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Autore: Taila    06/09/2008    2 recensioni
Cent'anni dopo il mitico scontro tra il Signore degli Inganni e Jerle Shannara, Allanon si presenta a Cho Black, una ragazza che da sei anni vive da sola isolata dal resto della civiltà, nelle Foreste di Streleheim: ha bisogno del suo potere per sconfiggere Sorgon, un essere magico più antico del Re del Fiume Argento, che, alla testa di un formidabile esercito di Incubi, sta progettando la conquista delle Quattro Terre.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Allanon, Altro Personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Finalmente sono riuscita a ritornare con un nuovo capitolo. Il fatto è che non riuscivo a fare un inizio soddisfacente, mi sembrava sempre troppo prolisso e pesante; alla fine ho scritto questo… speriamo bene! ^^ Allora, come nella migliore tradizione del maestro, in questo capitolo entreranno in scena due nuovi personaggi, uno dei quali è… no menglio se lo scoprirete da soli^^.
Voglio ringraziare Stefania: sono contenta che ti sia piaciuto l’altro capitolo ed il doppio di Cho. Esatto: la magia è un’arma a doppio taglio, può salvare o dannare chi la usa… E tutti coloro che hanno anche solo la fic: Grazie!!!! ^o^
Non mi resta che augurarvi buona lettura, alla prossima gente \^o^/



Capitolo 5.



La coscienza di Cho riemerse lentamente dal limbo nero in cui aveva riposato fino a quel momento. La prima che avvertì fu un morbido tepore che le scaldava la pelle del volto e delle braccia, da sotto le palpebre riusciva a vedere un brillante chiarore. Si sentiva sfinita, confusa e dolorante; sentiva la mente impastata e un sapore amaro impregnarle la bocca. Cho rimase immobile a lungo a godersi quella dolce immobilità, senza pensare o provare nulla, come se avesse la mente ed il cuore svuotati; semplicemente si sentiva bene, come se quella luce avesse avuto il potere di disperdere, momentaneamente, le tenebre che le avviluppavano il cuore. Perché ricordava fin troppo bene la fuga dagli Incubi a Paranor e l’incontro con il suo doppio da qualche parte all’interno della sua testa. A quel pensiero un’ondata di dolore la sommerse, mozzandole il fiato in gola, e, per riflesso, serrò la mascella fino a sentire il sapore ferroso del sangue in bocca. Il sonno non aveva cancellato i suoi ricordi, li aveva solo tenuti a bada fino al suo risveglio, non le aveva permesso di dimenticare: dentro di lei la paura, l’angoscia e la disperazione erano più che tangibili. Le parole del suo doppio le martellavano nella testa e nel cuore, diventando come tanti aghi che la pungolavano senza sosta, in un dolore continuo. No, non poteva credere che quelle creature contorte e disarticolate che aveva spazzato via nella rocca dei Druidi fossero uomini! Non poteva reggere una simile responsabilità, sarebbe stato molto più facile credere che le parole del suo doppio erano menzogne per farla crollare e condurla alla pazzia. Eppure quella voce melliflua identica alla sua non la smetteva di sussurrarle da qualche parte nelle profondità della sua mente, che un fondo di verità doveva pur esserci! Infondo Allanon non le aveva spiegato nulla, le aveva solo ordinato di armarsi e partire, ma non le aveva svelato alcuna verità… Se la magia aveva avuto il potere di creare un’entità autonoma e senziente dentro di lei, perché non poteva degenerare un corpo umano fino a farlo diventare l’essenza stessa del male?
Cho spalancò gli occhi di scatto, la risposta a quella domanda era una verità troppo pericolosa per lei in quel momento ed aveva preferito sfuggirle. La luce del sole ferì i suoi occhi ormai abituati al buio e fu costretta a richiuderli infastidita. Dopo qualche secondo batté le palpebre per poter affrontare la doccia di luce dorata che pioveva dalla finestra sotto cui era posto il suo letto, il cielo ad di là del vetro era di un azzurro così limpido da accecare, su cui riposavano qua e la nuvole candide e sfilacciate. Era una splendida giornata, una di quelle in cui avrebbe corso in tutte le Streleheim, libera come il vento che tiepido che giocava con le tende bianche, sollevandole appena e lasciandole ricadere. Le mancava la sua Foresta! Avrebbe voluto tornare indietro e rifiutare l’incarico di Allanon, continuare a vivere la sua vita semplice e ripetitiva, senza minacce né paure…
Ed invece eccola li, distesa in un letto chissà dove, dopo essere sfuggita per miracolo alla morte ed al suo potere. Qualcosa dentro di lei era cambiata irrimediabilmente, qualcosa che nemmeno quanto accaduto a Varfleet aveva potuto intaccare e che, invece, in pochi giorni era avvizzita fino a morire, senza più la speranza di rifiorire.
Socchiuse gli occhi cercando di rilassarsi e di calmare la sua mente in subbuglio, era ancora troppo stanca e quelle sensazioni sembravano avere il potere di prosciugare quelle poche energie che era riuscita ad accumulare con il riposo. Quando riuscì quantomeno ad imporsi di non pensare a cose sgradevoli in quel momento, nella mente di Cho balenarono le immagini di facce ed occhi gialli, di piccole e tozze mani dello stesso colore che si aggrappavano alle sue spalle ed alle braccia per costringerla a sdraiarsi di nuovo… facce di Gnomi!
Fu in quel momento che ricordò del suo brusco risveglio e del liquido amaro che le avevano fatto bere e che l’aveva fatta scivolare in un pesante sonno senza sogni. Come aveva fatto a finire in mano agli Gnomi? Di certo gli Incubi avrebbero dovuta ucciderla senza pietà invece di consegnarla a quel popolo primitivo e superstizioso; probabile che, come durante l’attacco del Signore degli Inganni cent’anni prima, si fossero schierati con l’essere più potente per paura di venire spazzati via? Eppure non le sembrava di essere una prigioniera… sollevò le braccia trovandole effettivamente prive di ceppi e catene, stessa cosa per le caviglie; le avevano pulito e curato le ferite che aveva riportato nello scontro e dato qualcosa che la aiutasse a riprendere le forze… non era così che si trattavano i prigionieri!
Spinta dalla curiosità di scoprire dove fosse e cosa le fosse accaduto, Cho, lottando contro la debolezza ed il dolore, riuscì a mettersi seduta sulla sponda del letto, e scoprì di indossare solo un camicione bianco. Si guardò intorno: si trovava in una capanna di mattoni e legno, con una sola stanza che conteneva il letto su cui era distesa con accanto un comodino su cui era poggiata una brocca con un catino, e più dentro l’ambiente c’era un tavolo rettangolare con accostate un paio di sedie di paglia e su cui erano poggiati, ordinatamente, i suoi pugnali e coltelli, non c’era traccia dei suoi vecchi vestiti da cacciatrice. Cho sorrise sollevata di non averle perse durante lo scontro, era particolarmente affezionata alle sue armi, rappresentava tutto quello che le rimaneva della sua vita a Varfleet. Cautamente si sollevò sul letto, sentendo subito le gambe deboli e tremanti, ed appoggiandosi a tutto quello che incontrava riuscì a raggiungere la porta. L’aprì e si trovò davanti le strade accuratamente pulite e mantenute di un piccolo villaggio, su cui si affacciavano ordinatamente piccole case a due piani costruite con legno e pietre squadrate e perfettamente incastrate l’una con l’altra. Sforzando ancora di più il suo fisico, costrinse le sue gambe ad avanzare ancora, la breccia che crepitava sotto i suoi piedi tagliandole la carne. Sentiva i polmoni così pesanti da non riuscire a pompare sufficiente aria, il villaggio iniziò ad ondeggiare e sfumare davanti i suoi occhi, e le gambe le cedettero di colpo. Sarebbe caduta pesantemente al suolo se due braccia non l’avessero sorretta. Cho si ritrovò premuta contro un torace ampio e forte, dai contorni stranamente familiari, sollevò lentamente la testa, fino a trovarsi ad incrociare il volto severo di Allanon.
- Perché non sei rimasta buona a letto se non ti reggi in piedi?- la rimproverò aspramente mentre cercava di rimetterla in piedi.
Cosa ci faceva Allanon davanti a lei? Era veramente riuscito a sfuggire alla trappola che gli avevano teso gli Incubi nella biblioteca di Paranor? Incredula, ignorando il rimprovero del Druido, staccò una mano che stringeva la stoffa della tunica nera e la sollevò fino a che le punte delle sue dita non toccarono il volto arcigno dell’uomo. Attraverso la pelle sentì il suo calore e la morbida consistenza delle sue guance: era vivo davvero! Il sollievo che l’attraversò fu così doloro da farle salire le lacrime agli occhi, ed avrebbe veramente pianto se solo avesse ricordato come si faceva. Sorrise riportando la mano ad appoggiarsi sul braccio che ancora la sosteneva per i fianchi.
- D… dove siamo?- la sua voce era un flebile sussurro, incerta come la stabilità delle sue gambe.
- Dove vuoi che siamo? A Storlok!- rispose con il suo solito tono burbero.
- A Storlok?- chiese stupita.
- Certo! Eri ferita così gravemente che sei stata ad un passo dalla morte, gli Gnomi hanno impiegato sei ore per rattopparti a dovere, ma hai perso ugualmente molto sangue e sei stata quattro giorni in coma.- .
Il vecchio Baruk le aveva parlato spesso di Storlok e dei suoi abitanti: era un gruppo di Gnomi che avevano rifiutato ogni forma di violenza, avevano lasciato le rispettive tribù ed avevano fondato quel villaggio dove curavano chiunque ne avesse bisogno, a prescindere dalla propria origine. Erano i veri benefattori delle Quattro Terre, nemmeno i Druidi potevano avere un simile vanto!
- Riesci a rimetterti in piedi?- la voce di Allanon la strappò ai suoi pensieri.
Cho batté un attimo le palpebre, come se dovesse assimilare e percepire le sue parole, prima di annuire. Puntandosi sugli avambracci dell’uomo si fece forza per rimettersi dritta, cercando di raddrizzare anche le gambe che sembravano non voler rispondere ai suoi comandi.
- Devo parlarti di quello che ho scoperto a Paranor, ce la fai a venire nel refettorio?- chiese appena la vide in un equilibrio un po’ più stabile.
- Dammi solo qualche minuto per togliermi questa cosa di dosso.- annuì Cho.
Aveva scioccamente sperato di non dover più sentir parlare di quella missione, di non dover più essere costretta ad usare la sua magia, ed invece…
Scosse la testa dandosi della stupida: Allanon non avrebbe mai rinunciato alla sua ricerca né avrebbe acconsentito a lasciarla andare, ma era anche lei stessa a non voler tornare indietro in quel momento: aveva ricevuto una pesante sveglia che l’aveva costretta a rendersi conto che non stavano giocando, ma aveva anche aperto anche molti interrogativi ai quali era decisa a dare una risposta, primo fra tutti la verità sull’origine degli Incubi; e poi voleva anche scoprire se c’era qualcosa che Allanon o chiunque altro nelle Quattro Terre potesse fare per aiutarla a liberarsi del suo doppio. Rientrò nella sua baracca e notò delle cose che prima non c’erano: degli abiti da cercatore sul tavolino accanto alle sue armi, ed un vassoio contenente un po’ di pane e formaggio, ed un boccale di birra sul letto. Cho si sedette sul letto scoprendo improvvisamente di avere una gran fame; man mano che mangiava sembrava che le forze le tornassero. Quando ebbe finito indossò i comodi abiti ed assicurò i foderi con i suoi due pugnali al cinturone, prese un profondo respiro d’incoraggiamento, ed uscì. Camminava lentamente prendendo ampie boccate d’aria, era ancora molto debole e la vista ogni tanto le si offuscava, ma almeno non si sentiva più le gambe tremare così tanto da costringerla a cadere.
Il refettorio era una costruzione a pianta rettangolari, con i muri in mattoni rivestiti di intonaco bianco e zoccolo in pietrame squadrato grossolanamente, il tetto a spiovente era costituito da grossi travi di legno ricoperti da paglia secca. Cho si fermò un attimo sotto il pergolato che ombreggiava l’ingresso dell’edificio, ancora tormentata da quegli occhi nero pece che le lampeggiavano ad intervalli irregolari nella mente in una muta miccia e dalla voglia di scappare da tutto quello; ma gli insegnamenti del vecchio Baruk erano troppo ben radicati dentro di lei per farle sopportare un simile atto di vigliaccheria. Inspirò profondamente, abbassò la maniglia spingendo il battente della porta ed entrò nel refettorio.
L’ambiente appariva più grande rispetto all’esterno, era percorso longitudinalmente da quattro lunghi tavoli rettangolari ai quali erano affiancate da un lato e dall’altro degli scranni altrettanto lunghi; fece un passo all’interno guardandosi intorno ed i tacchi dei suoi stivali batterono sul terreno duro del cocciopesto, le travi del soffitto invece erano a vista, incastrate perfettamente l’una all’altra in un delicato equilibrio. Allanon era seduto al tavolo più appartato infondo alla sala, Cho notò sorpresa che non era solo, dall’altra parte erano seduti un giovane elfo dai capelli colore del grano maturo ed una corporatura stranamente imponente per uno della sua razza; ed un nano dall’aspetto duro e severo, dava l’idea di essere sopravvissuto a mille battaglie e di aver vissuto altrettante vite. A passi misurati li raggiunse e si sedette accanto al Druido, guardando sempre gli sconosciuti.
- Per prima cosa facciamo le presentazioni – esordì il Druido – Lui è Graham Wood, uno dei migliori guerrieri di cui disponga la Nazione dei Nani.- .
Cho scrutò a lungo negli occhi nocciola del Nano simili a schegge di vetro sotto cui si agitavano sentimenti e pulsioni che non riusciva a capire, ma che dovevano essere insopportabili. Lo salutò con un piccolo cenno della testa, evitando inutili e vuoti formalismi. E che il nano ricambiò con gesto simile, ma secco.
- Lui invece è Mael Shannara, attuale capitano della Guardia Elfa.- ed il Druido la fissò con un’espressione quasi divertita, attendendo la sua reazione.
- Shannara?- chiese con un piccolo stiramento di labbra, deludendolo un po’.
- Sono il pronipote del più famoso Jerle.- rispose l’elfo con un sorriso dolce.
Cho lo scrutò a lungo, cercando nemmeno sapeva bene lei cosa, prima di presentarsi a sua volta. Dalle loro espressioni curiose capì che Allanon doveva avergli spiegato almeno l’essenziale su di lei.
- Li ho mandati a chiamare io mentre eri in stato d’incoscienza, per farci aiutare nella nostra ricerca. – spiegò il Druido a Cho – Consultando le Storie dei Druidi ho scoperto che il popolo fatato aveva costruito lo Scrigno come una sorta di prigione per i membri della loro comunità che avevano smarrito il cammino e che, quindi, erano un pericolo per il resto della comunità; quando si resero conto che la razza umana stava prendendo il sopravvento, nascosero lo Scrigno per impedire che cadesse nelle mani sbagliate, ed ancora oggi si trova nel suo nascondiglio. – si fermò per scrutare uno ad uno i presenti – Lo Scrigno di Diamante Viola è custodito nell’Oasi dell’Illusione.- .
Ci fu un momento di silenzio perplesso, Mael e Graham si guardarono cercando l’uno risposte nello sguardo dell’altro.
- Non ho mai sentito parlare di quest’oasi… dove si trova?- chiese l’elfo.
- È proprio questo il punto, le Storie non forniscono un’ubicazione precisa, dicono solo che si trova oltre i territori meridionali, al centro esatto di quello che dalla descrizione sembra un deserto. Il punto è che in quella regione ci sono molti deserti vasti e letali, e non possiamo certo setacciarli uno ad uno!- rispose il Druido scuotendo la testa.
- Prova a chiedere al vecchio Baruk.- propose Cho durante una nuova pausa silenziosa.
Allanon si volse verso di lei, piantando i suoi occhi incandescenti nei suoi.
- Chi sarebbe questo Baruk?- chiese cercando di nascondere la nota di impazienza che minacciava di colorargli la voce.
- È l’uomo che mi addestrato, prima che lasciassi Varfleet; e molto saggio e conosce molte cose che la maggior parte delle persone ignorano. Non so se potrà dirti con esattezza dove si trovi quest’oasi, ma sono più che sicura che potrà indicarti la strada giusta.- .
Il Druido non poté fare a meno di notare che aveva parlato solo di lui, che non aveva incluso anche se stessa; qualcosa dietro quegli occhi verdi era cambiata e non gli piaceva non sapere a cosa fosse dovuto.
- Allora andremo da questo Baruk sperando che possa dirci qualcosa di utile.- sospirò l’uomo passando uno sguardo interrogativo sugli altri due componenti della squadra.
- Per me va bene!- rispose con un altro sorriso Mael.
- Da qualche parte dobbiamo pur iniziare…- grugnì Graham.
- Solo una cosa – intervenne di nuovo Cho – Io a Varfleet non posso entrare, dovrete farlo voi.- e distolse lo sguardo da loro.
- E perché?- chiese il Nano con tono sospettoso.
Cho riportò lentamente lo sguardo sul Nano, uno sguardo impenetrabile, in cui poteva leggere che non avrebbe mai fatto concessioni né a lui né a nessun altro dei presenti.
Allanon intervenne per evitare il peggio: quei due erano entrambi spiriti forti, abituati ad imporsi su se stessi e gli altri, e sarebbe stata dura costringerli a convivere civilmente durante tutta la spedizione…
- Se Cho starà bene, partiremo dopodomani prima dell’alba. – decretò il Druido – Ci sono domande?- .
- Si, io!- rispose Cho dopo una piccola pausa di silenzio.
Il Druido si volse verso di lei, invitandola a parlare con lo sguardo.
- Qual è la vera natura degli Incubi?- chiese con un lampo di sfida negli occhi.
Sapeva che chiedere quello ad Allanon era equivalente ad un suicidio, ma non aveva potuto esimersi dal farlo. Sperava che il Druido si lasciasse sfuggire una briciola di verità che potesse alleviare il suo dolore, perché il dubbio era atroce, la stava corrodendo dall’interno, e forse era proprio quello che voleva il suo doppio…
- Perché mi fai una simile domanda?- chiese l’uomo sospettoso.
- La loro origine è umana, vero?!- insistette consapevole di camminare su un terreno pericoloso.
Un lampo passò sul volto teso di Allanon, mentre i suoi occhi neri si facevano sempre più impenetrabili; nel complesso l’espressione sul suo volto era raggelante!
- Chi ti ha detto una cosa simile?- chiese con furia malcelata nella voce.
Ad Allanon non piaceva che le cose sfuggissero al suo controllo! Prima di lasciare il suo rifugio al Perno dell’Ade aveva pianificato attentamente ogni cosa, scegliendo accuratamente cosa potesse dire e cosa no, e quella era decisamente una delle cose che quella ragazzina non avrebbe conoscere. La conoscenza era un potere illimitato, ma poteva anche essere devastante per chi l’apprendeva… per questo la dispensava a piccole dosi.
- Non è questo il momento per rispondere alla tua domanda, ti spiegherò l’origine degli Incubi a tempo debito!- rispose e senza darle tempo di ribattere si allontanò da loro con un ampio svolazzo del suo nero mantello.
Cho rimase a lungo a fissare la porta dalla quale era uscito Allanon. Anche se non aveva parlato in qualche modo aveva risposto alla sua domanda: c’era qualcosa di imbarazzante dietro la nascita degli Incubi, e probabilmente, da come aveva reagito, erano veramente esseri umani… A quel pensiero strinse la mani a pugno così forte da trapassarsi i palmi con le unghie: era una prospettiva agghiacciate quella! Aveva già sperimentato quanto insopportabile fosse il peso di aver tolto la vita ad una persona, quello l’avrebbe uccisa…

  
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