Serie TV > Glee
Segui la storia  |       
Autore: itsmeWallflower    27/07/2014    3 recensioni
AU!Klaine Teacher!Blaine, Student!Kurt__
Kurt Hummel è un nuovo studente dell'ultimo anno del liceo Mckinley, Blaine Anderson il nuovo insegnante di letteratura inglese.
Kurt però è anche il ragazzo della metà degli anni di Blaine, conosciuto ad un caffè letterario..
e Blaine è l'uomo che di ragazzo ha ben poco che Kurt ha conosciuto una sera tra l'asteroide 325 e 330.
*Il fatto era che si erano trovati nel momento e nel luogo sbagliati.
Blaine aveva ancora troppe cicatrici da disinfettare e la sua anima da scoprire.
Kurt aveva ancora troppe poche cicatrici da sanare e la sua anima ancora da formare.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Blaine Anderson, Kurt Hummel, Sebastian Smythe | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 09
 

L'aria che si respira a Natale é pura magia.
Kurt lo dimenticava appena la festa finiva e ne restava sorprendentemente colpito ogni volta che tornava.
La magia riempiva l'atmosfera e gli animi e pure quell'anno sembrava esserne piena l’aria.
Kurt adorava passeggiare per le strade di Lima, di sera con la neve che scende placida e candida, con le luci che abbelliscono i tetti, con le canzoncine allegre del Natale che inondano le case, con le vetrine dei negozi decorate a festa e la frenesia della gente alla ricerca del regalo perfetto per le persone del loro cuore e con la felicità palpabile.
Kurt aveva sempre amato il Natale sin da quando era piccolo perché a questo erano legati i suoi ricordi migliori.
I biscotti caldi preparati con cura da lui e la madre per accogliere Babbo Natale, la scelta dell'albero più bello e il momento in cui suo padre lo issava sulle spalle per avere la possibilità di infilare la stella d'oro sulla punta, la musica che sua madre suonava ogni sera seduta al pianoforte mentre lui e Burt se ne stavano tranquilli davanti al camino scoppiettante con una tazza di cioccolato caldo tra le mani.
La mattina di Natale appena sveglio, correva in salotto scoccava un bacio veloce a sua madre per farle gli auguri e correva ad aprire i regali.
Ricordava come se fosse successo ieri quando in uno di quei pacchi trovò il servizio da tè inglese e i suoi infusi preferiti.
Aveva pianto di gioia quella volta ed era corso ad abbracciare sua madre e aveva trascinato suo padre in cucina, costringendolo ad essere il suo primo ospite d'onore al suo tea party, insieme alla regina, rappresentata da un orsacchiotto spiluccato con in capo una tiara.
Kurt in quel periodo dell'anno si lasciava trascinare dai bei ricordi e dalle più rosee aspettative.
E quell'anno di aspettative ne aveva tante.
Quel Natale c'era anche Blaine che rendeva tutto ancor più estremamente sentimentale e le vacanze trascorrevano veloci e piene.
Kurt e Blaine erano stati così presi l'un l'altro, circondati dalla magia, che avevano completamente dimenticato tutto il resto.
Non c'era la scuola a ricordare loro la situazione. 
In quei giorni lontano dal Mckinley potevano essere semplicemente loro.
Kurt e Blaine.
Sempre accorti, certo, perché quella era Lima ed era grande quanto uno sputo e le persone erano fin troppe e troppo curiose. 
E Kurt doveva sempre omettere parte di verità a suo padre Burt o ancora peggio doveva inventare scuse di sana pianta, e non era facile.. eppure ogni singolo momento speso con Blaine ne valeva la pena.
Lui lo sapeva.
E se Lima era quello che era, C'era Westerville però e Columbus e lì potevano sentirsi liberi di prendersi la mano tra una passeggiata e un regalo e sedersi ad un tavolino di un bar uno di fianco all'altro dividendosi un pezzo di torta, senza la paura di essere scoperti.
Sebastian di tanto in tanto ricordava loro che "tutto il mondo é il paese, cip e ciop.. se volete fare i porci sentimentali prendetevi una camera o andate a casa!" Diceva ogni volta che li accompagnava per comprare dei regali o semplicemente per trovare la sua ispirazione tra la gente.
Ma anche quelle raccomandazioni non preoccupavano Kurt e Blaine.
Stavano semplicemente vivendosi tutti i momenti che avevano a disposizione prima di dover tornare alla brutale realtà.
E per questo Blaine non chiese più nulla di quella festa a casa Puckerman, dopo che Kurt gli aveva assicurato che non c'era niente da raccontare e Kurt aveva completamente accantonato l'intera storia di Karofsky dimenticando tutte quelle domande che gli erano balenate in testa quella sera e aveva momentaneamente scordato la questione di Zack. 
Convincendosi che non era importante, che era semplicemente inutile installare nella testa di Blaine  pensieri da accumulare con gli altri.
Si era convinto che Zack era gestibile da solo e che poteva pensarci una volta tornato a scuola, come Karofsky appunto.
Kurt era felice, insomma.
E anche Nick e Jeff poterono notarlo.
Era da tanto che i tre non passavano del tempo insieme e Kurt non lo avrebbe mai ammesso, soprattutto non a Jeff, ma quei due gli erano mancati da matti.
Gli era mancato parlare di tutto e niente con loro, gli era mancata la pazienza di Nick e l'idiozia di Jeff, gli erano mancate le battute stupide e le risate sincere, gli era mancata la Dalton a dire il vero e neanche se n' era accorto prima di essersi ritrovato coinvolto in chiacchiere riguardanti i Warblres e i loro party nei dormitori.
“ma lasciamo perdere la stupida sfida tra Trent e Flint e raccontaci tutti i dettagli sconci tra te e il professorino” esclamò Jeff d’un tratto e Kurt era stato sul punto di strozzarsi con i biscotti che aveva portato lui stesso a quegli idioti dei suoi amici,
“avanti Jeff, perché non mettiamo da parte tutti questi stupidi discorsi e non parliamo invece dei SAT e ACT? Dato che ci siamo visti principalmente per prepararci a questi?” domandò Nick cercando di sviare il suo ragazzo,
“no Tesoro, tu e Kurt siete venuti qui a studiare per i test. Io sono venuto perché mi mancava Kurt, perché volevo mangiare i suoi favolosi biscotti e soprattutto perché ero stramaledettamente curioso di sapere come se la cava il professorino a letto!” disse Jeff con un sorriso sornione sulla faccia e con le sopracciglia inarcate in maniera maliziosa,
“Nick tu hai deciso di farli entrambi i test? Credi che sia necessario?” domandò Kurt rosso in viso evitando in pieno il discorso di Jeff,
“la mia famiglia ha studiato ad Harward per generazioni, quindi no, non credo che sia necessario farli entrambi. Ma mi piace essere preparato, lo sai no? tu invece.. cos’hai deciso? Io se fossi in te li farei entrambi e spedirei con la mia domanda quello col punteggio migliore” disse Nick dandogli una pacca sulla spalla,
“era quello che avevo pensato di fare. Ma i programmi del Mckinley non sono di certo così vasti da poter permettermi di passare entrambi i test senza studiare altro e Blaine comunque mi ha assicurato che lui è entrato alla NYU preparandosi solo per i SAT” rispose Kurt con un sospiro frustrato,
“hai deciso di andare alla NYU?” domandò curioso Nick,
“pensavo che avresti almeno provato ad Harward!” rincarò la dose Jeff,
“non posso permettermi neanche la metà della prima rata di Harward, Jeff. E la NYU era una delle mie scelte, no?”
“ci sono altri validi college, se solo ci dessi una possibilità” gli fece presente Nick,“ma chissà perché tu stai prendendo in considerazione solo quelli di New York, vero Kurt?” domandò un po’ infastidito quando notò lo sguardo dell’altro nascondersi dietro un biscotto,
“ora il discorso si sta facendo interessante” sussurrò Jeff strofinandosi le mani insieme e guardando prima Nick e poi Kurt come se stesse assistendo ad un importante partita di ping pong,
“prima che cominciate a comportarvi come due mamme chiocce, stupide e rancorose.. lasciatemi dire che io e Blaine neanche abbiamo mai parlato di cosa faremo dopo la fine del liceo. Non siamo ancora arrivati a quel punto. io sto prendendo in considerazione New York perché sembra la città delle opportunità e dei sogni che si avverano, sto prendendo in considerazione la NYU perché sembra la scuola adatta a me. Blaine non c’entra niente. okay?” Kurt guardò prima Jeff che fece spallucce e si sdraiò sul letto a guardare il soffitto e poi Nick che lo guardò di rimando come se volesse cavargli la verità dagli occhi e poi sospirò,
“Kurt io voglio solo che nessuno decida per te. Okay? è la tua vita, il tuo futuro e solo tu puoi metterci bocca, solo tu e nessun’altro.” Disse Nick imbarazzandosi anche un po’ nel dirlo,
“certo Nick. Lo so. Grazie” rispose Kurt abbracciandolo e lasciandogli un bacio sulla fronte un po’ per gioco e un po’ sul serio,
“okay, ora possiamo passare alle cose serie? Da uno a dieci quanto è bravo il professor Anderson a letto?” domandò per l’ennesima volta Jeff,
“Blaine, si chiama Blaine. Smettila di chiamarlo Professore, Jeff, non mi inciti di certo a parlare di lui così”
“Oddio! dalle tue adorabili guancie rosse direi che è un asso in materia! Lo sapevo! avanti raccontaci tutti i particolari!” urlò quasi Jeff saltando dal letto e mettendosi seduto come un bambino eccitato proprio davanti a Kurt,
“smettila Sterling” borbottò lui, cercando di aprire il libro che aveva davanti e cominciare finalmente a studiare,
“avanti Kurtye! Perché non vuoi farci partecipe delle tue belle avventure? Siamo o no i tuoi migliori amici che hai praticamente dimenticato a Westerville mentre ti diverti a Lima?” fece Jeff con quel tono che di innocente non aveva niente,
“almeno se devi dimenticarci in un angolo fa’ che ne valga la pena!” sbottò quando l’altro sembrava non aver intenzione di rispondere,
“io e Blaine non siamo arrivati a quel punto, okay? contento? Ma perché te lo sto dicendo?”
“ma allora voi non siete arrivati a nessun punto e che palle!” esclamò Jeff chiudendo per l’ennesima volta il libro di Kurt per ottenere tutta la sua attenzione,
“è complicato Jeff, davvero complicato-“ stava dicendo lui,
“visto che di studiare non se ne parla neanche, perché non andiamo ora al centro commerciale?” domandò d’un tratto Nick e Kurt quasi scoppiò a piangere di gioia per avergli dato l’occasione di togliersi da quell’impiccio.
 
Ovviamente neanche la ricerca degl’ultimi regali riuscì a distrarre Jeff dal voler sapere ogni minimo particolare sconcio e non della relazione di Kurt e Blaine,
“ma avanti Hummel, per la miseria! Per quanto ne so io hai dormito nel suo letto già due volte e non sai dirmi quanto lui sia dotato?” domandò Jeff intrufolandosi tra l’amico e un manichino che l’altro stava osservando critico,
“vuoi smetterla di urlare?” Kurt si guardò intorno sperando che nessuno li stessero ascoltando,
“ma qual è il tuo problema?” chiese poi a Jeff incamminandosi verso la cassa con una sciarpa verde smeraldo che era, secondo lui, il regalo perfetto per Sebastian,
“se vuoi posso raccontarti di me e Nick, potresti restarne sorpreso dalle capacità di Nick, sai? Lui sa-“
“fermati qua, idiota!” s’intromise Nick tirando Jeff sotto al suo braccio e intimandogli vere e spaventose minacce se avesse riaperto bocca.
 
       
Blaine era sicuro che la sua testa stesse per scoppiare.
Come faceva a dimenticare, ogni volta, che fare shopping con sua madre equivaleva a diventare il suo personale portaborse e amico gay a cui raccontare ogni minimo pettegolezzo che aveva sentito al suo club?
Per non parlare di quando si cimentava nel raccontare delle riunioni del PFLAG a cui lei partecipava mensilmente da anni ormai e di cui sembrava esserne diventata la portavoce della sede di Columbus.
Quelli erano di sicuro racconti a cui Blaine avrebbe fatto a meno di sentire.
 
La prima volta che sua madre andò ad un incontro fu qualche mese dopo il suo coming out e Blaine ne fu così contento e fiero che scoppiò in lacrime dopo, perché beh.. erano mesi che sua madre non faceva qualcosa per lui, proprio come faceva suo padre da una vita intera e faceva male e aveva creduto che così sarebbero andate le cose da lì in avanti, perché lui era gay e non si poteva fare nulla per cambiarlo e aveva perso così l’affetto della madre come non aveva mai avuto quello del padre.
E faceva male.
Faceva maledettamente male perché se prima l’indifferenza e la durezza e la scontrosità del padre le riusciva a sopportare con l’aiuto della madre, in quel momento invece sembrava essere diventato invisibile anche per lei.
Poi qualche mese dopo, tornato a casa dopo l’ennesima giornata umiliante al liceo pubblico di Westerville, Blaine aveva trovato sua madre ad aspettarlo con tanti opuscoli tra le mani e una bandiera coi colori della pace sulle spalle a mo di mantello e sorrideva come non l’aveva vista fare da un po’ di tempo a quella parte.
“Che sta succedendo?” chiese quella volta Blaine, guardando la madre un po’ preoccupato,
“oh finalmente sei arrivato! Tuo padre è a lavoro e ci resterà fino a tardi per fortuna. Quindi abbiamo tutto il tempo per parlare”
“cosa sta succedendo?” domandò di nuovo Blaine facendosi però guidare fino al divano, in salotto, dalla  mamma
“tu sei gay” disse lei come se quello potesse dare una risposta alla domanda insistente del figlio,
“questo lo so anch’io” biascicò lui abbassando lo sguardo sulle sue mani e sperando che quello di sua madre non fosse uno scherzo offensivo, perché per quel giorno ne aveva fin sopra i capelli di essere preso in giro,
“sei gay e non sapevo cosa questo avrebbe significato, per me.. per noi. Non ho mai pensato che un giorno mio figlio potesse venire da me a dirmi che ha altre preferenze e queste sono cose che non t’insegnano a gestire nei manuali dei bravi genitori o con l’educazione che ho avuto dai tuoi nonni e dovevo fare qualcosa, perché sei mio figlio e ti voglio bene” Blaine alzò un sopracciglio sconcertato,
“e quindi cosa? hai deciso di travestirti da paladina dei gay per farmi sentire a mio agio?” chiese lui scettico,
“certo che no! mi sono informata. Sono mesi che m’informo per bene, Blaine e non ho voluto parlarne con te fino a quando non mi fossi sentita pronta e messa al corrente di ogni cosa”
“che vuoi dire?” Blaine non sapeva se sentirsi più euforico o spaventato al riguardo,
“voglio dire che ora so tutto e che non cambia niente. E che sei sempre il mio Blaine e che anzi.. io e te abbiamo un’altra passione in comune!” esclamò lei con un battito di mani,
“e sarebbe?”
“gli uomini, tesoro!” Blaine a quel punto se fosse stato un fumetto si sarebbe ritrovato con la mascella a terra dalla sorpresa e del fumo sarebbe uscito dalle sue orecchie con tanto di fischi osceni,
“mamma!”
“che c’è! a dire il vero io nemmeno ci avevo pensato.. è stato il capo dell’associazione PFLAG a farmelo presente! Davvero gente simpatica comunque!”
“PFLAG? Sei andata ad un incontro del PFLAG?”
“oh ma io non ci sono solo andata! Mi sono pure iscritta!” Marie batté le mani entusiasta e si tolse la bandiera dalla spalle per darla al figlio,
“ora.. io e te cucineremo qualcosa di buono per questa sera e parleremo di tutto quello che sai tu e di tutto quello che so io” lei si alzò dal divano con uno scatto mettendo tra le mani del figlio tutti gli opuscoli che aveva trovato interessanti e poi lo trascinò con sé in cucina,
“prima però voglio che tu sappia che dalla settimana prossima frequenterai la Dalton”
“cosa? Ma Rach e- perché?” domandò Blaine completamente impreparato pure a quell’altro cambiamento,
“perché quel liceo ha tolleranza zero verso ogni tipo di discriminazione e perché mi sentirei più sicura a saperti lì che qui. Perché il tuo attuale liceo fa schifo e tuo padre è ingestibile da quando ha saputo. Non mi piace come ti tratta e non mi piace come ti fa sentire e non sono abbastanza forte da affrontarlo. Sto solo cercando di trovare la soluzione migliore per tutti” Blaine strinse i pugni sui fianchi così forte da farsi diventare le nocche bianche,
“hai scelto lui. hai messo su tutto questo teatrino solo per mandarmi via di casa, come voleva lui. Dio, ed io che ci stavo credendo”
“no Blaine, no. ho scelto di proteggerti. Ho scelto di vederti al sicuro. Non voglio più vederti difendere da lui, non voglio vederti piangere per lui, non voglio più guardarti elemosinare un po’ delle sue attenzioni. Tuo padre è- non è una cattiva persona, Blaine, solo che essere padre non è un mestiere che s’impara e lui non ha il talento naturale per quello”
“quindi credi che dovrei lasciarti qui da sola con lui?”
“per ora, sì. Sono in grado di proteggere me stessa, ma è con te che non voglio rischiare”
“mamma, se parli così non mi convinci ad andarmene”
“sarai qui ogni fine settimana e ogni volta che vorrai. Sono sicura che sarà un esperienza fantastica”
“vallo a dire a Rachel” bofonchiò lui pensando a come avrebbe preso quella notizia la sua migliore amica,
“glielo diremo insieme” disse asciutta lei prima di passargli i pomodori da tagliare,
“ora.. dimmi Blaine, cosa sai sul sesso gay?” a quel punto Blaine stava seriamente pensando che sua madre volesse ucciderlo, perché fu solo per un millimetro che il coltello non aveva trapassato le sue dita invece che il pomodoro,
“mamma! Io-io, Cavolo! Non ho neanche mai dato il mio primo bacio!” disse lamentandosi, in imbarazzo.
 
Oh beh quella fu la chiacchierata più sincera e scomoda che Blaine ragazzino aveva avuto con sua madre.
 
E stava pensando proprio a quella chiacchierata quando fu riscosso dai suoi pensieri,
“..Kurt?” riuscì a sentire solo quello pronunciato dalla madre,
“cosa?” domandò un po’ annoiato convinto che per l’ennesima volta sua madre gli stesse chiedendo di portare il suo ragazzo a pranzo il più presto possibile, come se non le avesse già ripetuto più volte che Kurt era davvero molto impegnato in quel periodo con la squadra di Cheerios e per i vari impegni che il Natale porta con sé, senza contare poi che Kurt non aveva intenzione di presentarsi a casa di sua madre così in fretta.
“quel ragazzo lì, non è proprio Kurt?” ripeté Marie indicando un punto preciso di fronte a loro,
“oh” riuscì solo a dire lui prima che lei lo trascinasse da Kurt.
 
“Kurt!” si sentì chiamare lui, fermando così le sue moine per convincere Jeff a parlare di nuovo dato che da quando Nick lo aveva avvertito l’altro non aveva aperto più bocca,
“oh” soffiò allontanando di scatto le sue mani dai fianchi di Jeff dove stava facendogli il solletico e restò impalato sentendosi addosso troppe paia di occhi,
“ciao, caro! Che bella sorpresa trovarti qui!” disse Marie sporgendosi verso di lui, tenendolo per le spalle e baciandogli con calore entrambe le guance.
Era una donna così spigliata e disinvolta che faceva sentire completamente a disagio Kurt,
“Salve signo- Marie, solo Marie, lo so, scusami” disse lui balbettando.
Blaine intanto aveva lasciato andare tutte le borse a terra e aveva salutato gli altri affabile, stringendo loro le mani,
“ehi” disse poi piano scoccando un bacio dolce sulla guancia di Kurt, “se sapevo che fossi anche tu qui, l’avrei tenuta lontana. Mi dispiace” biascicò veloce nel suo orecchio prima di allontanarsi e sorridere intenerito dal visibile nervosismo dell’altro che abbozzò comunque un sorriso e scosse la testa,
“e questi ragazzi qui, pare di non averli mai visti. Non sono del glee?” domandò Marie assottigliando gli occhi per scrutare meglio i due in questione,
“oh loro sono Nick e Jeff, e fanno parte del glee, ma non delle New Directions. Loro sono nei Warblers, frequentano la Dalton..sai” Disse Blaine come per presentarli, dato che Kurt non sembrava averne le capacità, in quel momento,
“Nick Duvall, Signora Anderson è un piacere conoscerla” disse impettito Nick,
“oh Duvall? Figlio di Adele Duvall?” chiese la donna curiosa,
“sì, sì, conosce mia madre?”
“la conosco? sono ormai tre anni che cerco di convincerla ad iscriversi al PFLAG! Dio, tua madre è più cocciuta di un mulo!” disse sorridendo senza notare le facce impallidite di tutti,
“e se tu sei Duvall.. lui allora deve essere Sterling! Tua madre invece è così ottusa che mi fa fumare le orecchie!” esclamò porgendo la mano al biondo che strinse con impeto, sorridendo soddisfatto,
“sono proprio io Jeff e sono sicuro che quella che le fa fumare le orecchie è proprio mia madre. Immagino che inizi ad urlare “al rogo” appena lei dica solo la P di PFLAG, vero?” disse con un’alzata di spalle,
“proprio così!” rispose lei prima di scoppiare a ridere e tornare con lo sguardo a Kurt che stava fermo impalato ad osservare Blaine,
“beh che ne dite di andare a prenderci un caffè?” propose guardando poi anche lei il figlio,
“oh beh noi veramente stavamo-“
“stavamo giusto andando a prenderci un caffè” rispose Jeff sovrapponendosi all’altro,
“tu non eri quello muto?” sibilò Kurt nel suo orecchio mentre la donna entusiasta spingeva tutti verso il bar più vicino,
 
una volta seduti ad uno dei tavoli appartati del bar, intavolare una conversazione per Jeff e Marie non fu difficile, ma l’imbarazzo che i due sapevano creare insieme era esasperante e Blaine più volte aveva dovuto fermarli.
Kurt dal canto suo cercava di sorridere molto e parlare poco.
E sorridere gli riusciva bene ogni qual volta che posava gli occhi su di Blaine seduto di fronte a lui,
“tutto okay?” gli aveva mimato con le labbra, inclinando la testa su di una spalla,
“a meraviglia” aveva mimato Kurt in risposta, regalandogli un primo sorriso.
 
Il secondo arrivò quando Blaine senza neanche pensarci gli aveva pulito una goccia di schiuma all’angolo della bocca e aveva leccato poi sovrappensiero il dito,
“eri sporco” mormorò facendo spallucce.
Il terzo arrivò quando Marie raccontò di come una volta, Blaine da bambino aveva deciso di diventare prete, solo perché era l’unico maschio a poter indossare un vestito lungo.. e beh quello di Kurt non fu un sorriso ma una vera e propria risata a cuore aperto,
“beh comunque Blaine, se proprio vuoi indossare una gonna, puoi mettere il kilt” disse Jeff tranquillo,
“uhm, no grazie. Avevo sei anni, quando pensavo che indossare abiti lunghi fosse elegante anche per i maschi” rispose lui,
 
“Beh comunque Kurt, come vanno gli allenamenti con i Cheerios? Blaine mi ha detto che ti stanno tenendo abbastanza occupato”
“oh sì, sono impegnativi, ma vanno abbastanza bene. ormai mancano poche settimane alle regionali e neanche le vacanze hanno fermato la coach dal farci allenare e-“ Kurt comunque non riuscì a finire il discorso perché Marie non era interessata nel sentirlo tutto,
“spero che riuscirai a trovare un po’ di tempo prima di Natale per venire a trovarmi. Non so, magari domani per un brunch?” domandò fintamente casuale lei,
“mamma, lo sai che domani è ventitre? E tu l’hai posta in modo tale da farlo sentire in torto se dicesse che domani non può!” esclamò esasperato Blaine,
“no, va bene. Domani va benissimo, se Blaine è d’accordo” concluse Kurt,
“e perché non dovrebbe? Lui ama i brunch”
 
*
E da quel brunch, Kurt non sapeva che aspettarsi. 
Era agitato e più ripensava all'occhiataccia che Nick gli aveva riservato il giorno prima alla caffetteria quando aveva accettato l'invito e più si agitava.
Ed era stupido perché già conosceva la signora Anderson e non doveva avere da lei nessun tipo di approvazione che non gli avesse già dato quando la sua relazione con Blaine non era neanche cominciata.
Solo che presentarsi a casa della donna, significava rendere il tutto più reale, più familiare, più intimo e loro stavano andando piano.
Kurt e Blaine camminavano coi piedi di piombo.
"Non facciamoci promesse, non chiediamoci troppo. Viviamoci i momenti quando questi arrivano" gli aveva detto Blaine quel giorno di un mese prima, mentre facevano shopping e Kurt aveva concordato e lo aveva abbracciato perché così sarebbe stato più facile, perché avevano già troppe cose con cui fare i conti e progettare, promettere complicava ancor di più la situazione.
E anche se di progetti non ne facevano e a voce non promettevano nulla all'altro, i sentimenti, quelli c'erano.
Ed erano reali e cambiavano le cose.
come le cambiava andare dalla madre di Blaine.
"Sembra che ti stia accompagnando al patibolo, Kurt. Se non vuoi andarci, non ci andremo. Mia madre capirà" disse Blaine per niente risentito, togliendo una mano dal volante solo per accarezzargli il ginocchio, rassicurante,
"Possiamo andare al parco o a pattinare. Perché non andiamo al karaoke vicino la Dalton? Adoravo quel posto!" Continuò Blaine e Kurt scosse la testa,
"Solo che non sono mai stato ad un brunch" buttò li poi, sentendosi un idiota,
"Ci siamo solo io e mia madre. E credimi se ti dico che non sarà un brunch, ma un vero e proprio pranzo, da antipasto a dessert!" 
"Ah beh perfetto, allora!" disse ostentando un falso ed enorme sorriso.
Un sorriso a cui Blaine non credette.
“vuoi dirmi cosa ti rende così nervoso? Vuoi parlarmene?” domandò dopo un po’ che era stato in silenzio ad osservare Kurt immerso in chissà quali pensieri,
“no. Davvero non è niente” disse voltandosi a guardare fuori dal finestrino e Blaine sospirò e annuì e alzò di poco il volume della radio come per fargli capire che non ne avrebbero parlato se lui non avesse voluto,
“è solo che- non lo so. lei è la tua famiglia, Blaine.. ed io- noi avevamo detto che saremmo stati solo noi due e che non avremmo corso e senza promesse, ricordi? L’hai detto tu e mi sta bene, lo sai. Però questo è- io non so come comportarmi” aveva balbettato a mezza voce ed era venuto fuori un grosso ammucchio di parole, molto simile ai pensieri che gli affollavano la testa eppure aveva sentito l’esigenza di buttarle fuori,
“Kurt, questo non cambierà le cose tra noi. Resteremo comunque solo noi anche dopo il brunch. non devi sentirti in obbligo in nessun modo verso di lei e neanche verso di me. Non dovrai venire con me a farle visita e non dovrai chiamarla mamma o una cosa del genere, Dio no. Questo non significa che stiamo bruciando le tappe ed io ti sto presentando a lei come mio fidanzato.. io- so cosa ho detto quando abbiamo cominciato tutto questo, lo ricordo Kurt, ti ho detto di viverci ogni momento quando questo arriva, no? ed è quello che stiamo facendo. Ci stiamo vivendo” disse Blaine cercando le parole giuste, seppur difficili da trovare,
“sì, lo stiamo facendo” rispose Kurt annuendo,
“bene. Nessun obbligo okay? se tra qualche giorno, mese o anno vorrai lasciarmi perché ti sei stufato, perché hai capito che non è quello che vuoi, perché non sei felice puoi farlo, senza sentirti in obbligo con la mia famiglia. Loro non c’entrano, siamo noi.. solo noi. È me che devi lasciare quando e se vorrai, solo me.. non mia madre.” Kurt alzò un sopracciglio scettico,
“tutto il tuo ragionamento su ‘non facciamoci promesse’ era solo questo, Blaine? hai fatto tutto quel discorso un mese fa e adesso solo per darmi il permesso di lasciarti quando mi sarò stufato? Tu sei pazzo! Credi che non voglia conoscere e stare insieme a tua madre perché poi per me sarà più difficile lasciarti? Tu sei pazzo e pure un po’ cretino!” sbottò lui alzando gli occhi al cielo e sbuffando,
“ehi! Stavo solo cercando di- scusa. Se non è questo il problema allora qual è? è solo mia madre e hai già capito che non morde!” esclamò lui fermando l’auto sul ciglio della strada, ormai arrivati a casa Anderson,
“te l’ho detto! non lo so! è che così diventa più reale, no?”
“noi siamo già reali. Lo siamo sempre stati.” Mormorò Blaine sicuro e istintivo, prima di sporsi verso Kurt e baciarlo tenendolo per il mento e dilatando il tempo fino a quando l’altro non si sarebbe convinto che quello fosse reale.
Che i loro baci lo fossero e i loro cuori accelerati e le mani tremanti.
Blaine lo baciò di nuovo e ancora, stringendolo forte e assaporandolo piano come per dirgli: “ehi guardaci, siamo veri. Siamo noi. Siamo qui. io ti sento Kurt, ti sento dovunque dentro di me, sempre” .
*
 
Kurt sinceramente in quel momento neanche ricordava perché era così preoccupato ad incontrare la madre di Blaine, si stava davvero divertendo e non era cosa da poco.
 
Marie era stata davvero brava a smuovere il suo imbarazzo e aiutarlo a passare oltre.
 il suo principale imbarazzo era passato non appena la donna aveva aperto il piccolo regalo che lui le aveva portato.
Aveva osservato per un attimo l’elegante candela che aveva scartato e poi aveva sorriso soddisfatta,
“beh a quanto pare la nostra chiacchierata al ringraziamento ti ha colpito, eh?” domandò lei e Kurt annuì e arrossì incontrollato,
“io l’ho vista e ho pensato subito a lei e non solo perché beh è una candela e mi ha ricordato il nostro primo incontro, ma anche perché è a forma di questo fiore” disse lui indicando il regalo con un gesto impacciato della mano,
“un amarillo, simboleggia fierezza e tenacia” sospirò Marie con voce sognante, annuendo poi subito dopo e tirando al figlio uno schiaffo sul braccio,
“tu guarda e impara, come fare un regalo!” lo rimproverò scherzosa,
“devi sapere Kurt che l’anno scorso questo figlio ingrato mi ha regalato un buono spesa da Gap!”
 
Quindi il brunch era cominciato così e così era andato avanti tra chiacchiere leggere e prese in giro per Blaine, accompagnate da buon cibo.
 
Blaine passava il suo tempo a ridere tanto e ad osservare Kurt.
Sembrava tranquillo, sembrava a suo agio, sembrava semplicemente lui ed era reale.
Lo era e Blaine sapeva che il discorso di un mese prima era solo un modo per tutelarsi e neanche molto efficace.
Il punto era che quel “non facciamoci promesse, non diamoci etichette, non affrettiamo i tempi” era soltanto una maniera semplice di cominciare le cose già complicate.
Perché Kurt era Kurt e sì era un suo studente, ma era anche l’unico ragazzo che era riuscito a scalfire quel muro di ghiaccio che Blaine aveva innalzato per forza di cose.
Blaine era spaventato dal fatto che la loro sarebbe potuta diventare una bella copia della relazione che lui aveva avuto con Jeremiah.
In quella relazione c’erano state molte promesse ma senza l’interesse nel mantenerle, c’erano state etichette che nessuno dei due aveva creduto sul serio e c’era stato un affrettare del tempo senza consumarlo davvero e Blaine per quanto non ne fosse uscito distrutto non era di certo uscito indenne e il problema era che non voleva che lui fosse il Jeremiah di Kurt o che Kurt fosse il suo Blaine.
Non voleva finire con l’avere il cuore spezzato per davvero questa volta, non voleva che le cose s’intensificassero e poi finissero.
Però voleva viversela quella storia Blaine, perché non sapeva ancora “come mai” ma sentiva che quella fosse la SUA storia, quella di una vita.
E nonostante ciò che aveva detto e che si era prefissato i sentimenti c’erano comunque e non potevano essere gestiti e organizzati come meglio credeva.
I sentimenti nascono senza che tu te ne renda conto e non puoi fare altro che accoglierli e sentirli e Blaine ne provava in abbondanza per Kurt.
 
In fondo Sebastian glielo aveva detto no? è questione di pelle.
Quella di Blaine era pelle che andava a fuoco quando era accanto a Kurt e c’era la paura di scottarsi ma c’era anche il voler stare al caldo e accogliere quel calore.
 
Se a Blaine gli fosse stato chiesto come si sentisse in quel momento, non avrebbe saputo rispondere con certezza, era spaventato, era euforico, era impegnato, era attaccato, era perso e ritrovato negli occhi di Kurt.
E quella sensazione, quella dello stare in bilico sul burrone, cominciava a piacergli, se quello significava Kurt.
 
Kurt che in quel momento si lasciava fare i grattini sul braccio, quasi inconsapevoli di Blaine, mentre sua madre gli stava facendo vedere gli album di foto di quando era bambino.
Kurt che più volte aveva sorriso e si era sporto verso di lui per lasciargli un bacio sulla guancia come per chiedergli scusa per aver riso di lui.
Kurt che raccontava a lui e a sua madre qualche aneddoto di scuola divertente o qualche vecchio ricordo di sua madre.
Kurt che raccontava seppur restio del perché avesse deciso di voler entrare nella squadra dei Cheerios.
E Blaine che se gli avessero chiesto la prima parola che gli venisse in mente in quel momento sarebbe stata: Felice, o più sinceramente Kurt.
 
“e questa foto qui è di quando Bastian e Blaine stavano insieme! Non sono esilaranti?” chiese Marie indicando la foto all’angolo della pagina che ritraeva i due molto più giovano di adesso, con indosso degli abiti eleganti e in viso un espressione imbarazzata e sconcertata per Blaine e annoiata e disturbata di Smythe,
“qua stavano dandosi il bacio della buonanotte dopo il loro primo appuntamento quando io li ho sorpresi e immortalati” disse la donna soddisfatta, lasciando sempre più sbigottito Kurt che aveva sbattuto più volte gli occhi cercando di mettere meglio a fuoco la foto ed anche tutto quello che portava dietro quella figura.
 
Blaine era stato con Sebastian?
E quello quando credeva di dirglielo Blaine?
 
“chi vuole altro tè?” domandò Blaine cercando di togliere l’attenzione dalla foto e alleggerire l’atmosfera pesante che si era creata con un silenzio prolungato,
“prima che arrivassi tu, avevo sempre creduto che alla fine questi due sarebbero finiti con lo sposarsi o una cosa del genere. tengono così tanto l’uno all’altro, da morirne. Si capiscono con un occhiata e si compensano a vicenda in molte cose e credo che a modo loro si amino. E-“
“questi biscotti sono fantastici!” disse Blaine fermando lo sproloquio della madre offrendone uno a Kurt che rifiutò senza neanche voltarsi a guardarlo,
“ero davvero convinta che fossero per sempre loro due, sai?” continuò Marie imperterrita, però,
“si?” fece Kurt più per educazione che per vero interesse, era confuso e sbalordito lui e di certo non voleva mettersi a sentire l’intera storia su Blaine e Sebastian destinati al lieto fine, proprio no.
“certo, perché anche per tutto il tempo in cui Blaine era stato con Jeremiah, lo sai no? era sempre Sebastian il primo pensiero di Blaine. era il suo ultimo messaggio della giornata, era il suo numero per le emergenze, era quello da cui correva quando c’erano belle o brutte notizie”
“e questo chi lo ha mai detto?” sbottò Blaine innervosito dalla bocca larga di sua madre e dalla verità che usciva sempre fuori da quella,
“Sebastian ovvio, ogni volta che lo chiamavo” rispose lei per niente piccata, dando poi un piccolo colpetto sul ginocchio di Kurt,
“ma comunque sei arrivato tu e ho finalmente capito che quello di Blaine era solo il bisogno di avere una spalla a cui aggrapparsi, come del resto era lo stesso bisogno pure per Bastian. Non ho mai visto Blaine gravitare intorno a qualcuno in questo modo come lo fa con te, è come se non sapesse neanche rendersi conto dove finisce lui e dove inizi tu.” Kurt fece spallucce a quelle parole, che a dire la verità neanche capiva in pieno il significato e continuò a sfogliare l’album,
“stavano davvero bene insieme, prima o poi mi farò raccontare l’intera storia” disse sovrappensiero lui,
“non c’è poi tanto da raccontare. E non stavamo per niente bene insieme, funzioniamo meglio come amici, noi” disse schietto Blaine, prima di prendere l’album dalle mani di Kurt e metterlo via.
*
 
Sebastian Smythe era sempre stato un animale da città, amava camminare per strada e vedere i marciapiedi gremiti di persone, sentire i clacson assillargli i pensieri, trovare strade interrotte da lavori e negozi aperti anche per tutta la notte.
Gli piaceva le possibilità e le occasioni che potevano trovarsi ad ogni angolo di strada e amava le storie che poteva leggere tra i passanti e le vetrine sempre piene, per questo era scappato da Westerville e poi da Cambridge per correre a New York.. eppure dopo quattro mesi lì a Lima stava davvero iniziando a trovare piacevole quella costante calma che lo circondava.
Stava davvero cominciando ad abituarsi alle strade poco illuminate, alle stelle che si potevano vedere di sera e alle poche persone mai di fretta che incontrava per strada e più di tutto trovava piacevole la compagnia di Santana.
 
Era l’unica persona oltre Blaine ovviamente, che riusciva a convivere con i suoi silenzi mentre per tutti gli altri risultavano pesanti o imbarazzanti.
Sapeva tenergli testa e usare le parole giuste al momento giusto.
 
Stavano tranquillamente passeggiando per il piccolo parco di Lima, riscaldandosi le mani con i loro caffè bollenti e pensando a tutto e niente in particolare,
 
“sai cosa odio di più del Natale?” domandò d’un tratto Santana spingendo via col piede un sassolino,
“posso tirare ad indovinare” disse Sebastian,
“gli auguri. Tutti scambiano gli auguri con tutti e perché poi? Auguri per cosa? Odio la gente che ti snobba per 364 giorni l’anno e poi ti manda un messaggio o ti fa una telefonata o ti incontra per strada e ti augura un buon natale, così come se niente fosse. Odio l’ipocrisia del Natale e odio le persone che sono felici per tutto il tempo. Ma più di tutto odio quegli auguri che invece ti aspetti e non arrivano e quelli che vorresti e non puoi avere. Odio le persone che non ci sono a Natale come in tutti gli altri giorni e m’incazzo come una bestia” disse Santana con un sospiro arrabbiato calciando via l’ennesimo sassolino davanti al suo piede,
“Dio Lopez, avresti dovuto prendere una camomilla invece che un caffè”
“e tu Smythe dovresti essere abituato al mio cinismo, quindi non farne un dramma e accompagnami a casa che questa passeggiata mi sta mettendo di mal’umore” affermò lei gettando il bicchiere di caffè vuoto per metà nel cassonetto che aveva vicino,
“voglio ricordarti che la passeggiata è stata una tua idea”
“perché ero di buon umore” mormorò spazientita mentre affrettava il passo per tornare a casa.
 
Erano sdraiati sul letto per metà, le loro teste al centro una di fianco all’altro e i piedi che toccavano terra e stavano guardando il soffitto già da un bel po’ quando Sebastian fece a Santana l’unica domanda che gli premeva sapere la risposta in quel momento,
“di chi sono gli auguri che vorresti ma che non puoi avere?” chiese e lei scostò la mano dal suo stomaco solo per infilarla tra i capelli di lui, continuando a guardare il soffitto, pensierosa,
“Brittany” sussurrò poi, chiudendo solo per un attimo gli occhi,
“dov’è lei adesso?” domandò Sebastian,
“non ne ho idea, dove vanno le persone dopo che sono morte?”
“quanti anni hai? 5?” fece lui allungando una mano per accarezzarle il collo scoperto,
“è che me lo chiedo spesso. Dove sia lei ora”
“io lo so” sussurrò Sebastian come se lo sapesse sul serio, come se fosse anche lui un bambino di cinque anni che trova le risposte più semplici alle domande più difficili,
“dimmelo” ordinò Santana sdraiandosi di pancia e alzandosi sui gomiti per poter guardare l’altro dritto negli occhi,
“qui” disse puntandole il dito proprio sul cuore, “e lo sai anche tu” continuò vedendo l’altra roteare gli occhi e sbuffare per poi ritornare alla sua vecchia posizione a fissare il soffitto,
“ora chi è che ha cinque anni?”
“ti manca?” chiese fingendo di non aver sentito il suo tono esasperato,
“ci sono giorni in cui non riesco neanche a respirare pensando a lei e ci sono giorni in cui faccio fatica a ricordare che suono avesse la sua voce e quelli sono i più spaventosi. Non voglio dimenticarla”
“magari un giorno non riuscirai a ricordare la sua voce o il suo esatto colore degli occhi, ma sono sicuro che non potrai mai dimenticare quello che provavi con lei e per lei. Sono sicuro che ricorderai per sempre la prima volta che l’hai vista, o la prima volta che l’hai baciata. Ricorderai la maniera in cui ti guardava e come ti toccava. Certe cose non si dimenticano” disse lui, come se avesse capito che ruolo avesse avuto Brittany nella vita di Santana senza neanche sentirselo dire,
“il suo sorriso. Quello non vorrò mai dimenticarlo. Quando sorrideva assottigliava gli occhi così tanto che sembravano chiusi e il naso le si arricciava e quando rideva forte le guancie si arrossavano e alla fine faceva sempre un piccolo sospiro come se le fosse costato una fatica assurda ridere così tanto. Ed io cercavo di farla ridere sempre. Mi piaceva” aveva confessato riprendendo ad accarezzare i capelli di lui.
 
E quella fu la prima volta in cui i due erano stati per tutto il tempo su di un letto senza consumare, ma soltanto parlare.
Era stata la prima volta in cui avevano parlato per davvero, senza mezze verità, quella volta le verità erano state dette tutte e per intero, senza vergogna né paura.
E ne era uscita fuori una bella chiacchierata, una di quelle che aveva fatto bene ad entrambi e che li aveva fatti sentire più uniti e intimi come neanche il sesso avrebbe potuto.
Santana aveva parlato di Brittany e dei suoi genitori e della scomparsa di lei e dei loro sogni insieme.
Sebastian aveva parlato della scrittura e di Blaine e aveva parlato poco dell’incidente chiamandolo però col giusto nome, soffermandosi di più su quello che era venuto dopo: la convalescenza in ospedale, la terapia, il processo, gli incubi e del suo libro che stava tutt’ora scrivendo.
 
Alla fine si era fatto tardi e Santana doveva cominciare il suo turno al books&coffe e Sebastian l’accompagnò al locale e la salutò con la promessa che l’indomani alla vigilia di Natale, dopo il consueto pranzo l’avrebbe accompagnata a prendersi quegli auguri che lei voleva.
*
 
Kurt e Blaine stavano tornando a Lima senza fretta.
Blaine parlava tanto però e Kurt neanche cercava di seguire la conversazione, semplicemente infilava qualche parola qua e là e annuiva un sacco, lasciando che i suoi pensieri volassero altrove.
 
Non che Kurt fosse arrabbiato o geloso di quello che aveva scoperto riguardo Blaine e Sebastian.
Alla fine, era giunto alla sua conclusione.
Se lo aspettava.
 
..Odiava che fosse stato lui –Sebastian-a farmi aprire davvero gli occhi sulla mia sessualità.. così aveva detto Blaine quando gli parlò di cosa era successo a Sebastian e Kurt allora non aveva chiesto niente in merito, si era convinto che Sebastian aveva semplicemente aiutato Blaine a capire chi fosse, senza però domandarsi in che modo lo avesse fatto. Aveva genuinamente pensato che Bas lo avesse aiutato a fare coming-out quando invece era stato il suo primo in molte cose.
 
.. i suoi modi riuscirono ad ammaliare anche me alla tua età.. così invece Blaine l’aveva detto quando stavano litigando proprio per Sebastian, ma Kurt era troppo concentrato sul fatto che stessero discutendo sul serio e che Blaine fosse geloso di lui per mettersi davvero a ragionare su quella piccola frase buttata lì.
 
Però ora che aveva saputo si era sentito pure un po’ sciocco a non averlo capito prima.
Era palese.
 
E non ne era sconvolto o geloso.
Avrebbe preferito che Blaine glielo dicesse subito? Sì.
Avrebbe cambiato le cose? No.
 
“non sono arrabbiato” disse d’un tratto Kurt sentendo Blaine tirare fuori quel respiro che stava trattenendo chissà da quanto,
“eppure lo sembri” sospirò Blaine spegnendo la radio e alzando gli occhi al cielo,
“ascolta Kurt” poi continuò, “avrei dovuto dirtelo, lo so, ma-“
“ma non l’hai fatto apposta. Lo so. Non stavi cercando di nasconderlo ed è davvero acqua passata. L’ho capito. Per questo non sono arrabbiato” disse Kurt completando la frase per Blaine,
“okay. wow. Ci stavi davvero ragionando su, eh?” borbottò lui,
“beh sì. È così, giusto? voglio dire, non stavi cercando di nascondermelo, vero?”
“no, certo che no. io non ci ho pensato, non l’ho mai considerato un mio ex. Tutto qui. Sarebbe così riduttivo e falso parlare di noi in quei termini, no? lui è la mia famiglia e lo sai”
“certo che lo so, prendi due e paghi uno..è così che vi vedo” disse Kurt scherzando,
“ehi no! assolutamente no! prendi uno –me- e basta!” esclamò Blaine fintamente indignato facendo scemare così ogni traccia di tensione che era ancora rimasta.
 
“sai, non so se tirare un sospiro di sollievo perché sei sempre così dannatamente ragionevole o se sbuffare esasperato perché neanche questa volta ho avuto da te una scenata di gelosia” disse Blaine quando aveva parcheggiato l’auto proprio dietro quella di Kurt e si era voltato a guardarlo,
“okay, ho dovuto pensarci davvero tanto Blaine, per non prenderti a schiaffi. Se proprio vuoi saperlo. Ero andato nel panico. Non capivo perché non me lo avessi detto dall’inizio e ho pensato che stavi cercando di tenermelo nascosto per motivi assurdi, oltretutto. Poi beh, ho pure pensato: cavolo, la prossima volta che vedrò Marie, cosa si farà sfuggire? Che magari Blaine è stato con una ragazza o che ha baciato Rachel?”
“beh, veramen-“
“non rispondere! Non lo voglio sapere! Hai baciato Rachel? ma che-“
“è stato per lo stupido gioco della bottiglia!”
“oh no! no, no, no! non dirlo!” sbottò Kurt tappando la bocca di Blaine che intanto se la rideva forte.
 
“Allora, noi stiamo bene?” domandò alla fine Blaine mentre Kurt cercava le chiavi della sua auto nella tracolla,
“stiamo bene, sì” disse alzando gli occhi al cielo per poi sporgersi verso l’altro e stampargli un bacio veloce sulle labbra.
E quel lieve e sfuggente tocco era tutto ciò che potevano avere in quel momento, in quell’auto in pieno giorno a Lima.
Nessuno dei due ne era pienamente soddisfatto, ma non potevano chiedere di più e lo sapevano.
“ci vediamo domani?” domandò Blaine esitante quando Kurt aprì lo sportello per andare via,
“è la vigilia,Blaine. Non credo di riuscire a sviare l’intera famiglia”
“allora dopodomani?”
“a Natale? Impossibile. Mio padre vorrebbe-“ Blaine alzò le mani in segno di resa e sbuffò sempre più esasperato,
“okay. va bene. Mi dispiace non avere il tuo regalo con me, adesso” borbottò giocherellando con le chiavi dell’auto ancora inserite nel cruscotto,
“a me dispiace non poter cambiare la situazione” sospirò affranto Kurt, come non lo era stato da un po’ di tempo a quella parte e gli dedicò un ultimo sorriso prima di scendere dall’auto,
“ehi, mi mancherai” mimò Blaine con le labbra guardandolo entrare nel suo SUV e sorrise rincuorato quando l’altro gli regalò un piccolo occhiolino.
 
Era quello che in fondo li teneva ben saldi, lì: i piccoli gesti, quelli che per molti non erano niente e che per loro erano l’essenziale.
 
*
Alla fine Kurt un po’ di tempo per correre da Blaine a Natale lo aveva trovato.
Sia lui che Finn erano ormai troppo grandi per essere svegliati presto la mattina di Natale per aprire ogni pacco a loro regalato e i loro genitori avevano ormai una certa età e se esisteva la possibilità di restare un po’ di più a letto, loro la prendevano al volo senza esitazione.
Quindi Kurt non ci mise molto a prepararsi, infilare tutti i regali in auto e correre a casa di Blaine, lasciando un biglietto per suo padre sul tavolo della cucina, dove lo avvisava che era andato al parco per una passeggiata per smaltire tutto il ben di dio che aveva mangiato a cena il giorno prima, sicuro che suo padre non lo avrebbe trovato un comportamento strano, abituato alle, a volte estreme, scelte salutari del figlio.
 
Blaine anche era più che cresciuto per essere svegliato presto la mattina di Natale, come del resto Sebastian e Rachel, per questo fu una sorpresa essere svegliato dal suono insistente del campanello quando non erano neanche le otto.
 
“Cip! È arrivato Ciop-ti-rovino-il-sonno-Hummel!” urlò Sebastian e Blaine scattò in piedi gettando via le coperte prima ancora di assimilare per bene lo strillo di Bas.
Era Kurt.
“Kurt?” domandò entrando stralunato in cucina ancora con i piedi scalzi e i capelli sparati in tutte le direzioni, trovando il ragazzo intento a sistemare una sciarpa al collo di Sebastian,
“Buon Natale!” esclamò poi Kurt gettandogli le braccia al collo e baciandolo dolce lasciando Blaine piacevolmente confuso e senza fiato,
“Buon Natale anche a te” biascicò comunque, tenendosi ancorato ai fianchi dell’altro, almeno fino a quando Kurt non vide spuntare dalle coperte del divano letto la testa sfatta di Santana,
“è arrivato Babbo Natale?” mugugnò lei strofinandosi gli occhi per il fastidio della luce mattutina,
“Tana! Ho un regalo anche per te!” urlò Kurt prendendo dal tavolo la busta glitterata di rosso e saltando poi subito dopo sul letto, per abbracciare l’amica,
“attento, che morde” lo riprese Sebastian indicando però a Blaine la sua nuova sciarpa,
“è carina, non trovi?” domandò Blaine a Smythe che fece spallucce,
“dice che devo smetterla di alzare il colletto del cappotto e iniziare ad indossare sciarpe consone e questa per di più risalta i miei occhi. Ma come lo sopporti? È sempre così smielato?”
“la maggior parte delle volte” sorrise dolce Blaine intrecciando le braccia al petto.
 
"Cosa dovrei farci con un cavolo di mappamondo?" Sbottò Santana guardando quel piccolo globo con aria critica,
"É un salvadanaio San, per il viaggio che volevi fare. E se noti bene ho segnato con dei puntini blu tutti i posti  in cui c’è sempre il sole e la sabbia bianca e dove potresti aprire il tuo piccolo chiosco.. sono tutti probabili posti in cui potresti trovare le tue radici, San. Spero ti piaccia" la ragazza sbuffò e abbassò lo sguardo su quella piccola sfera sfiorando ogni puntino con le dita sperando di trovare il coraggio, un giorno, di sceglierne uno e cominciare da lì.
"Non potevi limitarti ad un rossetto e basta?" Domandò a disagio ponendo con attenzione il regalo nella propria busta,
"Auguri anche a te San" la prese in giro lui per poi alzarsi dal letto e guardarsi intorno,
"Dov'è Miss Berry?" Chiese,
"Dove dovremmo essere ancora tutti a quest'ora: a letto!" Sbottò Sebastian,
"RACHEL!" Urlò in risposta lui battendo contemporaneamente le mani e correndo a spalancare la porta della camera della malcapitata che non ci mise un secondo a tirargli in faccia un cuscino,
"Troppo presto" borbottò lei,
"Buon Natale Rachel!"
"Si, si, vattene!"
"Ho un regalo per te!"
Il regalo fu una cena all’unico ristorante vegano di Westerville, perché Kurt sapeva bene quanto a lei piacesse e come suo fratello Finn invece finiva sempre per portarla al Bel Grissino, perché di mangiare solo verdure proprio non gli andava.
“ora ho la scusa perfetta per trascinare Finn al Green Bistrò!” disse lei entusiasta, ringraziando poi Kurt per il pensiero.
“anche noi ti abbiamo fatto un regalo!” esclamò poi Rachel annuendo verso Sebastian come per invitarlo a prendere il regalo nascosto sotto l’albero,
“noi?” domandò Kurt curioso,
“sì, noi. Sebastian, Santana ed io” puntualizzò lei,
“oh, beh.. non dovevate”
Pensiero quello di Kurt che si dissolse non appena aprì il grande pacco messogli sulle gambe.
Era una macchina da scrivere Olivetti, da collezione.
Era una bellissima e vintage Olivetti che mai, mai avrebbe creduto di avere tra le sue mani.
“Oh Mio Dio! questa è-“
“un Olivetti, sì” terminò Seb per lui,
“io-“
“sei senza parole, lo sappiamo” continuò Santana,
“ma-“
“non puoi accettarla? Devi, Kurt!” finì Rachel abbracciandolo,
“okay questa scenetta è ridicola. Possiamo semplicemente andare in cucina e bere un caffè?” si lamentò Santana un secondo prima di essere stretta tra le braccia di Kurt,
“voi andate pure, io e Kurt vi raggiungiamo tra un attimo” si intromise Blaine avvicinandosi all’altro per afferrarlo sui fianchi e trattenerlo lì con lui.
 
“ho qualcosa da darti anch’io” mormorò Blaine dopo aver pescato un sacchettino dal comodino e aver fatto sedere Kurt sulle sue gambe, sul letto.
 
Era un piccolo sacchetto rosso con legato vicino un bigliettino dello stesso colore,
“prima il biglietto?” domandò Kurt senza riuscire a trattenere un sorriso e un bacio,
“vada per il biglietto” rispose Blaine accarezzandogli la schiena, sentendosi pure un po’ stupido, ma quello che aveva davanti era Kurt e quello era l’effetto che gli faceva sempre e non gli riusciva di comportarsi diversamente.
 
Il cartoncino era piegato in due e quando Kurt lo aprì notò che era riempito di una piccola frase al centro, scritta a mano e ordinata.
La data in alto a destra e la firma in basso a sinistra.
 
Dicembre, 2013
“il nostro primo di tanti Natali..perché avrai sempre il tuo caffè”
                   -Blaine
 
Lesse Kurt ad alta voce, sorridendo appena e corrucciando un po’ la fronte, perché quella del caffè, proprio non l’aveva capita.
“apri il sacchetto” lo esortò allora Blaine, come per dire che la spiegazione sarebbe arrivata col regalo.
Kurt gli scoccò un bacio a fior di labbra e poi aprì il sacchetto lasciando cadere il regalo sul palmo della mano.
Restò ad osservare il bracciale con un piccolo ciondolo a forma di chicco di caffè per degli interminabili secondi prima di scoppiare a ridere,
“sei adorabile” mugugnò prima di voltarsi verso di lui e fargli segno di abbottonarglielo al polso,
“la prima volta ti ho incontrato al Books&coffee e stavo bevendo un caffè orribile, la seconda volta è stato al Lima Bean davanti un caffè molto più buono. Al nostro primo appuntamento, perché sì io lo considero un appuntamento, abbiamo bevuto un caffè passeggiando per il parco di Westerville e beviamo un caffè insieme ogni mattina da più di due mesi”
“non ho mai sentito pronunciare la parola caffè, così tante volte in un discorso” lo prese in giro Kurt guardando ancora una volta il ciondolo appeso al polso,
“è che il caffè mi ricorda te e questo qui” disse sfiorando il bracciale con il pollice, “ti ricorderà me”
“come se fossi facile da dimenticare, tu” borbottò Kurt prima di prendergli il viso tra le mani e baciarlo.
Sorridendo nel bacio che sapeva proprio di caffè, dolce e caldo.
 
“ho anche io qualcosa per te. Aspetta qui.” Disse Kurt scappando in cucina e tornando subito dopo con un pacchetto incartato alla perfezione tra le mani,
“okay, non aspettarti niente di estremamente-“
“posso aprirlo?” domandò Blaine rigirandosi il regalo tra le mani, fermando così la filippica imbarazzata di Kurt,
“puoi aprirlo” esalò l’altro, sedendosi di fianco a lui.
 
Una copia anche piuttosto vecchia de Il piccolo principe era uscita fuori dal pacco.
Le pagine erano ingiallite e l’immagine di copertina ricordava una delle prime ristampe,
“è del-“ cominciò Blaine guardando il retro del libro,
“1985 sì, l’anno della tua nascita” finì per lui, Kurt alzando gli occhi al cielo e aprendo la copia alla prima pagina.
 
Il foglio giallastro era ricoperto dalla scrittura fine ed elegante di Kurt.
 
L’essenziale è invisibile agli occhi.
È stata la prima cosa che mi hai detto, Blaine.
Ed è quello che più di tutto mi stai insegnando. Con te ho imparato a vedere col cuore.
 
Buon Natale.
Tuo, Kurt.
 
“a gente come me e te, regalare un libro non è mai sbagliato. Si va sul sicuro, no? però ho pensato che doveva essere speciale e Il piccolo principe è quello a cui ho pensato subito. Questo è per noi, quelli che per gli altri è una panchina o una canzone. Io vorrei che la prossima volta che lo leggerai, penserai a me e che lo terrai sul comodino per farti compagnia. Io- lo so che è stupido-“
“no, non lo è, Kurt. Non lo è” sorrise Blaine, “vieni qui” biascicò trascinandolo poi in un bacio che era molte cose e tutte insieme.
 
In quel bacio, in quel contatto, in quell’esplosione ci misero sensazioni che erano difficili da esprimere a parole, per paura e per difesa.
Si mescolavano e si fondevano, come in un sogno, in balia di loro stessi.
Si volevano e se lo stavano dicendo senza fretta, con amore.
Con quell’amore che era sbocciato complicato e senza tempo.
Perché il tempo non conta, il tempo non ha importanza quando di mezzo c’è il cuore.
 
E se fosse stato possibile quel momento lì lo avrebbero protratto per molto ancora, per sempre magari.
Lì, in quella stanza, tra le loro braccia era tutto semplice.
Non c’era da dar conto a nessuno, se non a loro ed era facile pensare che sarebbero riusciti ad essere il “per sempre”.
Lì, sulla bocca dell’altro e ad occhi chiusi si stavano convincendo che niente li avrebbe scalfiti, che c’è l’avrebbero fatta.
Lì, proprio lì, in quel momento, stavano promettendosi l’anima.
 
Ma era un momento, solo un momento, uno di quelli con la guardia abbassata e senza difesa.
Uno di quelli che ti aiutano a superare tutti quegli altri che di sogno non hanno niente e di realtà tutto.
 
*
 
Zack Di Maggio era stufo.
Odiava le vacanze e odiava passare troppo tempo in casa con la sua famiglia al completo.
Odiava dover sorbirsi le solite domande di vecchi parenti, su quando avesse intenzione di mettere la testa a posto e trovarsi una ragazza da portare a casa.
Zack era stufo degli sguardi giudicatori del padre, quando gli propinava per l’ennesima volta una delle figlie dei vicini ed era stanco di sentirsi sempre inadatto.
 
Il punto era che non si sentiva libero di essere ciò che era con la sua stessa famiglia e non poteva cambiare le cose.
Lui era ciò che era e quello avrebbe portato disagio e secondo il padre vergogna in quella casa.
“Fin quando vivrai sotto il mio tetto, sarai quello che io voglio che tu sia” gli aveva detto una volta suo padre e non stavano neanche parlando di preferenze sessuali, ma semplicemente di allenamenti di football,
“ed io voglio che continui a fare parte della squadra di football, così da vincere la borsa di studio per continuare gli studi, perché sappiamo entrambi che sei troppo stupido per poter essere ammesso a qualsiasi tipo di college senza lo sport e poi mi aiuterai a dirigere l’impresa di famiglia. Fine della storia.” E quella volta Zack, come del resto tutte le altre volte avrebbe voluto urlare “fine della storia, un cavolo!” ma sapeva che era una partita persa in partenza, perché da solo non poteva vincerla, non quando a spalleggiare suo padre c’era anche sua madre.
 
E pure quella sera, l’ultima prima di tornare a scuola dalle vacanze, aveva finito col litigare con suo padre e mandare al diavolo sua madre solo perché doveva smetterla di vedere quei suoi amici sfigati e accettare di andare a bere qualcosa con Karofsky e gli altri compagni di squadra, di sicuro molto più in gamba di quei poveri falliti del fight club che lui si ostinava a frequentare, secondo loro.
 
Ora però si ritrovava a vagare per le strade di Lima in cerca di una distrazione perché Puck non era in casa e non rispondeva al telefono e si sentiva tremendamente solo.
E non sapeva perché o come, ma si era ritrovato a pensare a Kurt.
Il ragazzo nuovo, che non era solo bello, ma anche e soprattutto interessante.
Non era di certo il suo stereotipo, ma aveva di sicuro qualcosa di accattivante e poi se proprio doveva essere sincero Zack, era un bel vedere sì, ma quello che più lo attirava era il fatto che Kurt fosse stato l’unico, da che ricordasse, che aveva provato a vedere oltre la sua giacca da Titans e il suo cognome, trovando però poco e niente solo per colpa sua.
Quindi non si stupì più di tanto quando si accorse di star percorrendo proprio la strada di casa Hummel.
Era annoiato, nervoso e irrimediabilmente solo, e l’unica persona che avrebbe potuto tirarlo su di morale, oltre Puck, era proprio Kurt.
 
Non aveva intenzione di suonare alla sua porta e chiedere a suo padre di vedere suo figlio, ma avrebbe potuto trovare la finestra della sua camera da letto e cercare di entrare da quella o più semplicemente chiamarlo e chiedergli di scendere a salutarlo.
Era davvero disperato ed era sicuro che Kurt, almeno quella volta gli avrebbe dato una possibilità.
 
O forse no.
“Ma che diavolo-“ borbottò confuso e allibito, mentre si nascondeva all’ombra del lampione e socchiudeva gli occhi per focalizzare meglio l’auto che era a qualche metro da lui e quindi dalla casa di Hummel.
 
“Non ci posso credere” sussurrò a se stesso, pescando dalla tasca dei jeans il suo cellulare,
“che bastardo” continuava a cantilenare mentre scattava foto senza neanche preoccuparsi di togliere il flash,
“ed ecco svelato perché un cazzo di glee club è così interessante” disse alla fine rimettendosi il cellulare in tasca e facendo per tornarsene a casa con la testa ancora piena di pensieri, ma del tutto diversi da quelli con cui era uscito.
 
E anche stavolta, era tutto merito di Kurt.

 
 
Angolo Wallflower_
*finge di non aver lasciato il capitolo in questo modo e parla d’altro*
 
Come procede la vostra estate?
No, okay.. la smetto.
 
Cercherò di aggiornare il più velocemente possibile, perché la storia sta entrando nel vivo e lasciarvi così per troppo tempo sarebbe davvero una cattiveria.
 
Spero abbiate apprezzato il capitolo, nonostante il fatto fosse incentrato sul Natale e noi siamo in piena estate.
E spero di non essere ripetitiva su alcuni contenuti.
 
Aspetto,come sempre, un vostro parere spassionato.
 
Anyway, grazie a tutti voi che avete portato il primo capitolo della storia a più di 1000 visualizzazioni, grazie alle quasi 100 personcine che hanno messo questa roba qui tra le seguite\preferite\ricordate! Siete amazing!
 
E un grazie speciale, ancora una volta, a chi ha recensito lo scorso capitolo: wislava; Estel84; Ishattheworldoutside e BeauBrooks
 
Alla prossima ;)

 
questa è la mia pagina autore fb.
  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Glee / Vai alla pagina dell'autore: itsmeWallflower