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Autore: Cloud394    23/07/2014    1 recensioni
Durante i meravigliosi anni '60, Eleanor è sola come tanti giovani ragazzi di quell'epoca, vuole essere indipendente, cerca la libertà così dalla romantica Parigi migra a Londra in cerca di libertà, uguaglianza ma soprattutto di sé stessa.
**Avviso**
La storia non è originale, ho fatto un errore. Questa è una fanfiction sui Beatles, spero che non mi segnaliate la storia e spero anche che se c'è qualche fan dei Beatles potesse leggerla. Grazie mille
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La macchina parte, Louis è affianco a me serio, con la chioma rossiccia a fissare l'orizzonte. Lui è l'unico con i capelli rossi in famiglia, l'unico oltre a papá a portare gli occhiali. Isuoi occhi neri sono fermi sull'orizzonte dritto su se stesso come se avesse ingoiato un manico di scopa, nonostante le miliarde di volte quando lo vedevo curvo sui libri. In vita mia l'ho visto in sole queste due posizioni.
-perché mi fai questo?-
Ho la testa girata verso il finestrino a guardare le nuvole alleggiare leggiadre nel cielo azzurro. Al suo contrario io sono stravaccata nel sedile, mi reggo la testa con una mano aspettando una sua risposta che non arriverá ma
-Sono passati due anni, io ho quasi 20 anni e tu adesso mi riporti a casa?! Sono adulta porca puttana- dico senza guardarlo negli occhi con estrema asprezza, le sue sole parole sono
-Non dire parolacce- il suo sguardo fermo non riesco a decifrarlo
-Perché? Louis tu sei un ragazzo, tu puoi capirmi! Le ingiustizie a scuola, sul lavoro! Devi aver voluto la libertá! Tu vuoi la libertá! Sei giovane, non sei come quei due stronzi dei nostri genitori- dico piena di rabbia -Dovresti essere grata ai nostri genitori per l'educazione ricevuta e per la tua esistenza, abbi rispetto- dice lui con una strana calma, ma con una voce sprezzante
-Me ne infischio di quei due coglioni- dico con rabbia
-Eleanor Victoire! Smettila, tutte queste cose che dici..sono solo fandonnie! Solo fantasie di una ragazzina! "Libertá!" "Libertá"! Bhè cara sorellina la libertá NON ESISTE! E tu..bhè Jaqueline non c'è più...dovresti pensare al futuro della famiglia-dice lui freddo
-Al futuro della mia famiglia?! Intendi la stessa famiglia che mi picchiava?! La stessa famiglia che non ha mai creduto in me?! Del padre di cui ho le cicatrici sulla schiena?! Della madre di cui da piccola non ho nemmeno un ricordo?! Bhé ti ricordi di Madleine la domestica?! La nostra cara "madre" mi ha lasciato che mi crescesse lei, ti ricordi quanto la maltrattava solo perché era di colore?! Ti ricordi perchè l'ha licenziata?Perché era nera!- dico con rabbia impetuosa che mi invade dentro
-Adesso le dici queste cose? Invece di scappare due anni fa, avresti dovuto dirle quando Jaqueline è morta, invece cosa hai fatto?! Sei scappata! Ecco cosa hai fatto! E tu ti ritieni coraggiosa?! Tu vuoi la libertá?! Bene i fatti dovresti affrontarli e non scappare da codarda come hai fatto.- anche se il suo tono è calmo, le sue parole mi lasciano spiazzata, non posso contraddirlo, so che ha ragione e so che non posso ribattere quello che ha detto. Tuttavia non mi pento di essere andata a Londra, ho trovato persone che sanno accettarmi, persone che amo. Penso a Pattie, Paul, Dan, Ringo, George, John e Maxwell..anche se non ci parliamo più mi manca..
Nel viaggio che trascorriamo regna il silenzio, scendiamo dalla macchina. Eccola, casa mia..no..casa dei miei genitori.
Mia madre è seduta dietro la scrivania, capelli castani dritti e perfetti sulle spalle, con i suoi vestiti grigi
-Siediti- mi dice indicandomi la sedia con i suoi occhi che trafiggono, la guardo con sfida e mi stravacco sulla sedia, poggiando la gamba sul bracciolo nonostante io abbia la minigonna
-come sei cresciuta.- mi dice,  prendo le sigarette dalla borsa. Ne prendo una, la metto tra le labbra ea accendendo con l'accendino 
-Giá sono diventata proprio una puttana non vedi?-  dico ridendo e ispirando del fumo soffiandolo in aria
-spegni quella sigaretta- dice secca, io le spiro il fumo in faccia
-Sono cresciuta mamma- dico ridendo, lei mi ignora
-Eleanor, domani sposerai Monsieur Lantrene..-
-..visto che non so fare un cazzo oltre che vestirmi da troia e scopare, quindi è meglio che mi abbandoni da un vecchio ricco depravato così soddisfo le sue esigenze sessuali e mi faccia mettere incinta una trentina di volte finchè non avrò un figlio maschio, i miei giorni li passerò ad accudire i miei figli e a scopare, fin quando non morirò di crepa cuore per poi andare in un centinaio di gironi dell'inferno giusto?- dico ridendo -Monsieur Lantrène è una persona deliziosa dovresti..-
-Monsieur Lantrène è un cinquantenne depravato, che da quando era piccolo si masturba e non ha avuto nemmeno una donna in vita sua quindi ha chiesto ai Morel di sposare sua figlia perché è una nullafacente e per di più troia, non si può fare sono fidanzata- dico stringendo la sigaretta tra le dita
-Non parlare così a tua madre e in questa casa non si fuma.- dice mio padre irrompendo nella stanza e prendedomi il polso, prendo la sigaretta nell'altra mano e mi libero dalla sua presa ferrea
-Tu sposerai Lantréne fine della storia. Come sei vestita?- dice. Guarda la mia maglia larga, scollata e colorata in modo psichedelico, mi alzo dalla sedia
-Vaffanculo siete delle merde!- dico alzandomi e alzando il dito medio destro, mio padre mi afferra il posto
-Tu ragazzina sei solo una troietta egoista, ma non sei nessuno, tu dipendi da me, tu sei di mia proprietá- dice stritolandomi il polso, punto il suo sguardo di ghiaccio,mi fa male, mi sta facendo male, i suoi occhi mi ricordano i miei incubi peggiori, mi salgono le lacrime agli occhi, no non posso permettermi di piangere
-No, io sono di nessuno- a queste parole mi sposta nel ripostiglio delle scope nel quale c'è una sola e piccola finestra. Passano alcune ore e all'improvviso sento dei passi
-Louis! Louis! Louis! Sei tu? Ti prego! Ti prego!- busso senza sosta alla porta con le lacrime agli occhi, l'odore è devastante e soffro di claustrofobia, non riesco a respirare, sento delle chiavi girarsi nella toppa, lui entra e inizia a far spazio tra le scope, spalanca la finestra rompendo i cardini, io sono raccolta in me a piangere in silenzio, respiro affannosamente. Louis mi guarda, si siede affianco a me e sento le sue braccia che mi circondano e appoggio la testa sulla sua camicia bianca continuando a piangere, il suo abbraccio è rigenerante. Iniziamo a piangere entrambi, nessuno della mia famiglia mi aveva abbracciato, solo Jackie
-Per questo sono scappata..io senza Jackie non ce la faccio Lu..lo sai anche tu..si lo sai..sono razzisti, sono ...- dico tra i singhiozzi
-..sono delle merde, trattavano anche me così..anche Jackie..-dice lui
-Come? Jackie?! E tu?! E perchè..?-dico guardandolo tra le lacrime
-perché sono così? Non lo so..perché ci trattano così? Non so nemmeno questo.. perché io seguo le loro regole, ho paura, tu non hai altra scelta, tu non sai piegarti, tu puoi solo scappare, ma non sei coraggiosa. Jackie lo era, Elean, anche io credo nella libertá lo so cosa dicono quei Beatles, cosa dice quel Lennon. Io gli credo, l'amore ci può salvare- detto questo rimango incredula, mi mette la giacca addosso e mi prende in braccio, sento che corre, sento l'aria, sento un urlo, Louis corre, mi mette giù. Mi scopro, siamo alla stazione di Parigi, ci abbracciamo di nuovo, una sensazione bellissima, ritrovare un fratello. Mio fratello. Un urlo ci distrae, Louis si gira, l'uomo preme il grilletto sulla pistola puntata su di me. Il proiettile parte, mio fratello si mette davanti e cade all'indietro su di me. Il sangue gli macchia il completo, il vuoto mi circonda, mi sembra di cadere. Lui è fra le mie braccia, mi sorride, mi dice un ultima parola in inglese "Love". Sono disperata, una donna ha chiamato l'ambulanza, so che non c'è niente da fare, gli bacio sulla fronte e scappo via, non voglio abbandonare mio fratello ma sono costretta a farlo.
Sono tre giorni che piango su quella panchina nascondendomi, vorrei essere morta io, ma sono viva, spezzata due volte. C'è qualcosa per cui vale la pena vivere? Certo Paul. Mi avvicino alla cabina telefonica, entro, compongo il numero che so a memoria, avvicino il telefono all'orecchio. Passano alcuni secondi dall'altra parte della cornetta, sento la voce che  sembra di non sentire da secoli.

___spazio Autrice___
Capitolo 21! Sono in vacanza, farò di tutto per scriverli ma non so se riuscirò  a pubblicarne con
regolaritá, il titolo è preso da una canzone di Paul McCartney dedicata a John Lennon il titolo della canzone è "Dear Friend" come il titolo del capitolo. Ringrazio Jennifer_Mockingjay e le nostre adorabili liti ahah, recensite e buona lettura!

  
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