Fanfic su artisti musicali > 30 Seconds to Mars
Segui la storia  |       
Autore: StandAboveTheCrowd    22/07/2014    1 recensioni
Due neolaureate due anni a Chicago per un concorso. Non sanno che le aspettano incontri fuori dal comune, disastri, equivoci e fiumi di annacquato caffè americano.
(Scritta a quattro mani con Jump And Touch The Sky)
Genere: Comico, Demenziale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Jared Leto, Shannon Leto, Tomo Miličević
Note: Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Andare a cena in un ristorante italiano forse non era stata una buona idea. 
-Sul menu c’era scritto pasta, dannazione, PAS-TA. Non colla!- andava sbraitando Valentina, mentre lei e Arianna aspettavano un taxi davanti al ristorante. 
-Vogliamo parlare del calzone? No, perché avrei un paio di cosette da criticare...- fece Arianna, di rimando. 
Erano entrambe in crisi da cibo italiano, dopo nemmeno due giorni che si trovavano lì. Si preannunciava una difficilissima permanenza, nonostante i fortunati incontri delle ultime ore. 
In più, nessun taxi sembrava intenzionato a passare da quelle parti.  
-Tutti al diavolo, vado a piedi- decise Valentina, con un diavolo per capello. Da quando si era alzata, non ne aveva fatta una giusta. Aveva distrutto lo Sky Deck del Lego-store –uccidendo decine di omini gialli innocenti-, aveva dovuto fuggire da un commesso con istinti omicidi, aveva fatto la figura di quella che non sa parlare l’inglese per una lievissima imprecisione nella pronuncia di una parola difficilissima che al momento non ricordava, aveva bevuto un frappè dal gusto indefinito per non aver avuto voglia di tirare fuori il suo amatissimo dizionario inglese-italiano dalla borsa e infine era andata a mangiare nel peggior ristorante di tutta Chicago. 
-Suvvia, calmati, Vale... in fondo, oggi non ci è andata poi così male...- tentò di rincuorarla Arianna, sventolandole davanti –con cautela- Sam, il suo nuovissimo S5 con la rubrica aperta sul nome di Adam Gontier.  
-Attenta a quello che fai. Potrebbe cadere. 
Valentina aveva un talento naturale per portare iella. E infatti, Sam scivolò dalle mani di Arianna, che riuscì a riacchiapparlo a un centimetro dall’asfalto, bianca come carta lavata.  
-S...Sam!- esclamò, sbaciucchiandolo: -stavo per perdere la mia ragione di vita! Brutta iettatrice.  
Valentina stava per replicare, quando alzò lo sguardo e si trovò davanti un’enorme porta a vetri con scritto “Barnes&Noble” a caratteri cubitali.  
Dentro, il paese delle Meraviglie, della Cuccagna e del Bengodi tutto insieme. 
Stavolta fu lei a prendere Arianna per un braccio, trascinandola dentro.  
Libri, libri ovunque. A destra, a sinistra, sopra, sotto... ovunque. 
-Dev’essere il Paradiso...- farfugliò Valentina, a cui era passato magicamente il malumore.  
Arianna non fece nemmeno in tempo a rendersi conto di cosa stesse succedendo che si ritrovò a correre di qua e di là tra gli scaffali, trascinata dall’amica, che sembrava una bambina di quattro anni nel castello delle principesse a Disneyland.  
Certo, quattro quinti dei libri là dentro erano in inglese, ma dettagli.  
Arianna riuscì a liberarsi dalla stretta ferrea di Valentina, mollandola nella sezione Fantasy, e si mise alla ricerca della sezione Manga. 
Cinque minuti dopo, eccole lì. Una inchiodata davanti agli scaffali dei fantasy, in estasi, l’altra come ipnotizzata davanti a una serie infinita di manga (in inglese, ma manga.). Quando finalmente riuscirono a ritrovarsi, erano commosse. 
-Non ho mai visto tanti libri in vita mia. 
-Non ho mai visto tanti manga in vita mia.  
Poi si voltarono contemporaneamente nella stessa direzione e rimasero immobili, a bocca aperta. 
Un cartello, che introduceva ad almeno tre chilometri quadrati di scaffali, recitava: “Barnes&Noble –Music-“  
Arianna e Valentina si guardarono, poi proruppero in un urletto isterico, abbracciandosi, per poi correre come due pazze verso l’enorme sezione musica.  
Cd a perdita d’occhio, di tutti i tipi.  
-Ohohoh non mi tirerete mai fuori di qui- fece Arianna, tuffandosi letteralmente tra i miliardi di cd della sezione rock. 
Valentina la seguì, ma poi la sua attenzione fu attirata dalla copertina di un disco, qualche scaffale più in là. 
Decise di andare in esplorazione e si ritrovò nella sezione dedicata alla musica classica, precisamente davanti allo scaffale della lettera V, dove troneggiava una copia de “Le quattro stagioni” di Vivaldi.  
Quel disco doveva essere suo. A tutti i costi. 
Ma quando si avvicinò e allungò la mano verso di lui, il cd scomparve, rapito da un farabutto che era appena comparso dal nulla. Valentina si voltò con calma verso il rapitore di cd. 
-Mi scusi, caro signore- esordì, con tutta la pacatezza di cui fu capace: -ma c’ero prima io.- 
Il gaglioffo si voltò verso di lei, perplesso e la ragazza impietrì.  
-Chiedo scusa, lo voleva lei?- fece, senza però accennare a mollare il cd rapito.  
Lei non fece una mossa, e dalla gola le uscì solo un gemito strozzato.  
-...c’è qualcosa che non va?- chiese l’uomo, preoccupato: -Se deve sentirsi male, ecco, tenga, prenda il disco, non si preoccupi, è tutto suo!- esclamò, mollandole in mano il cd di Vivaldi.  
Nel frattempo, Arianna aveva adocchiato due cd, ma era indecisa. Aveva urgente bisogno del parere della sua migliore amica per poter fare il contrario di quello che le avrebbe consigliato. 
-Ehi, Vale!- esclamò, accorgendosi solo allora che Valentina non era lì. Iniziò a cercarla con lo sguardo mordendosi un labbro per l’impazienza, e quando finalmente la vide, si rese conto che era in compagnia di uno sconosciuto barbuto alquanto bizzarro che stava tentando di dirle qualcosa con aria concitata.  
-Ehiiii! Necessito di un parere urgenteeeee!- esclamò Arianna, correndole incontro.  
Il tizio la accolse come una benedizione. 
-È amica tua?- chiese. 
-Sì. Perché?- fece Arianna, perplessa, mentre passava una mano davanti agli occhi di Valentina, che sembrava pietrificata. Il motivo di tale stato, però, era tutt’altro che chiaro. 
Lo sconosciuto non era per niente bello. Anzi. Non aveva una voce asdfghjklosa come quella di Adam, né dei bicipiti come quelli del tizio occhialuto del Lego-store. E allora perché Valentina lo fissava in quel modo? Non era così spaventoso, poveretto, e non sembrava nemmeno un malintenzionato. 
-Ehm... Vale?- provò Arianna, battendole con un dito sulla fronte. 
Nessuna reazione. 
-Valentina?- Niente. 
Anche in quelle situazioni, la pazienza di Arianna aveva un limite. 
-Va-len-ti-na-sve-glia-ti-su-bi-to!- urlò, scrollandola come una maracas.  
Solo allora Valentina abbandonò la sua espressione da mascherone tragico greco. 
-Lui! È uno di loro!- strillò, abbandonando il cd di Vivaldi sullo scaffale.  
Arianna la guardò senza capire, mentre il tizio si portò un mano alla bocca, sconvolto.  
-Che le prende?!- balbettò, terrorizzato, tenendosi a distanza di sicurezza da quelle due, che nel frattempo aveva riconosciuto.  
-Sei uno di quei tre stalker dell’hotel!- fece Valentina, isterica. 
Ormai era fermamente convinta che le stessero seguendo da due giorni, e nessuno sarebbe riuscito a levarglielo dalla testa.  
-E voi... voi siete le due italiane pazze del Lego-store! 
In quel momento, probabilmente Arianna e Valentina sarebbero dovute scappare. Almeno, secondo Valentina. Arianna, invece, prese consapevolezza della situazione, mollò provvisoriamente i cd che aveva in mano accanto al Vivaldi e... 
-Piacere! Io sono Arianna, e lei è Valentina! E tu chi sei?- disse, con la vocina più ingenua del mondo, tendendo la mano allo sconosciuto. 
Sia quest’ultimo che Valentina la guardarono perplessi, poi, il tizio assunse la stessa espressione da criceto di Arianna e le strinse la mano. 
-Io sono Tomislav Miličevič! Piacere mio! 
Valentina non proferì parola, spostando lo sguardo da Arianna a Tomislao-comecavolosichiamava, allibita. 
-È uno degli stalker- sillabò, piantandosi davanti ad Arianna. 
-Stalker?- fece lei, con aria di compatimento. 
Valentina annuì convinta, con la faccia da “ci sei arrivata, finalmente!”. 
-Stalker- continuò Arianna. Scosse la testa con un sospirone. –Sei uno stalker? 
Tomislav la guardò stranito. –Ho la faccia da stalker? 
-Nah- sentenziò Arianna. 
-Hai mai visto uno stalker?- chiese Valentina, decisa a farsi appoggiare dall’amica. 
-No. 
-E allora come fai a saperlo?! 
-Guardalo bene. Ti sembra pericoloso? 
-Sì! 
-Cara Vale, te lo dico sempre che devi metterti gli occhiali. 
Tomislav non stava capendo un accidente di quello che le due strane italiane stavano dicendo, ma sperava vivamente che non avessero deciso di denunciarlo per stalking. Anche perché lui non le stava stalkerando. Anzi, adesso che le aveva riconosciute aveva seriamente paura che fossero loro a stalkerare lui e i suoi amici. 
Doveva trovare il modo di andarsene molto discretamente mentre quelle due discutevano. 
Fece per indietreggiare con molta nonchalance, ma Arianna lo freddò subito. 
-Non hai un soprannome?- chiese, mollando di punto in bianco la discussione con Valentina, che stava iniziando a dare segni di cedimento psicologico. 
Il poveraccio inchiodò, vedendo sfumare ogni possibilità di fuga. 
-Tomo. 
-Tomo! Aw, che bello!  
E così, fu Tomo a consigliare quale cd prendere ad Arianna. Da quel momento in poi, scoprirono di avere tantissime cose in comune. A partire dall’amore smodato per i cuccioli pucciosi, fino all’hotel dove alloggiavano –cosa che, tra l’altro, Valentina sapeva già, ma che Arianna aveva deciso deliberatamente di ignorare-. 
Quando uscirono dal negozio –tra l’altro Arianna si stava ancora chiedendo come mai una libreria fosse aperta a quell’ora- si ripresentò il problema del taxi. 
-Bene, signor Tomo, anche se io resto convinta che tu e i tuoi amici siate degli stalker, è stato un piacere. Addio.- fece Valentina, avviandosi a piedi verso l’albergo.  
-Dove stai andando?- fece Arianna, riacchiappandola dopo nemmeno due passi.  
-A dormire, finalmente, se mi è concesso!- piagnucolò l’amica, sull’orlo dell’esaurimento nervoso. 
-Conosci la strada? 
-Sì. Cioè, no, però lo sai che ho un ottimo senso dell’orientamento, suvvia. Sono sempre stata il navigatore del gruppo dai tempi del ginnasio! 
Arianna la guardò con aria condiscendente, dandole un paio di pacche sulle spalle. 
-Era Orvieto, Vale. Chicago è almeno tremila volte Orvieto. 
-E Como, allora?! E Milano?! E Roma?! 
-Non erano Chicago. Insomma, tu vorresti affrontare questa graaaande metropoli di notte, senza sapere dove vai, col pericolo che qualcuno ti rapisca, ti violenti, ti squarti e venda i tuoi organi ancora caldi? No, vero? Lo sai che Chicago è la città di Al Capone, sì?  
Valentina mise su una faccia a metà tra l’incredulo, il raccapricciato e lo scocciato.  
-Oh, andiamo, non succederà niente! Al Capone è morto, e nessuno vuole i miei organi!- replicò.  
Arianna socchiuse gli occhi, con aria inquietante. Somigliava a uno di quei venditori porta a porta che ti convincono che non puoi vivere senza uno dei loro eccezionali aspirapolvere. 
-Come puoi esserne certa?- sussurrò. 
L’amica le mollò una spinta. –Piantala di dire scemenze. Si può sapere che alternativa hai in mente? 
Arianna abbandonò la faccia da venditore porta a porta e indicò Tomo con un cenno del capo. 
-Ce l’avrà la macchina, no? O almeno uno dei suoi amici. 
Valentina sgranò gli occhi. Salire in macchina con degli sconosciuti dall’altra parte del mondo rispetto a casa sua, per la seconda volta in due giorni, e non con uno sconosciuto dall’aria quasi normale come Jake, ma con tre sconosciuti, uno più ambiguo dell’altro.  
-Non se ne parla!- sentenziò.  
Arianna ridacchiò. –Lo sapevo che avresti detto di sì. Dopotutto è una splendida, splendida, splendida idea! Ehi, Tomo! 
Tomo, nel frattempo, era rimasto immobile davanti alla porta della libreria, in preda a un dubbio esistenziale: fuggire o non fuggire da quelle due strane fanciulle che parlottavano a due passi da lui? 
Da una parte fu contento di essere sollevato dall’ardua impresa di doversi decidere. 
-Sì? 
-Torni in hotel?- chiese Arianna, sorridendo come prima. 
-...sì. Perché? 
-A piedi? 
-No. Guarda che è abbastanza lontano da qui, eh. 
Ecco. A posto. È finita. Pensò Valentina, deglutendo.  
-Ci daresti un passaggio? 
Tomo non fece una mossa. 
Valentina cominciò a sperare che non fosse così stalker come sembrava e che non accettasse di accompagnarle. 
-Ma certo! Come potrei rifiutare un passaggio a un’appassionata di cagnolini come te? 
Fece Tomo, con aria solenne. Arianna si esibì in un sorriso a trecento denti. Valentina si sentì mancare. 
-E se fosse lui il mafioso che gestisce il traffico di organi?!- sibilò, rivolta all’amica, che le rispose alzando un sopracciglio con aria eloquente. Aveva già espresso la sua opinione riguardo la pericolosità di quell’individuo barbuto. L’aveva etichettato come “assolutamente innocuo”. 
-Grazie mille, vecchio mio!- trillò, prendendo sottobraccio Valentina e costringendola a seguirla. 
Durante il tragitto tra il negozio e la macchina, Tomo e Arianna non fecero altro che chiacchierare e ridere come se fossero amici di vecchissima data.  
Gli interessi comuni erano molto potenti, senza ombra di dubbio.  
-Eccoci qua!- fece Tomo, indicando una macchina chiara presieduta da due figuri impossibili da distinguere alla fioca luce del lampione lì accanto.  
Figuri che appena sentirono la sua voce, cominciarono ad andargli incontro. 
-Alla buon’ora, Tomo! Ti stiamo aspettando da una vita!- sbottò uno dei due. 
-Ti eri perso in bagno?- rincarò l’altro, con tono molto più apatico, o quantomeno disinteressato dell’altro. 
Sembravano non essersi accorti delle due ragazze che accompagnavano Tomo.  
-Ehm...- fece quest’ultimo, inquieto: -posso spiegare, ragazzi, non agitatevi. 
-Ti prego, svigniamocela finché siamo in tempo!- supplicò Valentina, con la voce più lamentosa che le riuscì. 
-Zitta, tu, fifona!- la zittì Arianna, tra i denti. 
In quel momento, l’attenzione dei due loschi compagni di Tomo si spostò su di loro.  
-E quelle due? 
Finalmente, sotto la luce del lampione, Arianna e Valentina riuscirono a vedere meglio quei due. 
Restarono semplicemente sconvolte. 
-Ma come diamine sono conciati?!- esclamò Valentina, atterrita. 
L’esperta di stile era Arianna, lei con la moda faceva a cazzotti, ma non ci voleva Coco Chanel per capire che quei due erano vestiti veramente male... per non dire in modo ridicolo, specialmente il capellone, che sfoggiava le solite tre felpe, di cui una legata sulla vita, e un tremendo cappello di paglia, il tutto corredato da un paio di improbabili pantaloni a quadretti neri e bianchi.  
L’altro indossava probabilmente uno dei capi d’abbigliamento più strani che Valentina avesse mai visto –Arianna, probabilmente, aveva già visto qualcosa di simile, e comunque non ne sembrava particolarmente impressionata-. Era una specie di tutona/muta da sub. Insomma, i pantaloni di una tuta cuciti con una felpa senza maniche. Ecco, qualcosa del genere. Ma il tocco di classe era dato dal già citato cappello da galeotto di lana.  
E infine la ciliegina sulla torta: era notte, ma entrambi quei due strani individui si ostinavano a portare gli occhiali da sole.  
-Forse avrebbero bisogno di un consulente d’immagine. Già.- commentò Arianna, che però non era sconvolta quanto l’amica. Era troppo impegnata a pensare a quanto fosse fortunata ad aver incontrato prima quel figone di Jake, poi quell’altro figone di Adam e adesso un uomo con quei bicipiti e quelle spalle.   
Il prossimo che mi dice che gli Americani sono brutti si becca una padellata. Pensò, decisa. 
-Loro sono...- esordì Tomo, venendo prontamente interrotto dal capellone. 
-...sono le due pazzoidi di stamattina. 
-O-oh, è vero- balbettò il simil-galeotto con tutona, probabilmente sbiancando di colpo. La luce non permetteva di vederlo, ma era facilmente immaginabile –e comprensibile- una reazione del genere.  
Tomo decise di ignorare il panico dell’amico. 
-Sì... sono un po’ strane, ma non credo siano cattive persone. Dopotutto, sono italiane... 
Quella frase ebbe il potere di far riemergere l’indole patriottica di Valentina, che era scomparsa completamente da quando aveva messo piede nella libreria. L’offesa appena subita si sommò allo sdegno provocato dal ristorante italiano tarocco, seppellendo ogni altro sentimento. 
Arianna se ne accorse sgomenta, ma non fece in tempo a fermare l’amica.  
-Qualcosa contro gli italiani, Tomolino? No, perché io a questo punto avrei un paio di cosette da dire sugli americani, a partire dal fatto che non sapete cucinare- e a quelle parole il capellone sussultò, probabilmente colpito nell’orgoglio per qualche oscura ragione: -vi vestite in modo mooolto strano, avete manie di grandezza e, soprattutto...-  
Tutti la guardarono col fiato sospeso, soprattutto Arianna, che in quel momento decise che se non le avesse tappato la bocca, si sarebbe scatenata la terza guerra mondiale.  
-...il vostro caffè fa schi...- fece Valentina, un istante prima che la compagna le tappasse la bocca con entrambe le mani.  
Cadde un silenzio di tomba.  
-Cos’hai detto del caffè?- chiese il tizio dalla tutona nera, con un lieve accenno di minaccia nella voce. 
Valentina mugugnò qualcosa, ma per fortuna le mani di Arianna le impedirono di farsi capire. 
-Ha detto che adora il vostro caffè.- rispose lei, per salvare la situazione. Non era conveniente che una tipetta gracilina come Valentina facesse arrabbiare un uomo con quelle braccia possenti, o si sarebbe trovata polverizzata in meno di un minuto.  
-Ah, ecco.  
-Eheh... quando è stanca non parla tanto bene in inglese. Sbaglia sempre le parole... 
Valentina le lanciò un’occhiata assassina. Quegli individui stavano tentando di demolire il suo orgoglio! 
-Be’, tornando a noi- s’intromise il capellone, visibilmente seccato da quella situazione: -che ci fanno queste due qui? 
Tomo non era più tanto sicuro di voler dare un passaggio alla sua nuova amica e alla sua lunatica compagna di viaggio, ma in nome della pucciosità, doveva farlo.  
-Innanzitutto queste due sono Arianna e Valentina, e alloggiano nel nostro stesso hotel. 
-E quindi? 
-E quindi non possiamo lasciarle tornare da sole! Sono due ragazze, non possono andare in giro a Chicago di notte, sole
Il tono di Tomo oscillava tra il perentorio e il supplichevole.  
Gli altri due, memori del disastro di quella mattina al Lego-store, si scambiarono un’occhiata silenziosa. 
-Forza, sbrighiamoci. Comincia a fare freddo.- ordinò allora l’uomo dal cappello di paglia, senza degnare di uno sguardo Arianna e Valentina.  
-Laffami- fece quest’ultima, che ancora aveva la bocca tappata dall’altra. –Solo se tu non ti fai ammazzare, stasera. Non dal figo, almeno. 
-Promeffo. Laffami, mi ftai foffocanvo. 
Come Arianna la lasciò libera, Valentina sospirò, e contemporaneamente si beccò un’occhiataccia dal galeotto, a stento camuffata dagli occhiali scuri. Ecco, quello lì le stava antipatico. Tanto. E anche il capellone. Forse non erano stalker, ma non le stavano simpatici lo stesso. 
Salirono in macchina. Mister tutona si accomodò sul sedile anteriore, probabilmente per evitare di uccidere quella ragazzina italiana che aveva osato insultare il caffè, la sua ragione di vita. 
Suo malgrado, l’altro tizio strano dovette sedersi dietro e Arianna decise prudentemente di mettersi in mezzo tra lui e Valentina. Non voleva spargimenti di sangue, e la sua amica era piuttosto di cattivo umore, quella sera. Tomo si mise alla guida e fece in modo di arrivare all’albergo in meno di tre minuti.  
-Grazie mille del passaggio, Tomo!- fece Arianna, ostentando un sorriso forzato, quando furono nella hall dell’albergo. 
-Non c’è di che. Ma non abbiamo ancora fatto le presentazioni...- I due amici di Tomo si voltarono contemporaneamente a guardarlo malissimo. Anche le presentazioni?! Ma era impazzito? Non si ricordava più la scenata di quella mattina della tizia riccia? Con gente del genere nei paraggi, meglio restare in incognito, altro che presentazioni! 
-Ehm... lui è Shannon- continuò lui, attingendo al suo enorme coraggio da amante della pucciosità e della concordia, indicando il signor tutona, che non si mosse di un millimetro. 
-Piacere...- sospirò Arianna, con un sorrisetto leggermente idiota. 
-...e lui è Jared.- concluse Tomo, soddisfatto, indicando il signor cappello-di-paglia-alla-Sanpei. 
Quello sospirò, probabilmente seccato, e si tolse occhiali e cappello. –Piacere- buttò là, senza particolare enfasi. 
Fu in quel momento che Arianna vide Valentina sbiancare totalmente. Non si sarebbe stupita se fosse svenuta seduta stante. L’aveva vista ridotta in quelle condizioni solo durante i compiti di matematica o le interrogazioni di greco al liceo. O in palestra, quando si trattava di fare qualcosa di diverso dallo stretching. Doveva essere successo qualcosa di molto grave... o forse aveva solo bisogno di cioccolata, tutto lì.  
Tutti quanti la guardarono allarmati, ma lei, contro ogni aspettativa, non cadde a terra in perfetto stile pera cotta.  
-P...piace...re- balbettò, impietrita. 
-Ti senti bene?- chiese Jared, perplesso. 
La strana italiana aprì e richiuse la bocca un paio di volte, sbattendo finalmente le palpebre. 
-Sta benissimo- tagliò corto Arianna, schiaffeggiandole una guancia.  
Valentina passò da bianca a rossa in un decimo di secondo. Adesso sì che sembrava un paguro. 
-C...certo che sì, per chi mi avete preso? Sto benone.- farfugliò, ritrovando il contegno perduto nei meandri del suo tortuoso cervello dai tortuosi e confusi pensieri.  
-Ah be’.- fece Jared, smettendo subito di curarsi di lei. 
-Devo chiamare l’ambulanza?- azzardò Tomo. Era la seconda volta che quella tizia aveva una reazione simile per qualcosa che conosceva solo lei (e forse la sua amica) e sembrava moribonda un attimo prima e schizzata un attimo dopo. 
Valentina scosse la testa, con la faccia ancora paonazza. –Grazie tante, tanto piacere, buonanotte, signori.- disse, subito dopo, avviandosi verso l’ascensore. Arianna salutò e la seguì. –È guasto. 
-Ah.- Valentina smise di tormentare il povero pulsante di chiamata dell’ascensore e si avviò risoluta verso le scale, seguita a ruota da un’Arianna in modalità “atteggiamento di riprovazione”.  
-Che gente strana che gira.- fece Jared, rimettendosi il cappello di paglia non prima di essersi scostato i capelli dalle spalle con una mossa degna di una diva di Hollywood, mentre lui, Tomo e Shannon guardavano sparire per le scale le due strane ragazze. 


Questo capitolo è rimasto archiviato nel computer di Valentina per un tempo indecentemente lungo, ma adesso eccolo qui! 
Non spaventatevi per gli strani comportamenti e discorsi (che poi sono all'ordine del giorno) di Arianna e Valentina... in fin dei conti non siamo cattive, come dice "Tomislao", noi siamo per la pucciosità (perlomeno Arianna).
Il quarto capitolo per ora si trova ancora a Shibalba ( cfr. "Alla ricerca di El Dorado"), ma ci impegnamo a pubblicarlo preeesto (contateci) e speriamo che qualcuno non solleciti le autorità a rinchiuderci in un centro di igiene mentale! 
A presto... forse.
-Ary&Va
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > 30 Seconds to Mars / Vai alla pagina dell'autore: StandAboveTheCrowd