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Autore: La Setta Aster    11/07/2014    1 recensioni
Vi è mai capitato, scrutando il cielo, di sentire dentro di voi la sensazione che altri occhi come i vostri siano puntati al firmamento in cerca di risposte? E se vi è capitato, avete provato a parlare con le stelle? Aster, una ragazza aliena di Neo Cydonia, e James, un giovane terrestre come voi, a distanza di anni luce hanno in comune un cuore sempre in fuga dal mondo, in direzione dell'universo.
Genere: Avventura, Science-fiction, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: nessuno
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“allora è deciso, sto arrivando” disse James al telefono.

“ti aspetto, e preparo le birre” rispose Graziano, il suo migliore amico, che lui chiamava ‘fratello’.   

Il ragazzo si sistemò sulla testa il suo cappello, sebbene fosse sera inoltrata. Le vie d’asfalto erano deserte, il che era un fatto atipico, dopo la costruzione di una nuova strada, scavata nel verde tagliando a metà il bosco che aveva accolto fra le sue fronde l’infanzia di James e quella dei suoi più vecchi amici. Con le cuffiette nelle orecchie, e la musica a proteggerlo dal mondo, il ragazzo camminò svelto per arrivare alla casa dell’amico, una delle poche a possedere ancora un campo da coltivare. In molti avevano proposto a suo padre di vendere il terreno, ma quando si decise a farlo, per favorire la costruzione di un centro commerciale, Graziano era ormai maggiorenne, e per la legge di ereditarietà dettata nel testamento di suo nonno, al compimento dei diciotto anni del primogenito maschio di ogni generazione, la proprietà e responsabilità del campo gli sarebbe passata come una fiaccola. Così, ora Graziano ne era l’unico proprietario, e si prendeva cura del terreno. Per farlo, dovette frequentare una scuola che gli consentisse di apprendere i segreti dell’agricoltura. Stava giusto passeggiando per il campo, ancora incolto, quando il suo migliore amico arrivò alle soglie di casa sua. Quando si incontrarono, si scambiarono prima una vigorosa stretta di mano, poi un abbraccio fraterno.

“forza, vieni. Ho preparato un dondolo senza telo superiore, per guardare le stelle, come piace a te. È proprio davanti al campo” lo accolse Graziano.

James si lasciò guidare, sebbene conoscesse quella casa, quel campo, e la foresta che si stendeva davanti ad esso. Notò con immenso piacere che di fianco al dondolo vi era un secchio stracolmo di ghiaccio, dentro al quale erano incastrate delle bottiglie di ottima birra rossa. Senza dire altro, infatti, i due si ritrovarono seduti comodamente, dondolandosi, e sorseggiando la bibita alcolica.

“allora, Jim, racconta un po’, com’è?”

“facciamo che prima me lo dici tu, perché io sono venuto qui con la precisa intenzione di farti morire di noia coi miei discorsi, e intendo farne uno noioso e lungo” rispose James. L’amico ridacchiò.

“beh, che dire. La scuola non va. Non riesco a trovare una ragazza, e nemmeno tu…”

“touchet”

“il mio campo ci impiegherà anni a diventare il mio sogno, ma vedrò quel giorno, e magari faremo un sacco di soldi con la nostra band. Intanto litigo con mio padre, che mi dice che sono un fallito, che quando morirò di fame mi pentirò di non aver venduto il campo, e allora per disperazione lo venderò a un prezzo misero, e quelli si approfitteranno di me. Che bello, eh? Ora tocca a te, sfiniscimi pure”.

James si schiarì la gola, e prese fiato, come se dovesse recitare l’intera Divina Commedia tutta d’un fiato. Ovviamente, era un’esagerazione.

“anche coi miei non va bene. Mi dicono più o meno le stesse cose: che sono un fallito, che se spero di fare soldi con la band mi sbaglio di grosso perché finirò come tutti quanti quei mediocri uomini sognatori che vanno ad elemosinare sulle strade più trafficate. Mi rompono perché dopo due bocciature ancora vado male a scuola. Ma se nella mia testa ho ben altro che lo studio, non è che dopo due bocciature mi metto a studiare. Comunque, l’altro giorno stavo guardando le stelle, come al mio solito. Pian piano ho sentito dentro me una strana sensazione, come se uno di quegli astri mi stesse guardano, e volesse parlarmi. E sai che ho fatto?” fece una pausa. Quando vide che l’amico taceva, ma lo fissava, proseguì “gli risposi. So che sembra una cosa infantile, ma lo feci. Vorrei dirmi che è stato un momento di fantasia prima di dormire, ma la verità è che ci credo davvero. Ho bisogno di dire al mondo hey, tu non vuoi accorgerti di me? Che non trovo amore, che ho pochi amici, mentre i più stronzi hanno tutto, non vuoi accorgerti di me? Di noi? Allora io ti frego e me ne vado per la concorrenza”.

“vorresti andartene dalla Terra?”

“esatto. Alla fine è un pianeta quasi distrutto, anche la foresta amazzonica sta crepando sotto i ferri. E per quanto riguarda la mia vita, non c’è niente per cui vada la pena di continuare a vivere in questa casa, solo voi, solo la Setta Krypteia e il gruppo. So che non è poco, non è poco per niente, ma io voglio qualcos’altro, e finché avrò questo vuoto dentro non sarò mai felice. Voglio seguire il mio cuore nomade, e non vedere questi umani mai più per tutta la mia fottutissima vita. C’è troppa sofferenza qui! Non so nemmeno da dove cominciare, sono rimasto muto, senza parole! Nella mia testa vive un mondo che io non vedrò mai realizzato, non qui”. James si fermò un istante, riflettendo su ciò che stava dicendo. “cazzo, ti sto parlando come se dovessi partire domani per il pianeta Vulcano. Lo vedi? Nemmeno ci faccio caso, è come se dentro me sapessi che è tutto vero, oppure il confine che nella mia mente divide realtà e fantasia si sta pian piano dissipando come una luce nella nebbia che s’infittisce”

“sai di cosa hai bisogno? Di una bella vacanza. Fra due giorni la scuola è finita. Partiamo subito, immediatamente, quel giorno stesso, verso la Toscana, e ci troviamo un alloggio finché non potremo andare al campeggio Arcobaleno, dove ci aspettano otto serate di spettacolo e tante belle ragazze in costume!”

James rimase dubbioso. “Gra, purtroppo i miei non mi consentiranno di partire finché non sapranno se sono promosso. In caso contrario, potrò dire addio alla vita. Devo attendere la telefonata”

“e cosa faresti se non partissi? Rimarresti tutto tempo seduto a fissare il tuo telefono di casa, a perdere anni di vita per ogni volta che squilla, col terrore in gola di ricevere la fatidica chiamata. È ora di fare una pazzia, è ora di scappare di casa, portarsi dietro gli strumenti e andare a suonare da qualche parte!”.

Dopo un’attenta riflessione, James decise che se poteva tirare un tiro mancino al mondo, era proprio quello.

“ci sto” disse risoluto.

“siamo persi in una marea di carne umana, che parla e tace, sente ed è sorda,vede con occhi di cieco” canticchiò Graziano. James sorrise, per la trasposizione in lingua italiana della loro canzone Walking Down the Dead Boulevard. E dopo il loro pezzo, passarono a cantare canzoni degli anni ottanta, da Livin on a Prayer a Don’t Stop Believin’. Tutto questo accadde nella foresta: attraversando il campo a piedi scalzi, raggiunsero la foresta e vi si inoltrarono, in piena notte. Era la loro foresta, e nessuno la percorreva tanto quanto loro, nessuno la conosceva tanto quanto loro. Più di una volta i genitori, che guardavano il loro mondo con mediocre realismo, ripetevano che era pericoloso, ma non potevano capire, non avrebbero mai potuto capire. Loro erano gli unici a conoscere le foglie cadute sul sottobosco così bene da poter percorrere quei sentieri morbidi e profumati anche senza luci; chiunque altro avrebbe dovuto utilizzare il supporto di una luce, anche i famigerati satanici di Somma Lombardo, e quindi sarebbe stato facilmente visibile. Erano loro i ragazzi della notte, vampiri che succhiavano il midollo della vita per sopravvivere. Cantavano Gente della Notte, e la notte era il loro momento, la loro libertà e la loro liberazione: quando quasi tutti gli esseri umani della città dormivano, e la pace regnava un poco più salda, fra le precarie fronde degli alberi del bosco, che respirava come se stesse esalando i suoi ultimi fiati di vita, conscio di essere malato terminale di quella grave malattia che si propaga annientando tutto quanto, cioè l’uomo stesso. L’ultima canzone che cantarono insieme fu Mad World, nella malinconica versione di Gary Jules, subito dopo Stand By Me. Graziano era sdraiato sul solito tronco di un albero abbattuto da una vecchia tempesta; James, coricato a tre metri da terra, fra due possenti rami di un grosso albero di fico, osservava come da abitudine il cielo stellato, stavolta attraverso un varco fra le fronde degli alberi. Ormai avevano trovato le posizioni più comode. Presero a parlare come se avessero vissuto svariati anni di sofferenze. Parlarono del mondo e dei suoi problemi, della società, ripeterono le stesse cose fino a renderle banali, ma mai false. Quanti altri, sulla Terra dicevano le stesse cose? Trite e ritrite erano quelle parole, eppure la gente le sentiva senza mai ascoltarle. Quando sentirono il bisogno di un’altra birra, presero la via di casa. La bevvero in silenzio, con la gola secca dal parlare e la lingua stanca. Subito dopo, James s’incamminò verso il suo abbaino, desideroso di un buon sonno. Ripercorreva la via di casa, stavolta camminando con un tempo lento e rilassato, cosa che risultava difficile, in quegli anni. I passi risuonavano nel silenzio, mentre si posavano delicatamente sull’asfalto. La strada era illuminata da pochi, deboli lampioni, che fra essi lasciavano un profondo vano oscuro. Da piccoli, lui e Graziano fingevano che la luce li avrebbe protetti dal male, quindi attraversavano correndo lo spazio di tenebre fra un lampione e l’altro, sparando raggi laser con le torce elettriche a destra e a manca. In quei tempi, non molti anni prima, in effetti, ancora non avevano costruito tutte quelle strade e quegli hotel, e ancora molti più alberi arricchivano la foresta, proprio lì a fianco, adiacente al parco del Ticino, e molti più prati in cui correre si stiravano nei paraggi. E l’autostrada era così lontana da non sentirla. James adesso era sfiorato troppo spesso da fastidiose automobili. Le luci di Malpensa una volta erano nascoste da un enorme albero nel giardino di James, ora abbattuto dalla tempesta del 2009. La notte pareva tornare al crepuscolo, avendo i fari dell’aeroporto che si stagliavano nel cielo, che urtavano le nuvole. I cittadini di quel paesino non avrebbero mai più avuto la pace di un tempo. Tutto in nome dell’ ‘evoluzione’. James si fermò sotto il raggio più luminoso di uno dei lampioni, in mezzo alla strada. Sperò col cuore che fosse il raggio traente di qualche astronave. Chiuse gli occhi, e alzò lo sguardo, respirando a pieni polmoni il profumo della notte. Quel momento di pace non durò a lungo: l’irritante clacson di un’auto lo destò, e fu costretto a levarsi dal mezzo della strada.


ANGOLO DEGLI AUTORI:
La notte ha sempre avuto un fascino enorme, o almeno permettetemi di parlare per me. io vivo più di notte che di giorno, quando la luce acceca e offusca la vista. ho amato anche il sole, molti tramonti, ma mai nulla mi ha stregato come la notte. la notte, sì, un cielo stellato o coperto di nubi, ma sempre un cielo di notte. Ho scoperto di non essere il solo ad amare questo buio sensuale e passionale, tanti altri, nel mondo, scambiano l'alba per il crepuscolo. 

 
  
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