Capitolo
ventisette: Goodbye to Sandra
Dee
“Look at me,
There has to be something more than what they see
Wholesome and pure,
Also scared and unsure, a poor man’s Sandra Dee,
You must start anew,
Don't you know what you must do?
Hold your head high,
Take a deep breath and sigh
Goodbye to Sandra Dee”
(Look at me, I’m Sandre Dee reprise-
da
“Grease”).
Guardare
il soffitto.
Era
l’unica cosa che riuscivo a fare da cinque giorni.
Mi
alzavo, mangiavo qualcosa, mi stendevo di nuovo
sul letto e iniziavo a guardare il soffitto. Così per tutto
il giorno e
smettevo solo per cena o per il bagno.
Io,
solo nella mia camera, immerso
nell’autocommiserazione, tagliato fuori dal mondo a
contemplare la stupidità
umana, la mia stupidità. Troppo pigro per muovere un
muscolo, troppo rassegnato
per sistemare le cose, troppo avvilito per aprire le tende e affrontare
ciò che
mi aspettava dall’altro lato della strada.
In
realtà, dopo la festa avevo passato ore seduto
sul suo portico, in attesa e nella speranza che scendesse, mi parlasse,
mi
picchiasse. Qualsiasi reazione mi sarebbe andata bene.
Ma
Bonnie non mi aveva degnato della minima
attenzione.
Uscii
in cortile nella speranza di braccare Katherine prima che scoppiasse un
casino.
Avevo
un presentimento che quell’amabile
ragazza non se ne sarebbe stata calma, soprattutto dopo aver
perso la sua ambita corona.
Lei
e sua sorella sembravano sparite nel nulla. Avevo cercato perfino nel
bagno
delle ragazze e avevo dovuto scansare l’attacco di seduzione
di una matricola
troppo spavalda.
Il
cortile della scuola era quasi deserto, solo pochi studenti usciti a
prendere
una boccata d’aria. Mi fu subito chiaro che le gemello
Gilbert non erano
nemmeno qui, ma una folta chioma di capelli rossi attirò il
mio sguardo.
Che
ci faceva Bonnie fuori dalla palestra?
Mi
avvicinai sorridendole. Forse, finalmente, si era stufata di quella
festa ed
era pronta a venire via con me. Probabilmente era uscita proprio per
aspettarmi.
Ma
non ricambiò il mio sorriso com’era solita fare e
ne rimasi sorpreso.
Non
mi lasciò parlare. Mi gelò non appena mi trovai
di fronte a lei.
“Damon,
so tutto”.
Lì
per lì non pensai subito alla scommessa. Ero talmente certo
di avere tutto
sotto controllo che non immaginavo nemmeno di essere stato battuto sul
tempo,
sotto al mio naso per giunta.
“Ho
visto sentito Elena e Katherine parlare in un’aula”
continuò “C’era di mezzo
una scommessa su di me”.
Non
avevo mai compreso a fondo il significato dell’espressione ‘non
sentire la terra sotto i
piedi’. L’avevo sempre trovata
un’esagerazione.
Mi
ero ripromesso di non farmi mai cogliere impreparato dalla vita e non
credevo
che una cosa del genere potesse capitare a me.
“Katherine
è una bugiarda” disse Bonnie “E si
diverte a rendere le persone infelici. Sta
mentendo, vero? È solo una ripicca per separarci?”.
Ammirai
la sua forza d’animo, ammirai la sua fierezza. Non aveva gli
occhi lucidi, la
voce non tremava e non distolse lo sguardo un secondo.
Era
cresciuto così tanto il mio uccellino.
Scossi
la testa “Non so neanche perché ho accettato. Era
uno scherzo stupido”.
Ancora
una volta non tremò e non si scompose come avrebbe fatto un
tempo, ma vidi
chiaramente un’ombra di tristezza e delusione cadere sul suo
viso.
“Sentivo
che qualcosa non andava” mormorò.
“Bonnie…”.
“C’era
un motivo se non riuscivo a fidarmi di te” affermò
con freddezza.
Benché
me le meritassi tutte, quelle parole mi ferirono.
Ed
eccomi là: relegato di nuovo al ruolo del cattivo.
Eravamo
tornati indietro di mesi, bloccati ancora a quel punto, a quando io non
potevo
scrollarmi di dosso la pessima reputazione che mi ero creato e lei mi
teneva a
distanza.
Quel
dannato muro di diffidenza era comparsi di nuovo.
“Katherine
ha avuto l’idea e ho accettato. Giravano già delle
battutine su di me e mi sono
sentito colpito nell’orgoglio,
nell’immagine…”.
“Immagine?”
ripeté sconvolta “Temevi che gli altri ti
sminuissero perché Bonnie la
sfigatella non era caduta ai tuoi piedi?”.
Tentativo
di formulare una scusa decente: fallito. Mi stavo scavando la fossa da
solo.
“Ero
un cretino e Katherine…”.
“Il
fatto di essere succube di non ragazza non ti discolpa. Avevo un
cervello da
usare”.
“L’ho
usato” sbottai. Tanto valeva aggrapparsi a un po’
di sincerità. Forse ne sarei
uscito meglio, meno codardo “Era un gioco per me, immaginavo
sarebbe stato
divertente”.
“Ottimo
lavoro, Damon: mi hai completamente umiliata e distrutta”.
Aveva
appena messo i suoi sentimenti sul tavolo, aveva ammesso la sconfitta,
eppure non
era lei quella debole, non era lei ad aver perso la dignità.
“Tutto
quello che abbiamo condiviso è finto. Mi hai usata come
passatempo, mi hai
usato per distrarti da Katherine. Almeno vi siete davvero lasciati o vi
siete
fatti delle grosse risate alle mie spalle fino a stasera?”.
“È
iniziata così” ammisi “Sono venuto a
salvarti nel bosco per avvicinarmi a te,
ti ho chiesto di aiutarmi con il regalo di Stefan per farti una buona
impressione, ti ho baciata subito dopo perché ero convinto
di averti già conquistata…”.
“Non
sono sicura di voler ascoltare il resto” mi avvisò.
“Più
passava il tempo, più mi tormentavi. Eri sempre
lì, anche quando stavo con
Katherine, tu eri nella mia testa. Non sai quanto sono stato contento
di
mettere mio cugino su un aereo e spedirlo lontano da te. Poi Katherine
si è
finta Elena e ha baciato Stefan. Abbiamo rotto sul serio e onestamente
non ci
sono stato così male come avevo pensato. Avrei potuto
chiuderla con la
scommessa, avrei potuto lasciarti stare. Non l’ho fatto
perché semplicemente
non ne ero capace, non volevo staccarmi da te”.
Bonnie
liberò una risata amara “Non ti aspetterai che
creda alla storiella del playboy
redento, caduto nella sua stessa trappola?”.
“Patetico
e banale, eh? Sto cadendo sempre più in basso”
osservai “Non saprei neppure
dirti quando è finito il gioco. È confuso.
Inconsciamente mi piacevi anche
quando ti ritenevo una bambinetta. Perfino Katherine mi detto di
essersi
interessata a Stefan perché mi vedeva troppo coinvolto da
te”.
“Devi
aver recitato bene la tua parte” commentò Bonnie.
“Non
è una recita, te lo giuro.
“Come
posso esserne sicura? Magari eri solo annoiato e io sono stata la prima
così
stupida da darti retta!”.
“Ce
ne sono centinaia di ochette che non vedono l’ora di buttarsi
su di me. Se avessi
voluto uno scalda letto, non ti sarei stato addosso per mesi e
mesi”.
“Allora
perché non ne scegli una e mi lasci in pace!” mi
rinfacciò.
“Perché
sono pazzo di te” esplosi “Ho fatto cose da matti
per te. Sono entrato nel
bosco di notte per cercarti. Ti ho portato via dalla polizia quando eri
ubriaca. Ho corrotto una bibliotecaria e un guardiano per organizzare
il tuo
regalo di compleanno. Ho risolto i miei problemi con mio padre e mio
fratello
grazie a te. Non ho abbandonato gli studi grazie a te. Se ripenso a
ogni
momento importante della mia vita, tu eri lì con
me”.
“Hai
un modo curioso di dimostrare gratitudine” sbuffò.
Per un attimo scorsi il
fantasma di un sorriso, ma venne cancellato immediatamente
“Una parte di te è
ancora attaccata a quella scommessa. Se l’avessi del tutto
superata, mi avresti
raccontato la verità”.
“Volevo
evitare sofferenze inutili. Me ne vergognavo. Non c’era
motivo di parlartene e
rovinare tutto. So bene qual è l’opinione che hai
di me” conclusi, mortificato.
“Non
avevo tutti i torti” considerò “Ti sei
preso gioco dei miei sentimenti fino
adesso”.
“Ho
smesso molto tempo fa” obiettai.
Lei
non mi ascoltò “Qual era il piano? Fare una
scenata davanti a tutti, magari
proprio al ballo. Dov’è Katherine, non si sta
gustando la sua vittoria? Santo
Cielo, se penso che ero pronta a …”.
“A
cosa? A venire a letto con me? Ti ricordo che ti ho fermata
perché eri
completamente sbronza. Ti ricordo che ho fatto un passo indietro e ti
ho
rispettata”.
“Magari
ti disgustava solo l’idea. Magari detesti l’idea di
toccarmi e ti sei nascosto
dietro la prima scusa che hai trovato”.
“Ecco
perché non te l’ho voluto dire: adesso ti stai
facendo mille paranoie, metti in
dubbio tutto”.
“E
di chi è la colpa?”. Questa volta aveva urlato.
Sospirai
“C’è stato un momento in cui ero davvero
convinto a portare a termine la
scommessa, a ferirti come se fossi un giocattolo inutile: quando
Katherine me
l’ha proposto. Dopo quel giorno, l’idea mi
stuzzicava sempre meno. Mi è
capitato perfino di evitarti, perché non ero più
interessato. Katherine mi ha
spinto a proseguire e si è fregata con le sue stesse mani.
Era uno scherzo
crudele e io mi sono comportato da idiota, ma non me ne pento. Senza la
scommessa mi sarei avvicinato a te? Senza Katherine avrei perseverato?
Forse
no, ma me ne frego perché ti ho conosciuto, ti ho scoperto.
L’inizio non è
stato dei più nobili, lo ammetto, ma quello che è
venuto dopo…Bonnie, tu sei
ciò che ho sempre cercato. Bonnie…”.
“Ti
prego non continuare”.
“Mi
sono innamorato”.
Se
avessi visto la scena dall’esterno, probabilmente di sarei
messo una mano
davanti alla bocca per non vomitare. Era l’apoteosi del
cliché e del
romanticismo. Tutte cose che avevo sempre evitato come la peste.
Non
c’era, però, altro modo per esprimerlo. Nel mondo
andava naturalmente così: un
ragazzo innamorato di una ragazza contro ogni aspettativa.
Comune
perché semplice, puro e vero.
Bonnie
si passò una mano tra i capelli, a disagio “Se me
l’avessi detto mezz’ora fa,
sarei stata la persona più felice del mondo”.
“Non
cambia niente: è pur sempre quello che sento”.
“Mi
hai mentito per tutto questo tempo. Non so più dove finisce
la finzione”.
“Non
esiste finzione” replicai “Per piacere, non buttare
tutto al vento per uno
sbaglio. È solo colpa mia. Insultami, picchiami, arrabbiati,
ma non
arrenderti”.
“Non
sono arrabbiata” mi disse, con calma “Non quanto
avrei immaginato, almeno.
Sento, però, che qualcosa si è spezzato. Mi hai
appena confermato che c’era un
motivo se non riuscivo a fidarmi di te”.
E
tutt’ora non mi fido.
Non
me l’aveva detto in faccia, ma era abbastanza
intuibile.
Se
n’era andata dopo l’ultima frecciata e io non
l’avevo seguita. Non ne avevo avuto il coraggio.
Bonnie
si era sempre mostrata molto restia a cedere
alle mie pressioni. Mi ci erano voluti mesi prima di conquistarla per
davvero,
per convincerla che non ero più il ragazzo crudele e
immaturo di un tempo. Le
avevo perfino rimproverato di aggrapparsi troppo ai pregiudizi che
aveva su di
me, di dar troppo peso alle opinioni altrui.
Scegli,
Bonnie, o tutto o niente. Le avevo
intimato.
Alla
fine, il mio segreto era scoppiato come una
bolla di sapone. Avevo fatto la figura del cretino e del bugiardo. Non
era
proprio le migliori credenziali per sperare in una soluzione veloce e
indolore.
Inoltre
le avevo praticamente servito su un piatto
d’argento una più che valida ragione per dubitare
di me e tenermi alla larga.
Avevo
provato a chiamarla, a farle la posta sotto
casa, ma non era servito a niente. Neppure suo padre era riuscito a
persuaderla
a parlarmi, pur giurandomi di averci tentato con tutte le sue forze.
Non
gli aveva raccontato il vero motivo della
nostra litigata e questo mi lasciava un po’ di sollievo: se
cercava ancora di
proteggermi, significava che non tutto era perduto.
Mi
ero nascosto nella mia camera e le avevo
permesso di prendersi del tempo per riflettere, per sbollire. Non
sapevo quanto
quella decisione avrebbe effettivamente giocato a mio favore, ma per il
momento
non avevo altra scelta.
Le
avevo mandato un messaggio, semplice e conciso: abito
dall’altra parte della strada, sono qui con te. Una tua
parole e corro.
Non
ero sparito. Le stavo ancora vicino. Doveva
sapere che quel silenzio non significava la mia resa. Io non mi ero
ancora dato
per vinto.
Avevo
ripercorso decine di volte quei mesi passati
a darle letteralmente la caccia. Mesi in cui quella maledetta scommessa
era
solamente un pretesto, un alibi che mi ero costruito perché
non volevo
ammettere neanche a me stesso di essere cotto di lei.
Avevo
valutato più volte l’idea di raccontarle la
verità, cancellare quella macchia dalla coscienza.
Spaventato da ciò che
sarebbe potuto accadere, avevo taciuto.
Mossa
da codardo? Forse, ma in buona fede.
Avevo
abbandonato da talmente tanto tempo il
proposito di portare a termine quello scherzo che mi era sembrata
un’inutile
seccatura confessarlo.
Che
necessità avevo di far soffrire Bonnie per
niente?
Tutto
ciò che le avevo detto, che avevo fatto.
Gesti eclatanti, frasi a effetto, risate strappate e baci rubati. E poi
i
litigi e gli insulti, gli errori. Tutto vero, anche quando credevo di
comportarmi così per via della scommessa, sotto sotto
c’era un fondo di verità
che non avevo ancora consapevolmente afferrato.
Bonnie
questo non lo potevo sapere, Bonnie non si
poteva fidare ciecamente: le avevo dato ogni motivo per non farlo.
Non
la biasimavo per avermi piantato in asso alle
festa, per non aver risposto alle mie chiamate. Non ero proprio un
soggetto su
cui scommettere, il bravo ragazzo affidabile.
Evidentemente
in me c’era qualcosa di sbagliato:
avevo il potere di allontanare ogni donna di cui m’importasse
qualcosa. E
quando arrivava finalmente l’unica, quella giusta, quando
finalmente ero
diventato una persona decente, rovinavo tutto.
Il
vecchio Damon era sempre in agguato per
riportarmi indietro, anche contro la mia volontà. Non
serviva un’azione vera e
propria, bastava un ricordo, uno sbaglio passato e in un attimo la
nomea di
cattivo ragazza tornava a perseguitarmi.
Bonnie
non era l’unico mio problema: avevo
parecchie spiegazioni da dare anche a Stefan.
Normalmente
me ne sarei fregato, ma avevamo fatto
progressi ed era la sua migliore amica. Era un discorso che dovevo
affrontare,
sebbene non ne avessi assolutamente voglia.
Mi
stupivo che non fosse ancora venuto a stanarmi
per ridurmi in piccoli pezzettini. Aveva reagito veramente male quando
ci aveva
sorpreso stesi sullo stesso letto. Questo era molto peggio. Strano che
non
fosse ancora venuto a difendere l’onore della sua fanciulla
prediletta.
E
proprio quando pensavo che tutti si fossero
completamente dimenticati di me, qualcuno bussò alla mia
porta. Guarda caso
l’oggetto delle mie preoccupazioni.
No,
non la ragazza dai capelli rossi, ma l’impavido
eroe dagli occhi verdi.
Da
qualcuno dovevo pur cominciare, no?
“Allora
sei vivo” commentò.
Fantastico,
adesso nemmeno il sarcasmo era mia
prerogativa esclusiva.
“Sei
qui dentro da tre giorni. Mi aspettavo di
trovarti mummificato”.
“Mummificato?
Davvero? È la migliore ipotesi che
hai scovato?”.
“No,
dato che ti sentivo vagare per i corridoi di
notte, ho anche creduto che fossi diventato un vampiro, ma in quel caso
probabilmente sarei stato la tua prima vittima”.
“Spiacente
deluderti, fratellino, sono ancora tutto
umano. Ma ammetto che se ci fosse un vampiro con il mio nome, sarebbe
sicuramente un gran figo”.
“Va
bene, sarò breve e conciso: voglio una
spiegazione” tagliò corto.
Avevo
appena deciso che anche Stefan si meritava
come minimo una giustificazione, ma più metteva pressione,
più mi passava la
voglia.
Primo
passo per levarmelo di torno: fare il finto
tonto.
“Non
so di cosa tu stia parlando”.
“Sono
giorni che tu e Bonnie vi evitate. Lei si
rifiuta di venire qui e tu non ti rifiuti di lasciare la tua camera. Ti
ho
lasciato in pace fin troppo tempo”.
Secondo
passo: temporeggiare.
“Hai
ragione, fratellino, come sempre. Ne possiamo
discutere più tardi? Ora devo studiare”. Falso ma
efficace.
“No,
ne discutiamo ora” s’impuntò.
Terzo
passo: negare.
“Non
è andata come credi”.
Santo
Cielo, mi sembrava di essere appena stato
beccato nel letto con la mia amante.
“Vorrei
credere qualcosa…davvero vorrei, ma nessuno
di voi due si decide a parlare” osservò esasperata
e sempre più determinato.
Corrugai
la fronte “Nel senso che Bonnie non ti ha
detto niente?”.
“No”
mi confermò “Solo che avete litigato, che
è
finita e che vuole stare da sola”.
Mi
sorprese quella risposta, mi sorprese di non
essere stato additato come il colpevole della situazione, sebbene lo
fossi.
Mi
rincuorò sapere che Bonnie non avesse divulgato
il vero motivo della nostra rottura. Mi stava in qualche modo
proteggendo,
stava cercando di salvaguardare il mio rapporto con Stefan.
Magari
non era tutto perduto, magari una parte di
lei continuava a credere in noi e preferiva non farmi terra bruciata
intorno.
Almeno non con Stefan che mi avrebbe ammazzato se avesse scoperto della
scommessa.
Mi
resi conto che era infine giunto anche per me il
momento di prendermi le mie responsabilità, di comportarmi
da persona matura.
E ritornai
al mio piano originario: confrontarmi con Stefan, essere onesto.
Raccontare i
fatti dal mio punto di vista e provare almeno a convincerlo di non
avere per
fratello il diavolo in persona.
Accade
esattamente come con Alaric. Stefan divenne
prima paonazzo, poi sbiancò e fu sull’orlo di
scoppiare. Avvicinandoci alla
fine la sua espressione mutò: sempre più
empatica, sorpresa e comprensiva.
“Le
hai confessato di amarla?”.
In
tutto il discorso, almeno era rimasto colpito
dalla parte più positiva.
“Sì
e sono stato mollato un secondo dopo”.
Rifiutai
l’ennesima chiamata di Elena. Lei e Stefan
erano diventati un vero tormento.
Cominciavo
a pentirmi di essermi rivolta proprio a
loro per cercare un po’ di conforto.
In
realtà non era stata una cosa voluta: dopo la
litigata con Damon, ero di corsa tornata in palestra (per assurdo
sentivo che
tra la folla avrei potuto trovare un po’ di
tranquillità) e mi ero imbattuta
subito in quei due.
Avevo
il viso stravolto e subito si erano resi
conto che qualcosa non andava.
Li
avevo pregati di accompagnarmi a casa, dato che
non avevo la mia macchina. Mentre Stefan era andato a prendere
l’auto, Elena
aveva indagato.
Avevo
intenzione di tenere per me la storia della
scommessa, ma Elena sapeva già tutto per via di Katherine,
perciò decisi di
confidarmi con lei.
All’inizio
non volle credere che Damon avesse
davvero preso parte a quello scherzo crudele. Lo aveva sempre difeso,
ci aveva
spinti uno tra le braccia dell’altra e adesso ne era rimasta
delusa almeno
quanto me.
L’avevo
pregata di non dirlo a Stefan né a nessun
altro.
Damon
aveva superato ogni limite, ma non avevo
alcun interesse a gettargli altro fango addosso, o ad accrescere la sua
brutta
reputazione, soprattutto agli occhi di Stefan.
Per
quanto riguardava Meredith e Caroline, non
avevo voglia di sentire nessuno “Te l’avevo
detto”, men che meno insulti
rivolti al mio ormai ex ragazzo.
Così,
nonostante la notizia della nostra rottura si
fosse diffusa, nessuna sapeva il vero motivo a parte Elena.
Continuava
a pressarmi perché risolvessi la
situazione. Stefan, invece, pretendeva spiegazioni, che io non gli
avrei dato
di certo.
Non
volevo mettermi in mezza tra i due fratelli,
non volevo creare contrasti. Era compito di Damon dirlo a Stefan. Se la
dovevano sbrigare da soli.
Fatta
eccezione per la sera della festa, appena
dopo il misfatto, non ne avevo parlato con nessuno.
Seppur
fosse difficile tenersi tutto dentro, era la
decisione migliore per me.
Temevo
che, altrimenti, sarei stata influenzata dai
pareri esterni, sia in positivo sia in negativo. Ma era una cosa
importante ed
era mia.
Faceva
male ripensare a quei momenti. Alle parole
di Katherine che tutta soddisfatta sbatteva in faccia a Elena la sua
vittoria.
Alle conferme di Damon che costretto a confessare tutto mi aveva ferito
più di
altri mille tradimenti.
Mi
sentivo davvero una stupida, perché non avevo
ascoltato il mio istinto quando mi aveva suggerito di scappare lontano
da lui.
Mi
sentivo debole, perché avevo permesso a Damon di
farmi, ancora una volta anche se in maniera diversa.
E
mi sentivo incompleta, perché mi sembrava che
Damon si fosse portato via quella parte di me per cui tanto avevo
lottato.
Quella forte, sicura, cresciuta.
Avevo
messo a tacere la mia diffidenza per niente,
per essere smentita, per ritornare al punto di partenza.
Damon
non si meritava la mia fiducia, non se l’era mai
meritata.
Non
m’importava che si fosse pentito, che avesse
lasciato perdere tempo addietro la scommessa. Non m’importava
che si fosse
innamorato di me.
Aveva
tenuto nascosta la verità, permettendo a
Katherine di mortificarmi.
La
nostra storia era costruita sostanzialmente su
una bugia. Forse i sentimenti di Damon erano veri, forse era accaduto
sul serio
come nei film e alla fine era rimasto intrappolato nella tela che lui
stesso
aveva intrecciato e da un lato capivo anche la sua paura di rovinare ciò che avevamo
creato con fatica. Ma a conti
fatti, pianificare di conquistarmi e spezzarmi il cuore era un gioco
pericoloso, un segreto pesante e grave. Aveva minato per sempre la mia
fiducia
“Mi
sono innamorato di te”.
Ma
chi voleva prendere in giro?
M’importa
di quella dichiarazione, mi rimbombava
nella testa giorno e notte.
Lo
odiavo: mi aveva portato sul punto più in alto e
mi aveva lasciato cadere. Perché alla fine il suo piano
aveva ottenuto
l’effetto sperato: anche io mi ero innamorata.
Dirlo
ad alta voce mi faceva paura, ma almeno a me
stessa lo potevo ammettere.
E
se non era ancora amore vero, ci mancava poco.
Non m’immaginavo un sentimento diverso da quello che nutrivo
nei suoi
confronti.
Avevo
passato giorni interi a riflettere su come
comportarmi. Non era una circostanza semplice e faticavo a capire se
fosse il
caso di continuare oppure no.
Avevo
l’impressione di stare lentamente perdendo me
stessa, il mio centro, il mio obiettivo: mi ero trasformata di nuovo
una
ragazzina piagnona che si nascondeva nella propria camera.
Volevo
essere quel tipo di persona? No.
Bonnie
McCullough non era una bambina. Bonnie stava
diventando un’adulta, si stava scrollando di dosso
l’immagine della ragazza
della porta accanto.
E
per quanto mi costasse, sapevo di avere un unico
modo per dimostrarlo.
Il
giorno del diploma in casa mia era esplosa una
vera e propria euforia. Tra mia sorella e mio padre non sapevo dire chi
fosse
più agitato.
Mary
insistette per truccarmi almeno un po’ e papà
cucinò per colazione tanta di quella roba che saremmo andati
avanti altri tre
giorni a mangiare.
Tra
i miei amici, Caroline era certamente la più
entusiasta. Un’altra cerimonia nel giro di poco. Il suo ego
non poteva stare
meglio.
Mi
sentivo un po’ goffa in quella tunica larga e
con quel tocco in testa. Eravamo tutti vestiti allo stesso modo e tutti
ci
guardavamo straniti.
“Ci
pensate che questa è l’ultima volta che siamo
tutti insieme qui a scuola, come studenti” si commosse
Caroline.
“Non
incominciare già a piangere” la riprese
Meredith.
“La
fai facile tu! Sei contenta di uscire da questo
posto, così potrai sbandierare la tua relazione con il
prof!” la ribeccò.
“Questo
è un segreto che non mi mancherà”
commentai.
“A
proposito di segreti. Tu ci devi ancora qualche
spiegazione, Bon” mi disse, alludendo alla rottura con Damon.
Elena
sapeva quanto fossi restia a parlarne e venne
in mio aiuto “Non roviniamoci questo giorno. Ci
racconterà un’altra volta.
Adesso voglio un abbraccio”.
“Oh
sì, un abbraccio” batté le mani
Caroline
“Aspetta! Stefan, Matt!! Venite qua!”
urlò per chiamarli “Qualcuno prende una
macchina fotografica”.
Ma
non ci fu tempo per nessuna foto, perché il
preside ci incitò a sederci per l’inizio della
cerimonia.
Quando
venne annunciato il mio nome, sentii il
cuore battere più forte. Temevo d’inciampare nella
tunica o mettermi in
imbarazzo in qualche modo. Fortunatamente passai indenne la consegna
del
diploma e nel momento in cui lo presi in mano, avvertii un moto di
orgoglio per
me stessa. Una scarica come non ne avevo mai percepite.
Voltandomi
verso il pubblico per accettare
l’applauso, incrociai lo sguardo di Damon, accanto a suo
padre per sostenere
Stefan.
Gli
rivolsi un mezzo sorriso perché una parte di me
era contenta di vederlo. Mi piaceva pensare che fosse venuto un
po’ anche per
me.
Abbracci
e foto piovvero non appena fu terminato
tutto.
Una
dolce malinconia aleggiava tra noi: eravamo
alla fine di un ciclo. Per me forse più che per tutti gli
altri.
Abbracciai
forte Stefan e mi aggrappai alla sua
tunica. Era la persona che avrei lasciato con più fatica.
Non eravamo amici,
non eravamo fratelli.
Eravamo
qualcosa di più. Anime gemelle destinate a
condividere per sempre un legame unico.
“Rimarrai
con me?” gli chiesi.
“Per
tutta la vita, e di più” sussurrò tra i
miei
capelli “Bonnie, devi dirglielo”.
“Lo
so” dissi atona.
“Lo
distruggerà”.
“Una
piccola vendetta personale” ironizzai con la
voce fievole.
“Ha
incasinato tutto come al suo solito. Mi ha
raccontato della scommessa…ma io gli credo. Sicura di non
potere dargli
un’altra possibilità?”.
“È
questo il problema, Stefan, concedere a lui
un’altra occasione sarebbe come toglierla a me”
osservai tristemente.
Stefan
annuì, poco convinto “Lo terrò
d’occhio per
te”.
L’incontro
con Damon fu inevitabile. Io dovevo
parlargli e lui sembrava non attendere altro. Mentre tutti
festeggiavano, noi
ci trovammo seduti uno accanto all’altra sulle sedie occupate
prima dagli
invitati alla cerimonia.
C’erano
fiumi di parole da dire, pensieri da
esplicare eppure entrambi rimanemmo zitto per un bel po’. Non
so che cosa
passasse nella sua mente.
Io
semplicemente non trovavo il coraggio di
annunciargli la cattiva notizia.
“Mi
ritengo fortunato” saltò su
all’improvviso.
“Per
cosa?”.
“Non
mi hai ancora tirato una sedia in testa”.
“C’è
ancora tempo”.
“Ricordati
che potresti rovinare il mio bel visino.
E tu ami il mio bel visino”.
La
sua faccia da schiaffi piuttosto.
Al
mio silenzio replicò in fretta, come se non
volesse permettermi di rimuginare troppo “Mi spiace di essere
sparito così,
Bonnie. La verità è che non sapevo che cosa dire.
Non so ancora cosa dire.
Tutto quello che mi viene in mente è stupido o banale o
peggio patetico. Ci ho
riflettuto molto e sono arrivato alla conclusione che qualunque cosa
dicesse
non servirebbe a niente se tu non fossi disposta ad ascoltarmi. Quindi
te lo
chiedi per piacere: vorresti ascoltarmi?”.
Corrugai
la fronte. Sarei stata ad ascoltare per
ore, ma il problema era un altro.
Il
problema era che pure io avevo qualcosa
d’importante da dirgli.
“Aspetta”
lo fermai “Prima devi sapere una cosa. Ti
avevo accennato di quell’università di Londra.
Ecco, mi hanno accettata e ho
deciso di trasferirmi là”.
Damon
s’irrigidì. La sua espressione cambiò
totalmente. Scorsi un’ombra di delusione, ma poi ci fu solo panico e
sorpresa.
Si
alzò di scatto, nervoso “Certo, è
logico. Te lo
meriti, non c’era motivo perché non ti
prendessero. Hai fatto bene ad accettare.
Non c’è nulla che ti trattiene qui”.
Quell’ultima
frase fu un colpo al cuore per me, non
osai immaginare per lui.
Mi
alzai e feci per parlare ma Damon m’interruppe
di nuovo. Adesso appariva arrabbiato.
“Ti
auguro buon viaggio e…
Non
mi aveva lasciata spiegare, era scappato via.
Capivo
la sua amarezza, capivo la sua confusione.
Aveva passato mesi e mesi a ripetermi quanto fossi matura, cambiata. Ma
non si
era mai reso conto di quanto in effetti fossi cresciuta.
Era
davvero la fine di un ciclo.
Se
un anno fa mi avessero detto che mi sarei
trovato solo, piantato da Bonnie McCullough, gli avrei riso in faccia.
Se
un anno fa mi avessero detto che avrei sofferto
come un cane perché Bonnie McCullough si toglieva finalmente
dalla
circolazione, mi sarei proprio sbellicato dalla risate.
Adesso
non ridevo, però.
Continuavo
a guardare fuori dalla finestra in
attesa di vederla uscire con le valigia per andarsene a
Londra.
Chissà
se aveva avvertito Klaus, chissà se aveva
intenzione di vederlo.
Quel
pensiero mi fece ribollire il sangue.
Mi
ero preparato tutto un bel discorso per il
giorno del suo diploma e me l’ero tenuto per me. La notizia
della sua partenza
mi aveva completamente colto alla sprovvista.
Sentivo
che mi stava sfuggendo dalle mani, sentivo
di non avere tempo per rimediare al casino che avevo combinato, allora
avevo
lasciato perdere.
Santo
Cielo, ero Damon Salvatore.
Io
non aspettavo
che le cos venissero da sé, non guardavo il
destino compiersi. Prendevo
ciò che volevo, combattevo fino alla fine.
Sebben
avessi sbagliato, anche Bonnie stava
commettendo i suoi errori e non c’era motivo per cui dovessi
tacere e non
tentare il tutto per tutto almeno un’ultima volta.
Così
mi diressi a casa sua e bussai ripetutamente
alla porta.
Suo
padre mi aprì e non si fece alcun tipo di
problema a lasciarmi entrare. La mia espressione valeva più
di molte altre
parole.
Piombai
in camera di Bonnie e la sopresi mentre
stava finendo di riporre alcuni vestiti nel suo borsone.
“Tu
stai scappando!” l’accusai.
Improvvisamente
da imputato ero diventato giudice.
“Tu
sei scappato” mi rispose, inquieta.
“No,
io ero venuto per provare a sistemare le cose
e tu mi hai informato che ti saresti trasferita dall’altra
parte
dell’atlantico”.
“Sto
pensando a me stessa, al mio futuro” replicò.
“L’università
di Atlanta non ti dispiaceva fino a
poco tempo fa” le ricordai amaramente.
“Fino
a poco tempo fa non sapevo nemmeno che ti
fossi alleato con la mia peggior nemica per ingannarmi”.
“Non
significa niente!” le urlai “Sono stato uno
stronzo, è vero. E mi dispiace, ho sbagliato. Credi che
andartene ti servirà a
qualcosa? Che imparerò la lezione? Tu non ti traferisci
perché non ti fidi di
me, te ne vai perché hai paura!”.
“Certo
che ho paura!” affermò lei “Ho una
dannata
paura perché per la prima volta mi sono completamente
dedicata a qualcuno, ho
lasciato che le mie difese cadessero, ci ho creduto davvero e tu mi hai
colpito
al cuore”.
“Allora
resta qui! Lotta per me. Dimostrami che tra
i due sei tu quella forte, insegnami, non arrenderti con me”
la pregai.
“Damon,
questo va oltre te e me” disse “Mi ha
totalmente distrutta scoprire della scommessa. Mi sono sentita di nuovo
una ragazzina
piagnucolona e ingenua e non voglio più tornare a essere
quella persona. Questa
esperienza mi serve per trovare un equilibrio, per avere il potere di
decidere
se stare male o no. Ed è una cosa che devo fare da
sola”.
Era
seria e tremendamente decisa.
Capivo
la sue ragione, ma – diamine – era difficile
lasciarla andare.
La
guardai e mi resi conto che sarebbe passato
molto tempo prima di averla di nuovo così vicino.
Le
presi il volto con uno scatto repentino e la
baciai e la tenni stretta, come se fossimo in mezzo alla burrasca e il
vento me
la volesse portare via.
“Sbrigati
a laurearti e torna in fretta da me”.
Io
l’avrei aspettata. Senza riserve, senza
tentennamenti.
E
forse, prima o poi, ci saremmo dimenticati dei
tempi in cui ci odiavamo e saremmo tornati a essere solo Bonnie e
Damon, ai
confini del mondo.
Il
mio spazio:
Ecco
qui il penultimo capitolo della storia.
Beh
sì…le cose non si mettono affatto bene. Bonnie
è decisa a partire e Damon non riesce a trattenerla.
Riusciranno a risolvere la
situazione prima della fine?
Non
sono riuscita a correggere il capitolo, sarà
pieno di errori di battitura. Mi spiace molto, al mio ritorno
provvederò subito
a editare.
Oggi
partirò per il mare per una decina di giorni
quindi l’ultimo capitolo arriverà nella prima
settimana di agosto.
Ho
letto tutte le vostre recensione, purtroppo
causa partenza non faccio in tempo a rispondervi e non avrò
internet per tutta
la settimana, ma risponderò non appena ritornerò
a casa. Scusatemi tantissimo
per questo “inconveniente”.
Se
ci siete ancora, non si siete partite e avete
voglia, lasciatemi il vostro parere e le vostre congetture.
Vi
ringrazio tantissimo!!
A
presto,
Fran;)