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Autore: OneWingedAngel    04/09/2008    5 recensioni
Auron, il giorno prima dell'inizio della storia, sui tetti di una Zanarkand per la prima volta addormantata, confida i suoi pensieri al mare.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Auron, Braska, Jecht
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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L'eroe e il Mare

L' Eroe e Il Mare


La cappa di nubi che fin dal primo pomeriggio aveva avvolto la città di Zanarkand aveva raggiunto il suo culmine.

Lentamente, nell'arco dell'intera giornata, le nuvole sottili e rade che sfrecciavano solitamente nel cielo avevano lasciato gradualmente posto, prima a grandi cumuli bianchi simili a panna montata, e poi a quel grande ammesso di un nero uniforme che aleggiava ora, per tutta la ,considerevole, ampiezza della città.

Lungo la costa della città il mare si era risvegliato dal sonno pacato e piatto in cui giaceva solitamente e rombava potentemente, sconvolto da cavalloni sempre più alti e minacciosi, che si infrangevano spumeggianti sulle abitazioni lungo che rasentavano il bagnasciuga.

In quello scenario che andava man mano incupendosi Auron camminava lentamente sul tetto di un edificio non troppo alto (almeno per la media di Zanarkand), fino a spingersi su una robusta trave di metallo che sporgeva pericolosamente nel vuoto.

I suoi passi producevano un rumore tintinnante appena udibile sotto le frustate del vento. Il braccio sinistro giaceva inerte e le dita che sporgevano dalla manica tremolavano leggermente, senza vita, ad ogni passo. La destra invece era serrata attorno alla borraccia di sakè che portava sempre con sé.

Si arrestò sul ciglio della trave su cui passeggiava e si sporse quanto gli era necessario per poter contemplare le acque turbinose sotto di lui.

Non ne sembrò particolarmente impressionato, men che mai spaventato, quando la prospettiva di una simile caduta avrebbe fatto venire le vertigini anche al più indomito avventuriero.

Alzò lo sguardo verso l'orizzonte, e quello spettacolo sembrò destare di più la sua attenzione. Le nubi turbinose e la pioggia sottile e insistente (preludio di un imminente acquazzone) avevano contribuito in maniera decisiva a rabbuiare ulteriormente l'atmosfera di quel giorno, tanto che oramai nemmeno la luce rossa del tramonto riusciva a penetrare il nero dell'oceano. Di quel colore straordinario che tanto piaceva al ragazzino e che tanto aveva colpito Auron il primo giorno in quella città, non restava che una beffarda strisciolina all'orizzonte, simile ad un sorriso tirato su una faccia corrucciata.

Adeguato all'anniversario che stava per scadere, pensò il guardiano. Adeguato ma comunque triste, il ragazzino non avrebbe avuto nemmeno la soddisfazione di poter contemplare il suo adorato tramonto.

Si chiedeva perchè Jecht facesse tutto questo. Perchè lui era certo che ci fosse lui dietro tutto questo, lo sentiva in quelle acque torbide. Dopotutto Sin e il mare sono praticamente la stessa cosa.

A quel pensiero Auron arricciò le labbra in un sorriso amaro, che non faceva intendere il minimo divertimento, al massimo una dolorosa accettazione. Una sconfitta.

Si guardò alle spalle contemplando gli edifici dietro di lui. L'oscurità precoce di quella giornata e la foschia che aleggiava omogenea per miglia faceva sembrare le luci dorate di Zanarkand soffuse e lontane, e il tormentato ululare del vento tra gli anfratti metallici degli edifici nascondeva l'incessante rumore della vita urbana. In quel modo “la città che non dorme mai” sembrava essersi assopita per un momento, some un gigantesco naufrago che, stremato dalla disperata nuotata, stramazza appena arrivato alla spiaggia, lasciando i piedi ancora immersi nell'acqua.

E proprio su quei piedi ora stava torreggiante ed immobile Auron. Se qualcuno l'avesse visto in quel momento si sarebbe chiesto come il corpo martoriato di cicatrici potesse stare placidamente in piedi sotto il vento freddo e la pioggia sempre più insistente.

Ma ormai erano passati anni ( dieci lunghi anni) da quando aveva smesso di soffrire il freddo, il caldo, il dolore, e persino di sentire il gusto del sakè che si accingeva a versarsi in gola.

Dopo aver bevuto un sorso del liquido amaro ( che ancora prima di smettere di sollazzargli il gusto aveva smesso di dargli alla testa) si staccò la borraccia dalla labbra screpolate e la puntò verso l'orizzonte in una sorta di brindisi col mare.

A te” disse al suo vecchio amico, senza dubitare un secondo della sua presenza.

Dal mare lo raggiunse un rombo pauroso quanto amaro, con il suo carico di nostalgia.

Ancora Auron diede quel sorriso spento.

Ti manca questa?” chiese indicando i grattacieli illuminati alle sue spalle. Non vi fu risposta, ma Auron sapeva che non era quella esatta.

O magari qualcos'altro ...”

In quel momento quel qualcos'altro sbucò da una strada deserta nelle vicinanze del palazzo su cui il guardiano stava appollaiato.

Il ragazzino era accompagnato da qualche ragazzo rumoroso ed un paio di ragazze ridanciane. Con tutta probabilità qualche amico di fortuna rimediato in uno dei tanti (troppi a suo giudizio) locali di Zanarkand.

Tuo figlio” disse parlando al mare, e a chi c'era dietro.

Tidus uscì dalla cappa degli ombrelli dei suoi neo amici e, dopo qualche battuta divertente, corse fino a ripararsi nel portico di casa sua, salutandoli con il braccio finchè si allontanavano rumorosamente come erano venuti.

Auron era distante e la visuale era poco nitida ,per via della pioggia che si era trasformata nel tanto pronosticato acquazzone, ma lui riuscì comunque a scorgere il cambio di espressione sulla faccia del ragazzo.

Nonappena l'allegra combricola si fu allontanata il sorriso gli morì in faccia, lasciando posto ad un espressione grigia di muta rassegnazione, la stessa, constatò lui con tristezza, che giaceva sul volto di Auron da dieci lunghi anni.

Poi il ragazzo entrò, ma lui sapeva bene cosa avrebbe fatto, anche senza vederlo.

E' domani. Lo sai che sta piangendo vero? Lui dice di odiarti, ma in questi giorni piange sempre....è solo un ragazzino dopotutto.”

Auron lanciò un'occhiata al cielo nero.

Capisco perchè lo hai fatto. E' molto più facile piangere quando il cielo piange con te.”

Il mare ripetè il suo lamento tempestoso.

Dopo una pausa il guardiano parlò di nuovo.

Jecht” erano dieci anni che non pronunciava quel nome e sentirlo pronunciare dalla sua voce odierna lo riempì di una strana, e del tutto illogica, tristezza.

Sono passati dieci anni. Dieci anni dal giorno che quel ragazzino che sta inzuppando il materasso di lacrime pensa sia il giorno della tua morte. Dieci anni dal nostro primo incontro....dieci anni dalla promessa che ti feci. Non pensi che sia giunta l'ora?”

La risposta gli giunse chiara nella mente. Domani.

Domani sarebbe stata la fine per quel luogo, e l'inizio per Spira.

Stavolta toccò ad Auron essere invaso dalla nostalgia. Gli mancava Spira. Gli mancava la terra in cui era cresciuto, in cui aveva vissuto le sue avventure, le avventure di una gioventù che se n'era andata (di una vita che se n'era andata),in cui aveva conosciuto le due persona più care della sua vita, e in cui li aveva persi entrambe.

Uno era morto perchè aveva creduto nelle menzogne di quel mondo (Auron aveva capito che Spira era pervasa dalle menzogne) e il secondo, era stato vittima di una sorte peggiore della morte.

Intrappolato dentro quelle scaglie, Jecht non era più se stesso, salvo in quei giorni, in cui gli parlava dal mare. Una magra consolazione.

Auron era rimasto legato a loro due dalle pesanti catene di due gravose promesse. La prima che aveva come oggetto il biondo ragazzo che versava lacrime sul cuscino e si ripeteva di odiare suo padre, e la seconda una ragazza che Auron non aveva neanche mai visto, ma che lo attendeva ( e di questo era sicuro) in quel mondo nostalgico che era Spira.

Ne aveva le prove proprio dalla presenza del suo vecchio amico Jacht, anche lui era legato a quella promessa non più di quanto lo fosse lui, e sapeva che dalla sua prigione di scaglie e destino cercava di fare quanto possibile.

Il mare ruggì un addio ed Auron seppe che se ne stava andando.

A presto amico mio.” salutò in tono grave.

In poco tempo la pioggia smise di scendere piano piano, le nuvole si allontanarono ognuna per la propria strada, dopo aver svuotato il loro carico d'umidità, e il mare tornava di nuovo nella sua calma placida.

Il cielo di Zanarkand era tornato dominato dalle stelle, quelle stelle che la univano al suo mondo, Spira.

Nella casa sotto di lui Auron percepiva la presenza del ragazzino. In quel momento Tidus giaceva addormentato, dopo aver esaurito le lacrime, sul letto ancora fatto.

Lasciamo che si riposi” fece Auron “Domani inizierà la sua storia, e sarà l'ultima storia a cui assisterò. Facciamola iniziare come si deve.”

Per quanto lo riguardava Auron aveva concluso la sua storia dieci anni prima, ma le catene delle promesse ai suoi migliori amici, gli davano la possibilità di viverne (se questa era la parola esatta) una nuova.

Ma questa non sarebbe stata la sua, oh no.

Sarebbe stata la loro. Quella del figlio di Jecht, e della figlia di Braska. E allora la promessa sarebbe stata adempiuta.

Le prime luci dell'alba illuminavano fiocamente la superficie del mare....prima che se ne fosse accorto era già domani.

Questa è la tua storia. Tutto comincia qui.”

  
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