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Autore: saitou catcher    19/07/2014    1 recensioni
Se qualcuno andasse a guardare sul mio account, vedrebbe che sono malata di song-fiction. E cos', dato che amo la mitologia greca, ho deciso di cimentarmi in questa impresa sacrilega. Buona lettura a tutti coloro che vorranno recensire!
1. Ma tu non sarai più quella ragazza.
2.Goditi il tuo dono, principessa di Troia, per quello che può valere. E d'ora in avanti, impara la lezione. Senza di me, non sei niente.
3.E adesso che rantoli nel sangue, Agamennone, chi è che ha il potere?
4.Sono solo una voce, e una voce può amare, ma come si può amare una voce?
5.Sapeva che questo doveva essere l'inferno.
6.Perché tu sei brutto, e lei è bella, e lei non ti amerà mai.
7.Nemmeno tu credi a te stesso, certo non può farlo lei.
8.Le avevano sempre insegnato che il Signore degli Inferi era un dio cupo e feroce. Ma quello che vide lei, furono due occhi pieni di tutta la tristezza del mondo, due occhi che minacciavano e imploravano insieme.
9.Ricordare è tutto ciò che le è rimasto.E sa, Andromaca, che in fondo è ben poca cosa.
Genere: Introspettivo, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Opera di riferimento: Oreste(Euripide)

Personaggi: Elettra, Oreste
Canzone: La mia ninnananna-Il Re Leone 2
Commento dell'autrice: dite quel che vi pare, io sono fiera di aver pensato a questo accostamento, e il risultato non mi dispiace nemmeno. Buona lettura e recensite!**
** Sì, Harley Sparrow, sto parlando con te
*Per ovvie ragioni, qui ho cambiato il testo


 

Dormi, dolce Oreste*
Sogna ,mio bebè
Grande e forte diverrai
E sarai il re

 

Uccidili.

Vendicati.

Sarai re.

Questa nenia gli era risuonata nel cervello per anni e anni, quando era ancora troppo piccolo per comprenderne il significato e non abbastanza per non farsi contagiare dal veleno che le pervadeva. Il rancore era stata la sua ragione di vita, aveva tracciato il suo orizzonte, aveva mosso i suoi primi passi e gli aveva tirato alla gola il suo respiro, e mentre gli altri bambini giocavano con spade di legno e si trastullavano in sogni di gloria, lui si allenava con spade di bronzo, e al suono del metallo che fendeva l'aria, immaginava il momento in cui l'avrebbe affondato nella carne degli assassini. Avevano ucciso suo padre, e lui avrebbe ucciso loro. E in tutto questo, Elettra, immobile nei suoi ricordi di bambino, era lì, sola e piena di rancore, e stringendolo a sè, ripeteva incessantemente quelle tre frasi che lo torturavano ancora adesso, adesso che il respiro del traditore risuonava a pochi passi e la vendetta era finalmente vicina.

Uccidili.

Vendicati.

Sarai re.

 

Ho cercato ,sì, di scordare
È una storia ormai finita
Ma non posso perdonare
Dovranno pagare con la loro vita

 

E' una stirpe maledetta, quella degli Atridi.

Una stirpe che non dimentica facilmente.

E tu, Elettra, hai dimenticato?

Hai dimenticato il sangue di tuo padre, che imbrattava le mattonelle?

Il bagliore dell'ascia impugnata da tua madre?

Il rantolo osceno uscito dalla sua bocca, mentre strisciava e si dibatteva, sotto gli scherni di Clitemnestra e Egidio?

L'ultimo sguardo che hai colto, non lo sguardo di un re, Agamennone l'Atride, signore di popoli, ma lo sguardo di un moribondo, inerme come una bestia al macello, l'ultima immagine rimasta di tuo padre? Hai dimenticato tutto questo, Elettra?

No, Elettra, tu non hai dimenticato, e non lo farai mai.

Quei ricordi non ti danno tregua, e tu ripagherai quel tradimento col sangue.

Crescere tuo fratello come un assassino, affilarlo come uno strumento di vendetta, il tuo odio può sopportare anche questo. Non avrai pace, finché non li farai soffrire come avete sofferto tu e Oreste.

Meritano la morte, e l'avranno.

E quando saranno morti, tu sarai lì, a ridere sui loro cadaveri, e quando il freddo dell'Ade pervaderà le loro membra, sapranno che no, tu non avevi dimenticato.

E non dimenticherai mai.

***

 

Alla fine, erano morti.

Elettra osservò quei corpi irrigiditi senza stupore né pietà.

Avevano vinto alla fine. Oreste aveva adempiuto al suo compito.

Poco importava, in quel momento, che Oreste fosse fuggito via, inorridito all'idea di aver squarciato con la spada il ventre che lo aveva portato. Gli avrebbe parlato lei, gli avrebbe fatto capire che non c'era nulla di cui vergognarsi, che quel che avevano fatto era giusto davanti agli dei e agli uomini. Ma questo, adesso non importava. Fissò i corpi dei suoi persecutori, assaporandone lo sfregio, paragonandolo all'immagine di suo padre morente, che da tempo imbrattava i suoi sogni.

Ma la vendetta non ti ha ridato tuo padre. E cosa conta, adesso, di fronte alla follia di tuo fratello?

Elettra si raddrizzò. Da fuori, venivano le grida dei Micenei, che gioivano della morte della regina e del suo amante. Le grida avvolsero Elettra come un velo rassicurante, e spazzarono via tutti i suoi dubbi. Uscì dalla stanza a testa alta. Fuori era composta come sempre, ma dentro di sé rideva.

Alla fine aveva vinto.

 

Ne sei così sicura, Elettra?
 

 

Per noi sarà la manna
Per voi una condanna
È la mia ninna nanna!

 

 

 

 

 

  
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