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Autore: nobodyishopeless    16/07/2014    2 recensioni
Dopo essere stato preso in ostaggio dalla setta di Benjamin Cyrus in Colorado, con la sua collega Emily Prentiss che per proteggerlo era stata picchiata davanti ai suoi occhi, il giovanissimo dottore, Spencer Reid ha maturato in sè un profondo e bruciante senso di colpa.
Faith è la nuova e giovane psicologa della BAU che si occupa di tranquillizzare lo stato mentale dei componenti della squadra di analisi comportamentale. La giovane ha 23 anni, un laurea quinquennale in psicologia e un anno di tirocigno in accademia FBI.
Fa un ingresso prepotente nella vita dell'insicuro dottore cercando di aiutarlo e di evitare che lui scopra i suoi segreti, in realtà la giovane ragazza ha molti più scheletri nell'armadio di quanto sembri. Tuttavia l'amore bruciante potrebbe travolgerli in un vortice senza uscita.
Genere: Azione, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Episodio 4x20
Reid:
La luce crede di viaggiare più veloce di ogni altra cosa,
ma si sbaglia.
Per quanto veloce viaggi,
la luce scopre che l’oscurità arriva sempre prima, ed è lì che l’aspetta. 
Terry Pratchett
I belive in you.
 
Spencer aveva mentito, e si era stupito della facilità con cui aveva detto quella bugia, era la prima volta che mentiva ai suoi colleghi e soprattutto a Faith, ma non gli importava, sapeva che era una cosa che doveva fare da solo, che nessuno avrebbe mai capito la sua situazione, il suo subconscio cercava di dirgli qualcosa, forse quando era un bambino aveva visto delle cose, aveva visto il padre commettere il crimine o tornare a casa con qualche indizio addosso come sangue o trofei, e aveva immagazzinato il tutto, non era stupito e anche da bambino era consapevole della sua intelligenza e dell’immenso potere che aveva una mente umana come la sua.
Si recò alla stazione di polizia di corsa e parlò con uno dei detective più anziani, lo stesso che aveva aiutato per il caso dei giorni precedenti.
-Brutta storia.- brobottò il detective.
-Se ne è occupato lei?- domandò interessato Spencer.
-Ero a pochi isolati di distanza quando arrivò la chiamata… il mio primo bambino.- il detective si passò una mano sul volto.
-Non si riesce a dimenticare.- sussurrò infine.
-Posso chiederle se c’erano dei sospettati?- domandò il dottore sempre più curioso.
-All’inizio pensammo alla famiglia, il padre o il fratello maggiore…- rispose l’uomo con i baffi bianchi avvicinandosi di un passo.
-Giusto, anche perché il corpo è stato trovato in casa, nello scantinato vero?- sussurrò Reid ragionando con le poche informazioni che conosceva.
-Sì, quasi subito la famiglia si è messa sulla difensiva, ha smesso di collaborare come… il caso John Benet mi pare, non ho mai creduto che fossero stati loro, ho sempre creduto che si trattasse di un estraneo.- spiegò il detective con le mani sui fianchi.
Ci fu un attimo di silenzio, Reid non riusciva a togliersi dalla mente le immagini dell’incubo avuto la notte precedente, in cui aveva visto il volto dell’assassino, che si era rivelato il signor Reid, suo padre.
-Come mai l’Fbi si interessa a questo caso? Sono passati vent’anni…- chiese il detective.
-Ehm una ricerca.- mentì il dottore alzando gli occhi verso l’uomo. Spencer guardò le due cartelle nello scatolone.
-Questo è tutto?- domandò vedendo il poco materiale.
-Dev’esserci un’altra scatola in archivio, dovrei controllare.- rispose il detective.
-Vorrei vedere tutto se non le dispiace.- lo informò cortese il dottore. Il detective si allontanò con un leggero sbuffò, ma Spencer apprezzò comunque la sua collaborazione. Il giovane aprì la prima cartella, e si scontrò con una foto del piccolo Riley che indossava l’uniforme della squadra dei pulcini di baseball, un flashback tornò nella mente di Reid con le sue immagini sfuocate, suo padre faceva l’allenatore in quella squadra e ricordava bene di come il padre incitasse Spencer ad essere bravo come Riley, senza comprendere che non lo sarebbe mai stato, che lo sport a lui non solo non riusciva, ma neanche gli piaceva. Emise un sospiro uscendo dai quei ricordi e una smorfia di rammarico mista a indignazione gli si dipinse sul volto pulito. Il detective tornò dopo poco e gli porse altri fascicoli, il dottore li prese e li mise insieme agli altri nella grande scatola di cartone con il nome del caso “Jankins Riley”, portò tutto in albergo promettendo di riportare il materiale entro qualche giorno, firmò un documento e poi tornò in hotel con la scatola tra le mani. Il tragitto dalla stazione di polizia all’hotel fu affollato da continui sospiri, la scena del sogno continuava a balenargli nella mente, mentre guidava si passò una mano sul volto accaldato, aveva scordato il caldo soffocante che infestava lo stato del Nevada, Las Vegas soprattutto, l’afa era insopportabile, lo faceva sudare tanto che aveva la camicia completamente attaccata al corpo, come una seconda pelle. Sbuffava Spencer, era già stanco di quella strada che aveva intrapreso, aveva sempre saputo che la strada della verità era dura e difficile, ma ormai ci stava dentro ed era determinato a percorrerla.
Parcheggiò davanti all’hotel e si diresse in camera da letto, trovò la porta aperta e inizialmente la paranoia lo invase,  portò la mano alla fondina della pistola ed estrasse il ferro, la sua era un’arma rudimentale, non gli era mai servita molto, era simile alle pistole dei film western, entrò con cautela nella stanza spingendo appena la porta di legno bianco, ma non appena udì il suono della televisione e  scorse la figura di Morgan, Fearis e Rossi sul divanetto che mangiavano pop corn e guardavano la televisione.
-Vi piazzate in camera mia a guardare “The days of our lifes”?- domandò retorico il dottore.
-“The young and the restes”.- puntualizzò Rossi con la bocca piena di pop corn.
-Ma non dovreste essere in volo per Washington?- domandò ancora Spencer seccato.
-E tu dovresti essere da tua madre…- fece notare Derek.
-… E non ci sei.- completò Faith alzando le sopracciglia folte.
Il dottore si passò una mano sul volto nervoso, conscio che non sarebbe riuscito a nascondere la realtà ai colleghi profiler e alla sua ragazza psicologa.
-Riley Jankis?- domandò Derek indicando la scatola della polizia appoggiata sulla poltrona.
-No, non è questo il motivo per cui sono rimasto.- mentì Reid con voce tremante parandosi davanti alla scatola.
-Reid! Andiamo bello, con chi credi di parlare?- chiese retorico Morgan alzandosi dalla poltrona.
-So che significa per te.- mormorò Derek guardando negli occhi il collega.
Anche Rossi e Faith si alzarono dal divanetto di fronte al televisore.
-Fatti aiutare.- lo persuase Rossi.
-Ti faremmo comodo e lo sai.- insistette anche Faith.
-Magari insieme scopriamo chi l’ha ucciso.- disse ancora Rossi.
Spencer nervoso fece scrocchiare il collo, non ce n’era bisogno, Spencer sapeva già chi l’aveva ucciso. O meglio, pensava di saperlo.
-Credo di saperlo già.- confessò Spencer con un filo di voce, gli occhi dei tre si fecero più attenti e curiosi.
-Allora dicci di chi sospetti.- disse Morgan interrompendo il silenzio.
-La verità è che non so niente di lui…- esordì Spencer lasciando la frase a mezz’aria, i colleghi lo osservarono consapevoli che avrebbe detto di più.
-E’ mio padre.- sussurrò Spencer terrorizzato quasi dalle sue stesse parole. Derek e Rossi si fissarono disarmati. Faith invece guardava Spencer con il labbro tremante e la fronte crucciata.
Reid cominciò a sistemare con ordine i dieci fascicoli sul letto matrimoniale dell’albergo. Derek e Faith stavano parlando fra di loro.
-Devi sapere, prima di imboccare questa strada, che devi esserne più che sicuro.- sussurrò Faith.
-Ha ragione è meglio non aprire certe porte.- sostenne anche Derek.
-Non posso più ignorare i segnali che mi sta mandando la mia mente.- rispose Reid.
-Segnali misti.- puntualizzò Rossi.
-E’ così che agisce il subconscio, lo sai vero?- domandò anche Faith.
-Reid tuo padre vi ha lasciati, in base alla teoria Freudiana ha ucciso la tua infanzia.- disse ancora Derek mentre Rossi e Faith annuivano decisi.
Una smorfia di disapprovazione si dipinse sul volto del dottore incredulo delle teorie freudiane, poco fondate secondo la sua opinione.
-Spiegherebbe il sogno in cui lo vedi come un omicida.- aggiunse Rossi.
-Arrivato a questo punto non torno indietro.- ammise deciso Spencer scuotendo la testa con energia.
Faith immaginava che sarebbe finita così, ma nonostante non fosse d’accordo con le decisioni di Spencer, era pronta a sostenerlo.
Altrove, a Quantico JJ stava facendo fare un giro all’agente Todd. Era consapevole che il parto sarebbe potuto accadere a breve, sentiva il suo bambino sempre più energico nel suo pancione.
Anche Prentiss si unì alle due donne e insieme mostrarono le stanze alla nuova sostituta di JJ.
-Emily ricordi l’agente Todd?- domandò JJ quando incrociarono Prentiss.
-Ciao come stai?- la salutò educatamente la bruna stringendole la mano.
-Non c’è male, sarò l’ombra di JJ per queste due settimane.- rispose la donna.
-Un compito pesante eh.- fece notare Emily.
-L’unica pesante sono io.- replicò autoironica la bionda tenendosi il pancione.
-Ma che dici sei bellissima!- esclamò l’agente Todd con un sorriso.
-E’ quello che continuo a ripeterle!- esclamò a sua volta Emily.
-Hai dei figli anche tu oppure…- cominciò a domandare l’agente Todd.
-No, no. Temo che JJ abbia scovato l’ultimo donatore decente.- negò Emily prendendo in giro l’amica.
-Donatore di che?- domandò Hotch che stava passando davanti al gruppetto.
-Ah niente, sto facendo ambientare l’agente Todd nella nostra struttura .-si affrettò  a rispondere JJ.
-Felice di rivederla agente Hotchner.- si affrettò a salutare il capo l’agente Todd stringendogli la mano.
-Oh perfavore, Hotch.- la corresse lui.
-Hotch… allora dov’è il resto della squadra?- domandò curiosa.
-Ehm si è presentato un caso mentre eravamo a Las Vegas, sono rimasti là per indagare.- rispose Hotch per poi tornare nel suo ufficio.
-Credevo che lavoraste tutti insieme.- notò Todd quando il capo fu lontano.
-E’ un caso diverso.- disse JJ in un sussurro. Todd non fece domande ma annuì semplicemente comprendendo solo in parte la situazione.
 
Nella stanza di Reid i quattro stavano spulciando i fascicoli, Reid presentava il caso.
-Riley aveva sette anni, suo padre Lou Jankis doveva andarlo a prendere alla fine dell’allenamento di baseball alle quattro, ma  ha fatto tardi al lavoro, perciò Riley è dovuto tornare a casa da solo. La madre la sera, lo ha trovato morto nello scantinato.- espose Spencer.
-Quindi l’aggressore è arrivato in casa dopo il ritorno del bambino?- domandò Rossi.
-O lo ha intercettato per strada.- rispose Spencer.
-Lo ha portato nello scantinato e ha dato il via all’aggressione sessuale.- disse anche Derek leggendo da un fascicolo.
-La sua bocca era fasciata con il nastro adesivo.- notò Faith con un altro fascicolo in mano.
-Simbolico, l’S.I. teme che Riley parli, si spaventa, valuta le opzioni…- cominciò a spiegare Reid.
-E decide che è meglio farlo tacere per sempre, trova un coltello nell’attrezzatura da pesca del padre pugnala al petto Riley nove volte e poi lo trascina dietro all’asciuga biancheria.- concluse Rossi.
-Ma perché non l’ha lasciato dov’era, c’era poco tempo poteva essere sorpreso?- domandò Faith.
-Segno di rimorso.- rispose Derek.
-I genitori lo avranno apprezzato immaginò.- borbottò sarcastica la ragazza.
-L’S.I. era un maschio bianco che aveva poco meno o poco più di trent’anni.- espose parte del profilo Reid.
-Quindi il nostro uomo ora ne ha cinquanta.- notò Rossi facendo rapidamente qualche conto.
-Forse conosceva il bambino ed era già stato a casa sua.- ipotizzò Derek.
-Un vicino.- annuì Rossi.
Spencer era confuso e la consapevolezza che fosse suo padre l’assassino si trasformava sempre di più in realtà.
-Reid che succede?- chiese Derek notando il cambio repentino di espressione del collega.
-Abitavamo a mezzo chilometro dai Jankis.- ricordò Spencer
-Credi che tuo padre lo conoscesse?- chiese Rossi.
-Non lo so i miei ricordi sono così confusi.- confessò il dottore strofinandosi il viso.
 
-L’assenza di ricordi testimonia quanto poco sapessi di lui.- costatò ancora Reid.
-Reid saremmo costretti a rintracciarlo, lo sai.- lo mise di fronte alla realtà Derek.
-Dovremmo parlare con mia madre, i vicini, raccogliere testimonianze.- suggerì Reid.
-Reid, non c’è bisogno che ti dica che tutto questo indica un bisogno di natura sessuale, l’uomo che cerchiamo è un pedofilo, quindi te lo richiedo, sei sicuro di voler prendere questa strada?- chiese Rossi.
Spencer ne era convinto, lui andò a parlare con la madre facendo domande su bambini, su come il padre si comportasse con i bambini, le risposte della madre non tranquillizzarono l’animo di Spencer, ma non furono nemmeno in grado di placare la sua curiosità.
Poco dopo Rossi, Reid, Fearis e Morgan si diressero da Lou Jankis il padre di Riley, fu Spencer ad esporre la teoria che fosse stato suo padre a uccidere Riley.
-E’ solo una teoria signor Jankis.- disse Spencer cercando di tranquillizzare l’uomo che sembrava non aver gradito molto la riapertura del caso.
-Dovete essere diventati pazzi se siete convinti che William Reid abbia ucciso mio figlio.- rispose con tono freddo Lou Jankis.
-Perché voi due eravate amici?- domandò Reid.
-Chi diavolo è per pormi queste domande?- domandò l’uomo all’oscuro della reale identità dell’agente che gli stava davanti.
-Sono il figlio.- sputò fuori Reid.
-Spencer? Spencer un federale? Ma guarda un po’, continuo a non capire…- confessò Lou.
Dopo aver scambiato qualche altra frase velenosa con il signor Jankis, lui gli diede l’indirizzo del posto di lavoro del padre di Reid.
-Lo conosci?- domandò Faith.
-E’ a pochi minuti da qui, era vicino e non me l’ha mai detto!- esclamò amareggiato Spencer salendo sul suv.
David e Derek salirono in un altro suv, lasciando così un po’ di intimità tra Faith e Spencer, sapevano che Faith lo avrebbe calmato almeno un po’, lo avrebbe fatto tornare lucido.
-Spencer sei sicuro che non sei accecato dall’odio verso quell’uomo?- domandò Faith mentre Spencer guidava.
-Faith non è così, sono i fatti, combaciano non puoi dire che sono fuori strada, ci sono troppe coincidenze in questa storia, e io con la mia laurea in fisica non credo nelle coincidenze.- esclamò brusco Reid.
-Ma ti senti? Stai perdendo il controllo completamente, devi calmarti prima di parlare con tuo padre, altrimenti non riuscirai a dirgli quello che vuoi veramente.- cercò di farlo ragionare Faith, sentendo che anche la sua pazienza stava raggiungendo il limite.
Spencer tornò lucido un secondo deglutì e i muscoli si rilassarono quasi inconsapevolmente. Parcheggiò davanti alla struttura, ma prima che potesse scendere Faith gli prese il volto tra le mani e lo guardò intensamente negli occhi verdi cerchiati di giallo.
-Spencer io credo in te. Credo che riuscirai a capire chi ha ucciso Riley e che capirai anche il dissidio interiore che ti provoca pensare o parlare di tuo padre ok?.- sussurrò la ragazza. Spencer annuì riprendendo il controllo e poi lasciò un leggero bacio sulle labbra di Faith, l’unica che era stata in grado di calmarlo. Scesero dalle auto e tutti e quattro si trovarono di fronte all’enorme edificio. Spencer si bloccò un attimo di fronte le scale dell’ingresso, prese un profondo respirò, guardò i colleghi che lo attendevano e tirò fuori la voce, insieme al coraggio.
-Andiamo.- sentenziò.
 

Ciao a tutti, prima di andare in vacanza sono qui con un nuovo capitolo, questo capitolo lo vorrei dedicare a Ilaperla, che mi è stata di grande aiuto e mi ha fatto un trailer meravigliosa, vi lascio il link alla fine dell’angolo autore. Dunque la storia continua, non so esattamente quando finirà e se finirà e come finirà, per ora sono contenta delle persone che mi sostengono con le loro recensioni e mi ispirano a dare il meglio, grazie a tutti, un bacio, Mar.
 
Trailer: 
https://www.youtube.com/watch?v=5x7EMkYjXkY 
 
 
 
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