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Autore: StregattaLunatica    25/07/2014    1 recensioni
Hawke ha distrutto il circolo dei maghi. Meredith ed Orsino sono morti, ed i cittadini di Kirkwall hanno messo colei che li ha salvati sul trono.
Ma cos'è successo dopo gli eventi di quella notte?
Hawke si è ritirata in se stessa, è cambiata.
Ed un peso che si porta da anni sul cuore è in procinto di esplodere...
Genere: Drammatico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Sorpresa
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache del Thedas'
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I colpi alla porta d'ingresso rimbombarono per tutto l'atrio.
Fenris alzò gli occhi dalla spada che stava affilando, nella mano sinistra stringeva la pietra da cote, mentre lo straccio imbevuto di acqua ed olio era abbandonato accanto a lui.
Si immobilizzò, aspettando di sentire se avrebbero insistito. Ci fu qualche altro secondo di pausa, poi altri forti colpi.
Mise da parte l'arma e gli utensili, scendendo velocemente gli scalini della villa per recarsi all'ingresso.
Si avvicinò alla porta con cautela, in modo da non far sentire i propri passi dall'esterno, ma abbastanza da poter sentire suoni esterni.
«Fenris, sono io.» disse una voce femminile dall'altra parte con tono abbastanza alto da farsi sentire attraverso la superficie lignea.
L'elfo aprì la porta quel tanto che bastava perchè la Campionessa potesse sgusciare all'interno della casa.
«Sai che non dovresti venire tu qui da me. Di giorno potrebbero vederti più facilmente.» Thalìa fece un mezzo sorriso, mentre si levava il cappuccio «Lo so. Il Visconte non dovrebbe nemmeno permetterti di vivere qui, figurarsi venire a trovarti.» fece uscire la mano destra da sotto il manto, passandogli una borsa. Fenris si accigliò un istante per poi aprirla e guardarvi dentro.
Vi erano quattro bottiglie di vino, Agreggio Pavali. L'elfo le fece un cenno di ringraziamento col capo ed uno dei suoi pacati sorrisi, che la guerriera ricambiò.
Da quando il proprietario della villa aveva lasciato lì alcune bottiglie di quel vino, e Fenris le aveva raccontato di come Danarius glielo facesse servire agli ospiti per intimorirli, era in qualche modo diventato il loro vino. Una piccola rivincita in qualche modo, bere il vino degli schiavisti che prima era costretto a servire. Una cosa simbolica.
Quand'erano finite le bottiglie, poi Thalìa aveva fatto in modo i farne arrivare altre dal Tevinter.

Le fece salire le scale, sino a portarla nello studio, dove aprì due bottiglie per poi accomodarsi con lei. 
«Cos'è successo?» le domandò mentre le versava del vino nel bicchiere di vetro trasparente. Thalìa si accigliò, avvicinando il bicchiere a se «Perchè me lo chiedi?» Fenris le indicò con un gesto fugace della mano il suo volto. «Quell'espressione. Hai delle  preoccupazioni.» lei lo squadrò con aria interrogativa, facendolo sorridere. «Più del solito, intendo. Hai un aria tormentata.»
Thalìa stava per cercare di sorridere, stava per tentare di dirgli che andava tutto bene, che non era nulla.
Ma non era più tempo di fingere.
Aveva smesso di fingere nel momento in cui, la mattina precedente, aveva sfogato i suoi sentimenti repressi dinanzi gli occhi del Creatore e della sua divina sposa, Andraste.
Lo osservò alcuni istanti prima di rispondergli. Si fidava di lui, fra tutti i suoi compagni probabilmente era quello in cui riponeva più fiducia.  La pensavano allo stesso modo sulla faccenda dei maghi, e frequentemente si trovavano d'accordo anche in discussioni di natura diversa. Oltretutto, era affidabilissimo sul campo di battaglia. Entrambe combattenti a due mani, si erano trovati spesso spalla contro spalla ad affrontare un avanzata nemica. Se sul campo avesse dovuto decidere a chi affidare la propria vita, avrebbe scelto lui.

Prese il bicchiere con la destra, avvicinandoselo alle labbra per far scivolare parte di quel liquido cremisi lungo la sua gola.
«Sebastian. Se n'è andato.» rispose rigirandosi il bicchiere in mano. «Non sapevo nemmeno che fosse tornato.»
«E non tornerà più.» disse con tono di voce fermo e freddo. Fenris rimase zitto, soppesando le parole con cautela, prima di pronunciarle. «Porto Brullo richiede più attenzioni del previsto? Oppure non ha più...motivo di tornare?» Thalìa apprezzò la delicatezza con la quale glielo aveva chiesto, e lo dimostrò facendogli un mezzo sorriso sincero. «Ambedue.»
«Mi dispiace.» la donna sospirò, prima di mandar giù un altro sorso di vino. «Sono pazza? Ho esagerato? Come Meredith, intendo.» gli chiese, sapendo di poter contare sulla sua sincerità. Non era il tipo da indorarti la pillola.
Fenris si adagiò sullo schienale della sedia, facendo un cenno di diniego col capo. «Avrei fatto le stesse cose che hai fatto tu.»
«Anche uccidere tua sorella?» 
«Ti ricordo che se non me lo avessi impedito, quel giorno all'Impiccato, lo avrei fatto. Perciò si, anche quello.» rimase zitto qualche istante, abbassando lo sguardo. «Hai avuto dei ripensamenti?» la donna scosse il capo «Mai. Neanche per un istante. Sono convinta fino all'ultimo di ciò che ho fatto. Ad essere sincera, mi rammarico di non averlo fatto prima. Forse avrei risparmiato altre sofferenze.» Fenris non potè fare a meno di annuire alle sue parole.
Thalìa voltò il capo, osservando la finestra impolverata che lasciava appena intravedere uno scorcio della Città Superiore.
La fioca luce che a stento penetrava la lastra le carezzava il volto, mentre alcuni pulviscoli danzavano pigramente all'interno del raggio solare.

Fenris piegò leggermente il capo nell'osservarla, sorseggiando il suo Agreggio Pavali.
Gli altri la vedevano come se fosse completamente cambiata, stravolta addirittura rispetto a quando la incontrarono la prima volta.
Lui non la vedeva affatto stravolta. La vedeva cresciuta, vedeva come la dura realtà l'avesse colpita fuori dal Ferelden, forgiandone il carattere sino a renderla ciò che era ora. Non era cambiata, semplicemente le sue esperienze avevano tirato fuori la vera Thalìa dal suo guscio delicato.
La donna non fece caso ai magnetici occhi dell'elfo su di se. Sapeva benissimo che era un tipo silenzioso ed estremamente riflessivo.
Un altra delle ragioni per la quale erano sempre andati d'accordo. Non è sempre necessario parlare in continuazione.
Fenris era quel tipo di amico col quale potevi condividere un profondo silenzio che valeva più di mille parole, e rimanere comunque a tuo agio.
L'elfo alzo appena il bicchiere che teneva in mano, attirando la sua attenzione. «Ai caduti.» Thalìa sorrise mestamente, condividendo però il suo gesto.

Dopo un paio d'ore di conversazione pacata interrotta da quieti silenzi, Fenris si fece sfuggire una breve risata. Thala si accigliò, mentre metteva da parte la seconda bottiglia di vino, oramai vuota. Le sue gote avevano un lieve colorito più rosato per via del vino, sebbene la sua mente fosse ancora lucida. «Perchè ridi?» domandò all'elfo che scosse appena il capo, per poi alzarsi e dirigersi alla finestra. La donna lo seguì, osservandolo col capo appena piegato verso sinistra. 
Lui aveva un sorriso appena accennato sulle labbra sottili, e lo sguardo lontano. Thalìa gli mise una mano sulla spalla, cercando di farlo voltare verso di lei. «A cosa stai pensando?» domandò con voce seria, non capendo. 
Fenris si voltò verso di lei, ed alzò ambedue le mani, posandole sulle sue guance. La campionessa non capiva, ma non si mosse. Accettò il contatto, posando la propria mano destra sulla sinistra di lui. «Sai Hawke...» iniziò lui con la sua voce calda e roca «...noi siamo molto simili. Oserei dire quasi uguali. Alle volte mi chiedo perchè non è mai nato nulla fra di noi.» Per un attimo, la risolutezza di lei vacillò, facendole abbassare gli occhi, mentre quell'interrogativo s'insinuava in lei. 

Sarebbe cambiato qualcosa? La sua fermezza sarebbe diminuita od aumentata?Ma sopratutto...come sarebbe stato avere una persona accanto in quegli anni? Sebastian, si era resa conto, non era stato nulla più che un idea. Si era innamorata dell'idea che lui trasmetteva. Della sua incrollabile fede, della determinazione nel compiere il volere del Creatore e della Chiesa. Non si era veramente innamorata di Sebastian, ma di ciò che lui rappresentava, del fatto che era totalmente immerso in una realtà che lei aveva bramato per tanti anni...senza poterla però mai abbracciare.
Fenris invece, era reale. Lo era sempre stato, ma lei non lo aveva mai considerato più di un amico, un compagno di battaglia. Ed ora, improvvisamente veniva posta dinanzi un quesito ed un punto di vista che non l'aveva mai sfiorata prima. Perchè?

Sentì l'elfo carezzarle delicatamente le gote con i pollici, senza interrompere il contatto. Molte volte aveva visto quelle mani strappare via la vita alle persone grazie al lyrium innestato nella sua pelle, ma mai le aveva considerate capaci di tanta delicatezza.
Si diede della sciocca per quello, per non aver mai considerato uno dei suoi più fidati compagni anche al di fuori del combattimento e di una serata in compagnia all'Impiccato.
Sollevò nuovamente lo sguardo, incrociando gli occhi grandi e luminosi che caratterizzano tanto gli elfi, e li trovò più caldi che mai.
Socchiuse le labbra per dirgli qualcosa, qualsiasi cosa, ma rimase in silenzio.
Per un attimo pensò alle risate che avrebbe fatto Varric se l'avesse vista così. Senza parole e totalmente disarmata.

Prima che se ne rendesse conto, Thalìa sentì le labbra dell'elfo premere sulle sue. Trattenne il fiato, mentre istintivamente portava le mani ai sui fianchi, sentendo la necessità di un appiglio. Fenris fece scivolare la sinistra dietro alla sua schiena, cingendola a se, mentre la destra affondava nei suoi capelli.
Fu un bacio lungo e passionale. Lo strinse a se con più veemenza, e l'elfo non fu da meno. Ma la cosa fece rendere conto Thalìa che non solo il fuoco della rabbia e dell'odio potevano far ardere una persona, rischiando di farle perdere il controllo. 
E la cosa, la spaventò.
Dopo alcuni istanti, si costrinse a staccarsi delicatamente da lui, e Fenris non fece resistenza per tenerla a se.

La donna lo guardò negli occhi senza dire nulla, col fiato corto ed il cuore che batteva a mille. Fenris rispettò il suo silenzio, le sorrise scostandole alcune ciocche di capelli dalla fronte.
Il silenzio non era mai stato un problema fra di loro. Ma per la prima volta, Thalìa sentiva che era un silenzio di natura completamente diversa...
Scosse il capo, mentre un sorriso confuso si dipingeva sulle sue labbra rosee.
«Perdonami. Non avrei dovuto...» disse improvvisamente l'elfo, scostando la mano dal suo volto, facendo qualche passo indietro.
Thalìa non sapeva come replicare, come rispondergli. Incrociò le braccia sotto al seno, guardandolo con la coda dell'occhio. «Non devi scusarti di nulla.» disse semplicemente, per poi fare qualche passo verso il proprio mantello, abbandonato su di una sedia.
«Non posso mancare a lungo dal Palazzo. O cominceranno a chiedersi dove sono finita.» si rimise il mantello in spalla, e scese al piano inferiore dirigendosi alla porta. «Stammi bene, Hawke.» le disse l'elfo, mentre lei gli faceva un mezzo sorriso, calandosi il cappuccio sul volto con la sinistra. Con un gesto un po' impacciato, allungò la mano destra per posarla sulla sua guancia. Gli fece un mezzo sorriso, carezzandolo fugacemente. «Riguardati Fenris.» si scambiarono un cenno d'intesa. Dopodichè, Thalìa se ne andò richiudendo la porta dietro di se senza far rumore.

Passò qualche giorno, e Thalìa svolse i doveri che le erano stati imposti a palazzo. La maggior parte delle udienze venivano richieste da nobili che venivano solo per sperare in privilegi maggiori. Litigi per un terreno o l'altro, monete che non erano state risarcite...
Nulla riusciva a farle salire più velocemente la nausea.
Ma Thalìa riceveva anche postulanti di classi sociali inferiori, o che non appartenevano nemmeno ad una classe sociale. Cercava di essere magnanima con loro, ma non appena arrivava qualcuno anche solamente sospettato d'utilizzare la magia veniva giustiziato sul posto. Se fossero stati maghi del sangue, sarebbe stato troppo pericoloso tenerli in cella.

Una mattina, decise di ritornare dall'elfo. Non aveva intenzioni strane nei suoi confronti, aveva solo bisogno di parlare con qualcuno che non la vedeva come una specie di folle fanatica. Di mostro. Talvolta, persino Varric od Isabela la guardavano storto.
Bussò più volte quando giunse alla sua porta, ma non rispose nessuno.
«Fenris? Sei in casa?» domandò a voce alta, bussando ora con più forza. La porta cigolò sotto i suoi colpi, aprendosi.
Rimase ferma qualche secondo all'uscio, maledicendosi per aver lasciato la spada a palazzo in modo da non insospettire nessuno per strada. Non era da Fenris lasciare la porta aperta. Doveva essere successo qualcosa.
Entrò cercando di essere il più circospetta possibile, sebbene non avesse neanche un po' della furtività di Isabela.
Il silenzio regnava sovrano all'interno della grande villa, un posto pieno di nascondigli per ladri ed assalitori. L'immobilità permeava l'aria, rendendo il luogo più spettrale del solito.
Salì le scale sino al piano superiore, dove l'elfo passava la maggior parte del suo tempo. Aprì la porta con cautela, ma nessun rumore proveniva dall'interno. Sbirciò attraverso la fessura appena creata. Non vide nulla. Sbarrò gli occhi mentre apriva del tutto la porta, guardandosi attorno confusa.

La stanza era vuota. Nessuno degli effetti personali dell'elfo era presente all'interno della stanza. «Fenris...?» chiamò con voce flebile, muovendosi per la stanza in cerca di qualcosa che smentisse l'inequivocabile situazione. Qualsiasi cosa... Indietreggiò sino a scontrarsi inavvertitamente contro il tavolo. Trattenne il fiato per qualche secondo, mentre si lasciava lentamente cadere su di una sedia. Lo sguardo si fece vacuo mentre sentiva un opprimente senso di sconforto salirle in gola come non accadeva da tempo. Il suo amico più fidato, il suo punto di forza all'interno del gruppo...Nessun singulto scosse il suo petto. Ma una limpida lacrima cristallina le scivolò sul volto, andando a morirle sulle labbra tremanti.
Se n'era andato.
Fenris, se n'era andato.
  
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