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Autore: Lady1990    07/07/2014    3 recensioni
Archibald è un ragazzino di quindici anni quando compie la scelta che gli cambierà la vita. Col passare del tempo, accanto al suo maestro, il signor Fires, scoprirà su cosa si fondano i concetti di Bene e Male, metterà in dubbio le proprie certezze, cercherà di trovare la risposta alle sue domande e indagherà a fondo sul valore dell'anima umana. Tramite il lavoro di assistente del Diavolo, riscuoterà anime e farà firmare contratti, sperimenterà sulla propria pelle il potere delle tenebre e rinnegherà tutto ciò in cui crede.
Però, forse è impossibile odiare il Bene e l'unico modo per sconfiggerlo è amarlo. Proprio quando gli sembrerà di aver toccato il fondo, la Luce farà la sua mossa per riprenderselo, ma starà ad Archibald decidere da che parte stare. Se poi si somma un profondo sentimento per il misterioso e affascinante signor Fires, le cose non si prospettano affatto semplici.
[Revisionata]
Genere: Dark, Horror, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Le grida disperate del cliente mi perforano le orecchie come una cacofonia di suoni molesta, ma mi trattengo dal coprirmele con le mani, nonostante la tentazione sia forte. D’altronde, devo mantenere il contegno di un messaggero del Diavolo, non posso comportarmi da femminuccia isterica. Lo osservo dimenarsi sul pavimento di cucina, nel suo modesto bilocale al quarto piano di un edificio del ghetto parigino, e non riesco a reprimere un sorriso soddisfatto. L’uomo agonizzante ai miei piedi, di una quarantina d’anni, protende una mano ossuta con l’intento di agguantare la mia caviglia, ma faccio un passo indietro per impedirgli di toccarmi con le sue dita adunche e lo guardo a metà tra l’indifferente e il trepidante, curioso di scoprire in quale girone precipiterà.
“Ti prego, aiutami! Farò qualsiasi cosa, lo giuro!” implora con la voce rotta dal pianto, mentre si gratta via con le unghie le pustole infette che sono esplose sul suo viso butterato, in risposta alla riscossione del contratto.
Quando gli ho restituito una fiala contenente il suo sangue, pochi minuti fa, essa si è frantumata in mille pezzi alla minima pressione e il contenuto è schizzato sulla sua faccia, provocandogli una reazione istantanea e piuttosto disgustosa, come fa l'acido.
Schiocco la lingua infastidito e dentro di me avverto il bisogno di sputargli addosso farsi sempre più impellente.
Poi, nella moquette, a pochi centimetri di distanza dal mio cliente, si apre una voragine dalla forma rotonda e i bordi frastagliati, come fatti di roccia, da cui fuoriescono lingue di fuoco e urla raccapriccianti. Delle mani nere e grinzose, tanto da dare l’idea di essere state abbrustolite ben bene su una griglia, lo afferrano per la gola, affondando gli artigli ricurvi nella carne del collo, e lo trascinano giù, sorde alle vane suppliche e ai rantoli strozzati del peccatore. Mi sporgo nel buco in cui ardono vivaci e crepitanti le fiamme dell’Inferno, quel tanto per sbirciare, appunto, in quale cerchio quell’infame verrà scaraventato. Lo vedo venire risucchiato nel settimo, quello dedicato ad ogni manifestazione di violenza, precisamente nel girone dei colpevoli di omicidio. Personalmente lo avrei spedito nell’ottavo cerchio, nella settima bolgia, quella dei ladri, ma va bene anche il girone degli omicidi. Infatti, dopo aver ucciso trentadue persone, il suo destino non avrebbe mai potuto essere rose e fiori. In pratica, tale signor Gouvion, è stato un ladro di professione, uno scassinatore, ma negli ultimi tredici anni si è dato alla pazza gioia, grazie al patto col Diavolo, che gli aveva dato la possibilità di sfogare il suo istinto di psicopatico senza il timore di venire arrestato dalla polizia.
Osservo dentro l’abisso e una vampata di calore bruciante mi schiaffeggia il volto. Prima che la voragine scompaia, faccio in tempo a scorgere la struttura a spirale dei cerchi: sono predisposti a terrazzamenti, impossibile calcolare a quanta distanza l’uno dall’altro, e sull’orlo di ciascuno di essi, col pericolo di cadere nell’Utero, intravedo i peccatori che si muovono in maniera caotica e per niente naturale, come se per loro non valessero più le leggi dell’anatomia o della fisica. Mi sembrano dei mostri, come quelli di alcuni film horror, privi di articolazioni fisse e capaci di compiere contorsioni orribili. Urlano e gemono, alcuni ridono, per giunta. 
Ad un tratto, delle ombre nere, alte e scheletriche attirano la mia attenzione. Queste si aggirano fra le anime dei dannati senza toccarle, ma al loro passaggio le grida si intensificano e diventano assordanti e i peccatori si accasciano sulle braci che sfrigolano sotto i loro piedi con espressioni vacue o terrorizzate. Una di quelle creature alza lo sguardo e incrocia il mio: nelle sue orbite prive di palpebre brillano delle iridi nere e profonde, immerse in una sclera così bianca che rifulge in modo inquietante in quella luce arancione. Potrebbero sembrare occhi normali, benché esageratamente grandi per la mancanza delle ciglia, ma in un secondo mi provocano una scarica di brividi lungo la spina dorsale e per la prima volta dopo anni mi ritrovo a provare una paura cieca e primitiva. 
Il portale si richiude e la moquette torna intatta.
Ok, lo ammetto: sono scioccato. Se avessi ancora un cuore, starebbe battendo all’impazzata. Mi è venuta la pelle d’oca. Cosa mi è saltato in mente? Non è il mio lavoro ficcanasare in giro. Accidenti, spero di non aver provocato un casino o destato la collera di qualche demone, laggiù, perché non voglio più averci nulla a che fare con quei… cosi. Una volta mi è bastata.
Deglutisco e mi accorgo di avere ancora i nervi tesi e vigili, talmente contratti che è arduo persino cercare di muovere un dito. Sono rimasto letteralmente paralizzato dal terrore e quegli occhi danzano ancora davanti a me come se fossero reali. Finora solo mio padre era riuscito a suscitare in me questa sensazione, ma non credevo di poterla sperimentare di nuovo, non adesso che sono un demone a tutti gli effetti. Quindi anche i demoni sanno cos’è la paura. Samael l’ha mai provata? Quando? Voglio chiederglielo.
Il silenzio ammanta l’ambiente in cui sono venuto a ripescare il mio cliente e l’aria stantia, con un leggero effluvio di nicotina, mi aiuta a rilassarmi un pochino. Sono odori nauseanti, ma appartengono a questo mondo, e il pensiero di essere davvero qui, in questo bilocale parigino, con i piedi ben piantati sul pavimento, mi tranquillizza. Stringo la valigetta e mi massaggio l’attaccatura del naso, nel tentativo di riacquisire il controllo di me stesso e delle mie percezioni. La finestra dell’appartamento è aperta e da essa, insieme alle luci dei lampioni e i rumori delle macchine, entrano dei sottili fili di fumo nero, che mi circondando come richiamati dal canto di una sirena. Rimango immobile, so che non mi faranno del male, e i loro leggeri sfioramenti assomigliano alle gentili carezze di un amico, quasi vogliano consolarmi e calmarmi. Scrocchio il collo ed esalo un sospiro, rilasciando tutto lo stress e la tensione accumulata. Poi mi volto ed esco dalla porta d’ingresso, pronto a ricongiungermi con Samael, che mi aspetta in albergo.
Sono passati cinque anni da quando ci siamo stabiliti a Parigi e ormai questa città è diventata il nostro terreno di caccia. Durante questo periodo non ho mai incontrato altri demoni, tanto meno esponenti della fazione avversaria, come gli Exurge Domine, e tutto pare procedere liscio come l’olio, senza eventi degni di nota. 
Il rapporto con Samael, col trascorrere del tempo, si è fatto più intimo ed esattamente quattro anni fa sono riuscito a sconfiggere i miei incubi e a donarmi a lui in veste di amante. È stato bellissimo e il mio maestro e compagno si è preso cura di me come mai nessuno aveva fatto. È stato perfetto, premuroso, accorto, lento e non c’è stato dolore, ma soltanto un’avviluppante coltre di piacere ed estasi che mi ha invaso le membra e il cervello. I nostri corpi si sono fusi, si sono incastrati come pezzi di un puzzle, in un’armonia che non avrei mai immaginato di poter raggiungere. Da allora abbiamo condiviso il letto molte volte ed ognuna è stata speciale, diversa da quella precedente. Il mio attaccamento verso di lui è aumentato a dismisura e non saprei come descrivere il legame che ci unisce se non con la parola “amore”. È stupido, ne sono consapevole, perché in quanto demone non dovrei essere più in grado di provare questo sentimento, così umano e puro, però avverto che è qualcosa di molto simile e molto intenso, una comunione spirituale e carnale che potrebbe essere inserita legittimamente sotto questa etichetta. Samael mi ha detto che le emozioni non sono estranee ai demoni, così come agli angeli, ma i primi non se ne lasciano influenzare e le rilegano in un anfratto remoto della loro essenza, per non mostrare punti deboli. 
Tuttavia, come spiegare le sensazioni che mi pervadono quando mi bacia, l’eccitazione mista a felicità che fa palpitare il mio cuore quando mi abbraccia stretto, come se non volesse più lasciarmi, i sorrisi che mi rivolge appena i nostri occhi affogano gli uni negli altri e le carezze che mi dona quando mi appoggio a lui, alla fine di una stancante giornata di lavoro? Un senso di appagamento e serenità che mi è sempre stato ignoto e incomprensibile, finché non l’ho scoperto con Samael. Non ha mai confessato di amarmi, ma ha più volte dichiarato che sarebbe disposto ad ammazzare chiunque, mortale, demone o angelo, pur di tenermi con sé, prigioniero della sua aura sulfurea e del calore innaturale irradiato dal suo corpo. Il meccanismo di soffocante dipendenza che si è innescato quando mi sono trasformato non accenna ad esaurirsi e continua a pulsare come un organismo vivente dentro di noi, attirandoci l’uno verso l’altro come una calamita, un’inarrestabile forza magnetica alla quale è impossibile opporsi.
Esco in strada e salgo sulla limousine, impaziente di incontrare Samael per trascorrere qualche ora di tranquillità con lui. Mentre l’auto sfreccia per i viali trafficati, fisso il mio riflesso al finestrino, constatando che, nonostante abbia compiuto ventotto anni, la mia crescita si è arresta quella notte in discoteca. Sono rimasto identico a come ero cinque anni fa e la cosa non mi dispiace affatto. Non sono mai stato un narcisista e, anzi, ho sempre detestato il mio aspetto delicato e vagamente femmineo, che ha spinto mio padre ad abusare di me. Però il mio maestro mi ha insegnato pian piano ad apprezzarlo ed ora sono contento di possedere questi lineamenti armoniosi e dolci, che a lui piacciono tanto.
All’improvviso mi viene da ridere al realizzare che tra me e me lo chiamo ancora “maestro”. Sì, è vero, non ho ancora concluso il mio apprendistato, se così si può definire, perché Samael mi ha spesso ribadito che durante il primo periodo è molto difficile ignorare la Luce e occorre seguitare ad allenarsi sotto la tutela di un supervisore più esperto. Eppure non sono più un giovane novizio. Attualmente posso vantare un cospicuo bagaglio di esperienze e una certa abilità nel destreggiarmi con i contratti e le riscossioni, tanto che Samael si gonfia sempre d’orgoglio quando torno in hotel per raccontargli i particolari.
La limousine mi scarica di fronte alle porte girevoli dell'hotel ed io schizzo fuori, diretto all’ascensore, senza badare al via vai di gente che mi circonda, tutta ammassata nella hall. 
Ad un certo punto, poco prima di entrare nella scatola di latta che mi porterà al penultimo piano, dove c’è la suite che condivido con il mio demone, percepisco qualcosa di strano sulla pelle, come se una forza invisibile stesse premendo sulle spalle e sulla schiena. Mi giro di scatto, a disagio, con l’impressione di essere osservato in modo insistente, ai limiti della maleducazione, ma intorno a me non vedo nessuno. Un gruppo di turisti americani è in fila alla reception, le valige ammonticchiate vicino ad una colonna poco distante, e il resto dei clienti sono seduti su delle comode poltroncine in attesa del loro turno o di qualche mezzo per tornare in aeroporto. Annuso l’aria, ma non sento niente di insolito: c’è soltanto il familiare fetore umano che impregna persino le pareti, ma nulla che faccia presupporre la presenza di “altri”.
Scrollo la testa - forse sto diventando paranoico - mi infilo nell’ascensore e premo il pulsante del piano.
“Alastor,” mi accoglie Samael con un sorriso nervoso, “abbiamo un incarico.”
Mi piaceva di più quando mi chiamava Archie, ma ormai mi sono abituato al mio nuovo nome.
“Non mi merito nemmeno un bacino, stavolta?” borbotto imbronciato, poi strabuzzo le palpebre, “Eh?! Che incarico? Adesso? Nooo, è tardi! Non possiamo farlo domani?”
“No, è urgente. Secondo le informazioni, gli Exurge Domine sono invischiati nella faccenda.”
“Cosa?!”
“Andiamo.” dice sbrigativo, già vestito in maniera impeccabile, e si fionda a razzo nell’ascensore, valigetta alla mano.
“Di che si tratta? Sam, aspettami!”
Lo seguo a ruota ed entro un attimo prima che le porte si chiudano dietro di me.
“Mi spieghi che succede? Dove siamo diretti?”
“A Notre-Dame.”
“Uh!” esclamo colpito.
Una cattedrale. A chi apparterrà l’anima che dobbiamo scagliare all’Inferno? Un prete, forse. O una suora. Prevedo risvolti interessanti. 
Scruto di sottecchi Samael, che mi sembra un po’ troppo agitato per i miei gusti. Perché è così rigido? Perché non mi sorride rassicurante come al solito?
“C’è qualcosa di grosso sotto?” indago, distogliendo lo sguardo e puntandolo sulla pulsantiera.
“Qualcosa del genere.”
“E l’Exurge Domine cosa c’entra?”
“Potrebbero interferire. Non dovrebbero farlo, ma è possibile. Stai all’erta.”
“Ricevuto.”
Il viaggio in limousine lo passiamo in silenzio. Samael è molto preoccupato, lo noto da come contrae la mascella e da come i suoi occhi saettano da un lato all’altro dell’abitacolo. È la prima volta, da quando lo conosco, che lo vedo ridotto in questo stato. Mi mordo il labbro inferiore e poi mi decido: mi sporgo verso di lui e gli stampo un bacio su una guancia, intrecciando la mia mano con la sua, stretta a pugno in grembo. Si gira e mi regala un leggero sorriso di gratitudine. Le nostre fronti aderiscono e rimaniamo a fissarci per incalcolabili minuti, sospesi in un eterno momento di intima quiete.
“Promettimi che non ti allontanerai mai da me.” mormora, accarezzandomi il dorso della mano con il pollice.
“Lo prometto.”
“Se la situazione prenderà una brutta piega, promettimi che scapperai.” aggiunge e mi circonda il viso con il palmi, sollevandolo un poco.
“Perché dovrei…?” affogo nelle sue iridi del colore delle braci sonnecchianti e sospiro rapito.
“Promettilo e basta.”
Deglutisco e gli faccio un cenno d’assenso. Decisamente c’è qualcosa di strano.
Riassume una posizione composta e per il resto del tragitto mi ignora, assorto a guardare il paesaggio notturno fuori dal finestrino.
Veniamo scaricati in prossimità della cattedrale e scendiamo dalla macchina in religioso silenzio. Per fortuna non c’è gente in giro, solo qualche sparuto turista americano mezzo ubriaco che barcolla alla ricerca di un taxi. Sono le tre e tutto è immerso in una placida quiete. Sebbene non sia la prima volta che mi trovo a passeggiare davanti a Notre-Dame, la bellezza dell’architettura mi lascia senza fiato. Con le sue torri e le sue guglie che paiono toccare il cielo, i gargoyle che osservano in basso e sorvegliano la città, accucciati sulle balaustre, con le facce ghignanti, le fauci spalancate e le ali ripiegate, le vetrate in stile medievale, alte e strette, il rosone finemente scolpito con arabeschi e la pietra scura delle mura, tutto questo conferisce un’atmosfera misteriosa e cupa all’imponente struttura. 
Ora che ci penso, ci è permesso entrare in una chiesa? Non mi è mai passato per la mente di farlo, anche perché non ho mai avuto un valido motivo per recarmi nella casa di Dio.
“Sam, sei sicuro che nessuno si arrabbierà se sconfiniamo in territorio nemico?”
Lui si blocca, piega la testa nella mia direzione e mi squadra con sussiego. Poi ridacchia.
“Alastor, credevo avessi letto la Bibbia, ormai.”
“Ehm… ce l’ho sulla lista delle cose da fare.” bofonchio imbarazzato.
Samael sospira e si liscia i capelli con una mano. 
“Gesù Cristo non ordinò mai che venissero costruite delle dimore di legno e pietra per adorare Dio e deprecò il culto delle immagini, esortando i fedeli a pregarlo nel proprio cuore e non solo ed esclusivamente in edifici creati dall’uomo o di fronte ad un crocifisso. Gli esseri umani si illudono che il Male non possa entrare nelle chiese, ma in realtà queste non hanno mai posseduto un vero potere repellente. Se un demone non riesce a farsi largo in una delle case del Signore, significa che colui che la custodisce, cioè il sacerdote, ha una fede inattaccabile, molto forte, capace di sconfiggere il Male. Ma, di norma, i preti non eccellono per virtuosismo e principi morali, anche se dovrebbero essere pastori di pecore. Molti, come ben sai, sono più sporchi di un criminale incallito e ateo. Notre-Dame non fa eccezione. Stanotte possiamo entrare, perché il prete è uscito dalla grazia di Dio proprio ieri. Lucifero in persona mi ha spronato ad occuparmene, poiché ciò che avverrà tra qualche minuto pianterà il seme di una rivolta.” conclude solenne e non posso fare a meno di rabbrividire.
Inspira l’aria frizzante a pieni polmoni e volge lo sguardo al firmamento punteggiato di stelle. 
“Non senti niente, Alastor? Non percepisci la terra e tutto il Creato vibrare e scuoterti dentro? Tutti stanno osservando, tutti stanno aspettando. Noi saremo gli attori e ci muoveremo sul palcoscenico recitando le nostre battute. Dopodiché, il pubblico farà la sua mossa.”
“Per ‘pubblico’ intendi…?”
“Gli Exurge Domine. Sono già qui.” ghigna e in questo momento so che è tornato ad essere il mio amato demone e non più quell’ombra tetra dall’espressione lugubre che è stato in limousine.
Successivamente, realizzo il senso delle sue parole e sgrano gli occhi: “Sono qui? Dove?”
Perlustro con crescente agitazione ogni palazzo, ogni finestra, ogni tetto, ma non scorgo e non avverto alcuna presenza ostile.
“Fidati, sono molto vicini. Hanno il fiato sospeso. Se non li vedi, vuol dire che non vogliono farsi vedere. Andiamo.”
Il portone d’ingresso è sigillato, ma Samael mi fa strada verso una porticina laterale, adibita al transito dei preti o dello staff. È aperta. I nostri passi non producono alcun rumore sul pavimento, i nostri respiri sono fievoli e a malapena udibili e le tenebre regnano sovrane in ogni angolo, tanto che per un occhio umano sarebbe assai arduo distinguere i contorni delle panche e delle colonne che separano la navata centrale da quelle laterali. Le volte a sesto acuto sul soffitto, gli affreschi a tema religioso e i simboli sacri mi suscitano un certo disagio, ma se Samael è tranquillo e padrone della situazione, beh, voglio esserlo anch’io.
Attraversiamo la cattedrale fino all’altare e mentre cammino mi soffermo a fissare il viso sofferente di Gesù Cristo. È identico a quello che ho visto nella mia visione, cinque anni fa. Sulla destra c’è un’altra porticina di legno, che con ogni probabilità conduce alla sagrestia, ma stavolta è chiusa. Samael sfiora con due dita la serratura, che scatta senza problemi, permettendoci di procedere. Non ho idea di quanti corridoi percorriamo e quante scale saliamo, è come un labirinto, ma dopo un po’ mi rendo conto che ci stiamo inerpicando sui ripidi gradini di una delle due torri della facciata. Se fossi ancora mortale, a quest’ora avrei già il fiatone e le gambe a pezzi per la fatica. 
Giungiamo sulla sommità e a ridosso del balcone che aggetta sulla piazza vediamo la sagoma di un uomo. Di primo acchito dimostra una quarantina d’anni, ma è difficile affermarlo con sicurezza, dato che mi dà le spalle.
“Sapevo che sareste venuti.” scandisce in un francese molto chiaro, “Ho fatto un sogno, ieri notte, che mi annunciava il vostro arrivo.”
Si gira e le luci della strada illuminano appena il suo viso. È giovane, sicuramente ha meno di quarant’anni. Ha i capelli corti e castani, gli occhi piccoli e marroni e una faccia dai tratti spigolosi. Sul naso porta un paio di semplici occhiali dalla montatura rettangolare e sul torace, attaccato ad una catenina d’oro, brilla un crocifisso. Indossa la divisa nera da sacerdote, col colletto bianco e rigido. All’apparenza mi dà l’impressione di una persona gentile, sarà per la calma che scorgo riflessa nei suoi occhi, e non mi trasmette alcuna sensazione di ribrezzo. Non scorgo nemmeno le familiari volute di fumo nero, che normalmente vengono sprigionate dal corpo del peccatore. È veramente lui il nostro uomo? Non riesco a capirlo, tutto lascia supporre il contrario. Tuttavia, il mio maestro non si sbaglia mai, perciò deve esserci qualcosa che non va con i miei sensi sviluppati. 
La postura del prete è rilassata, le mani sono intrecciate dietro la schiena, e non emana ostilità, quanto piuttosto un’aura pacifica e innocua. Egli sorride cordiale e una raffica di vento fa svolazzare le falde della sua tunica.
“Perdoni il ritardo.” risponde Samael con lo stesso tono.
“No, no, nessun ritardo, non si preoccupi.”
“Ottimo, allora cominciamo.” 
Il maestro estrae dalla valigetta una Bibbia, con la copertina di pelle nera e la scritta dorata. Comprendo subito che è preziosa e la rilegatura pare fatta a mano.
“Oh! Dove l’avete presa? Sembra proprio la mia! Ma l’ho lasciata un paio d’ore fa nei miei alloggi.” esclama sorpreso il prete, protendendosi verso di noi per studiare l’oggetto.
“Trucchi del mestiere. Dunque,” Samael brandisce la Bibbia e ghigna, cominciando a misurare a piccoli passi l’esigua superficie della torre, “lei è Albert Felix Duvonne, giusto?”
“Giusto.” annuisce.
“Mi conferma che ieri, alle ore sette e trenta della sera, ha ripetutamente violentato uno dei bambini a cui insegna catechismo, per di più autistico?”
Mi ghiaccio, incredulo davanti a questa rivelazione. Non è possibile. Non sono stupito del fatto che un prete si sia reso colpevole di stupro, purtroppo non è una cosa rara. Ciò che mi coglie alla sprovvista è il fatto che non percepisco ancora niente, neanche una minima traccia di peccato o l’odore di zolfo che accompagna chi si è dannato l’anima perpetrando azioni turpi su degli innocenti, come se già l’Inferno lo avesse marchiato come sua proprietà. Ah, aspetta un secondo. Esatto, non percepisco niente. È forse questa la chiave di lettura?
Analizzo meglio Duvonne, scandaglio ogni particolare con meticolosità e all’improvviso mi accorgo che non fiuto nemmeno la dolce fragranza della purezza. Quest’uomo è… come dire… trasparente. Ma non di una trasparenza che potrebbe far pensare al cristallo, al candore o ad una persona che può essere letta o decifrata come un libro aperto. Si tratta, al contrario, di una trasparenza innaturale, sporca. Ecco, è “un’assenza” totale, che mi disorienta e mi fa indietreggiare, quasi mi sia imbattuto in un mostro.
“Sì, corretto.” dichiara.
“E mi conferma che dall’età di quattordici anni ha istigato al suicidio diversi giovani e adulti per puro divertimento e manie di onnipotenza?”
“Sì.”
“Inoltre, dieci anni fa ha officiato un rito satanico nella campagna vicino a Giverny ed ha ucciso, stuprato e sgozzato cinque donne.”
“Esatto.”
Sono sempre più sconcertato. Cos'è, la fiera degli orrori? La lista sembra ancora lunga.
“Ha compiuto sacrifici umani e animali, ha distrutto intere famiglie fingendosi una guida spirituale saggia e disponibile, ha esorcizzato dei poveri malati mentali senza il consenso del Vaticano ed ha avuto una relazione clandestina con sedici suore, dieci delle quali le ha messe incinte. Dopodiché, ha ammazzato i suoi stessi figli quando erano appena nati e ha bevuto il loro sangue durante la cerimonia dell’eucaristia, al posto del vino.” elenca Samael, come se stesse esponendo dei progetti per le vacanze, “È tutto o ho dimenticato qualcosa?”
“No, è tutto. Anzi, a cinque anni ho avvelenato il mio cane.”
“Mi scusi, mi era sfuggito.”
“Non si preoccupi.”
“Fermi un attimo!” li interrompo bruscamente, “Coma accidenti ha fatto, signor Duvonne, a uscire dalla grazia di Dio solo ieri? Avrebbe dovuto già essere stato condannato all’Inferno sin dalla tenera età!”
“Alastor, stai buono.” mi blandisce il maestro, ma io non posso restarmene zitto a guardare, voglio conoscere la verità. 
Che diamine, un tizio del genere da dove spunta fuori?
“Risponda, per favore.” ridimensiono un po’ i toni e incrocio le braccia sul petto, riducendo gli occhi a fessure minacciose.
“Non ne ho la più pallida idea.” mi spiega sincero il sacerdote e mi regala un sorriso.
“Calmo, tra poco te lo dirò.” mi promette Samael.
Annuisco imbronciato e mi appoggio allo stipite della porta da cui siamo sbucati, con la scala a chiocciola alle mie spalle.
“Quindi, signor Duvonne,” riprende, “come ha ben arguito, Dio l’ha abbandonata. Di conseguenza, noi emissari di Sua Eccellenza Oscura siamo venuti a scortarla nelle viscere dell’Inferno, dove verrà consegnato ai demoni che la relegheranno per sempre nel girone a lei più confacente. Ha domande? Perplessità? Rimostranze?” chiede educato, fin troppo secondo me.
“Ho solo un appunto da farvi.” alza l’indice e lo punta sul crocifisso che gli pende dal collo, “Il Signore mi ha abbandonato solo temporaneamente. Presto tornerò nelle Sue grazie.”
“Come mai ne è così sicuro?”
“Dio accetta coloro che si pentono. Ogni volta che mi macchiavo col peccato, mi pentivo intimamente e aprivo il mio cuore a Lui. Mi ha sempre perdonato.”
“È davvero convinto che la passerà liscia anche ora?” sputo pieno di odio.
“Alastor, a cuccia.”
Sbuffo e mi zittisco di nuovo.
“Va bene, signor Duvonne, allora scopriamo insieme se, effettivamente, sia i Cieli che l’Inferno sono d’accordo con lei.” proferisce affettato e gli lancia addosso la Bibbia.
Ma il prete si scansa e il pesante volume atterra sulla pietra con un tonfo. Non accade nulla. Mi aspettavo che il libro si animasse e risucchiasse Duvonne in un abisso di fuoco, invece tutto rimane immobile e silenzioso. Samael fissa sbigottito la Bibbia, ma poi rivolge all’uomo un ghigno trionfante. Cos’ha da sorridere? Abbiamo palesemente perso! Questo qui la farà franca!
“Qualcosa la diverte, signor…?”
“Fires.”
“Un nome, un programma. Perché sta sorridendo?”
“Perché, ad essere onesto, non me ne importa un accidente della fine che farà lei. Mi interessano solo le ripercussioni che questo fatto avrà nel mondo e la luce che getterà sull’istituzione ecclesiastica.”
Duvonne aggrotta le sopracciglia, confuso: “A cosa si riferisce?”
“Non è affar suo.” sibila e le sue iridi rifulgono come lava liquida, vive e guizzanti, “Lei continui pure con il suo teatrino, perché le posso assicurare che a nessuno di noi frega niente. Ho ottenuto quello che volevo, adesso tolgo il disturbo. Vieni, Alastor.”
“Tutto qui? Non cercherete di prendere la mia anima con la forza?” domanda basito.
A giudicare dalle sue parole, deduco che si aspettasse di dover combattere una guerra contro i messaggeri del Diavolo. Sinceramente, anch’io ho creduto che la vicenda avrebbe preso quella piega, ma a quanto pare mi sono sbagliato.
“Il contratto non ha reagito, segno che, proprio come lei ha asserito dianzi, Dio presto tornerà dalla sua parte. Tanti saluti, arrivederci.”
Schizza giù per le scale ed io mi ritrovo a correre per stargli dietro, attento a non inciampare sui gradini scoscesi e usurati dal tempo. 
Se proprio devo mettere le mie impressioni nero su bianco, tutto si può riassumere in una banale frase: non ci ho capito un fico secco. Che senso ha avuto venire fin qui? Qual è il piano di Samael?
“Alastor, stammi vicino. Anzi, stammi incollato.”
“Perché? Cosa succede?”
“Shhh.”
Spuntiamo nella navata centrale e la percorriamo a grandi falcate. Sento l’agitazione di Samael come se fosse la mia. La mia pelle formicola ed è attraversata dai brividi, mentre un macigno mi si è depositato sullo stomaco da circa un minuto. Mancano solo una decina di passi e finalmente saremo fuori. Non vedo l’ora di farmi un bel bagno caldo e sdraiarmi sul letto. Però, appena finisco di formulare tali pensieri, delle ombre si parano dinanzi a noi, sbarrandoci l’uscita. Sono quattro e i loro visi sono nascosti da un cappuccio. Per un misero istante mi viene quasi da ridere, perché sembra tanto la scena di un film, quando appaiono i tanto famigerati giustizieri. 
Samael arresta la sua carica di botto e per poco non vado a sbattere contro la sua schiena.
“Consegnaci il registratore, demone.” esordisce uno di quei loschi figuri.
Registratore? Quale registratore?
Spiazzato e vigile, punto lo sguardo sul mio maestro, impaziente di ricevere risposte, ma lui non distoglie il suo da quegli uomini. Un vago sentore di pericolo inizia a serpeggiarmi nei muscoli e l’ansia acuisce i miei sensi, li rende sensibili a qualsiasi stimolo e pronti a scattare al minimo cenno di Samael. Non ho mai lottato contro qualcuno, non ho mai fatto a botte o partecipato a risse, né tanto meno usato i miei poteri per altri scopi che non fossero riscuotere anime. Cosa dovrei fare in una simile circostanza? 
Attendo istruzioni dal mio mentore, ma pare che la sua attenzione sia stata completamente assorbita dagli ultimi arrivati.
“D’accordo.” acconsente Samael e con un gesto indica la mia valigetta.
“Cosa? È qua dentro?” balbetto allibito.
“Dagliela.” mi ordina.
Io la lancio ad uno di quegli individui incappucciati, che l’agguanta prima che tocchi il suolo. A quel punto, dalla valigetta fuoriescono numerosi tentacoli neri, che avvolgono i quattro in spesse spirali di fumo denso e tossico.
“Ora! Alla porta, presto!” sussurra concitato Samael.
Mi aggrappo alla manica del suo cappotto e mi faccio trascinare, troppo stordito per suggerire alle mie gambe di accelerare e troppo occupato ad osservare la scena. Siamo in prossimità della soglia, vicinissimi, quando un’onda d’urto ci scaraventa all’indietro e ci proietta sulle panche con una forza inaudita. Con la coda dell'occhio vedo una luce azzurra che risucchia il fumo della valigetta, lo divora e lo ingloba, neutralizzando il suo potere infernale. Comprendo immediatamente che abbiamo perso un’occasione d’oro per fuggire, anche se non ho idea di cosa sia accaduto.
Mi rialzo in piedi, incolume, e Samael fa lo stesso. Alcune panche si sono rotte all’impatto e le schegge di legno sono volate dappertutto. Fronteggiamo i nemici, tesi come prede braccate.
“Bel trucchetto!” esclama uno di loro, “Avrebbe potuto funzionare, se non avessimo predisposto una barriera intorno al perimetro della cattedrale. Siete in trappola.”
Il cappuccio gli scivola sulle spalle, rivelando un aspetto, oserei dire, quasi angelico. È un uomo bellissimo, con i capelli lunghi, biondi e ricci e gli occhi celesti. I lineamenti aristocratici gli conferiscono un’aura regale, ma qualcosa in lui mi fa tremare di paura.
Chi sono?
“Finiamola qui. Dateci il registratore e vi lasceremo andare.” ci intima.
“No.” risponde Samael, scrollando le spalle come se fosse ovvio.
Perché? Che importanza può avere un registratore? Che diamine sta architettando?
“Allora, preparatevi ad essere distrutti.”
“Queste frasi a effetto puoi risparmiartele, Spennato, sono demodé.”
“La sostanza non cambia.”
Avverto lo spostamento d’aria troppo tardi e di nuovo vengo catapultato all’indietro. Cozzo con la nuca sul bordo dell’altare, mentre Samael atterra su altre panche.
“Hey, tu! Qual è il tuo nome? Declamalo ora!” mi grida il biondo, ma l’intontimento che mi annebbia il cervello mi impedisce di mandarlo a farsi fottere come si deve.
“Silv, secondo me è un novizio.” borbotta un altro di quei tizi, “Non senti com’è debole? La sua energia non è affatto paragonabile a quella di Samael. Bianca, tu che ne pensi?”
Conoscono il mio maestro? Sentono l’energia? Quindi non sono umani…
“Zitto!”
L'ordine del maestro mi perfora le orecchie come se avesse urlato, ma in realtà il suo non è stato che un bisbiglio. L’ho udito forte e chiaro e giuro che non aprirò bocca.
“Forse appartiene ad una categoria inferiore.” interviene un terzo, ma stavolta la sua voce ha un timbro femminile. 
Deduco che sia quella Bianca a cui si è rivolto l'altro pochi secondi fa.
“E per quale ragione un demone potente come Samael dovrebbe accompagnarsi ad uno di classe inferiore alla sua?” ribatte Silv, il biondo, avvicinandosi a me con passo marziale.
Non riesco a muovermi, il mio corpo non reagisce. Sono paralizzato. Digrigno i denti e mi sforzo, ma le mie membra sembrano essersi trasformate in cemento. Silv si accuccia davanti a me e appoggia i gomiti sulle ginocchia, sostenendosi in equilibrio precario sulle piante dei piedi. Mi studia, mi tocca i capelli e mi sfiora la guancia destra, dove mi sono procurato un taglio quando sono finito contro l’altare. Non c’è sangue, solo un piccolo squarcio nero. Poi estrae da sotto il mantello una specie di mazzo di chiavi, a cui però sono attaccate delle monete, con incisi sopra vari simboli a me sconosciuti. Ne rigira una fra le dita e me la schiaccia sulla fronte. 
“Che stai facendo?” rantolo.
Una palla di fuoco saetta per la navata e colpisce gli altri tre scagnozzi, che erano rimasti in disparte, distratti dai movimenti di quello che, presumibilmente, è il loro leader. Due vengono tramortiti, mentre il terzo, la donna, si erge fiera e implacabile in mezzo ad un tappeto di schegge e pezzi di colonna. Quell’attacco non l’ha scalfita neanche di striscio. Ora che il cappuccio è scivolato pure a lei, noto che è mora, con i lunghi capelli castano scuro raccolti in una treccia e la pelle abbronzata. Possiede i tipici tratti mediterranei: occhi marroni, labbra carnose e lineamenti marcati ma al contempo sensuali. Scommetto che è italiana o spagnola, anche se non saprei dirlo con certezza perché il suo accento è molto lieve.
“Bastardo.” ringhia all’indirizzo di Samael, il quale scaglia un’altra palla di fuoco verso Silv.
Questi la respinge con una mano come si fa con una mosca, mandandola a schiantarsi contro una parete. Il biondo riprende a premere le monete, una ad una, sulla mia fronte e via via l’irritazione affiora e gli deforma l’espressione severa e austera, per un motivo che non riesco ad afferrare. Appena le esaurisce, emette un verso frustrato e mi agguanta per il bavero della giacca, sollevandomi alla stessa altezza dei suoi occhi, ora gelidi come iceberg.
“A quale classe appartieni? Qual è il tuo nome?” scandisce lentamente, in maniera tale che il messaggio giunga a destinazione e oltrepassi la barriera del ronzio che mi ha invaso le orecchie.
Scocco un’occhiata a Samael, nella speranza che possa aiutarmi, ma vedo che è impegnato in un corpo a corpo con la donna. Sbalordito, li fisso mentre sbattono sul muro alla mia sinistra e cominciano a rotolare verso l’alto, fino al soffitto, dove ingaggiano un combattimento a colpi di artigli, fuoco e luce azzurra. Adesso finalmente capisco cosa intendeva il maestro quando diceva che la forza di gravità è solo una legge umana. 
Gli altri due si riprendono in quel preciso istante, si rialzano e scrollano la testa frastornati. Dopodiché analizzano la situazione e decidono di comune accordo di precipitarsi a dare manforte alla loro compagna, lasciandomi nelle grinfie di Silv.
“Hey, guarda me.” Silv mi schiaffeggia e mi strattona, quel tanto che basta a rintronarmi ancora di più.
C’è qualcosa che non va. Una presenza estranea si è infiltrata nella mia mente, la percepisco e fa male. 
Dimmi il tuo nome.
Vuole sapere il mio nome? Oh, quanto vorrei confessarglielo. È giusto che lui lo sappia, non devo oppormi al suo volere. Lui è il mio padrone, lui è…
“No!” grido.
Odo uno schiocco secco e in un istante mi libero dalle catene invisibili che mi tenevano bloccato. Una nuova energia mi inonda le vene, sfrigola e vibra come il fuoco che brucia in un vulcano in procinto di eruttare; mi travolge con la violenza di un uragano, aderisce alla mia pelle, penetra in ogni estremità e fa contrarre i miei organi, facendoli pulsare. Un attimo più tardi, Silv arretra come ustionato e dal suo mantello sbuca una collanina d’oro, a cui è appesa una croce con un rombo al centro. Ricordo di aver già visto quel simbolo, anni fa, mentre tornavo dalla casa del signor Molloy.
“Exurge Domine.” esalo in un soffio.
In risposta a questa rivelazione, quello strano potere che mi ha pervaso esplode nel mio sterno e un vortice di fiamme nere colpisce in pieno il biondo, polverizzandolo in pochi secondi. Per un attimo mi focalizzo sulla montagnola di cenere ad appena due metri di distanza e la contemplo atterrito e confuso all’inverosimile. 
Un leggero boato si propaga per la navata e la donna svanisce oltre la porta della cattedrale in un lampo, levitando come un fantasma, mentre gli altri due nemici giacciono sul pavimento di pietra totalmente carbonizzati. 
Non sono riuscito a seguire lo scontro, ma qualcosa mi dice che i quattro Exurge Domine fossero di livelli diversi. La coppia carbonizzata, ad esempio, mi è parsa molto più debole rispetto alla donna e a Silv, anche se quest'ultimo ha fatto una brutta fine. Ancora non me ne capacito, è stato figo e assurdo allo stesso tempo. Le domande che mi frullano nel cervello mi pungolano con insistenza. 
Ansimo spaventato. Se non fossi un demone, sarei già scoppiato a piangere da un po’. 
Il terrore che per tutto il tempo mi ha annichilito scompare quando Samael si materializza al mio fianco. Mi accarezza dolcemente i capelli e mi stampa un bacio casto sulle labbra, sorridendo con una dolcezza disarmante.
“Sei stato molto bravo, sono fiero di te. Avanti, torniamo in hotel. Domani vacanza, che ne dici?” mormora, stringendomi nell’abbraccio che desideravo da ore.
Annuisco debolmente e mi aiuta a sollevarmi e a spolverarmi i vestiti strappati e sudici.
“Ti spiegherò tutto in macchina. Perdonami se ho taciuto la verità così a lungo.” si scusa.
“Non fa niente, l’importante è che siamo vivi.”
“Solo grazie a te, cucciolino.” ghigna e mi scompiglia i capelli.
“Cucciolino?”
“Per stavolta passami il vezzeggiativo. Non avrei potuto chiedere un compagno migliore di te.”
Lo scruto falsamente sconvolto: “Non è che mi stai diventando sentimentale?”
Samael ridacchia e mi fa strada verso la limousine, che ci aspetta fuori da Notre-Dame, proprio dove l’abbiamo lasciata.
“Ebbene?” lo interrogo, accomodandomi meglio sul sedile.
“Sul registratore di cui parlavano quei guastafeste,” sfila da sotto il colletto della giaccia un piccolo microfono, che per fortuna non si è danneggiato durante la lotta, “ho impresso la confessione di Duvonne. Domani la darò ad un amico che lavora al giornale Le Figaro, in modo che ci scriva sopra un articolo. La notizia farà scalpore e il giro dei continenti, e la Chiesa verrà screditata e accusata di aver coperto le malefatte di un criminale. Questo provocherà una crisi in tutto il mondo cattolico, vedrai.”
“Quindi è per questo che lo hai liquidato in quattro e quattr’otto!”
“Esatto. Non mi interessava la sua anima, volevo estorcergli tutti i suoi segreti. Con gli opportuni tagli e le necessarie modifiche, questo nastro potrebbe pure arrivare nelle grinfie dei media, i quali non oseranno ignorare un bocconcino così succulento. La carriera di Duvonne è giunta al capolinea, ma cosa ancor più importante è la figura che ci farà la Chiesa. Uno scandalo del genere non finirà nel dimenticatoio tanto presto.”
“Wow… ma siamo certi che gli Exurge Domine non ci ostacoleranno? Voglio dire, potrebbero ridurre al silenzio la stampa. Anche loro avranno degli agganci, no?”
“È probabile, ma il mio amico è un demone a cui piace il giornalismo. È bravo nel manipolare le informazioni e spacciarle per vere, anche se qui non avrà da fare molto, perché è già tutto spiattellato e cristallino. In pratica, gli serviremo la pappa bell’e pronta.”
“A proposito, cos’è successo prima? Cosa erano quelle monete? E quelle fiamme nere? Come ho potuto evocare un potere di quel livello? Gli Exurge Domine torneranno? E perché li hai chiamati ‘Spennati’?”
“Calma, calma, Alastor! Avrai le risposte alle tue domande dopo esserti fatto un bagno caldo, promesso. Intanto, però, posso dirti che abbiamo affibbiato loro il nomignolo di ‘Spennati’ perché, come ti ho già raccontato, discendono dagli angeli, ma sono nati senza ali. Dio ordinò ad alcuni angeli di mischiarsi ai mortali per generare uomini 'angelici', i quali si sono poi organizzati e hanno istituito l'ordine degli Exurge Domine. Ah, un'altra cosa: non rivelare mai il tuo nome a nessuno, specialmente alla loro setta. Fanno uso di molti stratagemmi per plagiare la volontà dei demoni, ma tu non devi cascarci.”
“Allora…” esito, mordicchiandomi l’unghia del pollice.
Mi sento avvampare e ho l’impressione che il mio corpo si surriscaldi a velocità pazzesca.
“Mh?” mi esorta, osservandomi con aria curiosa.
“Perché non riprendi a chiamarmi Archie? Così il mio nome da demone è al sicuro e nessuno lo udirà nemmeno per sbaglio.”
Mi squadra divertito, poi si sporge e mi coinvolge in un bacio saturo di passione repressa. Pare che mi voglia mangiare e la forza che sta esercitando per trattenere il mio viso incollato al suo è più marcata del solito. Tuttavia, con questo bacio mi trasmette anche tutto il suo sollievo per averla scampata e non riesco ad esimermi dall’accogliere il suo trasporto con entusiasmo. Mi cinge i fianchi con le braccia e mi attira a sé, mentre le nostre lingue danzano ad un ritmo folle e bisognoso. Non c’è un altro posto dove vorrei essere, in questo momento.









 
  
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