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Autore: Lady_Sticklethwait    26/07/2014    2 recensioni
«Sig.ina Barbrook» una voce ben nota piombò dal sentiero opposto, accompagnata dalla splendida visione del duca di Bekwell, vestito come sempre in modo impeccabile nel suo abito color beije intonato al colore dei capelli scombinati .
Aveva un sorriso divertito e, sebbene non potesse ben vederlo, riusciva ad immaginare quelle scintille d'ironia che trasparivano spesso negli occhi color acquamarina.
«Sig.or Bekwell…» disse guardandolo come se si fossero appena incontrati in una circostanza assolutamente normale. « Come mai da queste parti? »
Colin rise. La sua non era una risata comune ma bensì qualcosa che scaldava l'animo, che rimbombava nella testa e poi scivolava via, lasciando delle adorabili fossette sul volto giovane e dai tratti raffinati dell'uomo.
«Devo dire che riesce sempre a sorprendermi , signorina Babrook»
«Come prego?»
«Avrei molte domande da farle, come qualsiasi persona normale penso voglia porle, ma, per il momento, penso di potermi trattenere e godermi lo spettacolo».
Scese dal cavallo, incrociò le braccia e la guardò con ludibrio.
«Ebbene?» proseguì sostenendo il suo sguardo a mò di sfida.
« Ebbene, sig.ina Barbrook, non capita tutti i giorni di vedere alle 8 del mattino una selvaggia molto affascinante su di un albero»
Genere: Comico, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
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                                                           Capitolo 56.



Vi chiedo davvero scusa se il carattere di questo capitolo è alquanto piccolo ma sto riscontrando alcuni problemi con il sito e non riesco ad aumentare la dimensione.
Spero sia un problema momentaneo.
Buona lettura!




~~Erano le cinque del mattino ed Elisabeth si svegliò tutta indolenzita. Aveva il collo rigido, la schiena a pezzi e un piede completamente intorpidito. Inoltre, come se non bastasse, era terribilmente accaldata.
Ricordava di aver chiuso la finestra dopo che era ritornata dalla biblioteca. Colin era di nuovo piombato nel sonno e per evitare che prendesse un colpo d’aria e si raffreddasse aveva chiuso persino la porta. Ora, però, si sentiva una sciocca, dato che la stanza era calda quasi quanto un forno ed era più che sicura che il suo volto fosse  paonazzo.
Non che le importasse granché, si disse fiduciosa scrollando il piede e facendo una smorfia quando il documento di suo padre le cadde sul piede intorpidito.
 Maledizione!
Si chinò in avanti, lo racchiuse tra le mani e lo ripose sulla mensola vicino al letto a baldacchino di Colin.
Tra uno sbadiglio ed un lamento Elisabeth si mise in piedi, ignorando volutamente gli scricchiolii delle proprie giunture. D’altronde, esistevano delle ragioni per cui gli uomini non dormivano sulle sedie. Se avesse dovuto dormire in quelle condizioni anche la nottata seguente,  si sarebbe sdraiata a terra.
O magari vicino a Colin, le suggerì il piccolo diavoletto che aveva dentro di sé.
Elisabeth ignorò volutamente quel suggerimento e si avvicinò alla finestra, desiderosa di far passare l’aria viziata. Scostò le tende e sbatté le palpebre: nel cielo si scorgeva qualche striscia color rosa o pesca e sui campi aleggiava una bruma impalpabile. Elisabeth aprì la finestra ed incastrò il volto nello spazio tra i due battenti, riempiendosi d’aria i polmoni.
Colin stava ancora dormendo, povero cuore: aveva avuto la febbre alta per tutta la notte ed Elisabeth aveva trascorso tutto il tempo a tamponargli il volto con delle pezze bagnate, sino a quando il conte aveva mostrato dei segnali di ripresa.
Era allora che Elisabeth si era abbandonata alla stanchezza, solo due ore prima.
Si diresse sonnolenta verso Colin per accertarsi che la febbre non fosse tornata, precipitandosi sul fianco del letto.
Quando lo toccò trasse un sospiro di sollievo constatando che finalmente la febbre era calata .
- Grazie mille- disse con lo sguardo rivolto verso il cielo.
- Figurati - mormorò Colin di rimando.
Elisabeth emise un urletto sorpreso e balzò all’indietro.
- Scusami - rise Colin, schiarendosi la voce.
Elisabeth lo guardò di sottecchi e disse in tono impertinente - non stavo ringraziando te -
- Lo so - rise ancora.
Bhè, a quanto pareva non gli mancava ancora il senso dell’umorismo e, a dirla tutta, non le dispiaceva affatto.
Elisabeth addolcì la voce - Come ti senti? -
- Assetato… -
Elisabeth alzò un sopracciglio.
- …E decisamente meglio di ieri -
- Sul serio? -  chiese Liz con uno scintillio negli occhi mentre riempiva delicatamente il bicchiere d’acqua con la brocca.
Colin annuì e, per quanto gli concedeva la fasciatura, si stiracchiò; poi bevve con avidità due bicchieri d’acqua e si sdraiò sconfitto sui cuscini.
- Si prospetta una bella giornata, oggi -
Colin prese uno tra i tanti boccoli che sfuggivano a quella che un tempo doveva essere stata un’acconciatura dignitosa ed incominciò ad arricciarselo sull’indice.
Guardò Elisabeth reprimere uno sbadiglio ed arrossire per l’audacia del suo gesto.
Era assonnata e scombinata.
A Colin parve bellissima.
- Potrei, non so, portarti fuori. L’aria è fresca e credo che ti farebbe anche bene, ovviamente si sottintende che anche tu lo desideri. Personalmente a me piace uscire di prima mattina. - fece un sorrisino nervoso - Inoltre, credo di aver letto su qualche giornale che l’aria mattutina è davvero una tisana per chi soffre di asma. Hai mai sofferto di asma? Io no, ma c’è una mia cugina che da piccola aveva dei veri e propri attacchi d’asma. Credo che sia una malattia davvero terribile, sempre se escludiamo il vaiolo, il morbillo, la scarlattina, la rosolia, la difterite, la sifilide, il colera, la febbre gialla, il tifo, la poliomielite e… -
Colin, scosso dalle risate, si sistemò meglio sui cuscini. Non avrebbe dovuto scoppiare a ridere, ma non riuscì a trattenersi.
Elisabeth corrucciò lo sguardo - Non c’è nulla di divertente. Davvero.-
Egli ne era cosciente, ma Elisabeth aveva parlato con una tale gravità da rendergli impossibile prendere la cosa sul serio.
Soprattutto perché stava vaneggiando.
Ah, la sua Elisabeth.
- Io non riderei se fossi in te - incrociò le braccia e girò la testa verso la finestra in modo da impedirgli di toccarle nuovamente i capelli.
Era quella la causa per cui si sentiva tanto nervosa, quell’assidua  piacevole  tortuosa vicinanza.
Doveva calmarsi, si disse mentre la risata di Colin echeggiava ancora nella sua mente: nessun uomo aveva il diritto di farla sentire così nervosa.
Soprattutto se quell’uomo era suo ‘marito’.
- Perché non dovrei, ma chérie? - disse con un perfetto accento francese.
Elisabeth pensò che tanto fascino fosse illegale.
Perdio, doveva esserlo!
- Bhè…- decise di stare al gioco e lo guardò con malizia - parli nel sonno. -
- Sul serio? - chiese incredulo.
- Sul serio. Stanotte durante il tuo delirio estemporaneo hai bofonchiato qualcosa a proposito dei conigli.-
- Conigli? -
Elisabeth annuì - chissà a cosa stavi pensando. Al cibo? Oh, cielo - scattò in piedi - il tuo inconscio ti sta urlando di mangiare ed io me ne sono completamente dimenticata. Che pessima infermiera. -
Colin fu sorpreso dalla premura di lei e, bhè, in effetti avvertiva un languorino non indifferente.
- Hai fame, vero? Sono sicura che la cuoca sarà ben felice di preparare qualcosa per te. Sai, qui sono stati tutti molto gentili con me ed ovviamente con te. Non so se questo abbia a che fare con il fatto che sei un duca e che se volessi potresti riempire ogni singola stanza al semplice scrocchiar di dita, ma forse sto vaneggiando. -
- Sì. -
Elisabeth si allontanò dal letto in direzione della porta e lo guardò contrita - sì alla prima domanda o al fatto che sto vaneggiando? -
Colin si accarezzò pensieroso il mento dove aleggiava la barba dei giorni prima - Mhhh, che percentuale c’è di sopravvivere se rispondo affermativamente all’ultima opzione? -
Liz abbozzò un sorriso e si affrettò a dire sull’uscio della porta - nessuna, temo. -
- Allora scelgo la seconda alternativa -disse, persuasivo.
Elisabeth uscì dalla stanza.

 


Dopo aver mangiato, Elisabeth decise di lasciar riposare ancora un po’ Colin e nel frattempo si dedicò pienamente alla lettura del documento di suo padre.
Per le prime ore non ci trovò nulla di particolarmente significativo o allarmante, o almeno sino a quando giunse nello stesso punto in cui Coiln si era fermato qualche giorno prima.
“La feccia di questa società, il mio incubo peggiore, colui che affligge la mia esistenza senza remore: Leonardo.
Puro egocentrismo ed egoismo distribuiti in ogni.singola.parte.del suo corpo,ma evidenti soprattutto nello sguardo calcolatore e perennemente neutro.
Non riesco a non pensare a quanta gioia – seppur ignobile – ho provato nel sottrargli TUTTI i suoi beni, TUTTI i suoi soldi e SOPRATTUTTO la donna che tanto bramava, la mia dolce e bella Jane.”
Elisabeth tremò e sfogliò furiosamente le ultime pagine del documento, in cerca dell’unica cosa che avrebbe potuto finalmente scogliere quel dilemma.
Un cognome.
Illing.
Leonardo Illing.
IlLeo.
Elisabeth si mise una mano sulla bocca, sconcertata ed incredula nello stesso momento.
Finalmente aveva capito chi fosse il loro ricattatore e per un attimo fu tentata di alzarsi ed improvvisare una danza della vittoria.
Ebbene, Leonardo era stato l’acerrimo nemico del padre di Colin ed era comprensibile, ora come ora, che volesse indietro tutti i beni che gli erano stati sottratti, ma… Perché farlo con un ricatto?
Insomma, non sarebbe stato più risolutivo derubarlo o escogitare un piano di gran lunga più diabolico di questo, tipico dei cattivoni delle fiabe?
Liz fece spallucce e si stiracchiò riponendo con cura il documento sottochiave all’interno di un cassetto.
Sbadigliò in modo poco signorile e guardò l’ora: le cinque del pomeriggio?
Gesù, quanto tempo era stata dentro la sua camera?
Aveva promesso a Colin di portarlo fuori subito dopo pranzo, ed invece… Bhè, aveva fatto delle scoperte sensazionali, si disse orgogliosa mentre si guardava allo specchio, l’avrebbe senz’altro perdonata.
Si diresse con un ampio sorriso verso la stanza di Colin, dove la porta era accostata. La fanciulla appoggiò una mano sul battente di legno scuro e lo spinse con delicatezza. Infilò la testa nello spiraglio, si girò per poterlo vedere e... Fu molto sorpresa quando non lo trovò a letto. Una cameriera stava cambiando le lenzuola.
— Sapete dov’è lord Bekwell? — s’informò la giovane, con la speranza che non fosse successo nulla.
— È nella camera accanto. — Le guance della domestica si imporporarono. — Insieme al suo valletto.
Liz deglutì con un certo imbarazzo e arrossì di rimando, quando comprese che l’amico stava facendo il bagno. La cameriera lasciò la stanza con un fagotto di biancheria da lavare tra le braccia e la giovane restò sola, chiedendosi cosa fare. Non poteva attenderlo lì. Non era un comportamento corretto.
Decise, quindi, con un sospiro malinconico, di andare a fare un giro da sola.
Non che fosse il massimo del divertimento, ne era perfettamente concia, ma l’alternativa era restare in quella camera con le mani in mano vogliosa di sdraiarsi su quel morbido letto profumato e dormire fino all’alba del giorno seguente.
No, si convinse scendendo le scale in gran fretta: non era un comportamento per nulla fattibile.

 

 

 

 

 

 

   
 
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