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Autore: Tati Saetre    20/07/2014    10 recensioni
Edward ha 30 anni, capo della Cullen Media Group, è un uomo presuntuoso, egoista e viziato.
Isabella ha 28 anni, direttrice di una delle Gallerie d'arte più famose di New York, è in cerca dell'uomo della sua vita.
Che cosa li accomunerà per il resto delle loro vite?
Genere: Drammatico, Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan | Coppie: Bella/Edward
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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Ottavo capitolo – Emozioni

Ottavo capitolo – Emozioni

 

6 Ottobre 2001

 

 

“Tesoro, stai attenta!” Urlò Bella, mentre Emma la sorpassò di corsa, con in mano una dozzina di palloncini colorati. Alzò gli occhi al cielo, ma le scappò anche un sorrisino. Non poteva mai dire di no a quelle due pesti.

Ormai erano passate più di due settimane, il lavoro al MoMa procedeva alla grande, tanto che aveva instaurato un buon rapporto con Rosalie Hale. Le bambine continuavano ad andare ed odiare la scuola, entrambi allo stesso tempo.

E con Edward sembrava procedere tutto a… rilento. Le cose si erano sistemate, non si ammazzavano mai, e se lo dovevano fare cercavano di stare il più lontano possibile dalle bambine. Ma Bella sapeva che c’era qualcosa che non andava. Dalla sera che era uscita con Mike Newton, la situazione era cambiata. Edward era uno zio ed un tutore perfetto: aiutava in ogni modo, portava sempre le bambine a scuola, e poi le riandava a prendere. Se era necessario si portava il lavoro a casa, per non fare su e giù dal centro di New York. Eppure qualche volta sembrava cadere dalle nuvole.

“Questo dove lo metto?” Appunto.

“Cos’è?”

“Lo striscione con scritto ‘Tanti auguri Mia.’”

“Oh.” Bella si guardò intorno, indicando poi due gancetti appesi al muro. “Lì, davanti alla porta. Così lo vede appena entra.”

Ma se ancora non sa leggere!”

“Hai già finito di gonfiare i palloncini?” Bella squadrò dalla testa ai piedi Emma, che sconsolata fissava tutto ciò che la circondava: un tavolo pieno di regali, palloncini di tutti i colori appesi ovunque, il salone sgombrato dall’enorme tavolo e lo striscione che augurava buon compleanno alla sua sorellina. Ecco, il problema era che tutto quello era per la sua sorellina, e non per lei.

“Ho finito.”

“Vieni qui.” Bella la prese in braccio, solleticandole piano il pancino sino a sentire la sua risata ilare.

“Quando arriva il mio compleanno?”

“Il tuo compleanno è a Giugno, tesoro.”

“Proprio come il mio. Faremo una grande festa insieme.” Disse Edward, avvicinandosi a loro due.

“Non voglio fare una festa con te. Tu sei maschio e vecchio.” Edward assottigliò gli occhi, mentre Bella cercò di trattenere una risata. Ma fu quasi impossibile, finché il campanello suonò ed Emma scese dalle braccia di sua zia.

“Divertente, eh?”

“E’ una forza della natura, quella bambina.” Edward le diede una lieve spallata.

“E’ una forza della natura quando prende in giro me. Invece quando spreme l’intera confezione di dentifricio nei tuoi cassetti, non è affatto divertente.”

Che rompipalle.” Bella sussurrò quelle parole, prima di raggiungere a braccia aperte suo padre.

A Forks era riuscito a prendere qualche giorno di ferie, prima di Natale. Così da poter venire al compleanno di Mia.

“Ciao papà.”

“Ciao tesoro.” La abbracciò affettuosamente, e a lei le si inumidirono gli occhi.

“Mi sei mancato.”

“Anche tu. Dov’è Mia?” Charlie trascinò dietro di sé un enorme pacco, incartato con degli orsacchiotti sopra.

Jake e Leah sono andati a prenderla a scuola.”

Leah ancora riesce a muoversi?” Bella rise, guardando suo padre.

“Sì, papà. Dovrebbe partorire a giorni, ma si rifiuta di stare a riposo. Però il dottore ha detto che non è a rischio, quindi può fare tutte le cose che faceva prima.”

“Povero Jake.”

“Povero Jake davvero.” Edward diede corda al Signor Swan, immettendosi nella conversazione.

“Edward Cullen.”

“Sceriffo.”

“Smettila di chiamarmi così, Edward. Non sei mai venuto a Forks, e non mi hai mai visto in uniforme.

Però mi piacerebbe molto, Charlie. Soprattutto sparare qualche colpo con la tua pistola.

“Comportati male con le mie bambine, e vedrai quanti colpi sparerò io, Edward.” Anche se il rapporto fra  Edward e Charlie era molto tranquillo ed amichevole, dopo quell’affermazione il primo deglutì rumorosamente, facendo riprendere le risate di Bella interrotte poco prima.

“ECCOLI!! ECCOLI!!” Emma corse per tutta casa, trascinando per le mani suo nonno Carlisle e sua nonna Esme.

Jake intanto stava parcheggiando nel vialetto, mentre Mia attraversò di corsa tutto il giardino, arrivando alla porta ed iniziando a sbattere i suoi piccoli pugni su di essa, perché ancora non riusciva ad arrivare al campanello.

Bella aprì la porta, trovandosi davanti a Mia, che a malapena arrivava alle sue ginocchia, in tenuta scolastica. Gonnelina a quadri, camicetta bianca e maglioncino grigio. Non fece nemmeno in tempo ad entrare, che tutti quanti urlarono ‘Auguri’, provocandole una smorfia basita e i suoi occhioni che si allargavano.

Hey, tesoro non piangere. Sono solo i nonni ed alcuni amichetti di scuola.” Bella la prese in braccio, convinta che stesse per scoppiare da un momento all’altro. Invece Mia tirò su la faccia, la guardò per qualche secondo prima di fare nuovamente quella smorfia triste.

“Che succede?”

Guadda come tono vetita male!” Urlò fra le lacrime, facendo scoppiare metà casa in risate rumorose.  

 

 

La casa era piena di persone: dopo l’entrata in scena di Mia erano arrivati James e Laurent, portando dietro di loro un cavallo gonfiabile più alto di Bella. Carlisle ed Esme invece stavano sempre dietro alle loro nipotine, e così anche i genitori di Jasper. Jake non aveva perso tempo, ed appena aveva visto Charlie iniziarono a chiacchierare di tutto ciò che si erano persi; il primo a Forks ed il secondo a New York. Bella stava in disparte, con un piattino di carta in mano pieno di schifezze varie, fra pizzette e rustici che aveva preparato lei la mattina stessa.

“Ti devo parlare.” Edward le strinse il gomito, trascinandola ancora più lontano da tutte quelle persone.

“Che succede?” Domandò, ormai lontani da occhiate indiscrete.

“Ti ricordi quando mi hai proposto quella cosa del calendario? Per far coincidere i nostri impegni?” A Bella le si illuminarono gli occhi.

“Mr. Cullen, hai per caso un appuntamento?” Lui alzò gli occhi al cielo, sbuffando silenziosamente.

“No,” disse di slancio, ma pentendosene qualche secondo dopo. “Okay, forse.”

“Chi è la fortunata?”

“Per adesso non te lo dico. Comunque, non è di questo che ti volevo parlare.

“Allora?”

“Ho un congresso in Italia, la prossima settimana. Dovrei partire lunedì, e tornare il venerdì successivo. E’ un problema?” Bella sorrise guardando il suo viso preoccupato.

“No, che non è un problema.”

“Ti lascio la macchina, così potrai portare le bambine a scuola.”

“Mi lasci la tua Volvo?” Sgranò gli occhi, fingendosi preoccupata. In realtà, lo era veramente.

“Sì, Isabella. Ti lascio la mia Volvo. Non me ne far pentire, ti prego.”

“Tranquillo. E non preoccuparti nemmeno di questo fantomatico appuntamento. Anzi, se questa preda è libera, puoi uscirci anche stasera.

“Stasera?”

“Edward, sono appena le cinque del pomeriggio. Vai, e divertiti. Emma e Mia alle otto saranno esauste.”

“Sei sicura?” Questa volta fu Bella, a sbuffare.

“Sono sicura. Vai a chiamarla. Vedrai che non te ne pentirai.”

Peccato che inconsapevolmente, sarebbe stata proprio Bella a pentirsi di quel dannato appuntamento.

 

 

“Hai vitto che bello il cavallo?” Era la centesima volta che Mia lo ripeteva, seduta su quel cavallino gonfiabile mentre faceva su e giù da almeno mezz’ora.

Tia Bella? Hai vitto che bello il cavallo?” Bella alzò gli occhi al cielo, cercando di non farsi vedere.

“E’ bellissimo, tesoro. Stupendo.” Le regalò un sorriso a trentadue denti, e la bambina felice continuò a dondolare.

“Emma?”

“Che c’è?”

“Hai vitto che bello il mio cavallo?”

Oh, Dio. Fa che tutto questo finisca presto.

“Sì, Mia. Zia Bella?”

“Sì?”

“Ma dov’è zio Edward?” Bella sorrise, pensando a Edward che un’ora prima si era agghindato per il suo primo appuntamento dopo… parecchio tempo.

“Aveva delle cose da sbrigare.”

“Oh. Torna a dormire?”

“Veramente non lo so, tesoro.” In effetti era la verità, Bella non sapeva se Edward sarebbe tornato o meno, quella sera. “Però è ora che voi due andiate a dormire, piccolette.” Prese Mia in braccio staccandola da quel cavallo, mentre Emma le seguì entrambe sulle scale.

“Zia Bella?”

“Sì?” Sussurrò lei, arrivata finalmente nella loro piccola stanza.

“Mi leggi Harry Potter?” Bella prese il primo volume di quella saga dal comodino di Emma, si infilò nel letto con entrambe ed inizio a leggere qualche capitolo. Mentre la primogenita ascoltava interessata, e la seconda ad ogni parola interrompeva con un ‘pecché succede questo’ e ‘i cappelli non pallano.’

 

 

“Si sono addormentate?”

“Dopo avergli letto metà Harry Potter sono crollate.” Bella si sedette accanto a suo padre, che stava guardando la TV sul divano.

Era riuscito a convincerlo a restare lì per cinque giorni, perché prendere un hotel sarebbe stato scomodo, e poi quella casa era enorme, e potevano ospitarlo senza problemi.

“Sono fantastiche.” Disse Charlie, prima di spegnere la TV e voltarsi verso sua figlia. “Tu come stai?”

“Benone, papà. Solo un po’ stanca.”

“Ci riesci? Lo sai che Esme e Carlisle sono sempre disponibili.

“Papà, è quasi passato un mese. E se non le ho lasciate ad Esme e Carlisle all’inizio, non lo farò ora. Ce la faccio. E Edward mi aiuta tantissimo.”

Charlie le rivolse quell’occhiata sconsolata che le faceva sempre da quando era bambina, per lo più quando non era d’accordo con lei.

Nella sua vita Bella ne aveva prese di decisioni sbagliate, eppure aveva fatto tutto sempre di testa sua. Ma era pur sempre la sua bambina, e lui doveva prendersi cura di lei.

“A proposito di Edward, e chi l’avrebbe mai detto? Mi è sempre sembrato un ragazzino viziato, e invece…

“Invece è un uomo fatto e finito, papà. Aspetta un secondo.” Bella si alzò, dirigendosi verso la cucina, cioè verso il suo cellulare che stava squillando.

“Pronto?”

Bells?” Non aveva visto chi la stava chiamando sul display, ma aveva riconosciuto subito quella voce.

“Jacob?”

“Sto portando Leah in Ospedale. Le si sono rotte le acque!”

“Okay, stai calmo! Due secondi e parto da qui, Jake. Resta calmo!”

“JACOB BLACK! POSA QUEL MALEDETTO TELEFONO!” Bella sentì anche in lontananza le urla di Leah, e capì che Jake in quel momento non conosceva nemmeno il significato della parola calma.

 

 

Salì a due a due le scale dell’Ospedale, finché non arrivò fuori al reparto che cercava. Se ne rese conto perché seduti nella sala d’aspetto c’erano Esme, Carlisle, i genitori di Leah, Edward e… la signorina Jessica?

Fai sul serio, Edward?

“Bella.” Esme si alzò la abbracciò calorosamente. “Come stai? Le bambine?”

“Tutto bene. Stanno dormendo, e Charlie è rimasto con loro.

“Se vuoi vado io. Charlie è come un padre per Leah e Jake. Sono sicuro che gli farebbe molto piacere stare qui.” Bella valutò l’offerta di Carlisle, poi però decise che era meglio mantenere le cose come stavano. Suo padre avrebbe passato un po’ di tempo con le bambine, e poi il giorno dopo sarebbe andato a trovare Leah in Ospedale.

“Tranquillo. Non è il tipo che…”

“JACOB BLACK!”

Non è il tipo a cui piace assistere a certe cose, pensò Bella, sentendo le urla della sua amica anche da lontano.

“Capisco perfettamente.” Disse Carlisle, lanciandole un’occhiata comprensiva, prima di andare incontro ad un suo collega. In fondo quello era anche il suo Ospedale.

“Sono state brave?”

Oh, mi ero quasi dimenticata di te Edward.

“Bravissime.” Fece un lieve sorriso di circostanza alla signorina Jessica, poi si sedette accanto ad Esme, che aveva delle occhiaie pronunciate e una tazza di caffè in mano.

“Tu invece come stai?”

“Stanca.” Rispose Esme, ma sempre mantenendo quel sorriso dolce che riservava a tutti.

Sapeva benissimo che la stanchezza di Esme era dovuta da vari fattori, ed anche se era passato quasi più di un mese, aveva sempre perso la sua bambina. Bella ormai da giorni si era resa conto che la signora Cullen faceva quasi fatica a restare nella stessa stanza con le sue due nipotine, che erano il ritratto di Alice e Jasper.

“Perché non vai a casa? Ci restiamo noi qui, con Leah.” Le accarezzò dolcemente i capelli, cercando di confortarla.

“Ti ricordi quando sono nate Emma e Mia?” Bella sorrise, perché lo ricordava benissimo.

Ricordava un’Alice diciannovenne appena incinta, che non sapeva nulla del mondo lì fuori.

Ricordava Esme e Carlisle che non le avevano parlato per giorni, per poi perdonarla con regalini per la piccola.

Ricordava il volto livido di Jasper, dopo che Edward gli aveva dato un pugno in pieno viso.

Ricordava il travaglio di Alice, e le urla che lanciava contro il povero Jasper.

E ricordava perfettamente gli occhioni grandi e spaesati di Emma, quando l’infermiera la portò fuori dentro quella piccola culla.

“Non potrei mai dimenticarlo.”

“Sei una zia perfetta, Bella. E sarai una mamma splendida, te lo posso assicurare. Le si inumidirono gli occhi, ma cercò di non piangere. Perché sapeva che Edward la stava fissando, tenendo il suo sguardo puntato su Bella da un po’.

“NON FARO’ MAI PIU’ UN FIGLIO! TIRATEMELI FUORI!” Ed ovviamente Leah era riuscita a rovinare quel momento di pace e calma anche se non era presente, ma meritandoselo tutto.

 

 

“Oh, Dio.” Due piccoli fagottini erano avvolti da una copertina blu e da una rosa. Alla fine i gemelli si erano rivelati essere una coppia: un maschietto ed una femminuccia. Per la felicità di entrambi i loro genitori, che ora si tenevano le mani.

Leah con il viso stravolto dalle quasi nove ore di travaglio, ma Jacob ancora più stravolto di sua moglie.

“Avete fatto due capolavori.” Bella continuava a guardarli estasiata. Erano così piccoli e così ingenui. Non sapevano nulla di ciò che li circondava, e sarebbero stati amati alla follia da tutti quanti.

Potevano entrare due persone alla volta in quella stanza, e loro avevano deciso di aprire la porta a Bella e Edward. Soltanto che quest’ultimo era impegnato in una telefonata importantissima, perdendosi quello spettacolo.

“Scusate.” Edward entrò in quel momento, posando il cellulare nel taschino della giacca ed avvicinandosi a Bella. La signorina Jessica se ne era andata ore prima, forse dopo aver capito che era un po’ di troppo, in quella stanza.

Si fermò davanti alle due culle, ammirando anche lui i figli di Jake e Leah. Bella lo stava osservando da un po’, e notò che aveva dischiuso la bocca e i suoi occhi si erano fatti quasi lucidi.

Hai anche tu dei sentimenti, Edward Cullen?

“Ora vogliamo sapere la cosa più importante.” Esordì Bella, toccando lievemente la manina di entrambi. “Come li avete chiamati?”

“Glielo dici tu, o glielo dico io?”

“L’idea è stata di entrambi…”

“Ti ho chiesto se vuoi dirglielo tu o no, scemo.”

“Giuro che se iniziate a litigare anche ora, me ne vado.” Esordì Edward, con gli occhi socchiusi. Quei due erano incredibili.

“Edward, Bella” Annunciò Leah, prendendo un bel respiro. “Vi presentiamo Mary Alice Black e Ronald Jasper Black.”

Senza dire una parola, dietro le culle di Mary e Ronald, le mani di Edward e di Bella si trovarono contemporaneamente, stringendosi forte.

 

 

Sei stanca?” Edward chiuse lo sportello della Volvo delicatamente, cercando di fare meno rumore possibile. Erano quasi le cinque del mattino, e finalmente erano riusciti ad uscire da quell’ospedale, concedendosi qualche ora di riposo. Poi avrebbero svegliato le bambine per accompagnarle da Leah e per far conoscere i loro cuginetti ad entrambe.

Emozionata è la parola giusta.”

Entrarono entrambi in casa, restando immobili nell’ingresso, mentre l’alba era ormai incombente e la casa iniziava ad illuminarsi.

“Sono stati fantastici.” Disse Edward, stropicciandosi gli occhi stanchi e rossi. Poi, posò di nuovo lo sguardo su Bella. Rimasero qualche minuto in silenzio, accompagnati dal ticchettio dell’orologio della cucina che scandiva i secondi che passavano.

“Che c’è?” Sussurrò Bella, rendendosi conto che Edward la stava fissando da un po’, senza dire una parola.

E non ci fu bisogno di parole, quando la tirò per un braccio facendole posare le labbra sulle sue.

La testa di Bella stava per scoppiare: non sapeva per quale motivo la stava baciando, eppure non riusciva a tirarsi indietro. Perché le labbra di Edward erano morbide e perfette per le sue. Approfondirono quel bacio capendosi immediatamente, mentre la mano di lui si posò dietro il collo di Bella, iniziando ad accarezzarlo dolcemente ed attirandola più vicino a lui.

Si staccarono nello stesso istante, con il respiro affannato e gli occhi lucidi.

Co-?” Ma non fece in tempo a finire la domanda, perché Edward la attirò ancora di più vicino a lui. Poteva sentire il battito del suo cuore, sotto quella giacca nera.

“Dormi con me, Isabella.”

Lei rimase in silenzio, chiedendosi se aveva capito bene o meno. Se tutto quello che era accaduto in quella giornata stramba era frutto della sua fantasia, o no.

“Non me lo far ripetere di nuovo. Dormi con me.” Bella a malincuore si staccò dal suo petto, dirigendosi verso il piano superiore, senza guardarlo negli occhi.

Ma con la mano stretta in quella di Edward, mentre lo trascinava per scale, chiudendo a chiave dietro di loro la porta della camera di Bella. Insieme a mille altri problemi.

 

   
 
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