Gerard Pov
Esco dal palco diretto al mio camerino.
L'ho vista.
Era lì, era lei.
E' tornata.
"Gee! Aspetta! Tutto okay?" Mi grida Frank seguendomi.
"No. Non che non è tutto okay! E' tornata Frank. Era lì, l'hai vista anche
tu!" Apro la porta del camerino diretto in bagno.
Apro il rubinetto dell’acqua bagnandomi il viso.
"Sei sicuro che fosse lei?" Mi guarda preoccupato. Lui sa quando ho
sofferto, quanto male lei mie ha fatto.
"Si, era lei. Riconoscerei il suo viso fra mille. I suoi occhi, le sua
labbra. Frank, era lei. E' tornata." Lo guardo serio e lui fa lo stesso.
Proprio quando tutto sembra andare per il verso giusto lei torna, torna per
sconvolgere la mia vita.
Mi poggio al muro.
"Gerard?" Alzo lo sguardo e sorrido.
"Hey Claire."
"Io vado dagli altri. A dopo." Dice Frank scompigliando i capelli
della ragazza. Esce lasciandoci soli, qui nel bagno.
Cerco di sorriderle, di non farle capire, ma sembra tutto inutile.
Lei, mi legge dentro.
"C'era lei, vero?" Mi chiede sedendosi accanto a me.
Annuisco col capo. Oh, Claire, vorrei tanto fosse stato un sogno, vorrei tanto
che fosse frutto della mia immaginazione, ma Sarah, era lì.
Sospiro chiedendo gli occhi e poggiando la testa al muro.
"La ami ancora vero?" Mi chiede con voce pari a un sussurro.
La guardo e i suoi occhi sono tristi e malinconici.
Non rispondo.
Perché non rispondi Gerard Way?
Perché non le dici che cosa senti quando sei accanto a lei?
Forse perché per Sarah, provi ancora qualcosa...
"Sta a te decidere cosa è più giusto. Sta a te decidere se perdonarla o
no. Sei tu che devi capire cosa dice il tuo cuore."
La guardo con occhi lucidi e un magone mi si forma in gola quando vedo una
lacrima solcare il suo viso.
Si avvina al mio viso baciandomi una guancia.
Chiudo gli occhi lasciando che la sua mano accarezzi la mia.
"Ascolta il tuo cuore, Gerard. Ti indicherà a retta via." Sussurra al
mio orecchio. Chiudo gli occhi per pochi secondi.
"Grazie." Sussurra prima di alzarsi. Si avvicina alla porta
regalandomi un sorriso.
"Ci vediamo dopo?" Le dico con voce tremante.
Ma lei, non risponde, si limita sorridermi.
Guarda il pavimento e poi scompare oltre quel pezzo di legno.
Claire Pov
"Ascolta il tuo cuore, Gerard. Ti indicherà la retta via."
Quando ero piccola mamma diceva che gli errori che si compiono per vedere
felice la persona che ami sono i più dolorosi da sopportare. Diceva che niente
e nessuno, se non la persona amata, poteva alleviare quel dolore immenso che si
allargava nel petto, si proprio lì, vicino al cuore. Ero sempre stata scettica
su quelle parole.
Non ho mai dato importanza a questo ragionamento e anche se
l’ascoltavo attentamente, nella mia testa da bambina non pensavo che
prima o poi anche a me sarebbe successo.
La verità mi arrivava lenta e inesorabilmente crudele.
Ero innamorata di Gerard.
La verità era quella.
Lui non era quell’uomo irritante che voleva a tutti i costi un
fumetto,trovato al mercatino dell’usato.
Lui non era la mitica star, così fredda, così dura.
Lui era quel ragazzo che faceva a botte per avere la parte del letto
migliore, quello che ti sporca la faccia di gelato al cioccolato, per poi
ridere come un matto, il ragazzo dai modi gentili che con una carezza sapeva
regalarti il mondo.
Era di quel Gerard che stavo parlando.
Quel Gerard disposto a farsi in quattro pur di salvarmi dal quel orrendo
circolo vizioso, ma che può farmi tornare lì in mezzo in un secondo, senza
accorgersene.
Il cancello cigola un poco, mentre entro dentro il piccolo giardino, spoglio e
secco del mio monolocale. Non so se ho fatto la cosa giusta.
Non so se l’ho fatto per me o per lui.
Appena la porta di legno, oramai marcio, si apre,un senso di oppressione mi
assale, tanto da far crollare ciò che in pochi giorni ero riuscita a creare.
Con passo strisciante a ansimando mi dirigo verso il cassetto.
Quel cassetto accanto al letto sfatto.
Mi viene in mente l’immagine di me stanca e dolorante e Gerard accanto a
me, che mi sussurra dolci parole.
Il cassetto è vuoto, solo un accendino e un pacco di sigarette lo fanno da
padrone.
Chiudo gli occhi mentre, alla cieca esco da quella casa infernale e so che non
dovrei farlo, ma mi dirigo a casa di Gerard e corro, mentre il sudore mi scende
dalla fronte.
Arrivo ansimante e il portiere preoccupato mi dice se va tutto bene.
“si, non si preoccupi.” E mi sento abbastanza convincente tanto che
il signore con un sorriso mi porge una chiave.
“il signor Way non è ancora tornato.” Gli sorrido grata e sparisco.
Diretta verso l’ascensore.
Le mani mi sudano e ho paura che possa tornare prima del previsto. Entro in
casa e il buio mi ricopre e senza accendere la luce mi guardo intorno, guidata
delle luci accecanti di New York.
Ieri ho visto Gerard trafficare in un cassetto e prelevare un mazzetto di
soldi.
Quei soldi mi farebbero comodo ora.
Apro il cassetto, che si trova in salotto e lì, sotto un panno rosso ci stanno
vari mazzetti da cento. Ne prendo uno e con mani tremanti richiudo il cassetto.
Mi guardo intorno, ma la casa è ancora pervasa dal silenzio più assoluto. Mi
volto verso la grande vetrata, quella vetrata che cattura il mio sguardo e lo
porta fuori, in quella città che di sera diventa magica. Il riflesso delle
mille luci fanno scorgere la mia immagine.
Mi fa male ciò che vedo.
I capelli in disordine e la coda alta oramai cadente, la pelle sudata dalla
grande corsa e indosso i suoi abiti che sanno interamente di lui e che non
riesco ad abbandonare. Assaporo l’odore muschiato e mascolino della
maglia a righe che indosso e penso che va bene così. Sarà il suo ricordo.
Esco di casa e con un sorriso porgo le chiavi al portiere.
“per favore, non dica al signor Way che sono passata.” Dico,
guardandolo negli occhi e lui con un sorriso sincero annuisce.
Do un ultimo sguardo, prima di uscire e inoltrarmi nelle strade di New York
alla disperata ricerca di un bar.
Mi scontro con le persone in questo viale malfamato. Sono persone come me.
Persone alla ricerca di divertimenti e svago, persone che girano con la
rivoltella nascosta nei pantaloni o con un coltello sotto la giacca.
Entro in un vecchio locale, dove una mia vecchia conoscenza lo gestisce. Lui
saprà darmi ciò che voglio.
Il locale è affollato e la gente si accanisce su un bicchiere di birra o di
vodka.
Con fatica mi aggrappo al bancone dove una ragazza, bionda mezza svestita
sorride provocante alle battute sporche dei clienti. La richiamo con fatica e
quando posa il suo sguardo su di me, ride beffarda dei miei vestiti maschili e
grandi.
“dove posso trovare il Boss?” chiedo, alzando la voce per superare
quella degli altri.
“cosa vuoi ragazzina dal Boss?” risponde masticando a bocca aperta
la gomma.
“digli che Claire ha della grana.” Mi osserva, prima di sparire
dietro a una porta. Riappare dopo poco, facendomi segno di passare.
La stanza del Boss è buia e una sola lampadina traballante giace appesa sul
soffitto.
“bene, Little Claire…” ho sempre odiato la sua voce nasale,
mi mette sempre agitazione.
“ho cento dollari.” Dico, arrivando direttamente al sodo.
“è sempre un piacere fare affari con te piccina.” Dice,
congiungendo le mani. “ma non è mai abbastanza…” mi guarda e
so già che non uscirò da questa stanza tanto presto ed è per questo che
chiudo la porta alle mie spalle.
Gerard Pov
"Cosa ci fai qui?" La vedo sulla soglia del camerino e mi sorride.
Un sorriso che da tanto tempo non vedevo, un sorriso che mi abbandonò come,
forse, nessun'altro ha mai fatto.
"Non sei contento di vedermi?"
"No." Ma è la verità Gerard Way? Per davvero tu non sei contento di vederla?
"Mi manchi." Rido isterico scuotendo il capo. Abbandonato e tradito,
come dovrei stare?
"Bugiarda." Sussurro serio sentendomi preso in giro, sentendomi
ferito.
"No, Gee, io... ti prego non mandarmi via." La sua voce trema, è
incrinata. Forse dovrei darle la possibilità di parlare? Forse non dovrei
essere così duro, o forse non dovrei e non so nemmeno perchè ora le dico di
venire con me a prendere un caffè. Non so perchè e cosa mi abbai spinto a
farlo. Lei è stata una parte fondamentale della mia vita e ancora lei occupa
quella parte del mio cuore che le avevo donato tutto, ma che egoisticamente lei
ha calpestato.
Camminiamo lentamente lungo il corridoio in silenzio. Cosa dovrei dirle?
"La canzone..." Sussurra guardando il pavimento.
"Non era per te." Sussurro freddo. Non era per lei, lei che è andata
via senza tener conto dei miei sentimenti lei che mi ha ferito, che mi ha
ucciso l'anima.
"Capisco. Tua nuova fiamma?" Chiede quasi temendo la risposta.
"No." Ancora più freddo. Non le voglio parlare di Claire, lei non è
nessuno per sapere di lei. Quella ragazzina che come nessuno in questi mesi è
riuscita ad aiutarmi senza pretendere nulla in cambio. E io l'ho aiutata, le ho
regalato sorriso e lei ha fatto lo stesso, involontariamente a sua volta,
ma lo ha fatto. Claire, quella dolce ragazza, che dolcemente prima mi ha
sorriso, facendomi capire che è con me, che mi appoggia.
Sorrido ricordandola seduta sul pavimento tutta sporca di caffè.
"Cosa c'è?" Mi volto a guardarla.
"No, nulla." Ritorno a guardare il pavimento continuando a camminare
Arriviamo alle macchinette e prendo due caffè. Le faccio segno con la mano di
seguirmi e usciamo nel parcheggio.
L'aria fresca ci circonda mentre sorseggiamo il caffè. E' un po’ strano,
da tempo non stavo solo con lei. Una miriade di sensazioni si impossessano del
mio corpo, lo stomaco mi si stringe in una morsa e una strano senza di nausea
si unisce ad essa. Il cuore accelera i battiti.
Ma... perchè?
"Come va con la band?" Mi chiede interropmpendo il lungo silenzio
imbarazzante.
"Bene. Dovremmo partire in tour, a breve." Altro sorso. Mi appoggio
ad un macchina e lei mi si para davanti.
"Mi spiace Gee, davvero, non volevo. Non so cosa mi sia preso. Sono stata
una stupida."
"Puoi dirlo forte." Sussurro bevendo altro caffè. Abbassa lo sguardo.
"Credevo che ti avrei dimenticato, credevo che tutto sarebbe passato, ma
ogni giorno sempre la stessa agonia. Faceva male. Se chiudevo gli occhi vedevo
il tuo viso e mi mancava la tua voce, i tuoi occhi, il tuo sorriso. Mi manchi
Gerard. E non so come andare a vanti senza te, te che sei oramai parte di me.
Perdonami Gee, perdonami." E mille lacrime bagnano ora il suo viso. E non
posso fare a meno di alzare la mano per asciugarle.
La stringo a me.
Da una parte voglio farlo, dall'altra no.
Chiudo gli occhi inebriandomi del suo profumo.
Dio, quanto mi è mancata.
Forse io... l'amo ancora.
Nulla può essere dimenticato così in fretta.
Le accarezzo i capelli dicendole di tranquillizzarsi.
Mi guarda negli occhi.
I suoi sono pieni di lacrime e arrossati.
Le asciugo il viso e asciugo la sua ultima lacrima con un bacio.
Con la mani mi accarezza una guancia e poi l'inevitabile.
Prepotentemente cattura le mie labbra facendo aderire violentemente i nostri
corpi.
Con foga mi bacia, con foga cerca la mia lingua, con foga mi spinge contro
l'auto e non posso fare a meno di assecondare i suoi movimenti, perchè ho
voglia di lei, perchè mi manca, perchè è... Sarah.
Ma qualcosa infondo al mio cuore cambia, e non so bene dire cosa.
So solo che presto mi pentirò di tutto.
Infilo le chiavi nella serrature che scatta un paio di volte prima che la porta
si apra.
La casa è immersa ne buio. In giro, c'è il profumo di Claire, quel strano
profumo alla frutta che sembra caratterizzarla.
Mi dirigo in camera da letto ma li non c'è.
"Claire?" Chiedo bussando alla porta del bagno. Apro e la stanza è
vuota.
Chiamo ripetutamente il suo nome ma nulla, lei non c'è.
Dove sei Claire?
Non un biglietto, non un messaggio.
Corro in camera con il cuore in gola e il respiro mi si mozza quando vedo che
la sua roba non c'è.
Indietreggio di qualche passo e non so perchè è come se il mondo mi fosse
crollato sulle spalle.
Così fragile, così vulnerabile, ora è in un mondo che non le appartiene.
Dove sei Claire?
Il fiato corto.
Poi il telefono squilla.
Claire Pov
Osservo le macchie di umidità che il soffitto regala ai miei occhi pieni di
lacrime di vergogna. Le sue mani si muovono frenetiche sul mio e sul suo
corpo.
È questo che devo fare per vivere.
Mi sfila veloce la maglia di Gerard e la butta a terra, senza riguardo, mentre
il mio cuore piange.
Perdonami.
Non so per chi lo sto facendo.
Non sono sicura neanche di farlo per me stessa.
Prima di conoscerti, Gee non mi era difficile fare la puttana, ma ora…
ora sento di volere ancora per me le tue calde mani sulla testa e le tue
braccia pronte a stringermi forte.
Sento di volere lasciare questo corpo massiccio e freddo e tornare da te,
dimenticandomi della droga.
Sei con lei ora?
Gli stai riservando i tuoi caldi abbracci, vero Gerard?
Sussulto quando sento che quest’uomo, di cui non conosco neanche il nome,
si prepara per entrare dentro di me, sconvolgendo il mio essere e uccidendo la
persona che grazie a Gerard ero diventata. Quella persona che era stata
ricoperta da una maschera dopo la morte dei genitori, ma come diceva la mia
amica Jane, nulla è perfetto se non riesce a tenerti stretta quella perfezione
che sei riuscita a crearti.
Piango, tremo e invoco il tuo nome, ricoperta dagli affanni dell’uomo.
“Gee…”
Il Boss mi da il tempo di vestirmi e prima di uscire da quella porta si
avvicina e baciandomi mi infila la busta trasparente, nelle larghe tasche del
jeans.
“a presto..” sussurra, sorridendo malizioso. Io distolgo lo sguardo
dai suoi occhi neri sussurrando un “si…” per poi sparire da
lui e dal quel locale.
In questa città ci sono moltissimi parchi incustoditi e bui, dove i tossici e i
drogati si riunisco in isolate panchine per riempirsi di strane sostanze.
Entro in un tetro parco, sedendomi vicino a un vecchio lampione che
produce una leggera luce a intermittenza.
Prendo la busta e osservo il contenuto.
Questa volta la merce è aumentata rispetto alle altre volte.
Dovrei sentirmi felice, onorata, ma la tristezza che mi porto sulle spalle
mentre preparo e sniffo energicamente le dosi, è inesorabilmente aumentata.
Sembrano non bastarmi le tre dosi di cocaina e così ne preparo altre, fino a
ridurre il contenuto della bustina al minimo.
Mi alzo a fatica, sorreggendomi sul palo del lampione, anch’esso
traballante.
Esco dal parco, affannando ritrovandomi in poco tempo nel caos di New York,
dove la gente mi sorpassa veloce, oppure osserva il mio andamento traballante,
borbottando qualcosa con le mano davanti alla bocca.
Ho sempre odiato le persone che entrano negli affari degli altri senza nessun
consenso.
“Claire?” un voce, non tanto sconosciuta esclama sorpresa il mio
nome.
È un ragazzo, che mi osserva preoccupato, stringendo la sua mano tatuata in quella
di una bella ragazza.
“Claire?!” non riesco a parlare, la gola è secca e sudo freddo.
“vieni , ti porto a casa.” Non faccio in tempo a ribattere che un
auto nera mi porta via da quella strada trafficata di gente.
Eccoci tornate con il solito fastidioso ritardo!!! Ringraziamo tantissimo le
due ragazze che ci seguono e che ci commentano sempre! Grazie ragazze, ci
donate sempre la voglia di scrivere!!!
La storia a noi piace molto e a breve dovrebbe terminare(non sappiamo fra
quanti capitoli però, ma comunque non tanti!) ci dispiace solo che fra tante
letture e preferiti, solo due persone ci dicono la loro. Comunque noi
continueremo fino alla fine!!!!
Vi ringraziamo tantissimo.
Rò&Grè<3