dente di leone sbuca fra l’erba incolta dandomi un briciolo di speranza con il suo colore.
Ripenso anche alle case del distretto, ora tutte colorate e strane idee si fanno spazio nella mia testa.
Non è tutto perduto.
E io non ho perso Peeta.
Peeta è il dente di leone che fiorisce a primavera, il motivo che mi ha spinto a reagire e ad andare avanti e l’ultima cosa al mondo che mi è rimasta per essere felice.
E merita anche lui di essere felice.
Raccolgo il dente di leone e seguo Thom in direzione del villaggio dei vincitori stringendo forte il piccolo stelo nella mano, i delicati petali gialli che tremano come me.
Thom mi accompagna fino a casa, mi saluta in fretta e scappa via, lasciandomi sola.
Do un’occhiata alla casa di Peeta ma di lui nessuna traccia.
Ancora tremante entro nella mia; distrattamente mi giro alla mia sinistra dove mi aspetto di trovare uno specchio e controllare così la mia faccia, che a detta di tutti oggi è orribile, ma ricordo solo dopo che questo è andato in mille pezzi a causa di un pugno di Peeta.
Stringo ancora più forte il fiore, sospiro stanca e arrivo in cucina dove trovo un fagotto sul tavolo, e scopro quindi che Sae è venuta a portarmi il pranzo; spero di non aver fatto preoccupare anche lei.
Butto qualcosa nello stomaco mentre ripenso ai fatti di questa mattina e osservo il dente di leone poggiato sul tavolo poco più avanti.
È possibile che ci sia ancora speranza? E soprattutto è speranza quello che sto provando ora?
Ora se penso al distretto non lo vedo più distrutto ma vedo le case colorate illuminate dal sole, le persone che lavorano, il Forno nuovo… Eppure la panetteria di Peeta è sempre distrutta.
E i nostri fantasmi continuano a tormentarci, così come gli incubi.
Il peso di una notte insonne mi raggiunge poco alla volta ma c’è una cosa che devo fare prima di poter andare a dormire.
Non importa se mi farà soffrire, se me ne pentirò ma raggiungo la porta della stanza di Prim come ieri sera.
Non posso aiutare Peeta se prima non affronto il mio dolore e le mie paure e ho promesso a me stessa che l’avrei fatto. Ho promesso che non l’avrei abbandonato, che avrei messo da parte il mio egoismo e il mio dolore e l’unico modo per farlo è affrontarlo una volta per tutte.
Poggio la mia mano sul pomello tremando ancora più di prima e finalmente apro la porta, abbattendo qualsiasi barriera contro il più grande tormento che mi porto dentro.
Solo una sera fa non ci sono riuscita ma ora, dopo aver visto il distretto, ce la posso fare. Come ce l’hanno fatta tutti gli altri, come ce la farà Peeta.
Faccio un passo in avanti e entro nella stanza dove l’aria pesante quasi mi toglie il respiro. Nonostante tutto però si avverte ancora un leggero profumo di fiori.
La stanza è esattamente come me la ricordavo, in ordine, luminosa, ma allo stesso tempo vuota e polverosa.
Sul letto di Prim ci sono dei nastri.
Mi accoccolo sul letto e stringo i nastri in un pugno; solo ora permetto alle lacrime di inondarmi il viso e ai singhiozzi di percuotermi il petto.
Infine, dopo quelli che mi sembrano essere secoli, mi addormento.
 
Quando mi risveglio mi sento stordita; ci vuole qualche minuto prima che i miei sensi si attivino tutti.
Sento il cuscino umido a causa delle mie lacrime e la pelle del viso tesa e secca dove hanno tracciato il loro cammino.
La gola mi brucia implorando dell’acqua e il mio naso inizia ad avvertire di nuovo il delicato profumo di fiori, ma gli occhi, una volta abituatisi al buio che mi circonda, intravedono l’ultima delle cose che mi sarei mai aspettata: dei riccioli biondi su una testa che non può non appartenere che a Peeta.
Si è addormentato anche lui, testa poggiata di lato, sul bordo del letto, la schiena contro il comodino che lo affianca.
La curiosità su come abbia fatto ad arrivare qui è nulla, me ne rendo conto solo dopo, rispetto al sollievo che provo nel vederlo affianco a me.
Incredibilmente, la vista di quei riccioli biondi mi riscaldano il cuore al punto di farmi sorridere, anche se debolmente, nell’ultimo posto al mondo nel quale avrei giurato di poterlo fare e dove poco fa versavo lacrime cocenti.
Apro piano il pugno dove mi accorgo di continuare a stringere i nastri e che per questo è particolarmente indolenzita e la allungo verso Peeta.
Gli accarezzo i capelli e lui si sveglia, volta la testa e raddrizza la schiena strizzando i suoi occhi, che alla fine posa su di me.
Ha una macchia sul naso e una sullo zigomo sinistro, che copre non appena inizia a stropicciarsi l’occhio.
- Buongiorno – gli dico, anche se per quanto è buio dev’essere ormai notte.
- Buongiorno – mi risponde accennando un sorriso.
Si alza faticosamente dal pavimento e stende ancora la schiena; deve essere a pezzi per aver dormito in quella posizione.
Mi porge la mano e io la afferro per ritrovarmi in piedi accanto a lui, che mi circonda le spalle con un braccio e mi attira a sé.
Ora l’odore di fiori si mischia a quello di dolci e cannella di Peeta, insieme a un altro odore pungente che non riesco ad identificare, ma non importa; lui affonda il viso nei miei capelli e io ricambio il suo abbraccio.
Dopo un po’ Peeta si stacca da me e mi dice scherzando: - Ho bisogno di dormire su un letto – così usciamo insieme fuori dalla stanza.
- Lascia la porta aperta – gli dico; voglio che passi un po’ d’aria in quella stanza.
Arrivati nella mia stanza mi congedo un attimo per poter andare in bagno e rinfrescarmi il viso con dell’acqua fredda che non riesco a trattenermi dal bere avidamente.
Quando rientro in stanza Peeta è già sul letto ma mi aspetta sveglio.
Mi sistemo accanto a lui e per un po’ restiamo ad ascoltare i nostri respiri nel silenzio della notte, interrotto solo dopo dalla mia voce.
- Grazie per esserci stato – gli dico
- Scusa se ieri non ci sono stato – risponde.
Ignoro le sue scuse mentre lui mi stringe la mano.
- Come hai fatto ad entrare? – gli chiedo.
- Dimentichi sempre la veranda della cucina aperta –
Peeta mi sorride ma continua dicendo:
- Mi dispiace se sono stato invadente ma Sae mi ha telefonato dicendo che non riusciva a portarci la cena perché la nipotina si è ammalata. Volevo venire da te ma non hai risposto alla porta e mi sono un po’ preoccupato fino a quando non ti ho trovata che dormivi nella stanza di Prim. -
Mentre mi parla però nota il mio sguardo allarmato così aggiunge subito:
- La bimba sta bene, tranquilla, ha solo un po’ di febbre. Povera Sae, è circondata da malati. –
Sorridiamo insieme e accarezzo il suo zigomo sporco.
- È solo pittura – mi dice, ma c’è qualcosa di più; al tatto sento dei piccoli graffi, là dove ci scommetto, le sue unghie hanno penetrato la carne.
- Oh, Peeta… - è tutto quello che riesco a dire perché poi combatto per ricacciare indietro altre lacrime.
Ci stringiamo di nuovo e lascio che sia il silenzio a dire a Peeta tutto quello che vorrei dirgli in quel momento: che troveremo tutti la forza di andare avanti, che verranno tempi migliori, che riusciremo a combattere tutto questo e che può contare su di me.
- Andrà tutto bene. –
Peeta dice queste semplici parole e so che mi ha capita.
- È tutto ok – rispondo, la voce ancora incrinata.
Ma questa volta niente lacrime; penso a Peeta e al dente di leone che ho raccolto fino a quando le strane idee di oggi prendono una forma più limpida nella mia testa.
Potrebbe essere una follia eppure mi sembra un punto di partenza, qualcosa per aiutare concretamente Peeta e far capire a lui – e anche a me - che non tutto è perduto, nemmeno lui.
Ricostruirò la panetteria di Peeta.

*******

Ooooook, da dove iniziare...
È stata dura. Durissima. Vi giuro che ci ho provato ad aggiornare prima ma non ce l'ho fatta, sorry.
Non vi nego che il capitolo l'ho finito pochi minuti fa, mentre quasi dormivo sulla tastiera ma ora signori e signore eccolo qua.
Vi piace?
Ditemi di sì vi prego, perchè io non ne sono ancora convinta! XD
La mia Ccchhh ha dovuto strapparmelo dai tasti (?) per poterlo salvare dalla mia furia omicida (trad.: stavo per cancellare il capitolo, di nuovo.)
Vabè in realtà mi piace.
Però boh.
Ragazzi sto dormendo, scusate XD

Fatemi sapere che ne pensate del nuovo distretto, del forno, di Thom, di Katniss e della sua idea. Ho bisogno di voi e dei vostri pareri please!
(trad.: RECENSITERECENSITERECENSITERECENSITE)

Ah, premetto che purtroppo passerà ancora un po' di tempo fino al prossimo aggiornamento! :/ La sessione estiva incalza! >.<
Spero che tutti voi lettori (silenziosi e non) abbiate la pazienza di aspettare e ringrazio anticipatamente chi lo farà e chi l'ha già fatto!

Inoltre, cari giovincelli, devo ringraziare la mia Ccch, che è davvero eccezionale: fan accanita, lettrice esperta, fonte di conforto, toccasana per l'autostima e preziosissima amica ♥

Come sempre vi suggerisco la sua ff, che ha aggiornato anche lei oggi :D Quindi forza, non perdertevi la sua storia e il nuovo capitolo, correte tutti a leggerla! U.U
(link: 
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2494551)

Vabè cari, non so che altro dirvi.
Vogliatemi bene.
Un bacio,
Sara ♥

May the odds be ever in your favor.

 
  
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