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Autore: Phantom13    11/07/2014    5 recensioni
L'umanità ha sempre cercato di raggiungere e conquistare la Perfezione. Sempre. Ma questa volta sono più accaniti e determinati del solito... esattamente come lo è il loro "obbiettivo".
In fondo, noi abbiamo sempre cercato, scavato a fondo, analizzato e smembrato con arroganza ogni aspetto di questo mondo ... o quasi.
Ma è il cosa si cerca che fa la differenza. L'obbiettivo che si vuole raggiungere.
E questa volta, l'obbiettivo in questione è il più inviolabile dei diritti: la vita. Artificiale o autentica che sia.
In questo caso, soprattutto artificiale.
Anche se, in fin dei conti, non fa questa grande differenza. La vita è sempre la vita, indipendentemente dal "come" e dal "perchè" ... non ho forse ragione?
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"–Lui è solo un robot fatto di carne e sangue anziché di metallo. Non è una persona, è una macchina.- disse semplicemente, con una calma stomachevole e arrogante sufficienza. –È un oggetto che cammina. Null’altro.-" (cap. 5)
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AVVERTENZA: alcuni contenuti potrebbero urtare la sensibilità del lettore.
Genere: Azione, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Rouge the Bat, Shadow the Hedgehog, Sonic the Hedgehog
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Dopo quello che parve un secolo, dalle ceneri riemerse Phantom!!
Chiedo davvero scusa per il mostruoso ritardo ma gli esami di maturità di fine liceo hanno assobito ogni grammo della mia concentrazione e dunque, per ovvi motivi, non ho potuto aggiornare. Vi chiedo davvero scusa. 
Ma per farmi perdonare (o odiare ancora di più) questo capitolo è venuto fuori lungo la bellezza di 20 pagine word! Una cosa mai vista O.O! Il capitolo più lungo di questa fic, insomma! Ed ecco anche spiegato perchè ho impiegato così tanto a scriverlo.
Avrei anche una specie di annuncio da fare: con questo capitolo, abbiamo finalmente superato le 100 pagine! (per la precisione siamo a 118 pagine O.O)
Di per se, questo è un dettaglio irrilevante, ma mi andava di dirvelo u.u
Ed ora la pianto con le ciance e vi lascio alla lettura!
Come sempre io ce l'ho messa tutta!
Enjoy!


 
Capitolo 10
-Assalto-

(parte 2)

 
 
Incredibile come, in una manciata di minuti, la situazione climatica era precipitata. Il cielo ora rombava, borbottava e schioccava come una pentola di popcorn. Le nuvole d’inchiostro di raggrumavano sempre di più, arruffandosi le une con le altre, mentre le scariche elettriche illuminavano sempre più spesso quegli assembramenti di vapore acqueo, tanto voluminoso da filtrare quasi le saette in via di formazione dietro a strati e strati di veli di nubi.
Un tuono fragoroso come pochi esplose proprio sulla testa di Tails, scuotendo il cielo intero con il suo possente boato. Il cuoricino del volpino gli fece una capriola nel petto.
Deglutì, e, ironicamente, ora che stava per scatenarsi quella che pareva essere l’apocalisse, a lui non gliene importava neanche più. I suoi occhi si muovevano, nervosi, perlustrando ovunque, alla disperata ricerca di quello scintillio argenteo che gli era sfrecciato affianco un attimo prima.
Tails aveva buoni indizi per presumere che quello era un drone di pattuglia. E il fatto che qualcuno avrebbe potuto scoprire che lui era lì, che loro erano dentro, era cento volte peggio che affrontare il temporale.
Un secondo tuono ruggì. Il cielo si riversò sul Tornado X tutto d’un colpo. Fu come se tutti quei nuvoloni avessero risposto ad un unico segnale, l’acqua cominciò a cadere tutta insieme, con forza torrenziale e dannatamente preoccupante.
Il Tornado X perse quota, per un attimo, ma Tails gliela fece riguadagnare.
Se già prima l’ambiente era scuro, ora che pioveva vedere dove si andava era dieci volte più difficile. L’acqua inondava il parabrezza dell’aereo con flusso continuo, troppo per poter venir gestito da semplici tergicristallo: riconoscere qualunque cosa oltre al vetro era impossibile. Figurarsi poi ritrovare quel drone, sempre ammesso che un drone fosse.
Tails si accorse di avere freddo. Aveva le dita quasi interamente intorpidite, ma non osò nemmeno pensare di staccarle dal volante per strofinarle. Il respiro gli tremava, e non solo per il gelo. Provò di nuovo a contattare Sonic e gli altri, sua unica speranza. Non sapeva che altro fare. L’unica idea che il suo geniale cervello era riuscito a tirare insieme era quella di cercare aiuto.
-Ragazzi? Ci siete? Riuscite a sentirmi?-
Nessuna risposa. –Sonic!- chiamò di nuovo.
Un fulmine a tre code si scagliò giù dal cielo, ringhiando. Si schiantò oltre la vetta che si trovava davanti a Tails, ma il volpino rimase comunque accecato. Non dall’improvviso bagliore del fulmine, bensì dalla luce da esso scaturita che si rifletté sulla roccia lucida di pioggia, aggrappandosi a quei rivoli d’acqua come se fossero fatte di metallo. Il cielo venne tagliato in due dalla saetta, le montagne attorno di accesero come torce, riflettendosi tra loro quel flash, il cui eco rimase impresso nella roccia fradicia per diversi secondi dopo lo schiocco della folgore, che rimase come impigliata nei rivoli di pioggia tra le pietre dei monti, colando fino a valle. Tradotto in termini biologici, per Tails divenne un fastidiosissimo maculamento rossastro ad intermittenza nelle pupille a forma di fulmine capovolto, quello stampato sulla roccia a seconda di quale strada avesse scelto la pioggia per colare fino a valle, seguendo il pendio.
Strofinandosi gli occhi con una mano, tenendo con l’altra la rotta del Tornado, ricordò tristemente il nome di quelle montagne: Mirror Mountains, i Monti Specchio.
Quella roccia nera particolare, unita all’acqua e ai fulmini, creava quella situazione, apparentemente. Bene, si disse il volpino, un mistero della vita svelato.
Fece virare il Tornado, infilandosi tra due vette, imboccando così la valle parallela a quella che stava seguendo prima, ricominciando il giro in tondo che aveva seguito per gli ultimi minuti. E fu proprio a metà della virata, quando superò le lame di roccia, che scandivano il limite tra una valle e l’altra, che lo vide.
Il tempo parve rallentare, le gocce di pioggia che scandivano lo spazio quasi immobili, e il volpino realizzò di essersi sbagliato su due cose.
Sulla tipologia di macchina volante che aveva visto. E sul suo numero.
Erano tre, e solo due di quelli erano droni. Uno era … qualcos’altro. Qualcosa che aveva tutta l’aria d’esser fatto di metallo ma che sbatteva le ali per volare. E in tutta la sua carriera di meccanico, Tails non aveva mai visto una macchina volante che per rimanere sospesa sbatteva le ali. C’erano eliche, ali fisse come gli aerei, motori a reazione, alianti, di tutto. Ma non ali che sbattevano, come gli uccelli.
E lui stava ancora virando, il Tornado X vertiginosamente inclinato. Mollare ora il volante per premere i comandi d’attacco avrebbe equivalso a schiantarsi.
Deglutì, cercando disperatamente di ricacciare indietro il panico, mentre la macchina alata, o qualunque cosa fosse, saliva rapidamente di quota, fendendo i frammenti d’acqua in caduta libera.
-Sonic?- chiamò di nuovo, la voce tagliata dal panio. –Per favore, Sonic, rispondi!-
E il riccio rispose. Il morale del volpino resuscitò.
-Ora non posso, Tails.-
Il panico, prima a stento represso, montò in tutta la sua furia, risalendogli fino alla gola.
-Cosa?!- riuscì a balbettare.
Un rumore indefinibile, ma piuttosto fragoroso, provenne dal trasmettitore. La comunicazione crollò con un tenue eco della voce di Amy che urlava. Tails deglutì. Loro non sarebbero venuti, non potevano venire.
Quella battaglia era tutta sua, soltanto sua.
Doveva combattere da solo.
E la macchina volante sconosciuta gli fu addosso. Tails strattonò il Tornado X, imponendogli una curvatura di rotta da far venire la pelle d’oca, scartando l’attacco avversario. Quasi in picchiata, l’aereo perse vertiginosamente quota. Con le viscere serrate nella morsa del vuoto d’aria creatasi, con il sangue che defluiva spostato tutto da un lato dalla forza centrifuga, Tails livellò la discesa della sua creazione preferita, ripristinando il volo in orizzontale. Sopra, la macchina alata voltò la testa verso di lui che ora si trovava dannatamente più in basso. Un bagliore preoccupante gli accese gli occhi.
 
 
Era bastato un attimo, una singola frazione di secondo, e avevano perso la sua presenza. Chiunque li stesse seguendo, ora non c’era più. O meglio, loro non riuscivano più a percepirlo. Il che era molto peggio.
-Se n’è andato?- chiese Knuckles.
-Figurati.- rispose Sonic.
Amy si rigirò in mano il martello Piko-piko. Il borbottio delle bolle nelle capsule attorno a loro era l’unico suono, oltre i loro respiri.
Quando la radiolina riprodusse la voce di Tails saltarono tutti in aria. –Per favore, Sonic, rispondi!-
Dalla voce del volpino trapelava paura e tensione. Era nei guai. E loro non avevano più tempo. Non erano nemmeno riusciti a trovare l’ombra di un generatore. Che avevano sperato di fare, andando là dentro, praticamente alla cieca? Aiutare Shadow? Ma va! Avevano solo trovato un nuovo avversario.
Il turbamento sul volto di Sonic non passò inosservato, e nemmeno il dolore che seguì le parole che disse. –Ora non posso, Tails.-
Tutti i sensi di Sonic, compreso il sesto, erano incentrati sulla ricerca frenetica della posizione del loro nemico. Era sicuro che fosse ancora lì, e abbassare la guardia ora poteva costare caro, davvero caro.
-Cosa?!- il mezzo grido di Tails strinse il cuore a tutti.
E fu nel momento esatto in cui Sonic fece per rispondergli e spiegargli la situazione che il loro nemico attaccò.
Sbucò da dietro una capsula e prima che chiunque di loro potesse reagire affibbiò un calcio in pancia a Knuckls, spedendolo contro una delle capsule, frantumandola. Sonic si beccò un pugno sulla spina dorsale, che lo stese a terra. E Amy, con l’altro pugno, subì sorte simile a quella di Knuckles.
L’echidna si rimise in piedi subito, solo per realizzare di trovarsi nel bel mezzo del sistema digerente dell’esperimento la cui capsula era andata in frantumi. Schizzò via, reprimendo un singulto nauseato.
Gli occhi di Amy invece vedevano una cosa soltanto l’argento del corpo del loro nemico. Sonic si rigirò a fatica su sé stesso, e si ritrovò a fare lo stesso.
Capì anche perché avevano faticato a vederlo, prima.
Ma non era proprio definibile “persona”.
Tutto il suo corpo, dalla testa ai piedi, era un insieme di componenti metalliche scorrevoli le une sulle altre, intercalate da incastri di cuscinetti a sfera, biglie di rotazione e ingranaggi di varie forme e dimensioni. Era un robot in tutto e per tutto, ma composto da parti così minute che la sua flessibilità ed elasticità complessiva erano del tutto simili a quella di un corpo organico. E ne aveva anche l’aspetto. Ogni minino dettaglio era curato, si potevano pure intravvedere le sagome dei muscoli ben torniti, ovviamente costituiti da fasci metallici e cavi, coperti dalla pelle composta da minuscole placche a scorrimento, simili a squame, come se avessero ricreato un intero organismo con tutte le doverose parti in metallo. Pure il viso della macchina in questione era talmente raffinato che, volendo, il robot avrebbe potuto aprire la bocca e articolare parole con la lingua e non con trasmettitori vocali digitali. Avrebbe anche potuto muovere i muscoli facciali e le labbra, come una persona normale. A confronto, uno dei robot di Eggman poteva sembrare un rozzo pezzo di latta grezzo e completamente privo di lavorazioni. Ma quando Sonic notò in che modo gli avevano fatto gli occhi, il suo stomaco rischiò seriamente di ribaltarsi, e la battuta che stava per fare gli morì in gola.
L’urlo d’orrore di Amy rispecchiò i pensieri del riccio e dell’echidna, quando realizzarono, nello stesso istante, quale abominio mostruoso si celava oltre quella scorza metallica nonché gioiello di micro-meccanica che avrebbe senza ombra di dubbio fatto impazzire all’istante Tails.
Gli occhi del robot erano organici.
Occhi normali, pupilla nera, iride blu, cerchiata di bianco con lievi venuzze rosate. Niente palpebre, perennemente aperti, incassati in ruvide orbite di metallo, così dannatamente sbagliate e stonate. Pareva che qualcuno avesse cavato gli occhi ad un mobiano solo per incassarli in quel cranio artificiale.
Sonic si accorse di stare trattenendo il fiato, fissando sconcertato lo sguardo biologico di quel robot, di quella persona di metallo, che stava ricambiando lo sguardo con la stessa curiosità mista a stupore.
L’imprecazione di Knuckles non venne quasi nemmeno recepita. –Ma … è uno dei loro esperimenti-. Se quella detta dall’echidna fosse una domanda, un’osservazione o una conclusione rimase un mistero.
Sonic strisciò in dietro, rialzandosi. L’obbrobrio ne seguì il movimento con  quegli occhi rivoltanti, così inappropriati, sempre spalancati, privi di palpebre, piegando la testa di lato.
-Ti piace, Hedgehog?- li soprese una voce proveniente dall’altro lato della stanza. –Questo qui è uno dei prototipi, uno di quei corpi creati come test iniziali, prima che si passasse all’uso vero e proprio di carne, ossa e vene. Insomma, era una verifica per allenare gli scienziati a gestire le funzioni vitali di un corpo intero; un ferro vecchio, per riassumere. Ora ha solo la funzione di sentinella.-
Sonic, ignorando il brivido ghiacciato che gli aveva fatto rizzare i peli lungo la spina dorsale si voltò di scatto verso la fonte di quell’odiata voce. Intravvide la rigida sagoma nero-grigiastra del tizio che aveva sciaguratamente imparato a conoscere negli ultimi tempi.
-Insomma, è un cane da guardia, proprio come te.-
Gli occhi gialli di Anubis scintillarono in risposta. La porta dal quale il leccapiedi dei ricercatori era entrato si serrò con un pesante schianto. Fuor di dubbio che non si sarebbe riaperta.
Un qualche paio di bulbi oculari sospesi nelle capsule rotearono per guardare la scena.
-Inutile dire che dopo aver visto ciò che avete potuto ammirare- fece un gesto ampio, indiando la sala e gli esperimenti -non uscirete da qui.- borbottò il cane. –Né vivi, né morti.- si sprecò ad aggiungere con un mezzo sogghigno.
Sonic e gli altri avrebbero potuto chiedere ad Anubis cosa ci facesse lì. E lui avrebbe potuto chiedere a loro perché fossero venuti. Ma tutti già conoscevano le rispettive risposte: Anubis lavorava in quel posto, e Sonic era venuto per fare ciò che tutti si aspettavano che facesse fin dall’inizio. Dunque, domandare non fu necessario.
Anubis schioccò le dita e la macchina-persona si scagliò all’attacco.
Attaccò il più vicino, cioè Sonic.
Il riccio blu schizzò indietro mentre il pugno d’acciaio dell’esperimento da laboratorio fendeva l’aria. Il riccio fece giusto in tempo ad atterrare, qualche metro indietro, dovette subito flettersi per schivare un secondo colpo. Quel “ferro vecchio” era dannatamente veloce, pensò l’eroe di Mobius balzando via, e di sicuro non era arrugginito.
Gli occhi da morto della macchina seguirono lo spostamento del bersaglio. Puntò un braccio nella direzione di Sonic e fece fuoco. Il riccio non capì nemmeno da dove partì la pallottola, si ritrovò semplicemente a scattare bruscamente a sinistra, sentendo lo spostamento d’aria del proiettile dannatamente vicino che gli scostava il pelo del fianco destro. Rabbrividì profondamente.
Il grido di guerra di Knuckles gli fece alzare gli occhi giusto in tempo per vedere il possente cazzotto dell’echidna rosso andare ad abbattersi con forza prorompente sul cranio del “ferro vecchio”. In tutta risposta, la sentinella meccanica piegò appena la testa in seguito al mostruoso urto. Mentre Knuckles perdeva qualche grado di colore, sgomento nel vedere il tenue effetto che la sua forza muscolare non indifferente aveva prodotto, venne brutalmente respinto da una gomitata in pancia.
Sonic si ritrovò a deglutire. Di cos’accidenti era fatto quel burattino d’acciaio per poter resistere ad un attacco frontale di Knuckles? Possibile che l’echidna avesse completamente calibrato male il proprio colpo, non immaginando che il loro avversario fosse così robusto?
La martellata che Amy schiantò sulla colonna vertebrale del robot ebbe più o meno l’effetto di una campana. Uno strano suono vuoto rimbombò dall’esperimento di biomeccanica che, a parte un lievissimo smarrimento dell’equilibrio, non subì danno. Anche Amy era incappata in un simile destino, stima sbagliata. La macchina si voltò prontamente per attaccare la riccia rosa.
Sonic non glielo permise. Gli fu addosso in un lampo, stampandogli in faccia un doppio calcio, caricato da uno dei suoi supersonici scatti di corsa. Aveva sperato, in questo modo, di immettere più forza nel proprio colpo e riuscire dove i suoi due amici avevano fallito. Ma, per quanto fosse preparato all’urto con un robot dalla densità e dal peso maggiori del solito, non potè immaginarsi quello. Finì spiazzato pure lui. Il contraccolpo riuscì effettivamente a far barcollare la macchina, che indietreggiò di qualche passo, tenendosi una mano sul volto offeso, ma le ossa dei piedi di Sonic crocchiarono in risposta. Il riccio venne sbalzato via, atterrando qualche metro in là, lasciando involontariamente il tempo al nemico di riprendersi dalla botta. Il robot tolse la mano dal proprio viso, un filo di sangue gli colava dal naso.
Sonic si sentì gelare.
Di robot ne aveva demoliti a centinaia, se non a migliaia, ma vederne uno sanguinare… era così radicalmente sbagliato! Rimase come imbambolato a guardare quelle gocce di sangue intrappolarsi nei ruvidi anfratti metallici di quel corpo artificiale. Improvvisamente, Eggman gli parve quasi un angioletto, se paragonato a quei mostri che avevano creato quel poveraccio laggiù, e che avevano al contempo violato non solo l’essenza gli esseri viventi, ma anche quella dei robot.
Per non parlare poi della forza necessaria per smuovere quella massa d’acciaio. Per risolvere, bastava alzare il tiro e aumentare la potenza. Ma in quel modo la battaglia sarebbe durata decisamente troppo poco, avevano energie troppo limitate. Sonic digrignò i denti.
Anubis ghignò. –Il ferro vecchio vi sta mettendo in difficoltà? Ma come? Tutto qui quello che sapete dare? Delta091 non vale nemmeno la metà di una delle creature di nuova generazione, quelle sulle tracce di Shadow, per intenderci. Cosa speravate di ottenere, venendo qua, se nemmeno riuscite a stendere uno dei macinini di scorta?-
Nella mente del riccio blu comparve l’immagine del corpo martoriato di Teta dopo lo scontro avuto con Shadow. Se quell’essere era davvero così tanto superiore rispetto a Ferro Vecchio, come accidenti aveva fatto Shadow a conciarlo a quel modo?
Non ebbe il tempo materiale per permettersi ragionamenti astrusi. Ferro Vecchio stava caricando un’altra volta. E Sonic rispose allo stesso modo. Nell’istante in cui il riccio si trovò a portata del pugno di Delta, scartò in scivolata, passando sotto al colpo, ritrovandosi direttamente alle spalle del nemico, che seguì il suo spostamento con quei suoi occhi spettrali.
Sonic si diede una spinta verso l’altro, trovandosi così sopra al nemico. Uno Spind Dash in verticale fu la mossa che eseguì, mettendoci molta, ma molta più spinta rispetto a prima . Ferro Vecchio, questa volta, venne colpito in pieno, rovinando a terra con fragore assordante. Fece per rialzargli ma gli venne impedito.
Knuckles gli li fu addosso in un lampo, sferrandogli un pugno sulla mascella, facendolo volare all’indietro. Un gorgoglio metallico risalì la gola del robot, mentre un secondo pugno spinato lo colpiva alla pancia. Un terzo cazzotto di nuovo alla bocca dello stomaco, e il cybog si ritrovò a terra. Evidentemente, anche Knuckles aveva capito come affrontate nel modo giusto quell’insolito avversario. Ma avere un corpo d’acciaio e di chissà quale altra lega speciale offriva però dei vantaggi non indifferenti, oltre la resistenza disumana: una totale assenza di dolore.
Mentre Knuckles si ritrovò con le mani doloranti e i muscoli tremanti dallo sforzo dei tre considerevoli attacchi consecutivi che aveva compiuto, Delta si rimise in piedi del tutto impassibile, come se non fosse successo niente.
Si mosse in avanti, per attaccare Knuckles. Ma un altro raccapricciante dettaglio scosse l’anima dei due ricci che si erano scagliati all’attacco per coprire il loro amico rosso. A metà dei rispettivi balzi, Amy e Sonic, così come Knuckles, notarono con sconcerto i rivoli di sangue che filtravano dalle scanalature metalliche del corpo di Ferro Vecchio. Dov’era stato colpito con tale forza, qualcosa doveva essere andato peggio di quanto il robot non lasciasse esteriormente vedere. Che la forza d’urto dei colpi di Sonic e di Knuckles avesse avuto effetto, finalmente?
La resistenza di quell’essere, allora, non era infinita!
Ma, di conseguenza, da dove proveniva quel sangue? Forse, che all’interno, sotto la pelle e i muscoli meccanici, si trovassero comuni organi fatti di carne? Magari come quelli depositati nelle capsule tutt’attorno a loro?
Un brivido d’orrore e dubbio scosse i tre mobiani, senza che però nessuno dei tre attacchi e contrattacchi in corso venisse ostacolato. Il pugno di Knuckles si interpose alla traiettoria in avanti della pseudo-macchina scagliata all’attacco, cazzotto che non riuscì a frenarne la corsa pur andando a segno. Ferro Vecchio venne sì colpito, ma lo fu anche Knuckles. Mentre la sua mascella di semplice, misero osso, scrocchiava, il martello Piko-Piko fece nuovamente conoscenza con il corpo metallico avversario, spedendolo qualche metro in là, giusto contro Spin Dash di Sonic.
Ferro Vecchio ruzzolò rovinosamente a terra, fermandosi con uno schianto contro la base cementata di una delle capsule. Gli occhietti della creatura in fabbricazione in essa contenuta tremarono, spalancando le pupille.
Sforzi considerevoli da parte dei tre mobiani, ma il robot fu in piedi in mezzo secondo, accorciando nuovamente le distanze con loro, come se non fosse successo nulla, pronto ad un nuovo scontro
Una gola rossa, una blu e una rosa deglutirono. –Ragazzi, qui si mette male.- ruminò Knuckles, massaggiandosi la mascella offesa.
-Per stendere questo qui ci vuole il triplo della forza necessaria per uno solo dei robot di Eggman.- commentò Sonic. –Era davvero un così scarso meccanico, il nostro uovo ambulante preferito?-
Amy non disse nulla, pensava semplicemente, cercando in ogni modo una strategia valente.
Quel robot era un “ferro vecchio”? Perché? Come mai s’era meritato quel titolo, se, a quanto pareva, funzionava a meraviglia?
Sonic portò indietro un piede, pronto a slanciarsi nuovamente in corsa. –Sembra quasi di combattere contro Shadow, un altro brutto ceffo che non finisce volentieri al tappeto.- commentò distrattamente, con un mezzo sorriso sulle labbra.
Gli occhi di Amy si spalancarono d’illuminazione nell’esatto istante in cui una scia rossa e una blu si scontravano frontalmente con Ferro Vecchio. Il nuovo attacco non andò a lieto fine come quello precedente. Sonic venne rispedito indietro a velocità preoccupante. Knuckles incassò un calcio ma resistette, affibbiando un sonoro destro sulla guancia del robot, staccandogli di dosso un paio di minuscole schegge di metallo. Se quello fosse stato un avversario solo di carne ed ossa, in quel momento si sarebbe ritrovato con uno zigomo sanguinante. Ma quello non era un avversario del genere, e il sangue non affiorò, quando normalmente avrebbe dovuto. Che la testa fosse più corazzata del resto?
-Ragazzi!- li chiamò Amy, che non aveva partecipato all’ultimo attacco. –Ho capito!- urlò.
Knuckles si voltò verso di lei, balzando a distanza di sicurezza dal robot. Sonic, massaggiandosi una natica dolorante per il pessimo atterraggio, si avvicinò. –Cosa c’è?- chiese. –Terminator non aspetta.- disse, indicando il robot che già si muoveva verso di loro pronto a menar le mani di nuovo.
Dovettero schivare quell’attacco, sparpagliandosi e poi riunendosi più distante. Amy non voleva parlare ad alta voce, tenendo bene a mente il fatto che ci fosse anche Anubis dall’altro lato della sala che li osservava compiaciuto. E mettere a conoscenza pure lui della sua idea non le andava.
-Prima, Sonic, hai detto che quel robot ti ricorda Shadow, no?- cominciò Amy. –Ecco … mi sono chiesta, per quale scopo sono stati costruiti, questi guerrieri artificiali?-
-Per combattere!- rispose subito Knuckles, senza pensarci troppo.
-Per combattere chi?- chiese enigmatica Amy. –Chi è l’obbiettivo finale di questa banda di farabutti?-
-Shadow!- esclamò Sonic, comprendendo anche lui.
Amy sorrise. –Esatto!-
-E questo che c’entra?- domandò, confuso, Knuckles, tenendo d’occhio i movimenti del loro avversario.
-Questo c’entra eccome, se tieni presente che l’obbiettivo finale è Shadow, poiché quando Anubis ha detto che questo tipo di robot non era sufficientemente forte, intendeva dire che non era adatto allo scopo di catturare Shadow.-
Knuckles si oscurò.- E…?-
-E vuol dire che per Shadow battere questo tizio qui non sarebbe affatto difficile!- concluse Amy, trionfante.
-Ma lui non c’è!- sbottò l’echidna.
-Oh, dai, Knuckster!- lo rimbeccò Sonic. –Amy sta dicendo che la chiave per sconfiggere Ferro Vecchio sta nelle abilità combattive di Shadow: il nostro faker sa fare qualcosa che potrebbe stendere senza fatica questa lattina troppo cresciuta.-
L’echidna cominciò ad illuminarsi. –Non i calci, non i pugni, non gli Spin Dash …-
-… ma il Chaos Spear!- concluse per lui il riccio blu, annuendo.
-Metallo ed elettricità non vanno d’accordo.- sorrise felice Amy.
-Ottima pensata, confetto!- ridacchiò Knuckles, facendo ovviamente irritare la riccia per il nomignolo affibbiatole. –Ma qui nessuno di noi sa scagliare Chaos Spear, e non mi va di chiamare Shadow e farlo venire solo per fulminare quel tizio laggiù.- Avevano anche loro, del resto, onore da proteggere, e pelle da proteggere.
Dovettero interrompersi e ritirarsi indietro ancora una volta, per evitare un secondo attacco di Ferro Vecchio.
-A volte mi sorprendi davvero con la tua ottusità, amico.- ridacchiò Sonic, mettendogli un braccio sulle spalle. –Siamo in un laboratorio, ci saranno una qualche tonnellata di cavi elettrici nei muri e nei pavimenti, basta scavare e andare a tirarli fuori.-
I tre si scambiarono un’occhiata eloquente, sorridendo.
-Allora.- cominciò Sonic. –Knuckles, rivolterai pareti e pavimenti in cerca di cavi. E tu, Amy, stammi vicina e distraiamo Ferro Vecchio.-
Dicendo quelle parole, ebbe come la spiacevole sensazione che Amy avrebbe preso un po’ troppo alla lettera le direttive. Sperò solo di riuscire a riconquistare le distanze, dopo.
Il sorriso a trentadue denti di Amy, però, prometteva l’esatto opposto. Mai le era capitato di dover fare qualcosa di più amabile … purtroppo per Sonic.
Il riccio blu sentì un brivido gelido invadergli la spina dorsale, ma non vi badò. Un ultimo cenno di intesa con i due compagni, e si scagliò all’attacco, con Amy dietro a ruota.
I pugni spinati di Knuckles cominciarono a tritare il pavimento, rivoltandolo da dentro a fuori. Sonic si scagliò contro Ferro Vecchio in Spin Dash, spingendolo indietro di qualche metro. Destabilizzato, lo pseudo-robot non ebbe il tempo di realizzare il secondo attacco in arrivo. Il Martello Piko-Piko centrò con infallibile precisione l’obbiettivo, spedendo via il robot, che atterrò rumorosamente di schiena, danneggiando le lastre del pavimento.
Sonic si preparò a sferrare un altro colpo sull’avversario che quello s’era di già messo in piedi, portando in avanti le mani, pronto ad attaccare nuovamente. Sonic fece giusto in tempo a notare la bocca della canna da fuoco posta sotto ai polsi del robot, che questi fece fuoco. Lo scoppio e il breve lampo che seguì furono un indizio più che sufficiente a fargli comprendere che era giunto il momento di spostarsi di lì. Scartò bruscamente a sinistra, mentre il proiettile fischiava, sfrecciandogli affianco. Amy, si rigirò in mano il martello nervosamente. Lei avrebbe senz’altro avuto più difficoltà ad evitare le pallottole.
Una mezza imprecazione da parte dell’echidna esplose dietro di loro. –‘Cidenti!- ringhiò Knuckles che, impegnato nello sventramento delle dure lastre che coprivano il pavimento, non aveva avuto il tempo d’accorgersi del proiettile sparato e che, fortunatamente per lui, era andato a conficcarsi al suolo ad metro da lui.
-Tieni gli occhi aperti, Knuckles!- sorrise Sonic. –O potresti finire bucherellato come formaggio.-
-Oh, non me n’ero accorto! Grazie, amico!- ruggì in risposta, furioso, lasciando trapelare tutto il sarcasmo di cui era capace.
L’agghiacciante risata di Anubis li interruppe. –Dunque avete trovato una strategia, voi tre, finalmente? Era ora.- si mosse avanti, camminando. Attraversò in breve tutta la sala, giusto per fermarsi accanto a Ferro Vecchio. –Ma- riprese –Se pensate che sarà così semplice, vi sbagliate di grosso.- Un altro ghigno raccapricciante gli distorse la faccia. –Sapete, mi sono stufato di rimanere fermo a guardare.-
-Bene!- esclamò Sonic, senza tradire nervosismo alcuno, nonostante fosse agitato. –Più si è, meglio è, no?-
Il sorriso di Anubis cambiò di afumatura divenendo, se possibile, ancora più perfido di quanto già non fosse. –Ma ora- sibilò –Non resta più molto tempo. Avete giocato abbastanza, ora si fa sul serio.-
Sonic non fece in tempo a controbattere che si ritrovò addosso Anubis. Era piuttosto veloce, dovette ammettere Sonic. Certo, nulla di comparabile alle velocità raggiunte da Sonic, ma comunque non era niente male, il cane da guardia. Specialmente sui brevi scatti.
Il riccio dovette flettersi all’indietro, schivando così il taglio di mano da parte del cane. Il calcio di Anubis lo sorprese. Incassando il colpo al ginocchio, Sonic si mosse di qualche passo indietro, cercando ancora di capire come avesse fatto a farsi colpire così. Ma se sperava di ottenere un qualche secondo per racimolare le proprie idee, Anubis era di tutt’altro avviso. Gli fu addosso di nuovo, bersagliandolo con una serie di pugni. Sonic, sempre retrocedendo, lo schivò. E, in quell’esatto momento, realizzò cosa ci fosse di così temibile nell’atteggiamento e negli attacchi di Anubis: lui sapeva esattamente come combattere.
Non era come nessuno del loro gruppo. Sia Sonic, che Amy, che Knuckles, e, sì, perfino Shadow, combattevano come capitava, calci e pugni, Spindash e martellate varie. Attacchi dettati dall’esperienza e dall’istinto. Anubis, al contrario, utilizzava mosse molto più precise e mirate, nate da anni e anni di allenamento. In sostanza, era un maestro nell’arte del combattimento corpo a corpo, delle arti marziali.
Non che questo, di per se, rappresentasse un grave problema, ma nel momento in cui Sonic si ritrovò le nocche di Anubis conficcate in un fianco, dovette ricredersi fortemente. Quel tizio sapeva come e dove colpire.
Indietreggiò ancora, barcollando, una mano premuta sulla parte offesa. Anubis ghignò, tornando subito all’attacco. Sonic, questa volta, non si lasciò prendere in contropiede. Rispose agli attacchi di Anubis, e la velocità del riccio ottenne i risultati sperati, cioè un paio di botte incassate dal canide grigio scuro.
Almeno, fino a quando Ferro Vecchio non lo aggredì da dietro. Sonic volò in avanti, atterrando bruscamente a terra. Con una capriola si ritirò in piedi, giusto in tempo per vedere arrivare un calcio da parte di Anubis. Lo schivò, balzando di lato. Vide con la coda dell’occhio Amy che si rialzava da terra, dolorante, evidentemente stesa da Ferro Vecchio. In sostanza, entrambi i nemici avevano come bersaglio primario proprio lui.
Il ritmico fracasso prodotto dai pugni di Knuckles contro il pavimento fu l’unico suono che riempì l’aria per un lunghissimo istante. Dall’espressione tesa dell’echidna, si vedeva chiaramente come egli stesse fremendo dalla voglia di unirsi alla mischia. Amy intanto si affiancò a Sonic, il martello Piko Piko in mano.
-Tutto bene?- gli chiese lei.
Lui le rispose con un occhiolino. –Tu?-
-Anche.-
Appurato che entrambi non erano aggravati da ferite serie, voltarono lo sguardo contro i due opponenti.
-Strategia?- domandò la riccia rosa.
-Tenerli d’occhio e colpirli.- fu la risposta.
Amy sospirò. Aveva evidentemente sperato in qualcosa di più elaborato, ma Sonic, in quel momento non poteva darle altro. Almeno, fino a quando quei maledetti cavi sarebbero spuntati dal pavimento d’acciaio sotto lavorazione di Knuckles.
Anubis si mosse in avanti. –Delta091- chiamò. Ferro Vecchio ruotò la testa verso di lui. –Piano A in attivo, ora.-
Gli occhi immobili del robot scintillarono, stranamente lucidi.
Anubis tornò a fissare il riccio. –Sai, le tue scorrazzate su e giù infastidiscono parecchio i miei superiori. Mi hanno chiesto di rimediare.-
Sonic sorrise, beffardo.
In quel modo finì la brevissima tregua. Anubis e Ferro Vecchio scattarono in avanti contemporaneamente. Amy brandì il Martello, Sonic portò la gamba destra in avanti, pronto a scattare.
Si scontrarono un quarto di secondo dopo. Il martello di Amy finì contro il mento di Ferro Vecchio, il pugno di Anubis sfiorò Sonic, mentre il calcio del riccio colpì il bersaglio. Seguì un rapidissimo scambio a quattro di colpi di varia natura, tra calci, pugni, martellate e proiettili si creò un vero e proprio guazzabuglio di braccia e gambe rosa, blu, grigie e argento metallico.
Ma, non passò molto tempo prima che Sonic cominciasse a notare qualcosa. Sia Ferro Vecchio che il cane da guarda miravano quasi esclusivamente a lui, cedendo ad Amy qualche attenzione soltanto per schivare i suoi colpi o ad affibbiarne, nel qual caso lei si facesse troppo vicina. Il dubbio cominciò a serpeggiare nella mente del riccio, ma non riuscì a capire in tempo.
Ferro Vecchio lo colpì da dietro, deviando un’attacco che pareva stranamente diretto ad Amy. L’urlo della riccia lo assordò quasi, mentre le robuste braccia metalliche gli si stringevano attorno al petto, passando da sotto le braccia. Immobilizzato. –Ma che…?-
Non fece in tempo a terminare la frase che Anubis attaccò. E non mirò, come inizialmente Sonic s’era immaginato, al ventre. Il calcio di Anubis si schiantò con forza micidiale sul ginocchio destro del riccio.
Le ossa scricchiolarono, l’articolazione minacciò di piegarsi dalla parte inversa rispetto a quella usuale.
Sonic urlò, l’ondata di dolore gli invase il cervello. Insieme alla paura.
Le gambe? Perché le gambe?
Per un atroce istante si vide con le ginocchia spezzate, incapace di camminare, o di correre, costretto a zoppicare per il resto dei suoi giorni. Il suo intero corpo parve contrarsi, mentre il panico s’espandeva in ogni sua singola cellula. Vide con atroce lentezza Anubis che caricava nuovamente il colpo, un secondo calcio che avrebbe sicuramente avuto effetto a differenza del primo. Ogni suo muscolo era irrigidito, la spina dorsale pareva essersi fatta di ghiaccio. Il cuore gli galoppava in petto, battendo all’impazzata. E gli occhi di Sonic non si staccavano dal calcio di Anubis.
E l’aveva anche detto, prima, che il suo obbiettivo era quello di non farmi correre più!
Il martello di Amy compì il miracolo. Colpì Anubis nell’esatto istante in cui egli si trovò con tutto il peso spostato sulla gamba sinistra, la destra già sollevata da terra per il colpo indirizzato al ginocchio di Sonic. La forza della rabbia di Amy e il precario equilibrio del suo bersaglio, ebbero l’effetto di far volare Anubis per una ragguardevole distanza.
Amy, il martello ancora impregnato della spinta del colpo, portò in avanti un piede e ruotando il bacino, deviò la rotta della propria arma, ruotandone la direzione, affinchè il martello andasse ad incontrare il cranio di Ferro Vecchio, che decollò all’istante andando a far compagnia al canide.
Sonic crollò a terra subito dopo, tenendosi il ginocchio.
Un’immensa gratitudine verso Amy lo colmò, sentimento secondo soltanto al gelo del terrore che ancora lo paralizzava.
Forse per la prima volta in vita sua, Sonic aveva davvero paura. E non per le sorti del mondo o dei suoi amici. Era un terrore ancora più infido, e che non riguardava soltanto la propria salute, ma l’inconcepibile fatto di non poter più correre. Non era nemmeno lontanamente pensabile che, lui, avrebbe rischiato di rimanere incapacitato di slanciarsi a tutta velocità per il resto della sua vita, se quella situazione fosse finita male. Il solo pensiero lo congelò da dentro.
Nemmeno Eggman aveva mai provato a distruggergli le gambe … mai!
Anubis si mise seduto, la faccia gonfia. –Ah, che bell’espressione, Hedgehog!- Si rialzò in piedi, barcollando appena. –Ho degli ordini, e li porterò a termine.-
Ferro Vecchio si tirò dritto con un solo movimento.
Sonic tentò di fare altrettanto, ma un lampo di dolore lo costrinse a tornare accucciato a terra.
Amy gli balzò davanti, fendendo l’aria con il martello, pronta a fare l’impossibile per difenderlo, anche se era palesemente provata dallo sforzo dell’attacco appena compiuto. I due nemici avanzavano, lenti, quello dotato di anima stava ghignando, l’altro era inespressivo come solo il metallo può esserlo.
Un improvviso schiocco elettrico seguito da un mezzo grido annunciò che Knuckles aveva trovato i cavi.
I due ricci si voltarono subito verso di lui, soltanto per vedere l’echidna illuminato come una lampadina. L’elettricità l’aveva sicuramente trovata, anzi, diciamo che quei cavi li aveva trapassati. Sfortunatamente per lui. In un qualche modo, l’echidna ricadde in schiena, interrompendo il contatto e quindi la scossa.
Knuckles non impiegò più di qualche secondo per riaversi, aveva la pellaccia dura, del resto. Ma quel breve lasso di tempo fu sufficiente per far comprendere ai nemici che, se Knuckles si fosse unito alla festa, il loro compito sarebbe stato assai più arduo da compiere.
Anubis fece segno, Ferro Vecchio obbedì e aprì fuoco. La pallottola attraversò la stanza e si conficcò nella spalla dell’echidna. Knuckles non riuscì a trattenere il grido di dolore, finendo nuovamente disteso.
Anubis sogghignò, voltandosi di nuovo verso Sonic che, nonostante la paura e la sofferenza, alla vista dell’amico ferito, s’era tirato in piedi, poggiando però il proprio peso soltanto sulla gamba sana. Alla vista di ciò che era capitato a Knuckles, la nebbia che aveva paralizzato la mente di Sonic s’era dissolta, lasciando campo libero al suo spirito protettivo e battagliero. Nessuno più di lui si scaldava se gli veniva toccato chi gli stava a cuore.
-Questa non te la perdonerò mai!-  esclamò Sonic, puntando il dito contro il canide. –Mai, hai capito?! Mai!-
Anubis ruotò gli occhi verso di lui. –Cos’è? Una minaccia, riccio?-
-È una promessa!- ringhiò di rimando Sonic. L’espressione strafottente di Anubis evaporò.
C’era due sole cose capaci di far perdere completamente il controllo a Sonic. La prima erano i Chili dog. La seconda era vedere i propri amici in difficoltà.
Un grugnito da parte di Knuckles distolse l’attenzione di Sonic dagli occhi giallo magnetici del canide.
-Stai bene, amico?- gli domandò.
L’echidna si tirò su a sedere con una colorita imprecazione. –M’ha preso di striscio! Ora però li faccio a strisce io!- ruggì, scattando in piedi, con una luce ben più che pericolosa nello sguardo.
In tutta risposta, Anubis scambiò un occhiata con Ferro Vecchio. –La nostra priorità resta sempre la stessa: immobilizzare Sonic.-
Non passò più di un secondo.
Tutti e cinque si scontrarono furiosamente. Rabbiosi scambi di calci, pugni e quant’altro imperversò nella sala, attacchi e contrattacchi così rapidi da renderne difficile l’osservazione ad occhio nudo.
Sonic si scagliò contro Anubis, sferrandogli un cazzotto sul mento. L’altro rispose con un calcio. Ferro Vecchio risuonò come una campana alla martellata di Amy, che venne però scagliata via da un colpo inferto proprio dal suo bersaglio, che non aveva risentito troppo della botta incassata. Il pungo spinato di Knuckles invece lo destabilizzò quasi completamente. Lo Spin Dash di Sonic tagliò la strada all’echidna, mentre il riccio si scagliava nuovamente addosso al canide che piegandosi in avanti schivò l’attacco, ma venne colpito da dietro dalla riccia rosa. Uno Spin Dash rosso investì nel frattempo Ferro Vecchio che venne spinto indietro, minacciando di schiacciare Sonic tornato alla carica. Il riccio si piegò di lato, evitandolo e mantenendo comunque la riconrsa accumulata. Un doppio calcio andò a stamparsi sul grugno di Anubis, che decollò da terra. Il colpo caricato da Amy finì così nel vuoto, ma ottenne comunque l’effetto di colpire Ferro Vecchio. Un calcio ad ascia da parte di Knuckles ridusse in ginocchio Anubis, ma non lo stordì abbastanza da evitare all’echidna di beccarsi un taglio di mano esattamente sulla ferita. L’echidna urlò, crollando a terra, un pronto Spin Dash con rimbalzo da parte di Sonic gli evitò un secondo colpo, a danno di Anubis che si ritrovò con una sfera di spine roteante sul petto. Si liberò malamente di Sonic con un pugno, spedendolo sulla traiettoria si un colpo caricato da Ferro Vecchio destinato però ad Amy. La riccia gridò mentre Sonic crollava al suolo, stordito. Anubis si scagliò verso di lui per sferrare il colpo di grazia ma un possente destro di Knuckles lo fece desistere. Ferro Vecchio perseguì l’azione iniziata dal suo superiore. Si diresse contro Sonic e, con un sorprendete scarto a sinistra, evitò un’ennesima martellata da parte della riccia rosa. Raggiunse dunque Sonic, che si stava ancora rimettendo in piedi e lo colpì duramente sulla gamba già ferita. Una torsione in extremis da parte del riccio gli evitò di incassare la botta nella sua interezza, ma una buona fetta di danno venne ugualmente recepita dal riccio. Anubis tornò alla carica. Knuckles tentò di fermarlo, ma venne steso. Ferro Vecchio colpì Amy da dietro. Sonic colpì Ferro Vecchio. Anubis calciò Sonic. Knuckles sferrò un pungo ad Anubis. Amy fece lo stesso. Sonic le ricevette indietro da Ferro Vecchio.
Andarono avanti per un bel pezzo a quella maniera, fino a quando Knuckles, che aveva sventrato mezza sala per trovare quei maledetti cavi, ebbe la brillante idea di provare a spingere Ferro Vecchio in una trappola. Cominciò dunque ad incalzare maggiormente lo pseudo-robot, spingendolo sempre più verso i cavi scoperti. Peccato che a Ferro Vecchio importasse solo di Sonic e che facesse di tutto per raggiungerlo e combattere contro di lui. Doppiamente peccato, il riccio blu era così impegnato nella battaglia contro Anubis che s’era altamente scordato dei cavi. Amy, invece si accorse delle intenzioni di Knuckles e si occupò di rinfrescare la memoria al riccio con un’eloquente gomitata nelle costole e uno sguardo d’acciaio che, a pensarci bene, sarebbe stato più consono a Ferro Vecchio.
In ogni caso, Sonic capì le intenzioni dell’echidna, che guerreggiava furiosamente con Ferro Vecchio, sempre impegnato a spingerlo verso i cavi, e si aggregò a lui nel compito. Sciaguratamente, anche Anubis se ne accorse e si interpose alle loro intenzioni, ingaggiando maggiormente Sonic, spingendolo lontano dai cavi e trascinandosi dietro di conseguenza Ferro Vecchio.
Gli occhi spaesati delle creature incapsulate seguivano silenziosamente quella specie di tornado di braccia e gambe che si dimenava tra le loro capsule. Alcune pupille si sgranavano di terrore quando la furia della lotta si avvicinava troppo ad uno dei loro vetri. In ogni caso, ad osservarli attentamente, cosa che i combattenti non poterono ovviamente fare, si sarebbe quasi potuto dire che provassero apprensione per le sorti di Sonic e compagni, che parteggiassero dunque per lui.
Erano più o meno in stallo, le due parti in scontro. Due contro tre, ma comunque pari. Unica sciagura: alla squadra blu-rosa-rossa stavano cominciando a mancare le forze. E le mani cominciavano a dolere per le troppe scazzottate scambiate con un perfetto pezzo d’acciaio. La squadra grigio-metallo sembrò notarlo, ed aumentò gli forzi.
Un’interruzione inaspettata pose fine alla situazione d’equilibrio precario che c’era in campo. Sbilanciando definitivamente le sorti della battaglia verso uno dei due fronti.
Un improvviso urto, preannunciato da un possente boato, gli investì dall’alto. La parete alla loro sinistra e gran parte del soffitto esplose in lingue di fuoco e grandine di cemento, mattoni e pezzi di ferro. Si levò un polverone denso e colloso che si appiccicò su nasi, gole e polmoni, mentre una cortina di detriti franò su combattenti e capsule.
Rimasero tutti accecati dalla polvere. Nessuno di loro seppe dire per quanto tempo rimasero a terra, storditi, accecati dal polverone del crollo.
Amy sentì un lieve rumore di pietrisco che scivolava alla sua sinistra, nonostante le orecchie le fischiassero impazzite, e udì anche un colpo di tosse che però non assomigliava né a quello di Sonic né a quello di Knuckles. Tossì anche lei, portandosi lentamente una mano al volto solo per scoprire che ogni singola fibra del suo corpo le doleva da impazzire. Qualcosa di freddo e liquido le gocciolò sulla faccia. Inizialmente fu come ricevere una stilettata di ghiaccio, ma poi, pian piano, cominciò ad apprezzare quel gocciolio che ridava vita alla sua pelle. Forse fu anche per quello che la polvere sollevata cominciò a diradarsi.
E ciò che vide la lasciò atterrita.
La prima cosa che notò fu che non esisteva più una buona metà di stanza. La lunga parete che costeggiava la sala delle capsule era sparita, sostituita da qualche sporadico rudere di muro. Ma oltre a quei miracolosi resti, non c’era nulla. E con nulla, Amy intendeva dire il vuoto. C’erano le montagne, il baratro della valle sulla quale loro stavano quasi interamente sospesi e il temporale che versava su di lei secchiate di gelida pioggia. Con un brivido di vertigini, Amy distolse lo sguardo dal baratro della valle, incapace di pensare a cosa sarebbe successo se fosse crollato anche il pavimento.
Voltando dunque la testa, potè constatare altri dettagli che la scagliarono nel panico più completo.
Vide Anubis tossire, seduto in ginocchio, del tutto incolume fatta eccezione per un livido su un fianco. Vide anche Ferro Vecchio steso a terra che si stava liberando da una fetta di soffitto che gli era finita quasi addosso, ma non sembrava ferito grave. Al contrario delle altre due persone presenti nella stanza oltre a lei. Sonic era a terra, un filo di sangue che gli colava dalla fronte, completamente immobile e non intenzionato ad alzarsi. Di Knuckles, invece, si poteva solo vedere un braccio, il resto era interamente sepolto.
Il gelido panico azzannò la riccia rosa alla gola. Lei fece per alzarsi e correre dal suo Sonic, ma non riuscì a muovere le gambe. Al panico si aggiunse anche la bruciante preoccupazione. Se Sonic fosse … se lui … se …
Si trascinò in avanti con i gomiti.
Dietro di lei, udì Ferro Vecchio liberarsi dai detriti e rimettersi in piedi con un sonoro cigolio metallico. Le lacrime le pizzicavano gli occhi, strisciò avanti. La pioggia le colò negli occhi, ma la pelle secca del volto incrostato di polvere pareva quasi gioire di quell’umidità. Panico e preoccupazione l’assordavano.
Sentì Anubis muovere qualche tremolante passo.
Amy avanzò ancora, riuscendo questa volta a muovere un ginocchio. Le facevano male le ossa. Sonic era vicino.
Anubis, dietro di lei, imprecò sonoramente.
Le dita screpolate della riccia si strinsero infine sul braccio del suo amato Sonic. Ora le lacrime le allagavano del tutto la vista. Con le viscere strette dalla tensione fino quasi a farle male, Amy tirò un pochetto il corpo del riccio, voltandogli la testa verso di lei. Con una gioia incontenibile, Amy notò che stava respirando. Sonic respirava.
Voleva controllare anche Knuckles ora.
Fuori, il frastuono dei motori del Tornado X le fece alzare gli occhi verso il cielo. Vide la scheggia voltante che era l’aereo di Tails tagliare il cielo, in mezzo ai fulmini. Il volpino fece fuoco, sparando missili contro un bersaglio che lei non riusciva a vedere. Non le fu difficile, nonostante il dolore pulsante nella sua testa, capire che qualcosa non andava nel volo del Tornado. Uno dei missili di Tails si scontrò contro il fianco di una montagna. Il flash di luce, poi il boato. Amy fece due più due e capì come aveva fatto il laboratorio ad esplodere per metà.
I passi dei suoi nemici la distrassero da quei ragionamenti. La paura tornò a morderla al petto. Lei era l’unica che ancora si muoveva. E combattere non era un’opzione.
Trattenendo i singhiozzi disperati, serrò gli occhi inondati di lacrime cercando freneticamente di spremere le proprie meningi in cerca di un gocciolo di idea. Qualunque cosa!
Le venne in mente un’unica opzione, per quanto disonorevole le potesse sembrare. Afferrò decisa la radiolina appesa al fianco di Sonic. Pigiò un pulsante e si portò la piccola macchina all’orecchio, sperando che rispondesse alla sua richiesta d’aiuto.
 
 
Era ufficiale: ora poteva dichiarare di non vederci più una mazza! Tails aveva i denti talmente serrati che quasi li facevano male.
No, non bastava la pioggia. No, non bastava quell’oscurità così pazzesca. No, non bastavano le montagne ad occupare spazio con coltelli di roccia. Ci si mettevano anche i fulmini, saette e lampi!
Aveva gli occhi infestati di macchie di luci verdi e rosse intermittenti. Il bagliore dei lampi era semplicemente troppo in contrasto con l’oscurità circostante, rimanere accecati non era una scelta opzionale.
In tutto quell’inferno di acqua, vento, roccia e fulmini, riuscire a scovare minuscoli robot volanti di metallo era come cercare un determinato granello di sabbia sul fondo del mare.
Peggio, non riusciva nemmeno a capire da dove quei tre attaccassero. Sentiva solo le scosse che attraversavano l’aereo in seguito ad un urto. Fortunatamente, i loro attacchi non erano poi così forti. Almeno, quelli dei droni. Non si poteva dire altrimenti della terza macchina, quella alata.
Tails deglutì di nuovo, mentre sul monitor brillava ad intermittenza la spia rossa che gli segnalava con urgenza un grave danno al motore destro. Il risultato dell’ultimo assalto sferrato. L’ennesima batosta che non era riuscito a respingere.
Sgranò gli occhi di colpo, gli era sembrato di distinguere un bagliore argenteo che volala laggiù. Caricò nuovamente il lancia-missili e piegò all’ingiù il Tornado, lasciandosi scivolare in discesa. Ed infatti era là.
Ancora incredulo della propria fortuna, Tails fece fuoco. Il missile partì, agganciò la scia del bersaglio e partì all’inseguimento.
Il robot alato si esibì in una serie di capriole aeree per cercare di disperdere il missile e toglierselo di torno. Ma di successo non ne ebbe molto. Tails non lo lasciò riposare di certo. Aprì il fuoco su di lui, scagliandogli contro una pioggia di proiettili. La macchina alata indietreggiò, tuffandosi poi in picchiata, con il missile sempre alle costole. Strezò bruscamente, sfrecciando ad un nulla dalla fiancata del laboratorio. Ma, quella manovra fu così secca e asciutta che il missile non fece attempo a curvare con eguale bruschezza. La sua curva finì per allargarsi di qualche metro di troppo, sospinto dalla forza centrifuga, e terminò la corsa contro la murata dell’edificio.
Tails gridò d’orrore.
C’erano i suoi amici là dentro! E lui li aveva appena colpiti!
Ma no, non aveva di certo fatto esplodere proprio la sala in cui erano loro. Vero?
Quel posto laggiù sembrava davvero immenso, quante probabilità c’erano?
Anche se non li aveva colpiti, ora di sicuro la loro presenza era stata smascherata …
Un moto d’angoscia gli montava in petto.
E aveva pure perso la posizione della macchina alata! Serrò ancora di più i denti, prendendosela con sé stesso.
Risalì la valle nella sua interezza, e quando essa si chiuse a V, fece retro-front e tornò indietro, passano nuovamente davanti al laboratorio, ormai sventrato. Aguzzò la vista ma ovviamente non riuscì a scorgere nulla laggiù.
Però riuscì a distinguere tra le ombre le sagome dei due droni, poco più avanti. Aprì nuovamente il fuoco verso di loro. Uno dei missili finì contro la roccia. Un altro venne inghiottito dalla valle.
Il Tornado X perse di colpo un due metri di quota, facendo rabbrividire il suo pilota. Scuotendo la testa per liberarsi degli effetti del vuoto allo stomaco appena provato, controllò il monitor. I danni al motore si stavano aggravando ancora.
In preda ai dubbi, cercava disperatamente una soluzione, quando la radiolina per comunicare con Sonic squillò. La voce di Amy ruppe il silenzio che regnava nella cabina di pilotaggio.
-Tails! Tails!-
Stava singhiozzando, Amy stava singhiozzando. Il cervello del volpino gli spiattellò davanti agli occhi l’immagine del laboratorio sventrato. Lui scosse la testa, impuntandosi ad ignorarla. Non poteva aver davvero …
-Amy! Cosa succede?- chiese subito, senza perdere tempo, sebbene i dubbi lo stessero torturando senza tregua.
-Noi … abbiamo bisogno … di aiuto. Immediato. Ora! Subito!- la voce della riccia venne interrotta da qualcosa. –O qui finisce male sul serio! Ti prego! Aiutaci!-
-Ma io…?- cosa dirle! Non era nelle condizioni di aiutarli in alcun modo. Gli venne quasi da piangere per la rabbia.
-Chiama qualcuno, allora! Ma fallo subito! Presto!-
La chiamata crollò in quel momento, mentre Amy tratteneva il fiato come presa da un mostruoso spavento.
Chiamare … qualcuno?
Chi?
Chiamare qualcuno in grado di aiutarli subito! E capace di attraversarsi mezzo Paese in questione di secondi.
Gli venne in mente un solo nome ma l’orgoglio si oppose. Erano venuti lì contro la volontà di Shadow, con che faccia gli chiedevano ora aiuto? Erano venuti loro lì, s’erano loro ficcati in quella posizione, quando Shadow li aveva chiaramente avvertiti che non ci sarebbero dovuti venire.
Non osò immaginare la reazione che avrebbe avuto il riccio nero.
Scosse forte la testa. Gli amici prima! Erano in estrema necessità, e lui avrebbe fatto l’impossibile per aiutarli, anche affrontare l’ira di Shadow!
Afferrò risoluto la radiolina, solo per ricordare che non aveva idea di come contattare il riccio nero.
Il morale gli sprofondò.
Aspetta! Invece lui aveva il contatto con Rouge! Durante alcune loro avventure, era capitato che Rouge li chiamasse e lui aveva salvato i dati di quella chiamata.
Dovette trafficare un attimo con il sistema radio del Tornado ma ci riuscì. Si mise in contatto con la pipistrella. Trovare lei, equivaleva a trovare Shadow.
 
 
Rouge picchiettava freneticamente un’unghia sul bordo del tavolo. Alle sue spalle giacevano tre guardie prive di sensi. Di fronte a lei stavano i computer contenenti i database di tutta quella schifosa base di ricerca. Download al 93% ! Ringhiò. Era lento come un lombrico quel trabiccolo arrugginito!
Sobbalzò quando ricevette una chiamata.
Shadow?
-Rouge, sono io, Tails!-
Ovviamente no. Ma, Tails? Come aveva trovato, lui, la sua frequenza?
-Oh, ma che piacere sentirti, mio caro! Come stai?- gli chiese, amabile. Un miracolo, 94%!
-Rouge, non ho tempo di spiegare! Devo parlare con Shadow ora!-
Che?!
-Non per deluderti, mio sofficissimo amico peloso. Ma penso che sia problematico, ora come ora.-
Già, e chissà dov’era Shadow! Non le parlava più da un tempo troppo lungo.
-Ma io ho bisogno di mettermi in contatto con lui!- l’urgenza nel timbro di voce del volpino le fece capire che la questione era seria.
95%!
Rouge riflettè un attimo. Se lui aveva trovato la sua frequenza, voleva dire che s’era collegato alla sua personale via di comunicazione, non, dunque, a quella di Shadow. La cosa era complicata. –Senti, tesoro, ora come ora non saprei come fare a collegarti con lui. Senza calcolare che ho ben altri problemi a cui badare, ora. Ma se dici a me qual è la cosa che gli devi dire, lo riferirò all’istante.-
Sentì Tails esitare.
96%! Assurdo, quel vecchio pc ammuffito stava facendo lo sprint finale di fine download.
-Allora va bene.- disse lui. –Dì a Shadow che deve venire qui, questione di vita o di morte. Abbiamo bisogno di aiuto immediato!- il terrore nella voce di Tails era più che evidente!
Speriamo solo che gli scienziati non captino questa conversazione, del resto, non è coperta dalle mie misure di sicurezza.
-“Qui” dove, tesoro?- gli chiese. 96%!
-Al laboratorio Nord, le coordinate sono queste.- Rouge si impresse nella memoria quei dati.
-Al laboratorio Nord?!- sbottò. –Ma perché diavolo siete al laboratorio Nord!-
-Non ho tempo per spiegare!- la voce del volpino si ruppe. –Venite subito, vi prego!-
97%.
-Appena riusciamo a liberarci, amore. Siamo … emh … impegnati.-
-Cosa?!-
-Questione di pochi minuti, non temere. Arriviamo.-
-Grazie.-
La comunicazione si chiuse.
Rouge chiuse gli occhi. Chissà la reazione di Shadow alla bella notizia! Sbuffò. 98%
Fissò un attimo lo schermo, prima di mettersi di nuovo in contatto con il suo compagno di squadra spinato.
 
 
Il suo primo istinto? Staccare il cranio dal collo di quel tizio.
Sul fatto che ricoprisse un ruolo importante all’interno dell’organizzazione dei ricercatori era fuor di dubbio. Si capiva chiaramente, sia dal vestiario, sia dall’atteggiamento arrogante.
Per non parlare poi del modo con cui lo guardava. Dal primo istante in cui s’erano visti, negli occhi di quell’uomo brillava una luce simile a quella che animano gli sguardi dei bambini posti difronte ad un pacco regalo, frementi dalla voglia di vedere la sorpresa contenuta in esso. Solo, era una luce infinitamente meno candida e innocente. Mai in vita sua s’era sentito trattare a quel modo, proprio come se fosse un oggetto e nulla più. Nessuno. Mai.
Shadow assottigliò lo sguardo, senza distogliere la sua attenzione dall’uomo. Non aveva impiegato molto a concludere che la donna che lo accompagnava non rappresentava alcun tipo di problema, e, dal modo in cui era vestita, nemmeno sembrava avere un ruolo importante nella gerarchia che regnava su quel posto. Cosa ci facessero insieme non era affar suo, dunque non si pose nemmeno il problema.
Il sorriso sul volto dell’uomo si allargò. –Davvero una bella sorpresa averti qui, Shadow The Hedgehog. Posso conoscere il motivo della tua visita.-
Silenzio. Insulto a stento trattenuto.
-Beh, spero per lo meno che il giretto panoramico ti sia piaciuto. Impressionante, vero, come laboratorio?-
Una scintilla di rabbia si unì al resto del groviglio rovente che il riccio aveva in petto. Non sopportava proprio l’atteggiamento di quel James.
-Probabilmente non hai ancora fatto a tempo a vedere tutto quanto. È immenso questo posto. Ma non temere, tra non molto avrai modo di poter ammirare ogni dettaglio con cura e calma. Quando sarai nostro ospite permanente.-
Shadow gli mostrò i denti, in risposta. La sua rabbia interna aumentò di un grado ancora.  
-Ma non ora, ovviamente. Verremo a prenderti noi, quando verrà il momento. E quel giorno l’umanità potrà finalmente godere delle meraviglie di microbiologia contenute nel tuo corpo!-
Il cazzotto si abbattè sulla faccia di James un quarto di secondo dopo che l’ultima parola ebbe lasciato le sue corde vocali. La mascella crocchiò sonoramente, quando l’osso si crepò. E il ginocchio del riccio fu lieto di far conoscenza con lo stomaco del Capo Operativo. James volò all’indietro nel corridoio, atterrando scompostamente, come un pupazzo.
Shadow voltò le orecchie indietro, limitandosi a fissare con astio il nemico atterrato. La donna, urlò, schiacciandosi contro la parete, terrorizzata, tentando di allontanarsi il più possibile da quell’essere che le era piombato così vicino in così poco tempo.
James impiegò una buona dose di minuti per riuscire a rimettersi circa in piedi, tenendosi convulsamente le parti offese.
Oltre i vetri, l’operazione chirurgica su Teta567 continuava.
Shadow avanzò, con passo tranquillo, gli occhi di fuoco. L’ombra del terrore passò per un attimo negli occhi di James, ma fu abile a ricacciarla subito indietro.
-Mica era necessario reagire così.- biascicò l’uomo, pronunciando a fatica le parole. Evidentemente, la mascella s’era rotta. –Voglio dire, è normale pensare che l’umanità possa finalmente gioire dei frutti di ciò che l’umanità stessa ha creato.-
Stava quasi pe raggiungere il limite. Il Chaos Spear crepitò attorno alle braccia del riccio.
James tentò malamente di sorridere. –E avremo ciò che è nostro, stanne certo! Non hai alcun diritto su ciò che il rinomato scienziato Gerald Robotnik ha messo in te: sei solo un’arma, in fondo!-
Ed il limite era quello.
James fece per dire qualche parola in un piccolo cip vocale che aveva attaccato al polso, ma, ovviamente, aveva fatto male i conti. L’osso del naso si spezzò in due in un battito di palpebre, e James si ritrovò a volare nuovamente, fulminato. Urlò dal dolore, sfogando anche quello della mascella rotta di poco prima, che era riuscito più o meno a trattenere. Riprese le distanze dal riccio tramite l’involontario decollo, riuscì finalmente a dire quelle parole nel cip.
Shadow corrugò la fronte quando gli sentì dire: -Teta567! Sbranalo! Ora!-
Il riccio voltò la testa verso la finestra della cella di contenimento che ora gli stava alle spalle. Anche se se l’era aspettato, sobbalzò lievemente quando vide il getto rosso spruzzare il vetro-specchio. La cella era isolata fonicamente, ma immaginare gli urli non era così difficile. Anche perché la donna che accompagnava James urlava in abbondanza, abbastanza da ricreare anche là nel corridoio l’atmosfera che doveva esserci dentro la cella. Lui, quell’uomo, aveva aizzato la belva sapendo benissimo che c’era anche gente, colleghi, nella cella.
Varie tonalità di rosso e mutevoli parti organiche finirono contro il vetro, per poi colare a terra. Gli artigli di Teta raggiunsero il vetro subito dopo. Le fauci spalancate della belva appannarono il vetro. E Teta fece il primo tentativo di uscire. Gli artigli cozzarono contro la finestra, che però resse egregiamente all’assalto.
La voce di Rouge distolse Shadow dall’osservare. –Tesoro? Io qui ho finito di scaricare i dati, non ho avuto problemi. Tu hai trovato il generatore?-
-Quasi.-
-Perfetto! Però ci sarebbe una cosuccia.- Rouge esitò. -Ha appena chiamato Tails. Dice che Sonic e gli altri hanno bisogno di soccorso immediato.-
-E…?-
-E noi dovremmo andare da loro ad aiutarli.-
Teta colpì il vetro di nuovo, ruggendo, i denti bianchi striati di rosso.
-Dove sono?-.
-Qui sta il punto: sono alla base di ricerca Nord.-
I denti di Shadow si serrarono, i suoi occhi si incupirono ancora di più, se mai fosse stato possibile. –Cosa?!- sibilò.
Sentì Rouge tentennare di nuovo –Che ci vuoi fare? Lo sapevi che sarebbe andata a finire così.-
Shadow grugnì. –Arrivo a prenderti, tu resta lì.-
Teta567 fece fuoco. Con cosa, Shadow non lo sapeva. Restò innegabile il fatto che il vetro di contenimento esplose scagliando detriti ovunque. La donna, Lucy, venne scagliata indietro.
Shadow sospirò. Sonic era nei guai, guai molto grossi per ridurlo a dover chiedere aiuto. E lui lì aveva la possibilità di chiudere non uno ma ben due conti in sospeso!
Dovette fare uno sforzo oltremodo notevole per lasciarsi dietro un arcinemico e il capo di quell’arcinemico. Teta567, intanto, gli mostrò con un ruggito la sua nuova artiglieria. Armi da fuoco impiantate su entrambe le braccia. Sparò contro Shadow quelli che sembravano due missili.
Il riccio nero ringhiò tra sé e sé, facendo quasi violenza contro sé stesso per attivare il Chaos Control e andarsene da lì. Quando avrebbe voluto fare a pezzi quell’uomo! Probabilmente l’avrebbe ammazzato Teta, oppure l’esplosione che sarebbe seguita quando lui avrebbe raggiunto il generatore. Ma prenderlo a pugni era tutt’altra questione!
Sonic gliel’avrebbe pagata cara, questa. Assicurato!
Ma, per poterlo fare, il pidocchio blu doveva rimanere vivo, e per farlo rimanere vivo, Shadow doveva andare a salvargli il sottocoda. Insultandolo mentalmente con tutta la sua fantasia, Shadow piazzò il punto d’atterraggio del Chaos Control direttamente davanti al generatore. Ormai, se ne sbatteva altamente di venir visto. Già che tutti lì sapevano di lui. Dal momento che la discussione con James era durata diversi minuti, era logico pensare che gli scienziati avessero avuto tutto il tempo di evacuare alcune di quelle loro cavie da laboratorio.
Diversi paia di occhi spalancati ruotarono verso il riccio. Tutti gli ingegneri del generatore fissavano ora Shadow.
Con tutta la rabbia accumulata negli ultimi minuti non fu affatto difficile attivare il Chaos Blast. L’onda rossa lo avvolse interamente per poi espandersi tutt’attorno. Ma Shadow la bloccò prima che toccasse il corpo principale del generatore. Chaos Control che ingloba il Chaos Blast.
Combinazioni come quella erano piuttosto insolite, e costavano anche maggiormente in quantitativi energetici da parte sua, ma, talvolta, erano dannatamente comode. Ignorando le grida di terrore delle cinque persone lì presenti, Shadow si teletrasportò via per andare a prendere Rouge.
La sua percezione dello spazio si dilatò nuovamente, abbastanza da permettergli di identificare alcune capsule d’emergenza in rapidissimo movimento. Erano come super-ascensori orizzontali che funzionavamo come treni d’evacuazione in caso di gravi disastri. Ogni laboratorio degno di questo nome, del resto, aveva una via segreta per far fuggire il proprio personale o i propri esperimenti. Anche l’ARK aveva le sue capsule per la fuga. Il ricordo di Maria a terra scombussolò l’equilibrio interno di Shadow. Corrugando la fronte, pose fine a quel lunghissimo attimo, dilatato nel tempo, che prevedeva ogni utilizzo del Chaos Control. Ultimo suo pensiero, sulla mappa di quel laboratorio non erano stati marcati quei mezzi d’evacuazione.
Lo spazio gli curvò attorno a lui, e Shadow si ritrovò davanti a Rouge, seduta su di una sedia di fronte all’intero sistema di archiviazione dati, giochettando con il piccolo disco contenente i risultati del furto d’informazioni. Gli sorrise.
Shadow non le disse niente, non le spiegò niente. L’agguantò con il potere di Chaos e la portò fuori, rilasciando al contempo il Chaos Control di blocco temporale che aveva rallentato fino a quel momento il Chaos Blast.
Si teletrasportarono fuori, da Omega, proprio mente l’esplosione raggiungeva il generatore, espandendosi all’istante in tutto il resto del laboratorio.
Si girarono a guardare la piccola montagna franare su sé stessa, facendo tremare il suolo nei dintorni. Diversi alberi vennero giù dai fianchi boscosi del pendio, scivolando insieme alla terra, mentre gli uccelli si levavano tutti in volo.
Shadow prese giusto un respiro e poi attivò nuovamente il Chaos Control, mettendoci una dose maggiore d’energia, mirando alle Mirror Mountains.
Trovò le montagne, ma per trovare il laboratorio fu un pochetto più complicato. Ma, una volta individuato il Tornado X, non fu un problema frugare tutta l’area circostante. Da lì ad un attimo scovò il volume del laboratorio, scandagliò rapidamente gli spazi contenuti all’interno e prese come riferimento la sagoma puntuta di un certo riccio blu che gli aveva impedito di prendere a calci il più grande bastardo che avesse osato strisciargli davanti negli ultimi tempi.
Così, lui, Rouge ed Omega apparvero nella stanza delle capsule, e bastò loro non più di un’occhiata per capire che avevano spaccato il secondo, in quanti a tempismo. Un mobiano di tipo cane teneva immobilizzata un’Amy piangente e strillante che si protendeva in tutti i modi verso il corpo svenuto di Sonic, sul quale stava chino una specie di robot mostruosamente dettagliato che aveva sul braccio destro la canna di un fucile puntata sulla gamba sinistra del riccio blu.
Il Chaos Spear partì all’istante, schiantandosi in mille scintille contro il dorso metallico del robot, che crollò a terra, in preda agli spasmi. Nello stesso istante, un calcio sferrato di tacco colpì in piena fronte il canide grigio scuro.
Amy emise un vero strano, mai sentito prima, a metà tra una risata e un singhiozzo, che a sentirlo pareva come un singulto di un automobile rimasta a secco di benzina. Shadow non la guardò nemmeno, andò dritto sparato da Sonic, lo afferrò per la collottola e lo tirò in piedi a forza, affibbiandoli in faccia un sonoro man rovescio (sebben non eccessivamente forte). –Deficiente!- lo apostrofò, rabbioso. –Mai una volta che tu ti decida ad usare il cervello prima di correre a testa bassa contro ostacoli troppo duri da fracassare con il tuo misero cranio! Giuro, la prossima volta scordati che vengo a pigliarti dopo un’altra delle tue scemenze!-
Il riccio blu schiuse lentamente le palpebre.
-Ma devi fare proprio tutto questo chiasso?- ruminò. –Ciao Faker.-
Shadow lo lasciò cadere a terra, ringhiando. –Idiota! Hai una vaga idea di cosa mi sia costato precipitarmi qui in fretta e furia?! Questa me la paghi, sicuro!-
Sonic tossì. E con lieve ritardo, Shadow notò i lividi, per altro perfettamente mimetizzati, che coronavano il corpo del riccio blu. Non che si pentì del trattamento riservato al suo doppione, tutt’altro.
-Cioè, fammi capire, sei venuto qui in pompa magna sperando di fare a pezzi chissà quali orde di nemici, ed invece le hai prese di santa ragione?!-
Sonic fece spallucce. –La fortuna gira.- sorrise. –Che ci vuoi fare?-
Un secondo Chaos Blast stava emergendo dentro a Shadow, ma riuscì a ricacciarlo indietro in un qualche modo. Decise di rimandare la ramanzina soltanto perché il robot si stava rialzando.
Un brivido gelido percorse la schiena di Shadow quando il riccio nero si ritrovò a fissare gli occhi biologici della macchina. Non fece commenti. Riprese al contrario il controllo di sé stesso e della situazione circostante.
Lo pseudo-robot fece fuoco con il proiettile che aveva in canna per Sonic. Shadow si limitò a piegare di lato la testa per schivare la pallottola.
-Usa i Chaos Spear contro di lui.- borbottò Sonic. –Dovresti atterrarlo in breve, così.-
-Non è forse quello che faccio tutte le singole volte?- lo rimbeccò Shadow, a metà tra l’esasperato e l’annoiato.
-Promemoria.- commentò Sonic.
La macchina si scagliò in avanti per rinnovare l’attacco. Shadow non gli permise di arrivare vicino abbastanza. Due Chaos Spear contemporanei colpirono il robot. Con un gemito acutissimo e gorgogliante, Ferro Vecchio cadde in avanti, tutto il suo metallo percorso dalle scariche elettriche roventi. Tentò ancora di muoversi, strisciò in avanti, allungò una mano verso Shadow e non si mosse più. Una macchia scura si allargò sotto al corpo di metallo.
Un pallidissimo senso di tristezza attraversò la mente di Shadow, così come quella degli altri.
Tutto qua?, pensò il riccio nero. Non disse nulla, però.
Si voltò verso il secondo avversario che c’era nella stanza, Anubis, tenuto sotto scacco dai tacchi a spillo di Rouge e dal mitra di Omega.
-Manca quell’impiastro di echidna.- osservò la pipistrella.
Amy, che intanto era accorsa vicino a Sonic, ancora incredula che quell’orribile situazione fosse finita in una maniera impensabilmente positiva, indicò rabbuiandosi il cumulo di macerie sotto le quali stava Knuckles. Rouge spalancò gli occhi. –Come ha fatto quel pezzo d’idiota a finire là sotto?- esplose, andando ad iniziare le operazioni archeologiche per cavarlo da là.
-Ci sarebbe anche qualcun altro che avrebbe bisogno di una mano.- Disse Sonic, rivolo a Shadow. L’occhiata del riccio nero avrebbe potuto forare una lastra d’acciaio.
-Non fare quella faccia! Già che hai fatto trenta, fai anche trentuno!- lo apostrofò Sonic. –Tails, là fuori sembrava essere nei guai.-
Shadow ringhiò. –Una cosa alla volta…-
Agganciò i corpi di tutti i presenti con Chaos, eccetto ovviamente Anubis e Ferro Vecchio, e li teletrasportò tutti fuori. Oltre i tuoni del cielo, si potè udire tutta una cacofonia di suoni quando i già malconci mobiani atterrarono più o meno malamente sulla nuda roccia delle vette, dove Shadow gli aveva assai poco finemente trasportati, sotto l’acqua battente, ad un nulla dal bozzolo di nubi e fulmini che aveva ingollato il cielo. A causa della pendenza, il corpo privo di sensi dell’echidna rotolò un poco ma si fermò di testa contro un macigno. Rouge sospirò, grata, in fondo, di non dover scavare per tirarlo fuori.
Sonic si tirò su in piedi, o per lo meno ci provò. Il ginocchio maltrattato cedette di nuovo e il riccio perse interamente l’equilibrio, rischiando seriamente di tramutarsi in polpette di riccio sul fondo valle. Per sua fortuna, Shadow non si trovava troppo distante e il riccio blu riuscì ad afferrargli un braccio rimanendo in piedi. L’iniziale occhiataccia di Shadow, scoccata per esser stato toccato senza permesso, si tramutò in qualcos’altro che avrebbe anche potuto sembrare a strafottente compassione. Non scacciò via la presa del riccio blu. –Nemmeno riesci a stare in piedi?- commentò invece, acido.
Sonic fece un gesto disinvolto con la mano, come a dire che non era nulla. –Tails.- disse invece. –Ti prego, aiuta Tails, adesso.-
Un’ombra strana passò nello sguardo di Shadow, come se lui non si capacitasse del fatto che Sonic lo stesse apertamente supplicando. –Dov’è?- domandò.
-In giro con il Tornado X-
Shadow abbassò lo sguardo verso il laboratorio. –Non so ancora volare. Quando passerà di qui, potrò fare qualcosa, non prima.-
-Cosa guardi?- domandò Sonic, seguendo lo sguardo del riccio nero.
Shadow si teletrasportò via e la mano di Sonic rimase appesa al nulla. Rischiò di cadere, ma riuscì a recuperare abbastanza in fretta l’equilibrio.
Shadow si ritrovò sul tetto dell’edificio. Chiuse gli occhi e attinse agli smeraldi. Il calore dell’energia dell’attacco che stava per attivare l’attacco che aveva intenzione di utilizzare lo avvolse. Sentì il proprio corpo scaldarsi da dentro. Il Chaos Blast lo inglobò di nuovo. Shadow racimolò le energie necessarie, ed impiegò un attimo, per trovarle. Aveva usato davvero tante volte Chaos, in quegli ultimi minuti. Se ne fregò e, mentre la propria pelle si accendeva di rosso, quando arrivò l’attimo giusto, rilasciò di colpo tutta quell’energia. Sentì il cemento sotto ai suoi piedi sgretolarsi atomo per atomo, come quelli dell’aria inclusa nel raggio d’azione dell’esplosione. Tutto lo spazio prima occupato da solide pareti, da stanze, da muri, divenne improvvisamente vuoto. La roccia sotto l’edificio venne erosa allo stesso modo. Dove prima esisteva tutto un modo, ora non c’era più nulla. L’energia correva fuori dal corpo di Shadow e, come ogni volta, si sentì immensamente leggero.
Quando fu tutto finito, si lasciò cadere sullo sperone di roccia ora monco che, fino ad un attimo prima aveva ospitato la presenza del laboratorio. Riprese un attimo fiato, lasciando che la pioggia fredda gli scivolasse sulla pelle, gocciolandogli lungo gli aculei e sulle braccia, fin sulle dita, per poi gocciolare a terra. Si lasciò accarezzare dalla fredda pioggia per qualche attimo, regolarizzando il proprio respiro lievemente affannato, l’aria fredda giù nella gola fino ai polmoni. Rimase un attimo ad occhi chiusi, ascoltando. Il cielo schioccava e rombava senza sosta, l’oscurità spezzata dai fulmini e dai lampi.
Recuperata un minimo d’energia, si teletrasportò un’altra volta fin su in cima, dagli altri.
Tutti, compreso Omega, guardavano il tetro spiazzo creatosi con in Chaos Blast, tacito ricordo di ciò che un tempo si ergeva lì, su quello spuntone di pietra. Sonic, con la radiolina in mano in contatto con Tails. Amy, seduta affianco al riccio blu. Knuckles che stava riprendendo conoscenza a suon di sberle da parte di Rouge. Omega, in un rigido silenzio.
Cosa stessero pensando, con quelle facce lunghe, Shadow non lo seppe dire.
-E se ne sono andati così.- commentò Amy, semplicemente.
-Così pare.-
Con la luce intermittente dei fulmini, quel luogo sembrava ancora più desolato di quello che era. La cresta della montagna, il luogo d’incontro delle due facciate. Lì si trovavano, precipizio davanti, precipizio dietro, appollaiati su quella misera striscia di sassi a metà tra il tutto e il niente, sotto al cielo, sopra al resto della terra, circondati da vuoto perpetuo, con l’acqua sulla testa.
Il rombo del Tornado X li riscosse. Stava arrivando Tails. Sonic si sbracciò in un gesto di saluto.
Ma il volpino non sembrò nemmeno notarli, anzi, fece fuoco. Non contro di loro, beninteso, ma contro una scheggia argentea che filava a notevole velocità davanti al muso dell’aereo. –È sotto attacco!- esclamò Sonic. –Ma che cos’è quello?-
-Sono tre.- lo corresse Shadow. –Uno davanti, due dietro.-
Il Tornado X aumentò di quota, curvò, tornò indietro e sfrecciò sulle teste dei mobiani appollaiati in cima alla montagna. Ebbero così modo di vedere che il Tornado era danneggiato, e che i nemici del volpino erano ben intenzionati a non lasciarlo andare.
Sonic era in piedi, le mani stette a pugno, denti serrati, l’acqua negli occhi.
Un improvviso lampo, che nulla aveva a che fare con il temporale in corso, fece sobbalzare tutti (tranne Shadow). Si voltarono verso Omega, che aveva aperto il fuoco contro uno degli inseguitori di Tails. Uno dei due droni barcollò a mezz’aria, si cappottò in volo e, arrancando e sbuffando fumo come una locomotiva, si girò e tornò indietro. Armi puntate, ovviamente.
Sonic sospirò. –Un’altra battaglia, eh?-
Omega si piazzò davanti al gruppetto stremato di mobiano, affianco a Shadow e Rouge. –A questa ci pensiamo noi, tranquilli.-
Il Team Dark scattò in avanti, correndo sulla cresta della montagna, tra i fulmini e le gocce di pioggia, sotto al cielo color inchiostro, diretti contro il drone sospeso in volo ad un paio di piedi dalle rocce nere, vagamente assomigliante ad un insetto gigante, armato giustamente di mitra e lanciarazzi.
Il primo ad arrivare al bersaglio fu Shadow. Paralizzò a mezz’aria due dei proiettili sparati dal coleottero di ferro, congelandoli nel tempo insieme a tutte le gocce d’acqua che si trovavano attorno. Mentre altri due proiettili entravano in canna, Shadow fu addosso al drone. Un buon pugno accerchiato dalle scariche elettriche dello Spear si conficcò sulla fronte della macchina guardiana che, barcollò indietro dall’urto. Shadow lo scavalcò atterrandogli dietro e lasciando campo libero ai due compagni. Rouge, slanciata in corsa, attraversò la fetta di pioggia che Shadow aveva immobilizzato, evitando i proiettili. Le gocce che lei toccava si spezzavano, come vetro, liberando ovunque frammenti liquidi che rispecchiavano tutte le luci di quella notte da spettri: si illuminavano di fulmini, di polvere da sparo e di Spears. Le gocce di pioggia esplodevano al passaggio di Rouge, scintillando come torce in quell’oscurità senza fine, e la pipistrella assegnò al drone un calcio avvitato che lo fece cadere a terra. Anche lei badò bene a togliersi subito di mezzo, sterzando di lato e lasciandosi scivolare per qualche metro sul versante destro della montagna. Si girò giusto in tempo per vedere il missile di Omega lasciare il braccio-arma del robot, tagliare il cielo con la coda di fuoco del proiettile e centrare il bersaglio, scagliando ovunque schegge d’acciaio e lingue di fiamma che, in parte vennero ancora intrappolate insieme alla pioggia del Chaos Control di Shadow, che ormai però si stava spegnendo. Il drone si disintegrò in mille pezzi, frammenti incandescenti e fumanti che rotolarono in parte a destra e in parte a sinistra del pendio, dipingendo scie di rosse scintille sui vari percorsi presi.
Tails tornò indietro, probabilmente chiamato da Sonic tramite la radiolina. Omega prese la mira e richiamò le attenzioni dell’ultimo drone. Al contempo, Shadow si teletrasportò contro la strana macchina alata in punta al Tornado, riportandola con sé a terra forzatamente.
Rouge accolse il drone con un doppio calcio avvitato, scagliato in volo. Omega mitragliò il drone, sparandogli poi contro uno di quei suoi missili capaci di trapassare anche un carrarmato. Il macinino volante, però, non si schiantò così in fretta. Rispose all’attacco aprendo il fuoco contro Rouge che fu costretta ad una serie di piroette aeree per schivare. Omega non si disturbò nemmeno a scansarsi, lasciandosi colpire per poi osservare i proiettili schizzare via. Un secondo calcio e un secondo missile mandarono a rotoloni il drone giù per la valle insieme al primo.
Shadow studiava con circospezione lo strano essere che ora gli stava di fronte. Aveva un becco, ali, coda e penne ovunque, fatte interamente di metallo ma con una tale quantità di dettagli che era possibile distinguere quasi ogni singola sfrangia di ogni singola piuma. Aveva occhi organici, esattamente come il suo simile ora sepolto ai piedi del monte insieme al resto del laboratorio. A giudicare dalla quantità l’acqua che gli scorreva sul corpo, e visti i fulmini in cielo, Shadow scommise che quella macchina era sicuramente stata costruita apposta per resistere a quel tipo di opposizioni naturali. Poco male, c’era sempre la vecchia maniera.
Si appallottolò e si scagliò con uno Spin Dash verso la macchina. Quello, in tutta risposta, sporse in avanti gli artigli d’aquila che aveva attaccati alle mani. Accolse il colpo di Shadow, scivolando indietro, ma impuntandosi riuscì a spedire il riccio indietro. Shadow scivolò lungo la fiancata sinistra della montagna, atterrando bruscamente su di uno spuntone. Su di esso ottenne la spinta per tornare all’attacco e scagliarsi contro quel bizzarro robot che non fu più fortunato come la prima volta. Non riuscì a schivare i possenti pugni di Shadow. Barcollò dunque indietro, stordito. Il riccio non tardò a rinnovare l’attacco, constatando tra sé e sé la notevole resistenza di quel misero pezzo d’acciaio. Ma, quando lo fece, l’uccello d’acciaio fece qualcosa di inaspettato, spalancò il becco e lanciò contro Shadow quello che aveva tutta l’aria di essere un raggio laser. Il riccio balzò via senza problemi, ma la roccia su cui stava si sgretolò. Si staccò dal corpo della montagna e precipitò di sotto. Sciaguratamente, si abbattè su di un altro spuntone di roccia che, dal colpo, si staccò pure quello. Così i massi in rotolamento erano due, e non ci volle molto per far sì che divennero quattro. E poi sedici.
Dietro, sentì Sonic e gli altri urlare, quando la montagna intera tremò dalla vetta alle radici. Un polverone spaventoso si levò dalla fiancata martoriata, un frastuono non da meno dei rombi del cielo si levò a far compagnia ai tuoni. Shadow rimase immobile, con l’acqua che gli gocciolava dagli aculei, valutando cosa fare. La pausa tecnica non durò a molto. Con una ricorsa notevole, Shadow assaltò il robot, gli sferrò un pugno e poi lo teletrasportò via insieme a sé stesso. Si materializzò diverse centinaia di metri più sotto, dove la frana infuriava nella sua massima potenza. Lì, esattamente sotto un macigno grande almeno quanto il Tornado X lasciò la macchina uccello, riportando invece sé stesso su in cima. Avrebbe in effetti potuto sfogarsi un pochetto di più con quella macchina, togliersi di dosso le frustrazioni di giornata. Ma, in fin dei conti, era già abbastanza stufo così di robot stravaganti e con le rotelle svitate. Ritornò su dagli altri, facendosi gli ultimi passi a piedi.
Sonic lo salutò con un caldo sorriso, indicandogli il Tornado X atterrato sullo spiazzo lasciato libero dal laboratorio, sul lato della montagna che non era franato. –Voi Team Dark siete peggio di terminator.-
Shadow sogghignò.
In quell’esatto momento in cui Sonic zoppicava verso di lui, mentre Amy si alzava per venire incontro a lui e a Rouge ora affiancati, mentre Omega riponeva le armi e Knuckles si massaggiava la testa borbottando, un orribile brivido risalì la spina dorsale di Shadow, gelandolo. Corrugò la fronte, senza capire cosa stesse succedendo.
Fu per caso che voltò la testa perso Rouge, e fu un caso che il suo sguardo cascò più in basso, oltre la pipistrella, dietro le rocce, appiattiti a terra. Due occhi gialli, saturi di dolore e odio e stanchezza, scintillarono tra le ombre, appena dietro lo scintillio di metallo della canna di pistola. Ma lo scoppio era già avvenuto, il proiettile già volava. E Shadow non reagì in tempo.
Rouge si accasciò a terra, come una marionetta dai fini recisi, un grido che Shadow non sentì le uscì dalle labbra mentre cadeva davanti al riccio nero, occhi spalancati di sorpresa che fissavano lui.
Anubis ghignò. E quello Shadow lo sentì benissimo. Ma tutto il resto, comprese le voci di Sonic e degli altri sparirono dal suo universo. Lui, ora vedeva soltanto una scena già vista, di una persona già amata che gli moriva davanti.
Dentro di lui, ogni singolo organo era contratto fino allo spasmo, ogni muscolo, ogni fibra colmi di quell’oblio già visto e di quell’agonia già provata. Non fu cosciente di quello che fece. Si vide piegarsi in avanti su Rouge. Sentì sé stesso provare a chiamarla, senza che la sua voce gli uscisse di gola. Mentre il suo campo visivo pareva quasi oscurarsi, vide le proprie mani avvolgere il corpo di Rouge e sentì l’energia frizzante del Chaos Control che si attivava da solo.
Una frazione di secondo dopo, al loro posto rimasero solo pietre bagnate e gocce di pioggia.
 
  
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