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Autore: Sleepingalone    19/07/2014    3 recensioni
Attraverso i rami dei mandorli filtra una scia argentea, nella quale le stelle sostengono la luna bianca, cui luminosità illumina lo sguardo verde Parigi di Harry che, attirandomi a se con fare austero, mi cinge mediante braccia calde e protettive. ‹‹Concedimi questo ballo, Maria››, sussurra, comprimendo le labbra a forma di cuore sull’incavo del mio collo nudo.
Sussulto al tocco morbido e delicato.
‹‹Avresti dovuto dirmi la verità sin da subito, Harry››, sussurro, asciugandomi una lacrima con il dorso della manica.
Lui annuisce, ed esala un respiro candido. ‹‹Promettimi che ti ricorderai di me, anche se dovessi scomparire per sempre››.
‹‹Ma cosa dici?››.
‹‹Quello che temo, Maria››
[...]
Lui voleva solo riportarle i ricordi alla ragione,
ma lei si era innamorata perdutamente.
Genere: Mistero, Romantico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Harry Styles, Un po' tutti, Zayn Malik
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 13 - Passerotto Rosso
 

Harry siede sulla sabbia impastata e guarda in direzione del mare, come a volersi per un attimo incorporare all’immensità che esso divulga. Simultaneamente, io sono in piedi accanto a lui e mi stringo nel mio parka blu, per via delle folate gelide che mi provocano pelle d’oca e tremori involontari.
‹‹Sono un disastro di persona, non è vero?›› domanda di punto in bianco un Harry dal volto ovattato e terso.
‹‹Sì, è vero. Ma lo sono anch’io, forse più di te››, rispondo, prendendo posto accanto a lui e poggiando la mia nuca sulla sua spalla destra.
‹‹Non posso negarlo, questo››, replica circondandomi con il suo braccio possente e cingendomi, dunque, in una stretta incantevole e dolce. ‹‹Devo dirti una cosa››.
‹‹Dimmi pure››, bisbiglio al suo orecchio con fare soffuso. Lui si ritrae di poco per via della scossa provocatagli e si volta verso me, mentre i suoi riccioli s’immedesimano in movimenti naturali dovuti al vento, e i suoi occhi verdi Parigi si colorano d’affetto.
‹‹Vuoi fare un bagno?››, domanda posandomi delicatamente lo sguardo divertito sulle labbra.
‹‹Tu sei pazzo, folle››, mi correggo scuotendo il capo. ‹‹Perdutamente folle››.
‹‹Lo sai da sempre che sono strano››, sussurra sorridendo, mentre il suo volto, che io conosco a memoria come una poesia, si dipinge giocosamente di felicità
‹‹Mi piaci perché lo sei e perché sei diverso››, continuo, alzandomi da terra. ‹‹Diverso in senso buono››.
Tolgo il parka e lo getto sulla sabbia, pertanto sfilo le scarpe e le calze dai piedi e, infine, il cellulare dalla tasca anteriore dei jeans che indosso. ‹‹Allora… vuoi farlo o no, questo bagno?››.
Lo sguardo di Harry s’illumina. ‹‹Non dicevo sul serio, Marie! Se lo facessimo, ci sarebbe l’alta probabilità di entrare in uno stato di ibernazione››.
Mi mordo le labbra e sorrido con fare malizioso, quindi mi volto e comincio a correre verso il mare, sul quale mi imbatto in maniera violenta. ‹‹Codardo!››, urlo, per poi toccare con la punta del pollice del piede sinistro l’acqua ghiacciata.
‹‹Har-››.
Harry m’interrompe, prendendomi per la pancia con il solo braccio destro e sollevandomi da terra. Io, di conseguenza, rido e grido e allargo le braccia con il medesimo fare di un passerotto rosso; lui mi fa roteare su sé stesso, ma poi scivola, cade in acqua e io mi appoggio sulle sue costole fredde e bagnate.
Lo abbraccio e appoggio la nuca sul suo petto al fine di percepire i battiti di un cuore divenire rapidi e svelti: simili ai tuoni che padroneggiano nel cielo durante le giornate più tetre dell’anno. Gli lascio un bacio senza pensarci su troppo, e lui mi stringe talmente forte che neanche l’acqua riesce a trapelare in mezzo ai nostri corpi sigillati.
Comunque, ritorniamo sulla sabbia congelati e con le labbra violacee; ridiamo come non ci fosse un domani e tremiamo perché, in fondo, oggi è una giornata davvero pesante.
Io mi rimetto la giacca e Harry si rimette la sua. Poi i nostri occhi s’incontrano così come le nostre bocche.
 
‹‹Sono così felice che mi sento in colpa››, mormoro, mentre m’imbocco con un cucchiaino di gelato all’amarena, e mi specchio al di sopra del tavolino in vetro della caffetteria presso io e Harry soggiorniamo al momento. Osservo bene i nostri capelli, ai quali sono appesi sottili granelli di sabbia e gocce d’acqua aride. I miei, poi, sono in particolar modo crespi in superficie. ‹‹Per Birdy, intendo››.
Harry corruccia la fronte e beve un sorso di birra direttamente dalla bottiglia, dunque aspira per via della sensazione secca e frizzante che gli lascia la bibita sulla lingua e punta il suo sguardo sul mio. ‹‹Niall è un cretino di ragazzo. Non che io lo conosca bene, anzi, a dir la verità ci avrò scambiato solo due o tre saluti in qualche festa››, respira in un attimo, poi continua. ‹‹Ha avuto parecchie ragazze, ma non ha mai fatto niente di…››.
Arrossisco e abbasso lo sguardo in direzione della coppa di gelato dinnanzi a me. ‹‹Non ha mai fatto… quella cosa lì?››.
Harry annuisce in modo impacciato e beve un altro sorso di birra, perciò io mi incuriosisco e persevero. ‹‹Mi hai appena detto di non conoscerlo: come fai a saperlo?››.
‹‹So che non ha mai fatto sesso, ma non ne conosco il motivo››, replica in maniera spinta, toccandosi la bocca con le dita. ‹‹Devo ancora focalizzarlo bene››.
Socchiudo gli occhi e annuisco. ‹‹Tu studi le persone››.
Il ragazzo dai riccioli bronzo termina la birra e si passa la lingua sul labbro superiore, poi mi prende la mano - occupata dal cucchiaino di plastica arancione che lascio deliberatamente cadere - e la congiunge con entrambe le sue. ‹‹Allora mettiamola così: sei il mio libro preferito, Marie››, si avvicina al mio volto e mi bacia la guancia in modo tenero e tenue, quasi come se fosse la prima volta. Io, dal canto mio, abbasso lo sguardo e stringo i denti per trattenere l’imbarazzo. ‹‹Sei come la raccolta di Eugene Atget che ti ho mostrato tempo fa: ogni sua fotografia merita d’essere studiata, così come ogni pagina, o parte, di te merita di essere contemplata››.
Gli occhi verde Parigi mi accarezzano il viso con la delicatezza che una piuma riserva al terreno quando scivola giù; al contempo, le sue goti si colorano di rosa e da ciò capisco quanto sia imbarazzato, in questo momento, il ragazzo che ha intrecciato il suo cuore al mio.
‹‹Mi chiedo come sia possibile che questa cosa sia capitata proprio a me››, mi correggo, scuotendo la nuca e sorridendo a mezz’aria. ‹‹Come sia possibile che tu sia capitato a me››.
È una delle domande che mi picchia in testa da quando Harry mi ha parlato per la prima volta in assoluto. Attualmente, non ho una risposta e mi sento tanto dubbiosa e incerta e spaventata; perché, si sa, la felicità sfiora spesso le persone, come i refoli di vento che scompigliano i capelli e che fanno venire il raffreddore, ma si protrae per poco tempo e tende a dissolversi con la stessa velocità con cui la primavera cede il suo posto all’estate, e l’autunno all’inverno.
Gli occhi verdi di Harry sono cupi, dunque mi interrogo su cosa stia pensando esattamente il mio ragazzo o, meglio, cosa lo stia turbando.
Quello che ho imparato dallo stare insieme a lui è che l’umore di chiunque è suscettibile e bipolare: un giorno stai bene, un giorno stai male. E la cosa peggiore è che nessuno è artefice di ciò che prova o pensa: sta alla mente decidere le mosse da fare, le azioni da perseverare, le nozioni da dire e i sentimenti da percepire.
Harry è agonizzante e il verde immacolato dei suoi occhi ha lasciato posto ad una variazione acquamarina a cui non avevo mai prestato attenzione. ‹‹Mi piacciono i tuoi occhi››.
 
Avanzo di qualche passo un Harry che sembra preso dal sole pomeridiano che riscalda il mare di Wells in inverno. Lo osservo con fare cauto, al fine di non tediare i suoi pensieri: di volta in volta, si tocca le labbra con le dita e socchiude gli occhi in cipigli tersi. ‹‹Vuoi fotografare la città?››, gli domando spontaneamente.
Lui si volta verso di me con un sorriso amaro a metà. ‹‹Anni fa ho venduto la mia macchina fotografica››.
‹‹Ah››, sussurro appena, mentre una morsa s’impadronisce del mio cuore. ‹‹Posso sapere come mai lo hai fatto?››.
‹‹È stata mia madre a venderla, in realtà. Non riuscii a guardarla in faccia per giorni, dopo quel gesto››, replica, soffermandosi a rimirare l’oceano, intanto che uno strato di tepore aranciato gli irradia il volto macchiato di perfezioni, e gli uccelli librano in aria con l’intento di cercare riparo tra i rami degli alberi spogli. ‹‹Me l’aveva regalata mio padre: era d’epoca e funzionava benissimo››.
A volte penso che il silenzio sia fondamentale, perché guarisce le ferite più profonde, oppure le calca ancora di più. Ed Harry non ha bisogno di belle parole sussurrate all’orecchio.
Gli sfioro la gota destra mediante il dorso della mano, quindi con l’altra porto il suo capo sull’incavo della mia spalla.
‹‹So che ci vorrà un po’ di tempo, ma devo ammettere che mi ha attraversato la mente il pensiero che questo potrebbe andare come dovrebbe››, continua, attirandomi al suo ventre con le braccia. ‹‹Potrebbe essere l’inizio di qualcosa di buono››.
‹‹Cosa, Harry?››, gli chiedo flebilmente, puntando i miei occhi scuri sui suoi.
‹‹Dirò quello che ho bisogno di dire, Marie››, prende un respiro fugace, e ne esala un altro che s’intreccia ai fili dei miei capelli ancora umidi. ‹‹Ti innamorerai di me››.
 
 
Argini Rosa
 
Son dipinte di rosa e delineate,
sulle quali si posano parole mai pronunciate.
Morbidi argini su cui è concesso far riposare
le labbra altrui, al fine di accontentare
il sapore e la coscienza
che si celano nel sangue di mia appartenenza.
 
Imitano le veemenze d’un cuore dipinto
su un volto oramai inesorabilmente variopinto.
Han quella forma morbida e giocosa
che si plasma alla mia: tenue e deliziosa.
Sponde d’aiuto per le anime sole,
soffiano un respiro senza esalare parole.

 
 
Poso la biro nera sul letto, accanto al quadernetto su cui ho deliberatamente scribacchiato qualcosa che dovrebbe avere l’aspetto di una macabra poesia. Quindi, mi reco dinnanzi l’unica finestra che spazieggia in camera mia e la apro con naturalezza, sebbene faccia freddo e non stia poi meravigliosamente.
Starnutisco, infatti, ogni due o tre minuti, e sono coperta mediante un lenzuolo in lana soffice, perché ho riscontrato la febbre a trentotto dopo esser rincasata.
Poggio i gomiti sul davanzale e, pertanto, il viso sui palmi lisci.
Il mio sguardo corvino si posa sulle costellazioni visibili a Wells in inverno, le quali sono incantevolmente svariate e luminose: trapunte tra le nuvole grigie e il manto blu notte che il firmamento conserva.
Il Pegaso, per esempio, domina i quattro punti cardinali con una maestosa imminenza, esponendosi durante i giorni più freddi di Gennaio; l’Acquario, dal canto suo, soccombe nel cielo del Norwich verso Febbraio e, infine, lo Scorpione si denuda solo quando il venticello primaverile cancella la neve d’inverno.
Tuttavia, quella che più amo contemplare e analizzare, in estate però, è la costellazione del Cigno: probabilmente per la libertà che esala al mio animo, o per il modo con cui la mia mente dipinge un volatile formato di stelle e astri che s’incammina lungo le strade infinite della Via Lattea, mostrandosi impercettibilmente all’emisfero boreale.
E mi perdo nell’osservare le comete bianche legate tra loro, come corpi umani che si cercano per dare forma a qualcosa di bello. Una stella sola, o cadente, è una stella e basta. Una stella accorpata a mille altri esemplari simili è una costellazione: è parte di qualcosa.
 
 
Da: Maria
A: Harry
Inviato alle 00,29
“Ti ho già detto che voglio vedere l’aurora boreale, no?”
 
Da: Harry
A: Maria
Inviato alle 00,31
“Cos’è che ti piace dell’aurora boreale, Marie?”
 
‹‹Har, non posso parlare al telefono ora: stanno tutti dormendo››, sussurro piano.
‹‹Volevo sentirti››.
‹‹Sto guardando le stelle. Lo faccio ogni volta che è possibile››.
‹‹E cosa provi ogni volta che le guardi?››, il tono di Harry è impastato e più roco del normale.
‹‹Ritrovo me stessa››. Mi mordo il labbro inferiore involontariamente e tiro su con il naso per via del raffeddore.
‹‹Stai male?››, domanda lui prima che possa farlo io.
‹‹Febbre. Tu? La tua voce ha qualche nota di stranezza››.
‹‹Febbre anche io››, ride, tossendo piano piano.
‹‹È colpa tua se ci siamo ammalati insieme››.
‹‹È colpa tua se hai preso le mie parole sul serio››.
Sorrido amorevolmente. ‹‹Buonanotte, Harry››.
‹‹Buonanotte››.
Poggio il telefono sul davanzale e porgo un’altra occhiata al cielo. ‹‹Ti amo, ragazzo dagli occhi Parigi››.
 


 
 

 


Angolo autrice
Perdono, ragazze mie!
Ho tardato maledettamente troppo per pubblicare questo capitolo che non supera nemmeno le duemila parole - contando persino quella che dovrebbe essere la poesia/il mio suicidio perché io NON SO scrivere poesie -.
E' molto molto di passaggio, ed è scritto parecchio male per vari motivi che non sto qui a spiegare ahahahah sono complicata, io.
Comunque... perdonate se non ho aggiornato prima, ma sono stata troppo impegnata (Quando mai io?!?). Lavoro al panificio dei miei mattina e pomeriggio, tranne che nel weekend, che è l'unico periodo in cui posso scrivere/leggere/guardare film. 
Sono molto delusa per quanto riguarda le recensioni che da 16 son passate a 4, ma okay ahah me ne farò una ragione. 
Grazie per l'attenzione, e spero di poter leggere i vostri pareri riguardo questa poltiglia!

Un bacio, Linda. 

 
   
 
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