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Autore: Tully_    21/07/2014    4 recensioni
-- Ispirato come luoghi o caratteristiche, alla vicenda dei Dieci Piccoli Indiani, di Agatha Christie, tra i miei libri preferiti in assoluto. --
Light Yagami, L, Misa Amane, Kiyomi Takada, Tota Matsuda, Soichiro Yagami, Sayu Yagami, Naomi Misora ricevono chi un'e-mail chi un messaggio da persone che conoscono per partire a Londra, con tanto di casa affittata, senza sapere che si ritroveranno tutti nello stesso edificio, impossibilitati a uscire. Tra intrighi e misteri, confusioni e omicidi, c'è qualcuno, il burattinaio, che sfrutta le sue marionette tirandone i fili, solo perché si annoia.
Genere: Mistero, Suspence, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: Violenza
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« Sayu! »
Tra il brusio generale di fronte alla scena, spicca l’urlo emesso in contemporanea da Soichiro e da Light, che si precipitano sul corpo senza vita della ragazza. Gli occhi sono socchiusi, come se fosse tra la vita e la morte, con gli occhi vuoti e senza nessuna luce a rianimarli; l’addome martoriato da un coltello che tiene nella mano destra, mentre il sangue, simbolo di morte, è schizzato dappertutto. Da scena dell’orrore. Oltretutto le sue labbra serrate sono state allungate con due strisce di sangue (una per ogni angolo della bocca) che vanno macabramente verso l’alto, formando un ghigno insanguinato. Spettrale.
« Lei non può essersi suicidata… Non lo farebbe mai! Chi è stato il bastardo? Chi? »
La domanda retorica rivolta a tutti i presenti, detta dal ragazzo chino a sollevare il corpo leggero della sorellina, rimane palpabile per via dell’intensità con la quale è stata detta. La razionalità è scomparsa improvvisamente, perché nessuno doveva toccargli i cari. Nessuno. E la persona che ha osato infrangere questo tabù imposto, che ha osato superare i limiti, deve essere assolutamente eliminata, che sia esterno alla casa o che sia tra quegli sporchi e falsi ospiti. Non c’è assolutamente da fidarsi. Il chiacchiericcio concitato tra tutti smette, lasciano i due Yagami immersi nel loro dolore. Il sovrintendente non ha speso ancora parole, perché è bastata una lacrima solitaria a far capire agli altri che intende trattenere la propria sofferenza: infatti ha fatto presto a strofinarsi una mano sulla guancia, in modo da asciugarsela immediatamente. Light dà un bacio sulla guancia ormai pallida e fredda della sorella, prende il coltello insanguinato, lo posa per terra e poggia Sayu sul letto, portandole sopra una coperta. “Fai un dolce riposo.” Pensano padre e figlio, insieme, consapevoli che sarà eterno. “L’unico modo che ho per vendicarla è scoprire presto l’assassino che si nasconde tra di noi. E lo farò, lo devo fare per lei. E se sarà necessario lo ucciderò, perché fecce del genere non dovrebbero nemmeno respirare la mia stessa aria.” Riflette tra sé e sé Light, uscendo dalla stanza in modo da farsi una doccia, avendo in parte i vestiti insanguinati dopo aver avuto il contatto con la ragazzina e Soichiro fa la stessa identica cosa. Nel mentre tutti gli altri non hanno minimamente voglia di dormire come prima, soprattutto perché il killer è ancora in agguato, uccidendo addirittura una povera bambina. 
« E’ morta dopo almeno dieci e violente coltellate e l’assassino è stato previdente: ha lasciato in questa stanza un mantello con cui coprirsi dal sangue e l’ha gettato. » Borbotta L, sedendosi su una poltroncina all’interno della cameretta della vittima, un po’ assorto. “Insomma, questo Burattinaio non ha pietà e uccide senza badare all’età. Interessante.” Sospira, poi ritorna a parlare. « Dubito che Sayu Yagami abbia voluto suicidarsi: nonostante sia rimasta molto impaurita dalla situazione non aveva alcun motivo di farla finita, facendo cadere nel baratro della disperazione i suoi cari. Penso che l’assassino abbia voluto farle impugnare il coltello giusto per attaccarci, per farci vedere che lui può fare di tutto. E’ molto infantile, in verità e… » Non termina nemmeno di parlare che, coi capelli castani ancora gocciolanti, fa il suo ingresso Light, che termina la deduzione dell’altro: « In compenso è… era » si corresse con tristezza « una bambina che non possedeva alcuna forza fisica in confronto a un adulto. L’assassino potrebbe essere sia un uomo che una donna, quindi qui non potrebbe essere escluso nessuno. » 
Dopo un momento di ovvio silenzio, Matsuda prende la parola. « Ma io e il sovrintendente eravamo qui, in mezzo al corridoio ed eravamo troppo assorti nei nostri pensieri senza accorgerci di nulla! Insomma, non siamo stati noi. »
« Avete un alibi valido? Qualcuno che abbia filmato la vostra presenza nel corridoio? Immagino di no, quindi siete tutti sospettati. » Ribatte freddamente L, portandosi il pollice sulle labbra pallide. « Tuttavia potreste raccontarci ognuno la propria versione dei fatti e dirci dove si trova la propria camera, in modo da farci una mappa. »
« Io ho la stanza davanti a quella di Sayu » borbotta la biondina Misa, con gli occhi bassi « Tuttavia al momento dell’urlo, anche se non mi ha visto nessuno, stavo andando su perché avevo dimenticato la valigia al piano di sopra (sbadatamente, l’avevo lasciata lì, sapendo bene che la mia camera era al primo piano) e… nulla. » Alza per un momento la testa, per poi torturarsi le mani dall’ansia. 
« Io ho la stanza al piano di sopra, accanto a quella di L e purtroppo non ho alcun alibi: ero nel gruppo che saliva al secondo piano e avrei potuto benissimo immischiarmi nella folla dopo il massacro. » Sussurra Naomi Misora, incrociando le braccia al petto, con sguardo determinato. Pare sincera. 
« Sono andato un attimo al primo bagno di questo piano poco prima che arrivassero Light, il padre e Sayu ma ho anche io la stanza su, proprio dinanzi a quella della signorina che ha parlato prima di me… tuttavia non ho un alibi. » Mormora Watari, sedendosi, per la stanchezza della giornata, in una poltroncina accanto a quella in cui è seduto L. 
« Anche io non ho alcun alibi, sono salito di soppiatto nella mia camera che si trova al secondo piano. E tu, Light? Dormi nella camera accanto a quella dove è avvenuto l’omicidio e… »
« Cosa stai insinuando? Che avevo grandi possibilità di ucciderla anche perché la conoscevo e si fidava di me? Non dire baggianate, L! » Grida improvvisamente l’interpellato, appoggiandosi allo stipite della porta, senza pentirsi del suo sfogo. 
« Non si può escludere nessuna pista, in questo caso. » Termina il detective, grattandosi distrattamente la pelle della nuca e chiudendo la conversazione per il momento. 
« Credo che sia meglio che si facciano dei turni. Alcuni adesso dormono e altri fanno la guardia, poi a un orario stabilito ci si scambia. » commenta Light, riacquistata la sua lucidità « Inoltre, appena sorgerà il sole inizieremo a dividerci, in modo che nessuno rimanga in casa, per cercare aiuto nei dintorni o qualche indizio che fuori potrebbe portarci all’assassino. Io sospetto che sia tra noi, ma ci sono ancora probabilità che venga dall’esterno. » Gli altri, ascoltata la proposta del ragazzo, annuiscono e si dividono per i turni. La notte, dopo la tragedia avvenuta, scorre abbastanza tranquilla, con una pacatezza disarmante, mentre la luna torna, giocosamente, come a bearsi di tutti gli eventi che sono accaduti, a nascondersi dietro delle scure nuvole. 

All’alba finalmente tutti si ridestano, chi dal torpore dopo i turni conseguiti, chi dopo una breve dormita senza alcun sogno. Il sole, col suo pigro sorgere, inonda lentamente di luce chiara e pallida il salotto con i rimanenti dell’ultimo turno mezzo addormentati. Strizzano gli occhi, ci sono Naomi, Misa, Soichiro e Matsuda. 
Quest’ultimo, un po’ infreddolito, si rizza in piedi, gli arti lievemente formicolanti. Sente improvvisamente freddo, complice il flebile spiffero d’aria fresca della mattina appena iniziata proveniente da una finestra non chiusa a dovere. Si stropiccia brusco gli occhi, abituandoli alla luce prorompente. “Un’altra giornata. Riusciremo a trovare la nostra preda? Ho un po’ paura, sento che la pressione del stare rinchiusi come uccellini in una gabbia mi sta divorando con crudeltà. Non posso fuggire? Non posso rifugiarmi altrove? Ma poi, anche se acciuffassimo questo misterioso assassino (vorrei proprio vedere il suo viso), cosa faremmo dopo? Non lo so proprio e dovrei smettere di tempestarmi di domande che non potranno mai avere una risposta. Dobbiamo impegnarci fino in fondo, senza sgarrare.” Riflette tra sé e sé, grattandosi il mento mentre la biondina Misa si mette una giacca estiva per riscaldarsi appena dal freddo che probabilmente si estinguerà a metà mattinata. “Questa strategia dei turni non è servita proprio a niente, solo a incrementare l’ansia in ognuno di noi! E se giungessimo sconfitti? E se impazzissimo? Sarebbe il massimo, non vorrei mai che accadesse.” Borbotta internamente, accarezzandosi distratta la guancia nel vano tentativo di svegliarsi dal dormiveglia in cui sostava da ore. Nel frattempo Naomi si solleva in piedi, iniziando a camminare nervosamente per la stanza, appiattendosi i capelli che risultano leggermente spettinati. Pensierosa. “C’è qualcosa che non quadra in tutto ciò. Se solo capissi cosa…” Stringe i pugni, si ferma vicino alla cucina, mentre aspetta l’arrivo degli altri ma poi si rifugia verso il lavello, lavandosi la faccia in modo da apparire più spigliata e sveglia ottenendo finalmente l’adeguata lucidità. Si asciuga il viso bagnato con dei fazzoletti che aveva in tasca e torna dagli altri che la osservano sospettosi. Soichiro non era riuscito a dormire per tutta la notte, nemmeno quando non aveva alcun turno da svolgere: nelle due ore di sonno a lui concesse si era rigirato nel letto, continuando a immaginarsi il povero volto della figlia, stanco e martoriato dal dolore che piano piano perdeva la sua vivacità, lasciando soltanto degli occhi spenti. Non sarebbe riuscito a dormire così facilmente e mentre gli altri rispondevano tramite dei grugniti ai turni, perché non volevano assolutamente rimanersene lì impalati svegli, lui si era alzato facilmente dal letto, perché tanto non voleva più riposare. Non ci riusciva. Va a prepararsi il caffè e si accorge in tempo di Light che scende flemmatico le scale, le mani richiuse a due pugni rigidi. Dalle borse pesanti sotto gli occhi, dopo il suo primo turno non aveva dormito un granché ovviamente per lo stesso motivo del padre. « Non è successo nulla di eclatante. » Sbuca L da dietro, con tono vagamente ironico e coi soliti vestiti lievemente sgualciti addosso. “Chissà se ha dormito…” Pensano così all’incirca tutti i presenti, vedendolo in quelle condizioni, i capelli corvini ovviamente scompigliati. Light non prende bene quell’ironia, perché con “eclatante” intende un altro omicidio e sinceramente quello di Sayu ancora non gli va giù. Ma si limita a scuotere la testa sconsolato e a sedersi al tavolo, senza avere la benché minima fame. Lo stomaco è chiuso e il ragazzo non vuole consumare niente, se non caffè, come Soichiro, giusto per rimanere un altro po’ attivo. Poco dopo scende anche Watari che, in compagnia di Naomi, decide di andare a preparare ognuno la propria colazione, mentre Matsuda li segue. « Io non mangio proprio nulla, non voglio intossicarmi come Takada, nossignore! Vero Light? Mi proteggerai se mi succederà qualcosa? » Con voce stridula ed esagerata la biondina cerca di fare breccia nel cuore dell’amato castano, fallendo miseramente sentendo la risposta dell’interpellato. « Smettila, Misa. Non fare la bambina, soprattutto in circostanze simili. » La giovane gonfia le guance, in atteggiamento da infante capricciosa e soprattutto offesa e gira la faccia. Poi ci ripensa. « Oh~! Ma ti stai preoccupando per me! » Gongola mettendosi accanto a lui e avvolgendo il suo braccio con le sue, senza lasciargli via di scampo. Light sospira, ormai affranto, consapevole che la giornata è iniziata veramente nel /peggiore/ dei modi possibili. Matsuda nel mentre si sistema vicino al sovrintendente intento a sorseggiare il caffè quasi finito e si tortura le mani sudate, nel vano tentativo di calmarsi mentre osserva la propria tazza di caffèlatte con biscotti. Alla fine si arrende e inizia a mangiare. “Meno male che non c’è nessun veleno, anche perché sarei già stramazzato a terra…” Dice tra sé e sé, godendosi la propria buona colazione, in modo da avere la pancia piena e ragionare meglio, se così si può dire. Naomi, abituata solitamente alla colazione all’americana, consuma lenta il suo pancake con sopra un piccolo cubetto di burro, lanciando un’occhiata a tutti i presenti, così da studiarli meglio. “Non si sa mai… non mi devo fidare di nessuno.” E’ sempre stata la sua filosofia di vita e come biasimarla in una situazione simile? Watari invece mangia con eleganza e calma, facendolo assomigliare a uno di quei vecchi lord inglesi, il toast con il prosciutto e le uova, sotto gli sguardi perplessi degli altri i quali non immaginavano che un anziano come lui mangiasse a sazietà a colazione. Presto ogni discorso instaurato da qualcuno che ha bisogno che non ci sia silenzio cade e si odono soltanto i rumori delle poche posate mosse, poi si fermano pure quelle. Intanto L sale nella propria camera, recupera dalla valigia un pacchetto di caramelle, torna al tavolo e le consuma in una decina di minuti. « Propongo di studiare il luogo che ci circonda. Potremmo trovare indizi o anche qualche modo per scappare » Azzarda Soichiro e la maggior parte è d’accordo con lui. « Non approvo completamente l’idea, tuttavia per ispezionare meglio il territorio sarà meglio dividerci. Certo, è più rischioso, tuttavia se andassimo tutti insieme ci impiegheremmo troppo tempo, no? Ci terremo in contatto con delle campanelle che ho trovato nello sgabuzzino durante il mio turno di guardia. Vi va bene? » Sotto un tacito “sì”, ognuno si munisce della propria ed esce. « A me non va bene. Trovo che sia qualcosa di altamente inutile e non facciamo altro che perdere le nostre energie. Quindi, non accetto e rimango nella mia stanza. Inoltre, penso proprio che l’omicida possa benissimo essere una donna. Prima o poi compirà un passo falso, gli esseri umani non sono perfetti. Sbagliano. Vado a mettermi a lavoro » Commenta L, ritirandosi in stanza. Nel mentre gli altri iniziano a dividersi e ispezionano il luogo, sotto un sole cocente di metà mattinata. 

Il terreno leggermente fangoso per una lieve pioggerellina della scorsa notte lascia presto lo spazio a una radura incontaminata e in lontananza si possono ammirare delle ampie vallate: il sole picchia forte, tuttavia viene spesso nascosto da delle grosse nubi grigie, che impediscono che la totale luce finisca sul suolo. Un lieve venticello smuove i vestiti di ognuno che erra cercando di non perdersi, stringendo forte tra le mani la propria campanella: se si allontanano troppo dalla casa e hanno bisogno di aiuto sono perduti. Light si ferma al limitare di un bosco. “E’ meglio non proseguire oltre, sarebbe rischioso. Questa fila d’alberi continua sia a destra che a sinistra, quindi qui siamo decisamente bloccati.” Ipotizza questo, mentre comincia a tornare indietro. 
“Come mai L ha voluto rimanere dentro? E se stesse sperimentando qualcosa e noi siamo ignari di tutto? Conviene rientrare, tanto qui la strada è bloccata.” Riflette Naomi, arrestandosi alla vista di una collina ripida e provvista di sassi taglienti: si gira e riprende a dirigersi verso l’abitazione con la campana infilata nell’ampia tasca del giubbotto in pelle. 
“Dovrei assolutamente rifarmi il trucco e ho lasciato la trousse a casa! Ma come sono sbadata… e poi qui non ho trovato nulla di interessante e ho freddo, non mi sono portata dietro la giacchina, avendola tolta mentre stavo avvinghiata a Light” Misa, un po’ irritata, con passo veloce, quasi una corsa, cambia immediatamente direzione. 
Watari arriva proprio dinanzi al dirupo scuro e sinistro che prima veniva evitato tramite un ponticello che collegava la casa al mondo esterno: assume un’espressione lievemente stizzita e, senza dire o pensare nulla, si gira e torna indietro. 
Anche gli altri non citati fanno la medesima operazione.
Ormai il sole, non più celato dalle nuvole birichine, riscalda l’intera zona e, un po’ stanco dalla corsa (sì, perché non aveva camminato nemmeno per un momento) Matsuda torna dentro. Sapendo di essere solo (c’era solo L al piano  di sopra e non lo avrebbe minimamente notato) inizia a osservare con interesse il salotto ma, nella sua camminata lenta e distratta, quasi inciampa su un quadro rimasto a terra. « E questo quando è finito qui? » Riflette ad alta voce e lo afferra tra le mani, rimanendo stupito da ciò che raffigura.
Papaveri. Tantissimi papaveri rossi. Non esiste cielo, sembrano tutti fiori di quel colore attaccati tra di loro che fanno da sfondo.
“Ravviverebbe un po’ la casa…” Pensa poi tra sé e sé, osservandolo e appoggiandolo sul tavolo, un po’ pensante. “Innanzitutto ho bisogno di chiodo e martello e…”
Blocca il suo flusso di ragionamenti alla vista dell’altrui persona. « Oh, quindi qui anche tu! Come mai indossi quella tunica bianca sopra i tuoi vestiti? Non vorrai mica sembrare un fantasma, vero? » Commenta in modo simpatico, causando un leggero sorriso di cortesia sulla bocca dell’individuo. « Hai portato pure il martello, sicuramente dallo sgabuzzino del primo piano, previdente! Vorrei appendere questo bellissimo quadro che ho trovato, giusto per rendere la casa più bella o almeno il salotto che è il luogo dove stiamo di più! Spero che tu sia d’accordo altrimenti lascio perdere… » Aggiunge con tono sconsolato, abbassando un po’ il capo. « Aspetta… perché brandi il martello in quel modo, quasi contro di me? Non vorrai mica… » Ormai la voce risulta un sussurro, mentre con terrore non riesce nemmeno a urlare per avvisare qualcuno. Tutti sono lontani. Tutti. Chi potrebbe salvarlo? « …q-quindi… Sei tu? Sei proprio tu? Non… ci voglio cr… »
Nemmeno termina di finire la propria breve e ovvia elucubrazione che il martello gli arriva dritto sul capo.
Un colpo.
Due.
Tre.
Dopo un urlo liberatorio di dolore, segue un anticlimax in cui i singulti vengono seguiti da gemiti sommessi e poi dal nulla. Il sangue rosso crudelmente ricopre la zona e, essendo la vittima vicino al muro, è spruzzato pure lì, sulla parete, regalando un tocco di vivacità (se così si può dire) alla casa. 

I papaveri del quadro sono rossi.
Rossi come il sangue.
Morte.
Matsuda avrebbe dovuto capirlo prima. 

L’assassino appoggia dolcemente l’arma del delitto accanto al malcapitato ragazzo che ormai ha spirato e si avvicina, togliendosi frettolosamente l’intera tunica bianca intinta ormai di rosso in modo da mostrarsi lindo e pulito alla parete. Con un dito percorre una parte di essa, dove le gocce del liquido scendono verso il basso e, portandoselo in bocca, assapora il gusto ferroso del sangue. “Afrodisiaco.” Borbotta tra sé e sé, con un lieve ghigno sul viso e andando al bagno al piano di sopra, in modo da non far rumore. Si lava la faccia con qualche goccia di sangue, sorride al proprio riflesso per qualche secondo, commenta qualcosa in modo incomprensibile e poi torna giù, esce dalla casa, si avvicenda di nuovo nella radura, per fingere di non aver fatto nulla. Sangue freddo. Tutto compiuto senza pietà. Si riavvicina alla dimora, vedendo gli altri che rientrano, scoprendo il corpo del giovane in bella vista, in salotto. “Uhuhuh… hihihihi… ehehehe… continuate a giocare ai detective ancora per po’. E’ quasi inquietante vedere che va tutto per il verso giusto in modo sorprendentemente veloce. Ma devo pazientare ancora per quella fase del piano… la mia preferita…” Con la coda dell’occhio vede tutti gli altri attorno alla sua figura, che non ci badano mentre tiene lo sguardo basso, per mostrarsi fintamente dispiaciuto.

Disgustoso. 

Divertente. 



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