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Autore: Miss Fayriteil    09/07/2014    1 recensioni
Questa storia è nata un po' per caso, volevo provare a scrivere un romanzo rosa, nello stile di Lauren Weisberger o Sophie Kinsella, che mi piacciono molto. Mi sono ispirata un po' anche alla coppia che amo di più in Grey's Anatomy. Capirete perchè. La trama... è un romanzo, una storia d'amore. La donna single che trova l'amore della sua vita. Spero vi piaccia!
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Bentornata a casa

 




Una settimana dopo l’incidente Ali fu dimessa e potè finalmente tornare a casa. Uscì dall’ospedale in sedia a rotelle, con due gessi, senza più la fasciatura sull’addome e con cinque punti sulla fronte. Sarebbe rimasta un altro mese a casa, prima che potessero toglierle i gessi e lei non vedeva l’ora perchè le dava fastidio dover dipendere dagli altri praticamente per tutto. Le sembrava di essere stata via tantissimo e la sensazione divenne ancora più forte, quando arrivò a casa e vide che Dana aveva organizzato una piccola festa in suo onore. C’erano tutti, i suoi genitori e quelli di sua moglie, Benji con il resto della sua famiglia, Faith, Daniel e Michael. C’erano anche Kim, Jacob e Leah. Era incredibile, come fossero riusciti a organizzare tutto a sua insaputa. C’era il tavolo del soggiorno pieno di cose da mangiare, tutte preparate dalla cuoca di famiglia e Benji aveva appeso un enorme festone che diceva: BENTORNATA A CASA ALI. Si commosse quando vide tutto quello che avevano fatto per lei e per i primi dieci minuti salutò e abbracciò persone a caso. Sam corse verso di lei e volle salirle in braccio.
  «Campione sta’ attento» gli disse suo padre. «La zia Ali si è fatta male e tu sei diventato grande. Non sei più così leggero, perciò devi essere delicato».
  «D’accordo papà» assicurò lui con la sua vocetta, ma tutto serio. Seduto comodo sulla gamba destra di sua zia le toccò con delicatezza il braccio ingessato. «Ti fa male, così?»
  «No pulce, se lo tocchi così non mi fa male. Me l’hanno messo apposta per aggiustarlo. E anche la gamba. Devo tenerli per un po’, poi quando la gamba e il braccio saranno guariti me li toglieranno».
  «E poi potrai camminare di nuovo, zia?» le chiese Sam. Lei annuì con un sorriso.
  «Zia Dana, dov’è Erica?» chiese Deena in quel momento con gli occhi che le brillavano. Una delle prime cose che le aveva detto quando si erano conosciute era stata che avevano quasi lo stesso nome. E adorava alla follia la sua nuova cuginetta.
  «Nella sua stanza, Deena, ma sta dormendo. Non la svegliare, ci ho messo un’eternità a farla dormire, d’accordo? Vai pure di là, ma non fare troppo rumore». Lei annuì e corse via.
  La festa durò tutto il pomeriggio e fu bellissima. A un certo punto Ali volle alzarsi dalla sedia a rotelle, perciò Benji e Jacob si offrirono di alzarla e metterla sul divano. Lei notò che il cognato sembrava un’altra persona. Non aveva fatto neanche una battuta e con lei era veramente gentile. Non sapeva se fosse per l’incidente o per qualcos’altro, ma apprezzò enormemente il cambiamento. Anche Dana se ne accorse e questo la rese ancora più felice. Deena ad un certo punto apparve in soggiorno con Erica in braccio che si era svegliata. Camminava sicura nonostante il peso della bambina e si avvicinò a Dana, allungandogliela. «Piange» disse. Dana annuì e la prese subito.
  «Scusate, la devo cambiare» annunciò, dopodichè sparì in bagno. In quel momento Kim si sedette sul divano accanto a Ali. Le sorrise e disse: «Ma che è capitato?»
  «Di cosa parli?» le chiese Ali con uno sguardo interrogativo. «Dell’incidente, o...»
  «Di tutto! Dana non mi ha spiegato cos’è successo... ancora due settimane fa circa mi ha chiamata e mi ha detto solo che avevate litigato e che tu eri “una stronza di prima categoria”. Visto che mi sembra molto strano che mia sorella parli così di te.... cos’è successo?»
  «Abbiamo litigato» cominciò Ali cercando di prendere tempo. Kim annuì e la incitò a proseguire. «Dana è arrivata a casa e si è messa a dire che gli affitti dei locali costavano tanto e che io avevo cambiato lavoro proprio in quel momento e dato che prendo meno di prima ero un’egoista perchè avrei dovuto aiutarla a realizzare il suo sogno e invece avevo pensato solo a me stessa. Ci siamo spintonate a vicenda e poi mi sono arrabbiata anch’io. Quando Dana mi ha detto di andarmene dalla nostra camera io me ne sono andata. Di casa». Era la prima volta che ne parlava così nel dettaglio e si rese conto di quanto le facesse bene sfogarsi con qualcuno. Kim la ascoltava a bocca aperta. «Credo mi abbia dato della stronza anche in diretta. E poi... niente ho girato in macchina per un po’ e poi sono andata in un bar. Ho conosciuto una».
  «E poi?» chiese Kim. Poi si mise una mano sulla faccia. «Fammi indovinare... ci sei...»
  «Andata a letto?» la interruppe Ali. «Indovinato. E non so perchè l’ho fatto... cioè, volevo farle del male, solo questo. Poi gliel’ho detto al mattino. Sai quando ti vendichi, ma dopo stai peggio di prima? Ecco mi è successo così. È andato tutto normale fino a settimana scorsa. Cioè non ci parlavamo, ma alla fine andava bene. Poi non so perchè quel giorno mi sono messa a riflettere su di noi mentre attraversavo. Non ho visto la macchina, mi ha presa su e mi ha fatta cadere».
  «Mio Dio, Ali, ma che vi è successo?» esclamò Kim, sconcertata. «Siete impazzite entrambe, o cosa? Quindi la diagnosi? Due ossa rotte e le costole, giusto? Dana mi ha detto un po’ cosa ti è successo».
  «Sì, la cosa alla testa sembrava chissà cosa, ma sono bastati i punti, alla fine, per fortuna» disse Ali. «Sarebbe potuta andare molto peggio, sono stata fortunata».
  «È vero, sei stata fortunata» si sentì la voce di Taylor. Ali sospirò. «Possiamo parlare adesso».
  «Cos’altro c’è da dire?» si lamentò lei. Sua madre la guardò perplessa. «Ho fatto un errore e ho avuto una punizione divina! Non è abbastanza?»
  «No! Voglio dirti anch’io quello che penso! Voglio dirti che mi hai profondamente delusa, che un litigio per quanto spiacevole, non può portarti a tradire tua moglie e che spero vivamente che vostra figlia non risenta mai di questa situazione».
  «Mamma, è piccola!» esclamò Ali esasperata. «Ha sei mesi! Credo che non sappia nemmeno chi è!»
  «I bambini capiscono quello che succede accanto a loro!» ribattè Taylor sedendosi dall’altro lato.  «Anche quando sono piccoli! Sentono quando c’è tensione e se voi due non fate pace potrebbe restarne traumatizzata in futuro. Dico sul serio!»
  «Io voglio solo che Erica stia bene» mormorò Ali. Taylor le mise un braccio attorno alle spalle.
  «Lo so tesoro. E starà bene, vedrai. Voi starete bene e anche lei. Andrà tutto bene».
  In quel momento Dana tornò in soggiorno con Erica in braccio. La bambina sembrava rilassata e sorridente come sempre e ad Ali sembrava impossibile che sua figlia potesse avere qualche trauma dalla storia tra lei e Dana, ma proprio per questo decise che si sarebbe fatta in quattro perchè niente turbasse la serenità della sua piccola principessa. Kim e Taylor si alzarono dal divano e Dana si sedette accanto a lei. Ali le lanciò un breve sorriso, ma non sapeva bene come comportarsi.
  «Come va?» le chiese sua moglie.
  «Bene» rispose lei. «Bene. Una bella festa». Dana annuì. Fece per metterle un braccio attorno alle spalle, ma poi cambiò idea. Si sentiva a disagio, anche se non sapeva bene perchè. Ali se ne accorse e dal suo sguardo si capiva quanto ci fosse rimasta male.
  «Dammi solo un po’ di tempo» rispose Dana. Lei annuì. «La tua stanza ha un bagno» aggiunse l’altra. «Ti do il baby monitor di Erica, così se hai bisogno di qualcosa me lo dici e... e ti aiuto, insomma. Lei per un po’ dormirà in camera con me». Ali inghiottì il nodo che le si era formato in gola.
  «D’accordo» disse. Dana nel rivederla non aveva potuto fare altro che rimandare il pensiero di perdonarla. Le tornavano in mente nei momenti più impensati le scene con l’altra donna, come aveva iniziato a chiamarla e finchè quello non fosse passato non la poteva perdonare.
  «E per quanto andremo avanti così?» chiese Ali. Dana scrollò le spalle.
  «Non lo so. Finchè ne avrò bisogno, credo» disse. Ali annuì di nuovo. Non avrebbe saputo dire perchè si aspettasse di tornare a dormire con sua moglie. L’incidente aveva cambiato le cose solo in parte e Dana era evidentemente ancora molto arrabbiata con lei. Avrebbero dovuto lavorarci a lungo insieme, ma era sicura che alla fine ce l’avrebbero fatta.
 
 
Alcune ore dopo la festa era finita e tutti erano tornati a casa loro. Ali e Dana erano rimaste finalmente sole. Mentre la moglie era impegnata a sistemare la cucina, Ali si avvicinò la sedia a rotelle al divano e tentò di salirci da sola. Voleva farcela, ne andava della sua autostima. Purtroppo il lato sinistro del corpo era quello più vicino al bordo del divano e per un po’ si sforzò inutilmente. All’improvviso perse la pazienza e si gettò quasi di peso sulla sedia. Purtroppo perse l’equilibrio, Dana sentì un tonfo sordo e arrivò nel soggiorno giusto in tempo per vederla lunga distesa sul tappeto.
  «Ali!» esclamò correndo preoccupata verso di lei e aiutandola a mettersi finalmente seduta sulla sedia a rotelle. «Ma che volevi fare?»
  «Quello che hai fatto tu» sorrise Ali mentre sua moglie iniziava a spingerla in avanti. Non poteva fare neanche quello. «Speravo di riuscirci da sola».
  «Potevi farti del male» mormorò Dana scuotendo la testa. «Devi stare attenta».
  «Lo so» sospirò Ali, gentilmente guidata verso la sua camera da letto. «Mi da fastidio dover dipendere sempre dagli altri, però».
  «È solo finchè non ti tolgono i gessi» le disse Dana. «Poi tornerà tutto come prima. Non voglio infierire, ma... hai bisogno di aiuto per andare a letto?»
  «Dana, senti...» cominciò Ali, ma lei la guardò con un sopracciglio alzato. «Sì, ne ho bisogno, grazie» ammise controvoglia alla fine. «Comunque non ci vado subito».
  «D’accordo» replicò Dana con un sorrisetto. «Beh, dimmelo quando sei pronta».
  Borbottando tra sè e sè Ali entrò in camera sua e andò in bagno per lavarsi i denti. Rimase a guardare il lavabo per un po’, finchè alzò gli occhi al cielo e chiamò: «Dana...».
  In un attimo sua moglie fu accanto a lei. «Sì, cara?» chiese. Lei alzò di nuovo gli occhi al cielo.
  «Mi aiuti?» disse. Le indicò lo spazzolino e il dentifricio sulla mensola. Lei non ci arrivava. Dana annuì, li prese entrambi e spremette una certa quantità di dentrificio sullo spazzolino. Lo bagnò e glielo porse. «Ecco qui, tesoro
  «Grazie» replicò Ali a denti stretti. In quei momenti ringraziava di non essere mancina. Alla fine prese un bicchiere per sciacquarsi la bocca, e appoggiò lo spazzolino sul bordo del lavabo. Per la prima volta notò ogni mossa che faceva, era automatico quando all’improvviso riusciva a fare un terzo delle cose rispetto a prima dell’incidente. Provò a spingersi da sola con la sedia a rotelle, anche se sapeva di non dover sforzare il braccio ingessato.
  «Che accidenti stai facendo?» chiese la voce di Dana alle sue spalle. La aiutò a uscire dal bagno e a infilarsi a letto. In un certo senso non c’erano mai stati momenti così intimi tra loro. Le rimboccò le coperte e le disse: «Perchè pensi che ti abbiano immobilizzato un braccio? Hai bisogno di me».
  «E l’idea ti riempie di gioia, vero?» le chiese Ali, seccata. Glielo leggeva negli occhi.
  «Diciamo che è un modo eccellente per ripagarmi di quello che hai fatto...» commentò Dana. Le diede un bacio abbastanza ironico sulla fronte e si avviò alla porta della stanza, ma una volta sulla soglia si fermò e si voltò di nuovo verso di lei. «Sogni d’oro!» disse, poi se ne andò.
  «Sì, sogni d’oro, come no» sibilò Ali a bassa voce. Chiuse gli occhi e girò la testa sul cuscino. Era contenta di essere a casa comunque. Anche se era ancora nel letto da sola, si rendeva conto di non essere più in ospedale e quel pensiero la confortava.
  Invece Dana era andata in camera da letto, dopo essere passata nella stanza di Erica e aver spostato la sua culla portatile accanto al proprio letto. Andò in bagno e alla fine si infilò sotto le coperte e rimase sdraiata sulla schiena a riflettere. Pensò che Ali le mancava e molto anche. Come aveva fatto qualche sera prima si voltò verso il suo lato del letto. Pensò che le mancava, ma che allo stesso tempo non ce la faceva proprio a perdonarla e riaccoglierla nella loro stanza. Era presto.
 
 
Il mattino dopo Ali si svegliò presto, ma dovette restare a letto e aspettare che Dana si alzasse. Non voleva provare di nuovo a salire da sola sulla sedia a rotelle e magari farsi male sul serio. Si limitò a mettersi seduta per stare più comoda. Dana però stava dormendo e nemmeno da tanto perchè abbastanza presto aveva fatto un sogno molto angosciante che l’aveva tenuta sveglia per ore.
  Aveva sognato di rivivere l’incidente subito dalla moglie; lei assisteva dal marciapiede, ma non poteva fare niente per fermarla. Come se ciò non fosse abbastanza si rendeva conto che nonostante i soccorsi Ali non sarebbe sopravvissuta. Quando l’aveva vista distesa sul letto, morta, aveva iniziato a gridare e si era svegliata terrorizzata e coperta di sudore freddo. Si era alzata ed era corsa nella stanza di sua moglie. Dormiva tranquilla e lei tirò un sospiro di sollievo. Le fece una leggera carezza sulla fronte e tornò a letto. Non si addormentò per molto tempo, però, perchè le era rimasta addosso l’angoscia.
  Ali cambiò idea e volle riprovare. Allungò la gamba destra e avvicinò la sedia a rotelle al letto. Con cautela fece passare la gamba destra oltre il bracciolo e con uno slancio spostò il resto del corpo e si sedette. Ce l’aveva fatta. Poi però si rese conto che non poteva muoversi comunque. E adesso? Si allungò verso il comodino, afferrò la ricetrasmittente lì sopra e la accese.
  «Dana...» chiamò nel microfono con voce incerta. «Dana... ehm... ci sei?»
  Quest’ultima si svegliò di soprassalto e prese il suo walkie-talkie. «Ali! Sì ci sono! Dove sei? Che succede? Stai bene?» la sua voce uscì più ansiosa di quanto intendesse.
  «Sono sulla sedia a rotelle, sto bene... devo solo andare in bagno...»
  «Arrivo subito, non ti muovere» rispose la moglie, che un attimo dopo si alzò, si infilò le ciabatte e corse nell’altra stanza. La vide seduta sulla sedia a rotelle e la aiutò ad arrivare fino al bagno. Lì la aiutò a sistemarsi e fece per spogliarla, ma Ali la fermò. «Questo posso farlo da sola» disse a denti stretti. «E un’altra cosa... potresti... girarti o andare via?»
  «Per l’amor del Cielo, Ali, so cosa c’è lì sotto!» esclamò Dana esasperata. «Ti conosco bene».
  «Non è per quello» mormorò Ali, così piano che l’altra non la sentì. Era molto imbarazzante per lei, aver bisogno dell’aiuto della moglie per qualsiasi cosa, anche andare in bagno. Soprattutto considerando cos’era successo tra loro nelle ultime settimane. Era grata alla moglie di essere così presente per lei, ma avrebbe quasi preferito che non lo facesse. Si sentiva troppo in colpa.
  Più tardi erano sedute a tavola insieme a fare colazione. Era la prima volta da settimane e anche se Dana non aveva cucinato niente era già un enorme passo avanti.
  «Cosa fai oggi?» chiese Ali a un certo punto. «Vai al ristorante?»
  «Sì, per forza. Sono stata a casa fin troppo e lì non sanno neanche da che parte girarsi se non ci sono io. Senti...» aggiunse dopo un attimo di esitazione. «Visto che sicuramente oggi non vai in ufficio e che non me la sento di lasciarti a casa da sola... che ne diresti di venire con me?»
  «Con te? Al ristorante?» ripetè Ali stupita. Non se l’era aspettato. «Sì vengo volentieri! E Erica? La portiamo lo stesso all’asilo o la teniamo con noi?»
  Il suo sguardo rivelava che avrebbe preferito la seconda opzione. Dana però scosse la testa.
  «La portiamo all’asilo. No Ali» disse alzando la voce, quando la moglie provò a interromperla. «Deve stare con i bambini della sua età, è per il suo bene! Penso che lo direbbe anche l’assistente sociale».
  «D’accordo. Sì hai ragione, deve andarci» fece Ali con convinzione.
    Dopo colazione si prepararono entrambe e nonostante le proteste di Ali, Dana la aiutò a vestirsi. Non lo avrebbe mai ammesso, ma le piaceva moltissimo occuparsi di lei. Non avrebbe saputo dire perchè, ma sapere di essere così indispensabile per qualcuno, per Ali, le dava una sensazione piacevole. Sentiva di fare qualcosa per gli altri, una buona azione. Non era solo per vendetta personale. Sentiva che quell’incidente era capitato a proposito nella loro situazione. Si era risolto nel migliore dei modi e questo era un segno che dovevano riuscire a chiarirsi e fare pace.
  Più tardi erano in auto e si preparavano a cominciare ufficialmente la loro giornata. Ali era contenta di passare una giornata con sua moglie: voleva parlare davvero con lei, anche se sapeva che sarebbe stata comunque molto impegnata. Dopo aver lasciato Erica all’asilo decise di affrontare il discorso per prima. Non aspettava altro da settimane.
  «Dana possiamo parlare?» esordì.
  «Di cosa?» chiese Dana fingendo indifferenza, anche se in realtà si era subito messa in allarme. Non sapeva nemmeno perchè, anche lei voleva parlare.
  «Sai benissimo di cosa» sospirò sua moglie. Si prese un attimo per raccogliere le idee, poi riprese. «È solo che... vorrei capire cosa devo fare perchè tu mi perdoni. No aspetta, mi sono espressa male. Quello che voglio dire è... riuscirai a perdonarmi? Cosa vuoi che faccia per farmi perdonare? Dimmi qualsiasi cosa e lo faccio. Parlo sul serio. Vuoi che mi scusi per il resto della vita? Posso farlo».
  «Ali ascolta...» cominciò. Si interruppe un attimo e aggiunse: «Non è questione di fare qualcosa per farti perdonare. Mi hai già chiesto scusa, non è quello. Ho bisogno di tempo, non dico per dire. Non ho bisogno che tu faccia niente, devo solo accettare il fatto che una donna che non sono io ti ha vista nuda, che ti ha toccata Dio solo sa come e dove e devo riuscire a non farmi venire il vomito ogni volta che ci penso, te l’ho detto. Tempo, mi serve questo. È un bene che tu sia in queste condizioni adesso. Intendo dire...» spiegò quando Ali la guardò perplessa, «che tu adesso hai bisogno di spazio, quindi di una stanza tua e questo fa bene alla nostra situazione. Almeno, a me fa bene».
  «Sì capisco cosa intendi dire» osservò Ali con un cenno del capo. «Ed hai ragione, immagino. Spero comunque che non ti serva tantissimo tempo perchè... mi manchi. Mi manca parlare con te, mi manca stare con te, mi manca dormire con te. Mi manca la nostra famiglia».
  «Lo so» replicò Dana, mentre arrivavano al ristorante e lei parcheggiava al solito posto. «Anche tu mi manchi e mi manca tutto quanto. Ce la faremo, te lo prometto». Uscì dall’auto e andò a prendere la sedia a rotelle della moglie, poi le aprì la portiera e la aiutò a sedercisi sopra. «So quello che pensi» disse con un sorrisetto, «ma non smetterò di occuparmi di te solo perchè ti senti in colpa. Sei mia moglie, ho promesso di stare con te anche in salute e in malattia, perciò ti dovrai adattare».
  Entrarono insieme nel ristorante, mentre Ali rifletteva su queste parole. Avrebbe potuto provarci anche per tutta la vita, ma non sarebbe mai riuscita a nascondere veramente i suoi pensieri a Dana. Si conoscevano troppo bene e troppo in profondità perchè questo fosse possibile. Tutti quanti nel ristorante, quando le videro arrivare andarono loro incontro. Tutti si misero d’impegno perchè Ali fosse comoda e perchè avesse tutto quello che le serviva. Era stata accudita così solo in ospedale, non per niente era la moglie del capo. Jamie continuava a chiederle come stava.
  La mattina fu lunga e piuttosto noiosa dal suo punto di vista perchè erano tutti molto impegnati e Dana non uscì quasi mai dalla cucina. Rimase sorpresa nel vedere quanta gente frequentasse quel posto, più che altro perchè a sentire sua moglie si sarebbe detto che fosse sull’orlo del fallimento. Decise che gliel’avrebbe chiesto non appena avesse avuto un minuto di tempo. Durante la sua pausa pranzo Dana uscì finalmente dalla cucina e Ali la prese al volo per un braccio quando le passò accanto.
  «Ciao» le disse, dopo che la moglie si fu fermata e si fu seduta di fronte a lei. «Quanto tempo!»
  «Lo so, scusami» mormorò Dana affondando la faccia tra le mani. «Ti ho invitata a venire qui per stare un po’ con te e non ti ho mai vista. Non ho avuto un secondo libero, mi dispiace».
  «Me ne sono accorta» replicò Ali con un sorriso, appoggiandole la mano sana sul braccio. «Sono stata qui tutta la mattina... è stato un viavai continuo! Perchè dici che questo posto è sull’orlo del fallimento? A me non sembra, anzi mi sembra che lavori molto».
  «Sì beh... forse sono stata un po’ precipitosa, quando te ne ho parlato. Okay... credo di doverti chiedere scusa. Non credo che chiuderà questo posto e la mia sfuriata quella sera è stata totalmente fuori luogo. E lo so che da lì è partito tutto, quindi... mi dispiace. Per tutto».
  «Quindi non sei più arrabbiata per il fatto che sono andata a letto con un’altra?» chiese Ali esitante.
  «No sono ancora arrabbiata» disse Dana tranquillamente. «Ma anche io ho esagerato. Direi che tutto considerato, tra l’incidente e il resto... siamo quasi pari».
  «Quasi? E quando saremo completamente pari?» fece Ali con un sorrisetto. La tensione tra loro due si era definitivamente sciolta. «Quando mi toglieranno i gessi?»
  «Sì probabilmente sì» fece Dana guardando l’orologio. Alzò di nuovo lo sguardo. «Posso stare qua ancora un po’, ma poi devo tornare al lavoro, okay?  Ali annuì e le prese una mano. Avrebbero parlato veramente come non facevano da settimane. Era più che okay.
 
 
Un giorno, verso le sette di sera, suonarono il campanello. Dana stava preparando la cena, ma corse subito ad aprire. Si trovò davanti Evelyn, l’assistente sociale. Ali in quel momento era nella sua stanza senza un granchè da fare, quando sentì la moglie chiamarla. Godendo della liberazione dai due gessi, avvenuta solo qualche giorno prima, iniziò a spingersi con la sedia a rotelle verso il soggiorno. In quel periodo le cose tra loro erano migliorate molto.
  «Salve!» esclamò stupita quando vide la donna sulla porta. Era decisamente l’ultima persona che si aspettava di vedere. «Che succede?»
  «Prego si accomodi» disse Dana, facendo segno alla moglie di farsi da parte. Evelyn entrò chiudendosi la porta alle spalle.
   «Mi dispiace disturbarvi a quest’ora» disse. «Ma sono venuta perchè dovevo assolutamente parlare con voi. Prima di tutto... cosa le è successo?» chiese stupita ad Ali. «L’ultima volta che l’ho vista... sì insomma... camminava».
  «Ah sì...» fece Ali pensierosa. «Il controllo mensile non l’aveva fatto lei, è vero. Ho avuto un incidente un mese fa, pochi giorni prima in effetti. Sono stata investita da un’auto mentre attraversavo. Mi sono rotta un braccio e una gamba, ma sto in sedia a rotelle ancora per un po’, anche se le fratture sono guarite. Devo dire che questa cosa ci ha avvicinate ancora di più».
  «Già» replicò Dana mettendole una mano sulla spalla. Non volevano raccontare delle altre cose. «Da quel giorno siamo più unite che mai».
  «Beh, mi dispiace per l’incidente, ma sono contenta che si sia risolto tutto per il meglio. In ogni caso ero venuta a darvi una bella notizia. Abbiamo valutato la vostra esperienza con Erica e... è fatta. La potete adottare adesso, se volete».
  «Cosa?!» esclamarono Ali e Dana in coro. Al sapere la notizia Ali rimase senza fiato e sentì che gli occhi le si riempivano di lacrime, mentre Dana si commosse e si sentì allargare il cuore. «Davvero?»
  «Sì davvero» disse la donna sorridendo. «È vostra. Potete andare subito in tribunale e sbrigare tutte le pratiche necessarie». Detto questo le salutò e se ne andò. Ali e Dana aspettarono che fosse abbastanza lontana prima di abbracciarsi strillando.
  A un certo punto Dana allungò la mano e prese quella di Ali, che la guardò perplessa.
  «Dai! Provaci!» la incoraggiò Dana. «Alzati, è un mese che non ti muovi da lì!»
  «Non so, Dana... » fece lei ritirando la mano. «Non è che mi fidi...»
  «Oh, andiamo... prima o poi dovrai alzarti da lì. Non sei paralizzata e devi muovere i muscoli o non si riabitueranno più. Forza». Le prese entrambe le mani e la sollevò quasi di peso. Ali ondeggiò un po’ e si aggrappò a lei per non cadere.
  «Ce la fai?» le chiese Dana sorreggendola con un braccio sulla schiena. Ali annuì. «Ho le gambe un po’ deboli in effetti. Dovrei fare ginnastica».
  «Già» disse Dana mentre si sedevano entrambe sul divano. «Ma ci pensi? Possiamo adottare Erica!»
  «Lo so, non mi sembra vero» mormorò Ali, la voce tremante e lo sguardo perso nel vuoto. «Ho paura che sia soltanto un sogno».
  «Ma non è un sogno, tesoro, è la realtà» fece la moglie accarezzandole una guancia. Senza riflettere Ali la baciò, ma si stacco subito, quasi preoccupata. L’altra però sorrise e la baciò di nuovo, a lungo. Si separarono soltanto quando entrambe cominciarono ad aver bisogno di ossigeno. Erano tutte e due al settimo cielo: dopo più di un mese le cose erano tornate alla normalità e presto nella loro famiglia ci sarebbe stato un nuovo ingresso ufficiale.
 
 
 
 
NdA: Scusate tantissimo per il ritardo! Posso spiegare! Ho avuto gli esami e per far dispetto alla mia BFF (tu lo sai) non volevo aggiornare neanche adesso, ma poi ho pensato che vi avevo già fatto aspettare troppo! Quindi che ne dite di essere super carini e recensire? Grazie a tutti, have fun!
  
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