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Autore: Ethasia    22/07/2014    2 recensioni
Da piccola ho sempre detestato il personaggio di Peter Pan. Adesso che sono più grande, il suo mondo, il suo modo di vivere mi hanno affascinata, al punto di desiderare di volare sull'Isola che non c'è. E mi sono domandata... cosa succederebbe se, dopo essersi lasciati a Londra, Wendy e Peter si ritrovassero, cresciuti e cambiati entrambi? Se l'Isola non fosse più il posto che i Darling avevano conosciuto da bambini? Così è nata la mia fanfiction.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bimbi Sperduti, Capitan Uncino, Peter Pan, Wendy Moira Angela Darling
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sirene. Puah. Sempre detestate. E adesso ho soltanto l'ennesimo motivo in più per farlo. Per una benedetta volta che Peter ed io stavamo conducendo una conversazione umana e civile, devono arrivare loro a rompere le uova nel paniere. Il fatto poi che sembrava che Peter stesse per dirmi qualcosa di quantomento serio, se non addirittura importante, è solo secondario. In fondo, posso aspettare e farmela raccontare più tardi. Perché non sono affatto curiosa. No no.
Okay, Wendy, fai un respiro profondo. Insultare le Sirene in ogni lingua che conosci non ti servirà a niente. Ucciderle, quello sì che sarebbe utile...
Non puoi uccidere le Sirene. Scordatelo.
Maledizione.
Cosa mi resta da fare, allora? Purtroppo, seguire il consiglio di Peter, per quanto mi pesi farlo, resta la strada più sensata da seguire. Devo tornare a casa. In fondo, ho dei seri dubbi che a Matthew servisse davvero tutta quella legna; lui e Noah avevano un'aria troppo cospiratrice e divertita per risultare credibili. O magari sono io ad essere esageratamente sospettosa.
Forse mi trattengo un altro po'. Giusto per raccogliere qualche altro ramo, nel caso ne abbiano davvero bisogno. E se così non fosse, tornata al Rifugio seguirò interamente il consiglio di Peter, e verranno usati contro di loro. Dritti in testa. Reiterate volte.
Mi metto a svolazzare pigramente rasoterra, guardando di tanto in tanto se per caso vi sia qualche ramoscello caduto. Alla fine, mi ritrovo in una piccola radura quasi quadrata dall'aspetto promettente: tutt'intorno, solo alberi che avrebbero bisogno di una bella potata, a meno che non desiderino che i loro rami si stacchino uno ad uno. E in effetti, alcuni sono già caduti al suolo. Chinandomi, ne esamino un paio, probabilmente abbastanza robusti sia per una spada che per essere usati come arma non lavorata contro due certi Ragazzi; poi, il mio sguardo viene catturato da uno sprazzo di blu brillante. Il mare? Non credevo di essermi allontanata così tanto. 
Mi avvicino un po' per dare un'occhiata, sempre mezza piegata come una povera demente, gli occhi fissi su quell'unica macchia marina... Fino a che qualcosa di interpone tra il mio piede e il passo che stava per compiere. Rovino a terra con uno strillo molto poco elegante. Un sasso. Una maledetta pietra che mi ha fatta inciampare. Per un secondo, sento solo il dolore delle escoriazioni sui gomiti e le ginocchia; be', mi è andata bene. E invece, un istante dopo il dolore arriva tutto insieme, tutto concentrato sulla caviglia. Perfetto. Storta, slogata, o quel diamine che è. Davvero meraviglioso.
Mi metto faticosamente a sedere, serrando i denti per non far caso al dolore. Mi guardo attorno, spaesata e furiosa con la mia distrazione; e adesso come diavolo torno a casa?
Tra gli alberi, dei movimenti. Per un attimo, e con immenso sollievo, penso che sia Snoki, ancora vagante per il bosco sulla via dell'Accampamento. Almeno lui in qualche modo può darmi una mano, dovesse anche trascinarmi fino all'Albero. Ma poi mi rendo conto che sono troppe le ombre che si muovono tra i tronchi, da troppe direzioni. E quando emergono e mi circondano, è troppo tardi anche solo per maledirmi nuovamente per essermi fatta male negandomi la possibilità di volare.
Un paio di teste fasciate da bandane, qualche lobo ornato da orecchini. Sciabole e pugnali ad ogni cintura. Ma sarebbe bastata anche solo quella decina di facce un po' istupidite, per capire che si trattava di Pirati. Tutti più giovani di quanto li ricordassi dall'ultima volta che li avevo incontrati, anche se questo avrei dovuto aspettarmelo. Nientemeno che la proverbiale ciliegina sulla torta.
Quelli mi guardano, un po' confusi e imbambolati. Ma tra loro borbottano talmente piano da rendermi impossibile trovare un'ancora di salvezza dialettica cui aggrapparmi. Quando sento mugugnare le parole "portarla dal Capitano..?" apro la bocca, pronta a sparare una qualsiasi buffonata con la forza e l'idiozia della disperazione pur di guadagnare tempo, ma dal fitto degli alberi esce l'ultima figura.
Alto, imponente e dal portamento fiero, gli occhi di ghiaccio incastonati come pietre preziose e lucenti su un viso abbronzato, se non per la cicatrice bianca come neve che, dal sopracciglio sinistro allo zigomo, lo sfigura, come la tela graffiata di un quadro. I capelli neri sono quasi del tutto nascosti dal tricorno, non abbastanza calato da celare l'espressione di superiorità che lo accompagna come una seconda pelle.
Al suo incedere elegante nella radura, la ciurma ammutolisce. Lui li guarda uno per uno, i begli occhi velati dal disprezzo. 
- Cosa sta succedendo, qui? - domanda con studiata lentezza.
Uno degli uomini gli fa un semplice cenno con la testa per indicarmi. Con la stessa calma - una calma spietata su cui gli abitanti dell'Isola narrano innumerevoli storie -, Alec si volta a guardarmi dall'alto in basso, sebbene io sia ancora mezza distesa sul terreno polveroso. E questo continua a fare per diversi secondi, forse minuti: guardarmi, studiarmi come si potrebbe fare ad una festa con qualcuno che ci attrae e non si conosce. Ma c'è qualcosa di molto più inquietante, nel modo in cui lo fa lui.
Alla fine, il secondo ufficiale di Hook si avvicina a me. E da questa bassezza sembra ancora più spaventoso di quanto avessi pensato a prima vista.
- Dalla dettagliata descrizione fornitami da Capitan James Hook - esordisce, estraendo di colpo la spada dal fodero per puntarmela al petto, facendomi sussultare, - posso spingermi ad affermare che chi giace ai miei piedi sia Wendy Darling?
- Avreste ragione nel dirlo - confermo piano, a contrasto con la sua voce altisonante. - Noto che avete... buon occhio, Alec.
Non deve aver apprezzato più di tanto la battuta; all'improvviso, sento la punta della spada premere un po' più forte. Ma il viso rimane una maschera compatta di indifferenza. - Forse, un po' più impertinente - mormora con voce glaciale. - Ma a questo si può sempre porre rimedio. Vi conviene non muovervi, madamigella, o sarò costretto a mostrarvi quanto può essere agile questa lama.
- Be', allora sono fortunata; caso vuole che non possa muovere un passo neanche volendo.
- Fortuna, dunque, è proprio la parola giusta - commenta Alec, mentre sulle labbra gli si apre un ghigno. - Il Capitano sarà estasiato nel rivedervi. - Serro la bocca; la sua, per contro, sorride ancora di più, disgustosamente divertita. - Prendetela - ordina, mentre si gira e comincia a percorrere la radura a passi lunghi e lenti. - Torniamo a bordo.
- E il Tesoro? - domanda qualcuno, mentre altri due arrivano alle mie spalle per tirarmi su - provocandomi una fitta lancinante alla caviglia - e legarmi le mani dietro la schiena con una corda spessa.
Alec si volta di scatto a guardarlo, gli occhi che mandano lampi. - E cosa credi sia più importante, l'oro o qualcuno che conosce a memoria ogni singola informazione su Pan? - ringhia. - Rimani pure sulla terraferma, se t'aggrada; ma non osare risalire sulla nave sprovvisto di Tesoro.
Riprende bruscamente a camminare, appena più velocemente, senza degnare più nessuno di un solo sguardo. Il Pirata che, così stoltamente, ha osato aprire bocca, borbotta torvo: - Stavo solo chiedendo. - Si affretta poi a seguirlo.
E tutti gli altri dietro di lui. Me compresa, sospinta dai due ceffi che mi hanno legata. Alzo lo sguardo al cielo, sperando di scorgervi un segno, un messaggio degli dèi, una lama che piove dalle nuvole... perché non so proprio in quale altro modo potrei uscire da questa dannatissima situazione, adesso.

 
  
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