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Autore: x_Heart Attack_x    18/07/2014    3 recensioni
"Ma guarda guarda. Pensavo che solo nei film ci si ritrovassero ragazze sconosciute nel letto, con una scatola di preservativi in mano... "
Morgana ci mette qualche secondo a recepire il messaggio, troppo presa ad ammir... osservare il ragazzo che ha di fronte. Alto, fisico muscoloso sottolineato dalla maglietta volutamente aderente, un sorriso da far invidia alla Mentadent; capelli biondi-occhi verdi è il connubio che però le fa fare due più due: la famiglia di Francesco non è molto variegata da questo punto di vista. E se Luca, Elisa e Francesco li ha ben presenti... quello lì davanti non può che essere l'unico della famiglia Petrelli che Morgana non conosce, alias... il proprietario della camera. E del letto. Ah, e della scatola di preservativi XXL che Morgana stringe in una mano.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
Capitoli:
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Voglio dedicare questo capitolo a tutti noi che a vent’anni, chi più, chi meno, non abbiamo ancora capito cosa vogliamo dalla vita o cosa la vita vuole da noi; a chi sa cosa vorrebbe, ma non sa come ottenerlo; a chi vorrebbe prendere in mano le redini del suo futuro, ma non può perché altri, a loro tempo, hanno già impugnato quelle stesse redini. E voglio augurare a tutti noi di provare, un giorno, cosa significhi veramente vivere appieno.
 

Di cosa significhi vivere appieno

Simone prende l’ennesima birra, scansa la gente che gli si piazza davanti e, con molta nonchalance, cerca di avvicinarsi al tavolino dove è seduto l’obiettivo della sua poco emozionante serata. L’obiettivo in questione sta facendo a gara di shottini con un tizio dalla folta barba marrone, con sfumature rossicce.  « Giù, giù, giù, giù! » sta intimando un’altra di loro, una ragazza bassina dai folti capelli castani, che ad ogni “giù” accompagna una pacca sul tavolo, facendo sobbalzare pericolosamente i bicchierini già vuoti. I tanti bicchierini già vuoti. Simone la osserva distante, vede come abbia i capelli biondo cenere leggermente appiccicati sulla fronte, a causa del caldo che fa all’interno del locale; vede come gli occhi verde intenso siano illuminati da una luce un po’… beh, forse un po’ da folle, a dir la verità, ma dato l’alcol che sicuramente ha in corpo non c’è da meravigliarsene.
« Bea, basta, hai perso, rassegnati. Non sai nemmeno quanto fa 7x8 al nono shot di vodka liscia. » dice mister barbarossa, che sembra invece non aver minimamente accusato tutto l’alcol ingerito. « Sì che lo so, sette per otto faaa… taaaanto, ma proprio taanto! Ma tu mi vuoi bene, Gabrielino?» « Sì, te ne voglio, ma te ne vorrò di più quanto andrai a sciacquarti il viso e a prendere una boccata d’aria.»  « Dai, Bea, alza le chiappe e vai che adesso sta a me sfidare Gabri! » esclama l’altra, e Bea, suo malgrado, è costretta ad alzarsi e a lasciare il posto all’amica. Ma invece di dirigersi verso il bagno, va spedita verso il bancone.
Simone le va dietro e le si siede accanto, senza che questa se ne accorga. « Hey bel baaarista! Un rum e pera qui! » dice la bionda, rivolta al tizio tutt’altro che bello che sta asciugando i bicchieri e che la  guarda con un sopracciglio alzato. In effetti dev’essere la prima volta che qualcuno lo appella in questo modo, e a ragione, pensa Simone.
« Forse dovresti smetterla di bere, che dici? » decide di intervenire, con un tono molto poco spavaldo. Vuole evitare che la ragazza inizi ad inveirgli contro nuovamente. Lei si volta, sorpresa, cerca di mettere a fuoco e poi, in un modo molto comico, alza il braccio destro, lo punta verso di lui e… tace.
E poi: «Tuuuuu, assassino di fieste! Come osi anche solo sederti accanto a me?! »
« Assassino di fieste? E’ questo l’insulto migliore che puoi partorire? » la guarda sorpreso, scoppiando a ridere.
« Di certo meglio di qualsiasi cosa tu possa partorire da quella testaccia in tutta la tua vita. E io sono anche leggermente brilla. » e accompagna il tutto con un’oscillazione abbastanza minacciosa dell’indice.
« Noto. Ed è per questo che ora andremo fuori a prendere un po’ d’aria e tu la smetterai di ordinare da bere. Okay? » « E perché diamine dovrei ascoltare un tizio sconosciuto che ha fatto del male alla mia macchina? » « Perché dici cose senza senso, perché questo tizio sconosciuto è amico di famiglia dei Petrelli, e soprattutto perché ho fatto male alla macchina, ma credimi, non farò del male a te, a meno che tu non vorrai. » e sorride malizioso, ma la ragazza non sembra cogliere l’ironia della frase. Ma va beh, se non è completamente andata, poco ci manca. Tuttavia sembra che la sua semplice spiegazione le sia bastata, perché annuisce con forza e si alza dal bancone, invitandolo a seguirla. Barcolla un pochetto, ma sembra perfettamente in grado di reggersi sulle sue gambe. Si dirige verso l’uscita sul retro, dove la ragazza si siede su un muretto e si accende una sigaretta, offrendola anche a Simone, che l’accetta e si siede accanto a lei.
« Perché hai bevuto così tanto? » le chiede. Non ha più molta voglia di fare lo sbruffone, è solo curioso, ora. Lei alza le spalle, fa un tiro alla sigaretta e lo guarda intensamente. « Sappi che se ti rispondo è solo perché non ci sto con la testa. » « Sono tutt’orecchi! »
«Non c’è un motivo particolare. La mia vita è piatta, sono quella che si può definire una ragazza ordinaria. Non so fare nulla di speciale, so solo studiare e fare cose normali. Non sono riuscita ad essere eccellente in nulla, sono solo… ma sì, brava a scrivere, brava nello studio. Ma mai eccezionale. So che a vent’anni è presto per dirlo, ma la mia vita è ordinaria. Io sono ordinaria. Vorrei vivere la vita appieno, bearmi di ogni brivido, vivere mille avventure, realizzare i miei sogni. Ma non sento nessun brivido, nessun fremito. Quindi ogni tanto mi lascio un po’ andare nel bere, così mi sembra che tutto sia molto più… vivo. E sì, quando bevo inizio a parlare e nessuno mi ferma. Però di solito non parlo con persone a caso, e tu, oltre che uno a caso, sei anche particolarmente poco gradito. » dice tutto questo in un fiato, guardando per terra e lasciando che la sigaretta venga consumata dal leggero venticello. Simone non si sente particolarmente offeso dall’ultima frase, piuttosto comprende in toto le parole della ragazza. Lui di anni ne ha venticinque, e ancora non ha capito come si vive una vita appieno. Non è ancora riuscito a capire cosa vuole dalla vita, o cosa vuole la vita da lui. « Sai  - inizia – non ho mai compreso cosa volessero dire gli esteti dicendo che la vita va vissuta come un’opera d’arte. Ma mi piace l’idea, vorrei che fosse così. » Lei annuisce e continua per lui: « Credo voglia dire essere padroni della mano che tiene il pennello. Decidere della propria vita, dipingere la nostra esistenza e piegarla alla nostra volontà. » « Mi piace come suona. Peccato che il pennello non sempre è nelle nostre mani. » « Io invece credo di sì. Credo che ognuno sia… com’è che si diceva? Artefice del proprio destino, sì. Credo che ognuno possa e debba combattere per ciò che vuole. Il punto è sapere cosa si vuole. » E Simone non sa che rispondere, perché lui, di certo, non lo sa. Ma non vuole pensarci, non adesso, perché pensare al futuro lo spaventa enormemente. Ora vuole solo sapere un dettaglio importante. « Non so il tuo nome, sai? » « Beatrice.» « Simone. » e si guardano, a lungo e in silenzio. Dopo un tempo che pare infinito, Simone si alza lentamente, dà una spolverata al retro dei pantaloni e si dirige verso l’ingresso. « Non credo che tu sia una persona ordinaria. » sussurra, prima di entrare definitivamente nel locale.
 
 
 
NdA
Scusate se i miei capitoli sono molto brevi, ma scrivo di getto, senza rileggere, quello che mi passa per la testa. E se è solo questo, beh, preferisco pubblicare al volo, prima di pentirmi di ciò che ho scritto. Grazie a tutte le persone che mi hanno incoraggiata ad andare avanti.
  
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