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Autore: La Nuit du Chasseur    20/07/2014    2 recensioni
[Michael Fassbender]
"Mi sposo", disse lei.
"Vieni a cena con me", disse lui.
Così diversi ma così vicini. La loro storia creerà problemi, danni, guai, passione e felicità. Non sapranno resistere all'avvicinarsi l'uno all'altra, anche se sanno che dovrebbero.
In una Londra complice e romantica, galeotta fu una caffetteria...
Genere: Erotico, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questo capitolo è dedicato a Warrant1998, 
per il suo compleanno! 
Tantissimi auguri!!!

Detto ciò, ancora mille grazie a chi mi segue e spero di non deludervi mai! 

Buona lettura! 

Bibi

 

Natale era davvero alle porte. Londra era magnifica e romantica e Julia stava acquistando gli ultimi regali. Mancavano tre giorni e poi sarebbe andata nella tenuta dei genitori di Robert a passare le festività, dove l’avrebbero raggiunta anche i suoi genitori e sua sorella con la sua famiglia. Tutto era normale, come sempre, e Julia era sempre più insofferente: ormai stava bene solamente quando era con Michael, il quale non faceva nessun tipo di obiezione alla situazione. Julia gli aveva spiegato dinamiche famigliari e raccontato vent’anni di vita e lui si era mostrato molto comprensivo. Voleva solo continuare a vederla, anche perché una volta risolto con Robert avrebbero dovuto fare i conti con il gossip, e anche lì non sarebbe stato semplice.

Si videro l’ultima volta prima di Natale il 22 dicembre, a notte fonda, mentre Robert ignaro di tutto dormiva nel suo letto. Julia aveva cenato con lui, poi l’aveva riportata a casa ed era salito con l’intenzione di avere un po’ di intimità, ma lei aveva garbatamente rifiutato, così lui si era rassegnato ed era andato via. Credeva che fosse un momento, che doveva darle tempo, aveva capito che c’era stato un altro uomo di mezzo, anche se non sapeva fino a dove Julia si fosse spinta. Era convinto che c’entrasse il weekend fuori, ma aveva parlato con Tilly e lei aveva confermato che erano insieme e che Julia voleva sfogarsi con lei quei giorni. Robert aveva creduto all’amica e aveva cercato di accantonare quel pensiero, anche se il tarlo che aveva in mente non accennava a volerlo lasciare. Solo non aveva appigli per scoprire la realtà e forse la realtà neanche lo interessava più di tanto: qualsiasi cosa fosse successa in quel weekend, o in altri momenti, fra poco più di tre mesi Julia sarebbe stata sua moglie e tutto sarebbe passato. Su questo sentiva di essere irremovibile. Quella sera avevano persino deciso la data: avrebbe dovuto pazientare solamente fino al 3 Marzo.

Julia dal canto suo, anche quella sera a cena, aveva provato a dirgli che dovevano parlare seriamente del loro futuro, ma Robert era diventato quasi autoritario in quel periodo: non c’era niente da discutere, qualsiasi cosa fosse sarebbe passata col tempo. Troncava qualsiasi discussione sul nascere, senza ascoltarla, senza captare segnali abbastanza eloquenti. 

Lei si sentiva in trappola, e aveva deciso di far passare Natale, per rispetto degli anni che avevano passato insieme, e poi l’avrebbe lasciato senza appello. Non le importava di quel che diceva lui o di cosa volesse lui: Julia era convinta di non voler più sentirsi intrappolata in un rapporto non sereno, dove non si poteva parlare e dove Robert non si creava neanche il disturbo di capire se lei stesse realmente bene o no. Michael in qualche modo le aveva aperto gli occhi su qualcosa che lei si rifiutava di accettare da tempo, ed ora non se la sentiva più di fingere. Natale, pensò togliendosi i tacchi alti dopo l'ennesima inutile cena con Robert, e poi tutto sarebbe finito. 

Si mise un paio di jeans, una camicia e un pullover e si coprì bene con il piumino e il cappello di lana. Ringraziò il cielo che Robert non avesse insistito per rimanere lì con lei e guardò fuori: stava iniziando a nevicare! Infilò degli stivali adatti, prese una busta ed uscì. A mezzanotte e mezza, infreddolita, suonò al portone del palazzo di Michael. Si allontanò un po’ sul marciapiede per farsi vedere quando la tenda si scostò leggermente: era un’abitudine di Michael guardare prima di rispondere al citofono. La vide sbracciarsi, un po’ buffa e corse ad aprire. Lei salì le scale in tutta fretta e si rifugiò nel caldo appartamento di Michael. Prima di togliersi il cappotto lo baciò con trasporto, e poi si spogliò e accettò una camomilla calda.

“Volevo salutarti prima di Natale… domani parti.” Disse triste. Si guardò intorno e vide valigie ovunque, pronte per il viaggio.
“Potevi chiamarmi, sarei venuto io da te”
“Ma no, volevo fuggire un po’ da casa mia, nessuno sa dove abiti e ho anche lasciato il cellulare a casa: siamo soli io e te Fassbender!” disse abbracciandolo da dietro, mentre lui preparava le camomille.
“Stai diventando indecente, Leighton: e pensare che quando ti ho conosciuto eri così timida e composta”
“Ero una persona molto infelice… poi sei arrivato tu!”

Si misero a sedere sul divano e Julia, incapace di aspettare oltre, gli porse una busta chiusa. Dentro c’era una lettera di qualche riga che annunciava il suo regalo:
 
Perché me lo avevi promesso.
E perché è sempre stato il mio sogno, ma sono felice di non averlo sprecato prima con qualcun altro.
Buon Natale, J.

 
Michael aprì la busta e dentro c’erano due prenotazioni per un volo Londra – Palermo per Giugno. Poi una prenotazione per una macchina a noleggio e varie prenotazioni di alberghi qui e lì in giro per il Bel Paese. Il biglietto di ritorno diceva che sarebbero stati via due settimane.
 
“Ho pensato che fosse un modo carino per chiederti di stare con me, insomma per ufficializzare la cosa… so che ci saranno molte cose da tenere presenti, e immagino che non sia facile per te farti fotografare in giro con una donna, ma insomma, mi piacerebbe partire con te, per iniziare davvero... insieme. Spero che tu non sia impegnato..." disse impacciata, tutto d'un fiato. Poi, dopo una pausa, riprese e disse la cosa più importante: "Ho deciso di lasciare Robert dopo Natale”.

In realtà quel regalo era molto di più: significava che lei aveva davvero deciso con chi stare e che voleva viversi Michael alla luce del sole. Michael guardò quelle carte preziose e poi guardò lei, decise di non commentare, ma di dimostrarle quanto fosse felice. Ai problemi, al gossip, ai giornali e a tutto il resto avrebbero pensato con il tempo: l’importante è che lei fosse finalmente sua.
“Impegnato? Si certo, a fare l’amore con te, in Italia. Grazie” e la baciò dolcemente, sentendosi davvero appagato. Poi la spinse dolcemente giù per ringraziarla davvero e le disse: “Iniziamo a fare pratica, che dici?!” Julia scoppiò a ridere e non tornò più a casa.

Il Natale era arrivato, e Julia era più depressa che mai. Aveva litigato, ancora, con Robert, cosa che ormai la snervava. Inoltre ci si era messa sua madre, che per darle una mano, aveva iniziato a chiamarla ossessivamente per sapere come avrebbe risolto il problema, come lo chiamava lei. Quel giorno, mentre caricavano la macchina per partire arrivò addirittura a dirle “Julia, te lo dico in maniera molto serena: non farmi fare figuracce davanti ai Wilson, o te ne pentirai”. Sembravano tornate a quando aveva dieci anni e doveva andare a fare merenda ad un’amichetta. Julia evitò di risponderle come avrebbe voluto, anche perché vicino a lei c’era Robert: glissò il discorso e sperò che le festività passassero presto. Natale, pensò mentre finiva di impacchettare tutto, e poi tutto sarebbe finito. 

Mentre chiudeva il portone incontrò l’avvocato anziano dello studio, che passava di lì con la moglie, intenta a cercare gli ultimi regali. L’uomo fu gentile e premuroso come al solito, salutando anche Robert e informandosi di quale affascinante viaggio stessero per fare. Conversarono qualche minuto, poi Robert si allontanò per rispondere al cellulare, scusandosi con l’anziana coppia. L’avvocato prese la palla al balzo e agguantò Julia per un braccio, allontanandola un pochino. La ragazza non si aspettava un gesto simile e si preoccupò: forse l’avvocato voleva rimproverarle qualcosa, d’altronde ultimamente Julia si era impegnata come al solito in ufficio, ma aveva cercato anche di ritagliarsi più tempo per se, cosa che in passato non era quasi mai capitata. Invece l’uomo la spiazzò dicendole: “Julia, cara, è tempo che volevo dirti questa cosa: sono felice che ultimamente hai deciso di tagliare qualche ora per te stessa, ti farà bene alla salute e anche il tuo lavoro sarà migliore. Ora, credo di sapere quale sia il motivo… sai ogni tanto dalla finestra dello studio mi affaccio anche io, Julia. Non lasciartelo scappare: nessuna donna dovrebbe abbandonare chi riesce a farla sentire tale. Sono un impiccione, non dovrei ficcare il naso: ma prendi questa conversazione come un regalo di Natale da parte di un vecchio romantico.”
Julia rimase a bocca aperta: sua madre la ostacolava, mentre l’uomo che dirigeva il suo studio e per il quale lei avrebbe dovuto essere niente più che una dipendente, non solo aveva colto tutto, ma la esortava a non lasciarsi scappare niente. O meglio, nessuno. Annuì sinceramente commossa, sentendosi per un attimo più leggera e meno in colpa. Poi tornarono verso i rispettivi partner, si salutarono e ognuno andò per la propria strada. Julia seguì con lo sguardo l’avvocato e si disse che qualsiasi cosa fosse successa, forse avrebbe dovuto fidarsi di più di quell’uomo in futuro.

Arrivarono alla tenuta dei Wilson verso le diciassette. Il tempo non era dei migliori, faceva molto freddo e l’aria minacciava pioggia a dirotto. Erano arrivati per ultimi, dopo un viaggio durato poco più di ore in assoluto silenzio, se non per chiedere quanto mancasse all’arrivo e proporre qualche caramella.

Julia salutò tutti e poi andò nella loro stanza, con la scusa di un forte mal di testa: aveva bisogno di rilassarsi. E di chiamare Michael. Parlarono qualche secondo, con Julia chiusa nel bagno della stanza per paura di essere sentita. Michael era in America per lavoro e ci sarebbe rimasto almeno fino a gennaio, anche se ancora non sapeva precisamente quando sarebbe tornato a Londra. Era così bello sentire la sua voce, che Julia si perse nel tempo, senza guardare più l'orologio: seduta per terra, davanti la finestra, continuò ad ascoltarlo per quelle che sembrarono ore. Ma la porta della stanza che si apriva fu il segnale che il loro tempo era finito, si salutarono in fretta e Julia promise di chiamarlo più spesso possibile. 

La cena passò lentamente, fra i soliti discorsi e il matrimonio che usciva fuori ogni tre parole. Robert ad un certo punto si alzò in piedi e, levando il bicchiere in aria, disse: “Volevamo dirvi che finalmente abbiamo deciso la data: ci sposeremo il 3 Marzo”. Julia si sentì in dovere di alzarsi vicino a lui e accennò ad un timido sorriso, che però forse avrebbe dovuto essere un po’ più solare per essere credibile. Fortunatamente il suppliziò finì velocemente e Julia andò nella veranda della casa a leggere. Fu lì che la raggiunse sua sorella.

“Ehilà, così il 3 Marzo diventi una Wilson: un sogno che si avvera”. Julia non sapeva come reagire, ma era stanca di fingere.
“Judith, ho conosciuto un’altra persona.”
“Julia stai scherzando? Mi stai prendendo in giro?”
“Ma che avete la risposta incorporata te e la mamma!? Diavolo…”
“Quindi vuol dire che la mamma lo sa? E come l’ha presa?”
“Oh sta tranquilla: mi ha subito fatto capire che sono una pazza e che non vuole assolutamente che la nostra famiglia sia coperta di vergogna a causa mia. Figuriamoci…”
La sorella sospirò, cercando una risposta adatta da dare.
“Ma tu ami Robert, insomma…”. Julia non ne poteva più e sbottò, alzandosi in piedi ed iniziando nervosamente a camminare su e giù.
“Insomma cosa?! Chi ve lo dice che io amo Robert, scusate? Ma ci siete voi dentro la mia testa? La verità è che Robert è il porto sicuro, quello che so benissimo che non mi farà mai del male, che mi sta vicino e mi assicura una vita tranquilla, senza problemi, senza niente. Ma è tutto così piatto da tempo, ormai. E’ tutto così ordinario, io non sto più bene, mi chiudo nel lavoro perché è l’unica cosa che mi tiene viva. E Michael, invece…”, si accorse di averlo nominato e si fermò un secondo. Sentì un sorriso nascerle sul volto e un’energia dentro, così continuò: “… beh lui è straordinario, con lui niente è normale, non so mai cosa succederà domani, ma c’è un’intesa pazzesca, c’è qualcosa che non riesco a spiegare. Io mi sento come se tutto il mondo fosse meraviglioso, quando sto con lui”. Smise di parlare e si rese conto di aver detto tutto d’un fiato. Sua sorella la guardava come se fosse un’aliena e disse solamente:
“Fa quello che credi, ma posso dirti che la vita non è solo euforia: ad un certo punto devi fermarti e diventare grande, Julia. Buonanotte.”
Perfetto, aveva anche sua sorella contro. Scoppiò a piangere, uscì all’aria aperta e sperò che tutto finisse al più presto.

Il giorno dopo, vigilia di Natale, si alzarono tutti con un ottimo umore. Julia aveva calato una maschera sul suo viso e si convinse che fra qualche giorno sarebbe tornata a Londra, a casa sua. Fu tutto molto concitato e come al solito pesante: pranzi sfarzosi tutti insieme, cene altrettanto, thè delle cinque discutendo di bomboniere e abiti adeguati. La signora Wilson fu molto gentile nel dire loro che il catering lo avrebbe scelto personalmente, per essere sicura che potessero affrontare un matrimonio in grande stile. Pregando, ovviamente, Julia di non prendersela.

Julia affrontava le cose con diplomazia e facendo lunghe passeggiate nel paese, che le era sempre piaciuto molto e la rilassava. In realtà quelle uscite in solitaria, che tutti avevano leggermente sottovalutato, erano un modo per sentire Michael. Passavano al telefono tantissimo tempo, il più possibile: lui le raccontava come andava negli States, e lei evitava di dirgli quanto le cose lì fossero particolarmente sgradevoli. In realtà un giorno gli disse che erano sempre state così, ma lei era sempre stata molto disattenta per accorgersene, mentre ora aveva un motivo per rendersene conto: lui.
Natale passò e Julia era sempre più allegra: il 27 dicembre sarebbe tornata a Londra! Quello che successe però il giorno di Natale cambiò i suoi piani.

Quel giorno, dopo l'ennesima passeggiata in solitaria, che ormai non stupiva più nessuno, Julia si era rintanata sotto la doccia, cercando di scaricare la tensione del pranzo di Natale, che tutto era stato tranne che una bella festa di famiglia. Il pensiero che se non fosse arrivato Michael avrebbe passato tutta la vita così la atterriva: doveva tenere a mente di ringraziarlo, anche per quello. Alla radio parlavano dei Coldplay, che sarebbero usciti con un nuovo album in primavera e dissero che probabilmente avrebbero incluso l’Italia nel tour promozionale. Julia rise d’istinto, pensando all’Italia: il suo sogno che diventata realtà, per di più con Michael. Non smise di sorridere passandosi la spugna sul corpo e pensando che erano giorni che non facevano l'amore e lei iniziava a sentire la mancanza del suo tocco, delle sue labbra e dei suoi baci. Iniziò a toccarsi con più audacia, chiudendo gli occhi e pensando solamente a Michael. 

Quando uscì dal bagno, rilassata e rigenerata, ed entrò nella camera, vide Robert seduto sul letto che guardava un giornale. Sulle prime non notò niente di particolare e decise di andare verso l’armadio per prendere i suoi vestiti, ma appena mosse un passo, l’uomo la fulminò con lo sguardo e le disse, con il tono più gelido possibile: “Sei una puttana.”

Julia rimase immobile, non sapeva cosa fare e cosa dire, ma soprattutto non sapeva da cosa emergeva quella rabbia. Certo, lui sapeva che fra loro le cose erano cambiate, anche se si ostinava a non volerlo accettare. Julia, date anche tutte le pressioni della famiglia, aveva deciso di parlargli solo dopo Natale, in modo da non dover affrontare l’astio di tutti tutto insieme. Ma ora che succedeva? Provò ad avvicinarsi a lui, ma quello che ottenne fu che Robert le scaraventò addosso la rivista che stava leggendo. Le si coprì il volto istintivamente, ma poi si chinò a raccoglierla: quando vide la copertine le si gelò il sangue. C’era un Michael preso di striscio con vicino una donna che rideva. Non si vedeva bene, la foto era sfocata e la donna era girata per metà, ma un uomo che sta con te sette anni sa riconoscerti ovunque, anche da un capello. Quella donna era lei.

Dentro c’era un articolo fin troppo sospettoso su chi fosse e che ruolo ricoprisse la misteriosa donna al fianco di Michael Fassbender, e si accennava alla possibilità che fosse con lui nella sera del Golden Globe, così da chiarire il mistero a tutti. Julia sentì improvvisamente un nodo alla gola e le parole morirle prima di uscire dalla sua bocca, ma non poteva fare finta di niente. Quello che la stupì più di tutto fu che i suoi pensieri fossero completamente diretti a Michael: che impatto avrebbe avuto tutto quello su di lui e sulla sua carriera? Doveva avvertirlo, o forse lui già sapeva. 

“Un cliente eh. Ed io cretino che ci sono cascato.” Disse Robert, infervorandosi e riportandola bruscamente alla realtà. 
“Robert, ascoltami, io non voglio ferirti, davvero, però…” rispose, tentando di tenere la voce il più calma possibile. 
“Stai zitta. Non parlare, non ne hai diritto. Mi hai tradito con uno qualunque. Cos’era la fama che ti faceva gola? I suoi soldi? Cosa?”, stava diventando antipatico e ingiusto.
“Smettila di fare lo stupido, non ti si addice” aveva perso anche lei la sua gentilezza. Posò il giornale e decise che non poteva più attendere.
“Robert, fra noi le cose non vanno da tempo, lui non c’entra niente. E tu lo sai benissimo: sono mesi che provo a dirti che vorrei parlare, che vorrei fare un viaggio con te, che vorrei qualcosa di più, che mi sento spenta e tu liquidi tutto con frasi fatte e stupidi regali. Ora vieni a dirmi che ti senti tradito? Avresti dovuto ascoltarmi”.
“Ah, pure. Ora la colpa è mia. Interessante come tu riesca a girare le cose, è ovvio che tu sia un avvocato, sei molto brava. Tu hai detto di amarmi, hai detto che volevi sposarmi, mi hai mentito, mi hai messo in ridicolo, ti rendi conto?” ora urlava. Sicuramente non era difficile che qualcuno li sentisse, ma non gli importava molto.
“Io non ti ho mentito, sono settimane che ti dico che dobbiamo parlare e la tua risposta è sempre il 3 Marzo! Diavolo, Robert: un uomo innamorato si interessa se la sua fidanzata vuole dirgli qualcosa. Tu volevi solo mettermi l’anello al dito per poi ricattarmi, perché rompere un matrimonio è molto più difficile che lasciarsi e ciao. Mi sembra strano che tu non abbia voluto scegliere una data più vicina.”
“Tu non hai nessun diritto di parlarmi così. Sei una puttana, mi hai messo le corna con quello là, quell’attoruncolo da quattro soldi. E quando lui ti lascerà in mutande per un’altra che farai? Tornerai strisciando?”
“Io non tornerò. Sono fortunata a volermene andare" sibilò lei astiosa e con i nervi a pezzi. Non ne poteva più di lui, del suo non voler ascoltare, della sua boria e dei suoi insulti. 
“Sei un’ingrata. Almeno ti scopa bene?! Sicuramente avrà avuto più chance di me in questo campo… sono mesi che non facciamo l’amore.”
“Non certo per colpa sua. Fatti un esame di coscienza, ogni tanto.” E dicendo quello lo sentì pericolosamente vicino.
“Vai subito fuori da casa mia, troia. E non farti più vedere.” Le disse in un sibilo, vicinissimo al suo viso.

Julia prese la valigia, gettò le sue cose dentro velocemente, si vestì prendendo abiti a caso, si legò i capelli e scese. La videro tutti, ma non disse niente, ci pensò Robert dalla cima delle scale:
“Sentite qua, gente: la signorina ha un amichetto con cui le piace divertirsi mentre io lavoro per garantirle una vita splendida. Fantastico, no!?” e gettò il giornale al piano di sotto. Sua madre corse a raccoglierlo per vederlo, mentre la madre di Julia era impietrita e la guardava con odio. Julia osservò quella che doveva essere la sua famiglia, poi mise il cappotto ed uscì. Solo allora, all’aria aperta del pomeriggio di Natale, scoppiò a piangere e si sentì distrutta. Era libera, ma le era costato parecchio.

Prese il cellulare tremando e provò a chiamare Michael: era staccato. Non si perse d’animo e andò alla stazione dei pullman per tornare a Londra. In meno di tre ore era nella Capitale. Dopo mezz’ora era a casa, ma trovò un’amara sorpresa: le sue chiavi non aprivano più. Robert aveva sicuramente chiamato qualcuno, pagandolo profumatamente, per cambiare la serratura. D’altronde la casa era intestata alla sua società, che un anno prima gliel’aveva concessa come bonus di fine anno. Ora sapeva che non avrebbe dovuto accettare di andarci a vivere, ma lei pagava un affitto altissimo, e quella casa era deliziosa, gratis e in posizione ottima per andare allo studio. Lo odiò con tutta se stessa, uscì di nuovo per andare in un albergo quando il cellulare squillò: “Ju, tesoro, come stai?” la sua voce. Scoppiò di nuovo a piangere, non riusciva a parlare, a dire nulla. “Ehi, che succede, Julia, parlami: che hai?”
“E’ finita, Michael. E’ tutto finito.” Dall’altro capo del filo ci fu il gelo.
“No aspetta Julia, ti prego aspetta che io torni a Londra, parliamone almeno.”
“Ma no, Michael: è finita con Robert. Sono tutta tua, non ho più una famiglia, una madre, un padre, forse neanche una sorella, ma sono tutta tua. Ah dimenticavo: non ho più neanche una casa.”
“Piccola, come non hai una casa?”
“Robert ha fatto cambiare la serratura, tempo che io sono tornata a Londra con un pullman. La casa era della sua società. Chissà quanto avrà pagato, il giorno di Natale, per farmi questa cattiveria. Vado in albergo per qualche giorno.”
“Ma no aspetta. Prendi un aereo, vai in Irlanda, a casa mia. Le chiavi potrai trovarle dalla signora Ginny, in paese. La avverto io.”
Julia ci pensò qualche secondo. In realtà voleva solo mettersi a letto e dormire, aveva freddo ed era stanca, però l’idea di non starsene in hotel, ma in quella casa meravigliosa, dove nessuno avrebbe potuto trovarla, le sembrava un toccasana. Al pensiero si sentiva già meglio. Accettò e prendendo un taxi per l’aeroporto, si fece spiegare da Michael tutto il necessario.

In tarda serata entrò nella villetta di Michael, sulla scogliera. La signora Ginny era stata gentilissima e si era offerta anche di accompagnarla personalmente alla casa, ma Julia rifiutò cortesemente. Prese le chiavi, ringraziò la signora per averla aspettata a quell’ora della sera e andò via.

La casa fortunatamente non era gelida: la signora Ginny, non appena ricevuta la telefonata di avvertimento di Michael, era cosa alla villetta per accendere i riscaldamenti. Julia pensò che quella donna meritava un regalo enorme! Si fece una tazza di thè e solo quando fu sul divano, avvolta dalla coperta, chiamo Michael.
“Sono arrivata, sono sana e salva e sono a casa tua. La signora Ginny è stata davvero splendida.”
“Bene, ora puoi spiegarmi cosa è successo? Stamattina era tutto tranquillo.”
Julia fece un sospiro e iniziò a raccontare tutto a Michael, foto sul giornale comprese. Pensò che forse lei non era l’unica a doversene preoccupare. Lui non disse niente e ascoltò pazientemente il racconto fino alla fine, poi disse solo: “Che stronzo. Mi dispiace, tesoro… davvero, mi dispiace tanto.”
“Ora sto bene. Questa casa è davvero capace di azioni terapeutiche!” riuscì a sorridere. Michael ebbe giudizi altrettanto coloriti sulla sua famiglia, che non le era stata accanto, ma parve non preoccuparsi del giornale e delle foto, cosa che Julia notò con stupore.

Il giorno dopo Julia si alzò ritemprata, ancora scossa ma molto più tranquilla. Guardò il cellulare e vide come nessuno l’aveva cercata: era chiaro da che parte la sua famiglia si fosse schierata. Sapevano benissimo che non era potuta entrare in casa, quindi per quanto ne sapevano loro poteva essere per strada, e non si erano neanche degnati di mandarle un messaggio, di informarsi se stesse bene. Quella che la deluse di più fu sua sorella: Judith le aveva promesso di starle sempre vicina, invece si era imborghesita anche lei, appresso a tutta una serie di lavaggi del cervello che le avevano troncato la capacità di sognare e decidere per se stessa. Pensò che tanto valeva spegnere il cellulare e rilassarsi davvero. Decise di pensare alla sua vita a Gennaio, quando sarebbe tornata a Londra e avrebbe risolto anche il problema casa: sicuramente avrebbe dovuto riprendere le sue cose, ma ora non era un problema. Aveva bisogno di tempo. Prima di spegnere il cellulare, mandò un sms al socio anziano dello studio: “Avvocato, scusi l’orario e il modo ma devo chiederle qualche giorno di ferie in più. Mi dispiace avvertirla così, ma spero che capirà. La ringrazio e la chiamo domani. Ps. Ho seguito l’istinto. Julia.” Aspettò la conferma, che arrivò dopo qualche minuto: “Julia, lo studio è chiuso, le cause sospese, non c’è fretta. Ci vediamo a gennaio. Ps. Sono dalla tua parte”. Sorrise e spense il cellulare.

Passò i giorni seguenti a pensare a se stessa. Fece spesa, andò a salutare più di qualche volta la signora Ginny, che fu sempre molto gentile, e comprò qualche vestito. La vita era molto rilassata, quasi rallentata, rispetto a ciò a cui lei era abituata, ma dopo un paio di giorni capì perché Michael aveva voluto una casa proprio lì. Sperava che il paese non vociferasse troppo su una donna straniera arrivata all’improvviso a casa di Michael, mentre lui era via. Ma decise di non farci caso, comunque. Pensò solo se voleva passare la sua vecchiaia lì. 
  
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