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Autore: Belarus    21/07/2014    1 recensioni
Un Drago Celeste che nobile non è mai voluta essere, una fuga bramata da sempre e un mondo del tutto sconosciuto ad allargarsi ai piedi della Linea Rossa. Speranze e sogni che si accavallano per una vita diversa da quella che gli è da sempre stata destinata. Una storia improbabile su cui la Marina stende il proprio velo di silenzio, navi e un sottomarino che custodiscono un mistero irrivelabile tanto quanto quello del secolo vuoto.
#Cap.LXXXV:" «Certo che ci penso invece! Tornate a Myramera e piantatela con questa storia dello stare insieme! Io devo… non potete restare con me, nessuno di voi può. Sparite! Non vi voglio!» urlò senza riuscire o volere piuttosto trattenersi.
Per un momento interminabile nessuno accennò un movimento in più al semplice respirare e solo quando Aya fu sul punto di voltarsi per andare chissà dove pur di mettere distanza tra loro, Diante si azzardò a farsi avanti.
«Ci hai fatto giurare di non ripetere gli errori passati. I giuramenti sono voti e vanno rispettati.» le rammentò. "
Genere: Avventura, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Eustass Kidd, Nuovo personaggio, Trafalgar Law
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Teru-Teru Bouzu '
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Titolo: Teru-Teru Bouzu
Genere: Avventura; Romantico; Generale {solo perché c’è davvero di tutto}.
Rating: Arancione {voglio farmi del male, oui.}
Personaggi: Nuovo personaggio; Eustass Capitano Kidd; Trafalgar Law; Heart pirates; Disco{citato}; Donquijote Doflamingo{citato}; Mugiwara no Rufy{citato}.
Note: Pardon, sono in ritardo di una settimana, ma il lavoro mi ha richiamato in Marocco e tra valigie, viaggi e ricerche non ho fatto in tempo a terminare tutto, mi auguro siate comprensivi. Dunque, passando al capitolo che vi interessa senza dubbio più delle mie polverose spedizioni, direi che mi sono presa il lusso di dare un po’ di tranquillità a tutti, soprattutto ad Aya che negli ultimi capitoli ha fatto più di quanto non abbia fatto nei trenta precedenti. Ovviamente però, si tratta della quiete prima della tempesta, una tristissima tempesta che tuttavia sono obbligata a scrivere e che mi farà da trampolino di lancio per il Nuovo Mondo. Ebbene sì, quel momento si sta avvicinando e nel frattempo il Dottore complotta nell’oscurità del suo yellow submarine…
Un ringraziamento speciale a coloro che spendono parte della loro estase lasciandomi pensierini e leggendo questa storia senza pretese, uno a chi passa in silenzio e uno anche a chi apre e richiude disgustato questo mio lavoretto contorto. Alla prossima settimana mes amis!






CAPITOLO XXXVIII






Di quella cosa non avrebbe dovuto preoccuparsi lei. Non era suo compito nè tantomeno rientrava nel ruolo – qualsiasi esso fosse – che Aya aveva a bordo. Il timoniere teneva il timone, il navigatore tracciava le rotte, il cuoco cucinava, la vedetta guardava, il capitano dava gli ordini e a rigor di logica, il medico avrebbe dovuto medicare. Avrebbe, dato che quello di Kidd sembrava più intenzionato a far qualsiasi altra cosa, piuttosto che spendere un po’ del suo tempo per trovare una garza pulita da mettere attorno alla gamba del rosso. Non era un taglio profondo, se tale fosse stato, Aya era certa che persino quel tipo si sarebbe mosso e Kidd a stento vi aveva fatto caso, ma non riusciva ugualmente a mandar giù l’idea di essere stata l’unica a badarci. Forse però, passare tante settimane insieme agli Heart le aveva fatto uno strano effetto.
«Quindici mila berry.» sentì scandire alla voce di Kidd, mentre lui se ne stava poggiato al parapetto di tribordo.
Erano passate parecchie ore da quando avevano lasciato Sabaody, il sole era svanito dietro la linea dell’orizzonte ormai da un po’ e il Grande blu attorno a loro si faceva più scuro ad ogni minuto trascorso. Il moto della nave creava una leggera brezza se si stava vicino ai parapetti o sul ponte di timone, ma lontano dalla scia biancastra che generava la chiglia, l’acqua continuava a rimanere uno specchio immobile che quantomeno li favoriva dal prevedere un eventuale visita spiacevole da parte del Governo.
«Sono diventata una ragazza poco raccomandabile, dillo al tuo presunto dottore.» avvertì sovrappensiero, fissando la piccola ferita con sospetto.
Kidd spostò il capo scarmigliato nella sua direzione, guardandola per qualche istante con espressione seria.
«Sicura di esserlo?» chiese dopo un po’, girandosi completamente e privandola dell’oggetto di tante attenzioni.
Dal gradino su cui era ancora seduta, Aya sollevò gli occhi su di lui, abbassando le spalle con rassegnazione.
Quel taglio sarebbe rimasto ignorato per il resto della sua breve esistenza, anche perché il legittimo proprietario non vi prestata più considerazione di quanta ne avrebbe data a un qualsiasi morso d’insetto.
«Una ragazza poco raccomandabile?» ripetè, cercando di capire a cosa si stesse riferendo il capitano.
«Un Drago Celeste.» precisò gutturale, piegando appena il capo su di un lato della pelliccia.
Aggrottò un po’ la fronte, pensierosa, mormorando un versetto indeciso, mentre portava per un secondo gli occhi al cielo opaco che faceva loro da tetto, per poi riabbassarli con un respiro pesante.
«Temo di sì… mia madre lo era, mio padre lo era e anche i genitori dei loro genitori lo erano, quindi a meno che nelle nove generazioni seguenti i fondatori non ci sia stato un intruso o non mi abbiano presa da qualche parte, cosa che dubito dato che mia madre non raccoglie neanche i suoi fazzoletti quando le cadono, la verità è quella.» spiegò remissiva, con un veloce sorriso amaro.
Quel dubbio aveva afflitto per un po’ anche lei da bambina, tuttavia la spiacevole conclusione cui era giunta con le sue tacite ricerche non era stata nulla di più che quella.
I Nobili mondiali venivano riconosciuti come tali solo se la linea di sangue riconduceva a una delle venti famiglie fondatrici dell’Ordine prestabilito e non c’era mai stato alcun precedente di contaminazione o adozione. Per di più chiunque avesse mai scambiato persino mezzo saluto con sua madre, si sarebbe reso conto che l’eventualità che si realizzasse una di queste due opzioni non l’avrebbe sfiorata neanche sul letto di morte. La sua famiglia godeva della caratteristica ripugnanza verso la gente comune che contraddistingueva da circa ottocento anni tutti i Draghi Celesti e Aya era certa che semmai nelle sue vene non fosse corso il “sangue dei Venti” probabilmente si sarebbero liberati di lei da parecchio. Era una fantasia allettante quella di non essere ciò che aveva sempre riluttato ad accettare, ma sfortunatamente rimaneva tale e lasciava irrisolto il mistero della presunta possessione che pareva averla colta nella culla – sempre a detta di sua madre –.
«Non gli somigli.» appurò Kidd, squadrandola con un occhio critico che le strappò un sorriso divertito.
«Non farmi certi complimenti Kidd, mi sono già trattenuta dall’abbracciarti prima.» l’avvisò, guardandolo dal basso della sua posizione.
L’avrebbe fatto più che volentieri in realtà, ma simili smancerie con il rosso diventavano pericolose sotto molti punti di vista e non era disposta a rischiare, specie dopo aver avuto la fortuna di salire a bordo senza dover ricorrere a nessuno dei discorsi che aveva preparato per convincerlo ed essere risultata indifferente alla rimanente parte d’equipaggio.
«Ne ho visti stramazzare al suolo un paio alla casa d’aste e l’unica cosa che avete in comune è la lingua lunga.» ribatté svelto con un ghigno, accogliendo in parte la provocazione.
Il sorriso le scemò improvviso sulle labbra arrossate, obbligandola a sgranare appena gli occhi, incerta su ciò che le sue orecchie avevano sentito pronunciare e che le sembrava decisamente frutto della stanchezza per la lunga giornata trascorsa sull’arcipelago.
«Eh?» biascicò, tirando un po’ la testa indietro.
Kidd non parve stupirsi più di tanto per la sua sorpresa e ritornò a poggiarsi al parapetto scuro, con la pelliccia ad agitarsi pesante sulle spalle larghe. Gli occhi scivolarono veloci lungo la linea cupa dell’orizzonte e Aya si scoprì a chiedersi se fossero davvero le navi della Marina quelle che stava cercando in mezzo alla desolazione in cui si trovavano.
«Quel pazzo di Mugiwara ne ha steso uno perché aveva comprato una sua amichetta, gli altri due sono svenuti blaterando sciocchezze. Rammolliti.» sputò fuori, con un tono che lei non riuscì a interpretare.
L’idea che ci fosse voluto poco per mettere al tappeto tre Draghi Celesti non le sembrava improbabile: sospettava che il sangue dei Venti si fosse annacquato già dalla generazione successiva e che senza i dovuti sforzi, nessun cittadino di Marijoa avrebbe mai potuto resistere per più di qualche secondo con una Supernova. Non era quello però, che la lasciava ammutolita, ma tutto il resto.
Riusciva finalmente a spiegarsi come fosse possibile che un ammiraglio avesse deciso di raggiungere Sabaody, dopo il velo d’indifferenza che era sceso sull’arrivo di tutte e undici le Supernove e anche il discorso di Disco, sul coinvolgimento della famiglia Roswald nella distruzione della casa d’aste di Doflamingo, trovava infine una sua logica, eppure rasentava l’inverosimile. Per quanto le risultasse fastidioso d’accettare, nessuno con un minimo di senno a quel mondo avrebbe mai mancato di rispetto a un Drago Celeste, figurarsi attaccarlo apertamente, eppure quel ragazzo dal cappello di paglia l’aveva fatto e per di più a un passo da lei. Lo aveva fatto dopo aver tolto di mezzo uno Shicibukai, essere scampato a un Buster Call e aver dichiarato guerra al Governo mondiale.
Aprì e richiuse la bocca, emettendo un secco versetto di comprensione e dopo aver stabilito che quel ragazzo fosse totalmente fuori controllo, decise che semmai avesse avuto l’occasione d’incontrarlo avrebbe dovuto ringraziarlo per il servizio reso all’umanità.
«Che dovevi dirmi di tanto urgente prima?» cambiò discorso Kidd, costringendola a riprendersi dal momentaneo sbigottimento in cui era ricaduta dopo quel resoconto improvvisato.
Aveva voluto informarlo di Kizaru, ma a giudicare da quello cui aveva assistito Kidd quel giorno, era del tutto inutile persino che lei gli riportasse in che zona era sbarcata la nave dell’ammiraglio, sarebbero state solo notizie irrilevanti.
«Oh, niente, non è più importante… dove siamo diretti?» domandò, osservando il tratto di mare nero che stavano solcando senza variare la posizione del timone.
«A Marineford.» comunicò il rosso, sistemando con una mano la pelliccia, per allontanarsi definitivamente dalla balaustra.
Riportò meccanicamente le iridi ambrate su di lui e ancora una volta si scoprì a chiedersi se le sue orecchie non stessero accusando qualche problema di ricezione.
«Marineford.» gli fece eco con voce piatta, ricevendo per conferma un ghigno.
Quando quella mattina si era svegliata, accoccolata tra le coperte del letto che le era stato messo a disposizione nel sottomarino di Trafalgar, non avrebbe mai pensato che le potessero capitare talmente tante cose in una sola giornata. L’avrebbe ritenuto umanamente impossibile e invece dopo aver preso a calci Disco, avergli rubato una den den mushi, essersi inimicata Doflamingo ed essere sfuggita a un cecchino che aveva minacciato di non farle neanche raggiungere la nave, si ritrovava a navigare verso Marineford senza neanche sapere il perché.
«Lo sai che è la base della Marina, vero? È piena di marines.» fece presente con calma e ovvietà, sentendo il vento prendere a soffiare con maggior vigore.
Il ghigno che s’allargò sulle labbra di Kidd le lasciò intendere che dietro quella decisione apparentemente da folli ci fosse qualcosa di più e per qualche assurdo motivo, Aya si sentì più tranquilla.
Kidd non era il tipo d’uomo che si tirava indietro o che preferiva starsene in disparte, ma pur avendo un carattere imprevedibile e spesso ingestibile, non era mai avventato. Eccezion fatta per gli scontri improvvisati, dove non si premurava di trattenersi, c’erano occasioni in cui dimostrava una responsabilità e un’assennatezza che nessuno a una prima occhiata gli avrebbe mai attribuito. Se era conscio del luogo in cui la nave si stava dirigendo, Aya sapeva di poter mettere da parte la preoccupazione almeno per un pò.
«Ancora per poco e ora scendi di sotto, ho voglia di sentir dire a Killer che ha sbagliato di nuovo con te!» gracchiò nefasto, per poi dirigersi verso il ponte di comando dove si trovava l’entrata per la cambusa.
Le sfuggì un sorriso intenerito, sentendolo inorgoglirsi in un modo tanto infantile e si sollevò dal gradino che l’aveva ospitata per ore, stringendo con cura sulla spalla la sacca dono degli Heart.
«È per questo che finiscono per odiarmi tutti a bordo di questa nave, sei tu che me li metti contro.» lamentò, puntandogli con finto fare accusatorio un dito contro.



Fece scivolare flemmatico le braccia tatuate sullo schienale del divanetto della sala comandi, rilassando i muscoli tesi delle spalle contro il tessuto, godendosi il sibilo metallico del sottomarino attorno a sè.
Quel rumore di fondo lo accompagnava ormai da anni e in ogni momento delle sue giornate come una nenia, lo rilassava e rendeva la sua mente lucida anche quando si privava del sonno necessario a mantenere in equilibrio il proprio organismo. L’ascoltò rimbombare cupo lungo i corridoii, affievolirsi quasi sino ad annullarsi tra i motori, echeggiare nella stanza di vedetta contro gli spessi vetri che impedivano al Grande Blu d’insinuarsi all’interno e vibrare nel suo corpo riempiendo il vuoto dato dall’oscurità cui aveva obbligato gli occhi.
Penguin esattamente di fronte a lui, libero le braccia dalla morsa in cui solitamente le bloccava, decidendo d’interrompere l’apparente silenzio in cui era ricaduto l’intero equipaggio dopo il suo ultimo ordine.
«Vuole davvero…» mormorò incredulo, lasciando perire la frase in quel sospetto.
«È quello che ho detto Penguin.» rispose paziente, sollevando una palpebra per fissarlo.
Dal navigatore non venne nessun’altra replica, ma Trafalgar sarebbe stato capace di prevedere le reazioni di ogni singolo membro del suo equipaggio e sapeva che seppur breve, quella discussione non sarebbe terminata a quel modo.
«Non sarebbe meglio tenersi solamente informati, come sempre?» propose infatti Shachi, grattandosi con insistenza la nuca in un tic di disagio che Law aveva imparato a conoscere ormai da anni.
«No e ora non fatemi ripetere, eseguite gli ordini.» troncò calmo, tornando a richiudere la palpebra per calarsi nuovamente nell’oscurità.
Trascorse appena qualche secondo d’immobilità, poi qualcuno vicino alle pareti bofonchiò un consenso e la sala comandi si animò in fretta attorno a Law, tra chi correva alla sala macchine e chi controllava che sonar e radar fossero attivi. Penguin e Shachi andarono a sedersi alle loro postazioni, parlottando l’un l’altro per scegliere la procedura meno rischiosa per raggiungere Marineford e lui rimase ad ascoltare la nenia del proprio sottomarino.
Era una scelta rischiosa, ma sentiva di non potersi esimire dal prenderla.
«Senchō.» sentì mugolare accanto al proprio orecchio e non si spese nell’aprire gli occhi.
«Cosa c’è Bepo?» indagò in un sussurro, mentre il vice poggiava il muso bianco accanto ad uno dei suoi tatuaggi.
«Credo di avere quel brutto presentimento come Shachi.» confessò piano, seguendo i movimenti del resto dell’equipaggio nella stanza.
Trafalgar si lasciò sfuggire un ghigno e abbassò il cappello sul viso, riparandosi da quel sottile riverbero che generavano le luci di comando sulle sue palpebre abbassate.
«Ti passerà.» lo rassicurò, accavallando le gambe.
«Aye.» concordò fiducioso l’altro, sistemando la kikoku tra le zampe.
Nel bene o nel male, Law doveva ammettere di aver imparato parecchio passando tanto tempo insieme a Doflamingo e tra quella miriade di lezioni, più o meno amare, una gli era stata inculcata talmente tante volte da penetrargli sin dentro le ossa: per cambiare il corso degli eventi, c’era bisogno di sacrificio, di qualsiasi genere esso fosse. Sacrificio nel trovare la volontà per sopravvivere, sacrificio nel sopportare il dolore, sacrificio nel saper attendere il momento in cui un trono sarebbe caduto. Marineford era un luogo pericoloso, ma le ore trascorrevano inclementi e l’avvento di una nuova era non poteva non palesarsi come un ennesimo sacrificio, come l’ennesima esecuzione. Il mondo intero sarebbe stato a guardare e Law aveva tutta l’intenzione di partecipare.























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Note dell’autrice:
Poche, ma buone. Anche perché ho salutato Sabaody e tra poco mi rimetterò in corsa con le mie consuete note, quelle a cui siete abituati da sempre. Per il momento però, abbiate ancora un po’ di pazienza se siete tanto gentili da leggere le sciocchezze che blatero qui sotto.

- Ferita: Sì, ho ferito Kidd e Aya sta attraversando una nuova fase di disapprovazione verso le competenze del medico di bordo, comprendetela povera ragazza, ha trascorso troppo tempo con quell’altro dottore. Comunque, non l’ho inventata, ma le ho reso onore perché nessuno se ne mai infischiato niente! Kidd ha una ferita sopra il ginocchio sinistro, opera del Pacifista contro cui si è imbattuto scappando dalla casa d’aste. Un taglietto da nulla considerando come si è ridotto nel Nuovo Mondo, eppure c’è e ho pensato che Aya, essendo attenta a praticamente qualsiasi cosa le svolazzi davanti al naso, non poteva non accorgersene.
- Purezza dei Draghi Celesti: Ora, questa è una mia felice elucubrazione, anche perché se dovessi cercare di trovare l’inizio della matassa generata da Oda diventerei vecchia e ammuffita. Dunque, i Draghi Celesti sono i discendenti dei Venti re che fondarono il Governo mondiale ed è ovvio che essendo nata Marijoa – una città – si siano accumulati parecchi discendenti, generati da chissà quali matrimoni tra quei presunti venti. Hanno la possibilità di prendere mogli e mariti a loro piacimento, anche tra i civili – si è visto a Sabaody con Charloss –, ma odiano la “gente comune”, quindi, a mio avviso, è probabile che vigano comunque delle regole sull’ereditarietà del titolo e che questo venga dato solo ai discendenti nati tra Draghi. Non ho voluto avventurarmi in fantasia più di qui perché la cosa mi stava già mandando in fumo la testa e dubito che Oda si sia mai posto tali quesiti, dunque prendete – in questo contesto – per buona l’idea che pur essendoci tante mogli e tanti mariti, esista una sorta di linea di sangue pura, quello che ho chiamato “sangue dei Venti” e che Aya abbia avuto la gran fortuna di avercelo. Conclusione? È un Drago Celeste. Cosa che si era capita dal prologo…
- Nove generazioni: Ancora? Ebbene sì! No, è una sciocchezza, ma dato che ho una fissazione per la cronologia di One Piece e mi avventuro in simili calcoli, ho supposto che negli ottocento anni trascorsi dal secolo buio, ovvero dalla fondazione del Governo e dall’istituzione dei Nobili mondiali, siano trascorse esattamente nove generazioni di Draghi Celesti. Aya appartiene ovviamente all’ultima della sua famiglia.
- Possessione: Si tratta di un richiamo al prologo e precisamente al primo paragrafo, in cui Aya stessa raccontava che sua madre sosteneva fosse stata posseduta da uno Yurei, uno spirito maligno, quando era poco più che una bambina. Tutto ovviamente per spiegare come mai a sua figlia non interessasse fare la schiavista per passatempo.
- Cecchino: Aya dice di essere scampata ad un cecchino che minacciava di non farle raggiungere la nave di Kidd, ebbene questo cecchino non esiste, perché ciò cui fa riferimento lei sono le misteriose morti sulla baia di Sabaody che come ho già spiegato, erano provocate dal potere di Hawkins.




  
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