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Autore: Ayr    21/07/2014    4 recensioni
Arden è un giovane Cacciatore di draghi, uccide queste creature per prelevare il Sospiro del Drago, una sostanza preziosissima altamente infiammabile. Elleboro è una Lingua di Fuoco, una leggenda, lei i draghi li protegge.
Quando la ragazza incontrerà Arden e lo salverà da un attacco di draghi, inizierà per lei una missione: fargli conoscere e cercare di fargli apprezzare queste meravigliose creature, facendogli capire gli orrori che i Cacciatori come lui compiono contro di esse.
Riuscirà Elleboro nella sua missione? O avrà ragione Passiflora e Arden tornerà ad uccidere draghi, come ha sempre fatto?
Dedico questa storia a mio fratello che ne ha trovato il titolo e ad una mia amica, che come me ama i draghi ed è innamorata di un Cacciatore.
Genere: Fantasy, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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VI
 
Arden si sentiva piuttosto imbarazzato a trovarsi mezzo nudo nel salotto della zia di Elleboro. Alla fine la donna aveva acconsentito ad adoperare la sua magia curativa su di lui, forse per amore della nipotina o forse per compassione; per questo ora si trovava seduto sul divano giallo di Ailea, la parte superiore del suo corpo completamente esposta ed esaminata dall’unico occhio rimasto della donna. Una striscia rossa correva lungo tutta la parte sinistra del suo corpo, attraversava il braccio e parte del petto, le pustole bianche che la disseminavano erano ancora ben evidenti e non appena Ailea ne sfiorò una, il ragazzo si allontanò bruscamente da quelle dita fredde che avevano risvegliato in lui un intenso dolore.
«È veramente conciato male» commentò la donna «Mi servirà molta energia»
Non è obbligata ad aiutarmi, avrebbe voluto rispondere il ragazzo, non perché fosse orgoglioso, ma odiava essere indebitato con le persone, per questo preferiva sempre sbrigarsela da solo e odiava essere aiutato; in questo ultimo periodo, però, era successo esattamente il contrario, quella ragazzina non aveva fatto altro che aiutarlo e prendersi cura di lui, e si sentiva terribilmente in debito con lei, oltretutto non faceva altro che chiedersene il motivo: insomma, uccideva i draghi, perché una che li salvava non l’aveva lasciato perire? Era il suo nemico, in fondo.
«Adesso ti brucerà un po’» Elleboro lo distolse dai suoi pensieri «Vuoi che ti tenga la mano?» aggiunse con un sorriso malizioso, il molto tempo che avevano passato insieme li aveva resi più complici, ma sentiva che nessuno dei due si fidava pienamente dell’altro, siamo nemici in fondo, si ripetè il ragazzo e ancora una volta si chiese per quale motivo stesse facendo tutto questo per lui.
«Credo di non averne bisogno» rispose Arden  rispondendo al sorriso «In caso te lo chiederò io».
Elleboro sorrise dolcemente, come sapeva fare solo lei, e i suoi occhi gentili e caldi si illuminarono, Arden rimasse per qualche istante a guardarli, come incantato, poi sentì un piacevole calore sfiorarli la parte ustionata e chiuse gli occhi. Sapeva che quel calore era dovuto alla magia curativa, Ailea aveva iniziato l’operazione. La sensazione di piacevole sollievo fece sorridere il ragazzo. Il calore aumentò pian paino, quasi che la donna stesse avvicinando al suo braccio una fiaccola, fino a diventare insopportabile; il ragazzo si morse le labbra, la fiaccola si era diventata un ferro arroventato premuto contro la sua pelle lesa. Sentiva la pelle tirarsi come se volesse coprire la parte rimasta ustionata. Strinse i denti e affondò le mani nel tessuto del divano, cercò di sottrarsi a quella che era diventata una tortura ma qualcuno lo trattenne, socchiuse gli occhi, rimasti serrati strettamente fino a quel momento, e distinse solo una matassa di ricci scuri, capì che era Elleboro a trattenerlo, non la credeva così forte, riusciva a tenerlo perfettamente immobile, senza permettergli di sfuggire in alcun modo al supplizio.
«È quasi finita» gli sussurrò la ragazza, Arden sentì un ultimo terribile bruciore poi la sensazione di calore scemò lentamente fino a sparire.
«Puoi riaprire gli occhi, ora» gli disse la ragazza e Arden ne socchiuse uno poi l’altro. La prima cosa che vide fu l’occhio cieco di Ailea e rabbrividì involontariamente.
«È stato un lavoraccio, soprattutto con te che continuavi a muoverti, però alla fine ce l’ho fatta. La ferita si è rimarginata, ma non dovrai fare sforzi per almeno una settimana per farla guarire del tutto. Sei stato molto fortunato, ragazzo. Non so quanti possano ancora raccontare di aver incontrato un drago e soprattutto di essere sopravvissuti al loro alito di fuoco» gli disse la donna. Lo sguardo del ragazzo passò da lei al suo braccio sinistro: al posto dell’ustione c’era della pelle leggermente arrossata ma sana, la sfiorò incredulo, provava solo un leggero fastidio.
«Grazie» sussurrò, veramente grato alla donna, Ailea rispose con un mesto «Di nulla» ma parve quasi vedere l’ombra di un sorriso fare capolino dalle sue labbra sottili. Quella donna era piuttosto strana, sembrava scorbutica e scontrosa ma era generosa e riservava una grande gentilezza e affetto a Elleboro, proprio in questo momento stava abbracciando calorosamente la ragazza che aveva iniziato a profondersi in una serie di ringraziamenti.
«È quasi ora di pranzo» fece notare la donna e Arden se ne chiese il motivo «Non mi dispiacerebbe affatto se rimarreste a mangiare da me» continuò.
«Non vorremmo essere di disturbo» rispose Elleboro che stava aiutando Arden a rivestirsi, nonostante la ferita non gli facesse più male e fosse più libero nei movimenti, era ancora un po’ goffo e muovere il braccio gli creava ancora qualche problema e piccolo fastidio.
«Non siete di alcun disturbo, è da tanto tempo che non ti fermi a mangiare da me» cercò di convincerla la zia, Elleboro sospirò e alla fine acconsentì.
 
*
 
«Mi piace tua zia» dichiarò Arden con un sorriso soddisfatto.
«Solamente perché non ha fatto altro che riempirti il piatto con i suoi manicaretti» rispose la ragazza. Stavano tornando al Rifugio dopo un lauto e graditissimo pranzo, almeno da parte di Arden.
«Non mangio così tanto e così bene da…non mi ricordo neanche più io quando» rise il ragazzo e Elleboro si unì a lui. Era contenta che fosse di buon umore, guarirgli la ferita era stato un po’ come guarirgli l’animo, era diventato più gioviale e solare, o forse era semplicemente l’aria fresca. Neanche lei sopportava di rimanere per troppo tempo negli spazi chiusi, si sentiva reclusa, e un po’ le era dispiaciuto costringere il ragazzo a giorni di clausura, ma era stato fondamentale, era debole e ferito. Ora, invece, pareva rinato e mancava poco che saltellasse per il sottobosco.
«Non ti fa davvero più male il braccio?» chiese la ragazza, non che dubitasse delle capacità curative di sua zia, ma sapeva anche lei che i miracoli non esistevano.
«Un po’, ma solo se faccio movimenti bruschi» rispose il ragazzo, non riusciva ancora a credere di essere guarito da un’ustione di secondo grado, così, in pochissimo tempo, ed era allo stesso tempo sorpreso ed elettrizzato.
«Tua zia ci sa davvero fare con la magia curativa» disse, per l’ennesima volta e per l’ennesima volta Elleboro gli rispose che era una delle migliori nell’adoperarla, per quanto riguardava la sua stretta cerchia di conoscenze.
Camminarono per un po’ in silenzio, poi ad Arden vennero improvvisamente in mente alcune parole che Ailea aveva detto quella mattina.
«Davvero tua sorella dà la caccia ai Cacciatori?», Elleboro rimase spiazzata dalla domanda.
«Sì» sibilò in un sussurro impercettibile, era inutile nascondergli la verità, pensò, tanto prima o pi ci sarebbe arrivato da solo.
«In che senso?» chiese il ragazzo, la luce che solitamente illuminava gli occhi della ragazza si spense di colpo, rabbuiandole il viso.
«Preferisco non parlarne» rispose lei mestamente, poi Elleboro alzò improvvisamente il volto e incatenò i suoi occhi in quelli di lui «Comunque stai tranquillo, a te non succederà nulla. Io non lo permetterò.» Arden rimase colpito dal tono di voce deciso e dal lampo di determinazione che attraversò gli occhi della ragazza.
«Perché stai facendo tutto questo?» chiese il ragazzo, la domanda che durante quei giorni gli era ronzata nella sua testa aveva finalmente trovato voce.
«Per sdebitarmi» rispose la ragazza «tu mi hai salvato la vita, quella volta, nel vicolo. E io ora l’ho salvata a te. Siamo pari».
«Tutto quello che hai fatto e stai facendo per me va ben oltre quel poco che ho fatto io» avrebbe voluto replicare il ragazzo, ma gli sembrava che quelle parole avrebbero potuto in qualche modo offenderla, così tacque. Fu lei a rompere di nuovo il silenzio.
«Ti avrei aiutato comunque, anche se non fossi stato tu» dichiarò in un sussurro e Arden non seppe come interpretare quelle parole. voleva forse insinuare che si era prodigata per lui per sola bontà di cuore? Ma perché dire una cosa simile? Non ne vedeva assolutamente il bisogno, perché dichiarare di essere stata mossa da un puro impulso di pietà e compassione quando la cosa pareva ovvia? Voleva forse mettere in chiaro qualcosa, ma cosa? Cosa l’aveva portata a salvarlo, se non la sua indole buona? Arden sentì una parola formarsi pian piano nella sua mente ma scosse la testa, cercando di cacciarla via insieme agli altri pensieri molesti.
«Siamo arrivati» annunciò la ragazza, il Rifugio si stagliava contro il cielo invernale illuminato dal sole del primo pomeriggio.
Elleboro riaccompagnò Arden nella sua stanza in silenzio, gli ripromise che gli avrebbe portato la cena e si fece promettere che non sarebbe uscito di lì per alcun motivo.
«So che ti sto trattando come un prigioniero, ma non mi fido a lasciarti girare per il Rifugio, non con mia sorella e i suoi sottoposti nei paraggi; ormai sai anche tu quello che fanno»
No che non lo sapeva, si era rifiutata di dirglielo, ma forse era meglio così.
Arden vide la porta chiudersi dietro le sue spalle e si sentì di nuovo chiuso, segregato, prigioniero. Iniziava a intuire come dovevano sentirsi i draghi quando venivano stretti dalle corde, agognanti di volare ma impotenti a farlo. In quel momento si sentiva proprio come uno di loro.
 
*
 
Sono una stupida, si disse Eilesha. Aveva appena portato la cena ad Arden ma si era sentita davvero meschina a chiudergli la porta in faccia, addirittura a chiave. Aveva di nuovo ingabbiato quel ragazzo. Ma non era davvero questo a turbare l’animo della ragazza. Accoccolata sotto uno dei pini secolari che circondavano il rifugio scrutava il cielo alla ricerca dei suoi draghi, usciti per cacciare, ma in realtà era persa nei suoi pensieri. Stava ripensando alla domanda che le aveva fatto Arden. Perché stai facendo tutto questo, le aveva chiesto e lei aveva risposto la prima cosa che gli era venuta in mente, rimasta interdetta e sorpresa. Ma ora quella semplice e lecita domanda la stava tormentando, perché sto facendo tutto questo, si chiese. Non aveva abbandonato il suo primario progetto ma le sembrava una scusa troppo banale, non adatta a rispondere a quella domanda: quando era corsa verso di lui, preoccupata, non aveva ancora in mente quell’idea, era arrivata dopo. Lo aveva soccorso perché era ferito e lei era fondamentalmente buona e gentile, glielo diceva sempre sua sorella, rinfacciandoglielo, come se fosse una colpa… Ma era stato sempre per bontà che si era presa cura di lui in questi giorni, che aveva addirittura richiesto a sua zia di usare la magia curativa, cosa che non avrebbe mai richiesto per sé, nemmeno in caso di estremo bisogno? La magia curativa richiedeva un enorme dispendio di energia e sua zia non era così forte come un tempo, anche dopo aver curato la ferita di Arden, aveva notato che era molto debole e stanca, anche se non aveva voluto darlo a vedere, eppure Eilesha aveva insistito perché la usasse sul ragazzo e lei stessa l’aveva adoperata numerose volte, per curargli le ferite meno gravi e alleviargli i dolori. Avrebbe fatto lo stesso anche per un’altra persona? Eilesha se lo chiese, ma non seppe darsi una risposta convincente: finché si fosse trattato di sua sorella o di sua zia non avrebbe esitato a fare quello che stava facendo per quel ragazzo, ma per uno sconosciuto quale lui era? In fondo l’aveva incontrato solo due volte e molto probabilmente Caleisha aveva ragione, cosa le assicurava che l’avrebbe salvata una seconda volta? Forse aveva ragione il ragazzo, forse si era innamorata di lui.
Smettila Eilesha, stai diventando ridicola si rimproverò, che pensieri andava a fare? La stanchezza le stava giocando dei brutti scherzi. Eppure…Basta Eilesha, si intimò, anche se fosse non avresti speranza, vuoi che un ragazzo così carino non abbia già una fidanzata? Eppure nessuno era venuto a cercarlo o aveva chiesto sue notizie; se lei fosse stata la sua ragazza, anche se fosse morto, non avrebbe smesso di cercarlo, anche solo il suo corpo, forse però non aveva una fidanzata e allora… E allora un bel niente! La ragione mise a tacere il cuore che continuava a fare supposizioni assurde ma intriganti. Eilesha si prese la testa tra le mani, devo essere davvero stanca. Richiamò i suoi draghi che atterrarono leggeri sul terreno soffice, uggiolavano soddisfatti, la caccia doveva essere andata bene. Tanatos portava come sempre la preda per Fobos, la sua ala si era ristabilita ma non si fidava ancora a riprendere il volo. Eilesha accarezzò sulla testa i suoi draghi e riacquisì un poco di tranquillità, associò i pensieri assurdi fatti fino a quel momento alla stanchezza e al continuo stress a cui era sottoposta, su sorella era uscita anche quella sera e non era ancora rientrata. I suoi draghi non erano gli unici ad essere andati a caccia.
***
Scusate la prolungata assenza e mancanza di aggiornamenti ma sono stata via, appena tornata, però, ho ripreso subito in mano penna e tastiera e ho scritto di getto questo capitolo. Spero che non sia troppo copnfuso e di aver insinuato il tarlo del dubbio senza essermi incasinata (e avervi incasinato) troppo...Per il resto, spero che il capitolo vi piaccia, e scusatemi ancora ;)
Ayr
   
 
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