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Autore: Mary_la scrivistorie    27/07/2014    5 recensioni
Annabelle De Villiers è la figlia di Gideon e Gwendolyn, gli ultimi di un cerchio di viaggiatori nel tempo. Ormai il segreto è stato svelato e tutto è finito. Questo, almeno, secondo lei. In verità esistono 12 viaggiatori nel tempo ALTERNATIVI, perché il crudele conte può sfruttare un'altra occasione. E, stavolta, è compito suo impedire il suo desiderio. Mille avventure, risate e sentimenti. Ispirato a una saga che mi ha cambiato la vita.....
Genere: Avventura, Fantasy, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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  1. Presentimenti, 2031, 13/14 aprile.
 
È buffo, quando scopri che ogni tuo timore sta per avverarsi. Quando scopri che sei costretto a rimediare agli errori di qualcun altro. Quando devi allontanarti di malavoglia da tutto ciò che aveva costituito la tua vita, per costruirne un’altra, di cui non conosci proprio niente. Questa è la paura del futuro. Più precisamente, di quei momenti che dovrai vivere. Il tempo è una scienza complessa, e ho capito che per vincerlo devo osare. Solo osare.
 
No. Non era appena successo. Mentire a me stessa era una cosa certamente inutile. Sapevo alla perfezione cosa mi era successo. Lo capivo dall’aria dell’uomo di fronte a me, dai dettagli diversi dalla cucina di prima. Ero finita nel passato. Quel De Villiers aveva ragione. Il cerchio non era chiuso, il conte poteva avere un’altra chance di rendersi immortale.
La nonna mi aveva detto di dare sfogo alle mie capacità. Giusto. Me la sarei cavata anche in quella situazione, per quanto improbabile.
La cucina di Bourdon Place numero 81 del passato era molto simile a quella presente. Soltanto la posizione di qualche mobile e le cose sulla tavola cambiavano.
L’uomo, diciamo un vecchio, mi stava guardando, un po’ sorpreso ma sicuramente incuriosito. Aveva un’aria benevola, rughe da bravo nonnetto, occhi azzurri e incredibili, grandi e inchiodanti, che avrei riconosciuto ovunque. Erano gli stessi di mamma, e di Lucy Montrose – nella foto che mia madre conservava come fosse oro – .
«Tu sei Annabelle?», chiese il signore abbozzando un sorriso. «Sei persino più bella di quanto immaginassi.»
«Lei è…mmh…il mio bisnonno Harry? Credevo che si fosse trasferito da Londra appena compiuti i quarant’anni.», chiesi.
«Io sono il tuo trisavolo, Lucas Montrose.», mi corresse lui, con un sorriso rugoso e abbastanza dolce.
«Il padre di nonna Grace. Pensavo che lei non mi conoscesse.», notai, imbarazzata.
Lui s’illuminò in un sorriso. «Ricevo molte visite dal futuro. Gwen e Gideon parlano spesso di te. Non potrebbe essere altrimenti, con una figlia speciale come te.»
«Speciale?», chiesi, molto confusa. D’accordo, i miei genitori mi volevano bene, ma il signore stava esagerando. Io non brillavo in niente. Era Susan a brillare, ad essere la stella della famiglia. Io non c’entravo proprio nulla.
«L’ametista. La tigre. Il pesco. La discendente temporale dello stesso Robert Leopold.»
Sembrava tutto così non adatto a me. La tigre? Semmai un innocuo gattino che soffiava contro sua cugina, un’oca (ah-aha, le stava bene). Un’ametista? Semmai una pietra qualunque. E poi…
«Io non sono la discendente del conte. No. Io no. Non sono malvagia come lui.», precisai.
Lucas annuì e recitò: «E, durante una pioggia di ametista, la tigre dagli occhi di smeraldo s’avvicina. Legata al nemico da un sentimento forte, sarà l’unica a segnarne sopravvivenza o morte. È la seconda di un nuovo movimento, destinato al combattimento. Ho trovato questo curioso brano dentro un libro davvero ordinario. Orgoglio e pregiudizio, un romanzo che Arisa conserva con tutta l’anima, dono di una sua antenata, la sua trisavola, Margret Tilney. Mia moglie l’ha letto, ma non ci si è mai soffermata. È una nota scritta chiaramente a mano.»
Presi il romanzo tra le mani e osservai. «Qui non allude all’essere discendente del conte. O almeno, non chiaramente.»
«Come no? Nipotina, apri la mente. Tutti gli scritti del Conte alludono segretamente a qualcosa. Allena l’intuito, Annabelle. La tigre dagli occhi di smeraldo…smeraldo! La pietra del Conte. Legata al nemico da un sentimento forte…forte è prima di ogni cosa la famiglia.»
«Per il conte la famiglia non ha mai significato qualcosa, giusto?», affermai, contrita.
«Bimba, le cose che sappiamo di una persona, reali e vere, sono davvero poche. Il resto sono menzogne verosimili, il riflesso della coscienza umana. Sul conte, poi, ciò che abbiamo a disposizione è nulla su cui basarsi. Nemmeno i tuoi genitori sono potuti riuscire a scoprire qualcosa su di lui, in realtà. L’inganno è il migliore amico di chi vuole nascondersi.», notò mio nonno – mi era difficile crederlo altrimenti. Oddio, quanta saggezza! E io che ero rimasta ai vecchi Silente e Yoda.
«Quindi sono sua parente.». Il pensiero mi orripilava.
«Sei parente delle persone che ti amano e il cui legame di sangue verso di te non è mai stato corrotto. Il conte ha mentito spudoratamente al tuo più celebre antenato, Lancelot, uccidendolo. Quindi, no, è soltanto un legame sporco, lurido, inaccettabile.»
Sentii la vertigine terribile e fissai spaventata il nonno. Lui piegò la testa di lato: «Devi essere forte, piccola Bell. Niente è come appare. E, soprattutto, augura a tua madre un buon compleanno.»
«Lo farò.», risposi, ma quella forza invisibile mi aveva già strattonato via da lui.
 
Atterrai sul pavimento di cucina senza rumore. Per fortuna. Ma questa non poteva esonerarmi da quel pasticcio che i miei geni avevano creato.
Ero una viaggiatrice. Tutto ciò mi stava elettrizzando, sia positivamente che negativamente. Facevo parte di ogni leggenda di cui avevo sentito narrare storie pazzesche, facevo parte di un mondo del tutto imprevedibile, nuovo. Ma facevo parte anche della maledizione dei viaggi nel tempo. Non mi sarei più mossa da Londra, anzi, avrei vissuto di salti incontrollati! Mica mi potevo presentare alla loggia e dire “Salve, sono Annabelle e credo di viaggiare nel tempo! Aiutatemi!”. Non mi avrebbero mai creduto, ammesso che avessero accettato il mio appuntamento. Quando la mamma mi portava da piccola alla loggia perché doveva partecipare ad importanti riunioni, Mrs Jenkins era la prima a dire che una persona sotto i diciotto anni non poteva richiedere alcuna considerazione. E io ne avevo sedici e mezzo. Soltanto. Ah, non m’importava nulla. Se non mi fossi registrata su quel cronografo, avrei potuto saltare almeno cinque volte al giorno! E magari alla presenza di persone ignare!
Non riuscivo a dormire. Non potevo. Ero così agitata che non potevo aspettare l’indomani mattina. Certamente, se fossi riuscita a svicolare Mr Bernhard sarei potuta anche uscire. Ma non c’era il tempo. Mi vestii velocemente, con una felpa pesante e dei jeans abbastanza sbiaditi, e mi diressi verso il portone. Decisa. O la va, o la spacca.
La spaccò.
«Signorina De Villiers, le sarei grato se si togliesse quelle adorabili Converse piene di fango. Le suggerirei quelle blu, le calzano a pennello e sono più adatte per un viaggio in bicicletta.». Mr Bernhard aveva un sorriso paterno sul volto da gufo.
«Bicicletta?». Ciò stupiva anche me.
«Mica avrà pensato di poter raggiungere Temple a piedi! Nossignora. E la metropolitana notturna è sconsigliabile, ci girano molte persone di dubbia onestà. Inoltre, i taxi di notte possono trasportarla solo fino ad Hyde Park, lo sa bene. Ovviamente, deve sbrigarsi. Un altro viaggio potrebbe cambiare il futuro, o persino ucciderla.»
«E lei come fa a saperlo?». Ero sbigottita. Mi aveva spiata?
«Mi ha avvertito lei stessa, diciotto anni fa, di rimanere all’erta questo giorno, perché sarei stato l’unico a farle superare le prime tre notti dal primo salto.»
«Ma diciotto anni fa non ero ancora nata! Come avrei potuto?», chiesi, dubbiosa.
«Al momento, Miss Annabelle, sta usando un cervello mortale. Attivi quello da viaggiatrice nel tempo, ametista, la numero 14.», suggerì il maggiordomo.
«Vuole dire che le sarei apparsa durante uno dei miei salti e l’avrei avvertita?», domandai.
«Più o meno. Una lettera. Con tutte le informazioni sui viaggiatori alternativi. Sgraffignata nel 1780 dalla Xavier’s Library di Plymouth, durante una sua visita alla villa estiva del conte. Uno scritto perfettamente celato, che richiese ben quattro ore di ricerca da parte sua e del tredicesimo viaggiatore. Se lo ricordi: 349236. Il codice dello scaffale che le servirà. Seconda sezione, mobile n), quinto scaffale, terzo volume da sinistra. Protetto da un codice segreto. Sì, se lo appunti. L’ho imparato a memoria, se le può essere utile.», osservò lui. Fui molto rapida a scrivermi ogni cosa su una vecchia pergamena.
«Chi è il tredicesimo viaggiatore? Sa, dovrei sbrigarmi a trovarli tutti e dodici, prima del conte.», soffiai.
«Deplorevole malinteso, signorina. Fra poco lo incontrerà di persona, e neppure questo è un netto presentimento, ma una nota scritta da lei a margine della corrispondenza. Vede? Dica alla me del passato che lo incontrerà molto presto.»
Presto quanto? Prima o dopo una mia possibile iscrizione nel cronografo? Avevo tante domande, e passai un’ora intera su quella lettera. Ero stata molto esplicita e chiara sui miei dubbi. Sembrava che quell’autrice – io, d’altro canto – sapesse ogni cosa, ma non era molto di conforto. Le informazioni erano soddisfacenti e ben presentate, ma quella ragazza non alludeva a nessun consiglio, nessun “Stai tranquilla, che tutto andrà per il meglio”, nessun suggerimento morale utile. Solo alcune note a margine.
Una recitava: “Anna Karenina, biblioteca di zia Leslie, terzo scaffale, secondo da destra.”
L’altro: “Il conte = divorziato. Ex moglie = Elisabetta, figlia padrone Alleanza Fiorentina. Punto debole, l’amore. Ecco perché sottovaluta le donne. Convinzione se stesso.”
E infine l’ultimo – esclusa la nota sul numero tredici – diceva: “Consiglia un taglio di capelli decente a Helen. Insomma, se non l’aiuti, si sforbicerà i capelli fino a un caschetto davvero ridicolo. Dille che lo faccio per il suo bene.”
Ok. Non mi importava proprio niente dei capelli di Helen, al momento. Ma magari in futuro ci avrei fatto più caso, perciò mi limitai ad un sospiro.
E quando la voragine mi colse, il mio sospiro si ruppe tra i due mondi.
 
«Ahia, Annabeth!». Riconobbi prima di tutto la voce – e lo sbaglio di nome – prima di mettere a fuoco il luogo. Kendrick De Villiers. Era lui il tredici. Cavolo! Dovevo intuirlo. Ma mi era sembrato solo un modo di vantarsi, quello di considerarsi il discendente di entrambi i gemelli corniola.
«Chi ti ha avvertito che sarei stata qui?», sibilai, arrabbiata. Ero atterrata sopra di lui.
«Uhm…l’ho trovato in tasca. Di questi tempi vanno di moda i bigliettini. Credo tu stessa. Magari di notte, mentre sonnecchiavo. O forse l’hai ordinato a un Guardiano. È difficile dirlo con precisione.», scrollò le spalle, aiutandomi a rialzarmi.
«Che giorno è oggi?», chiesi, con circospezione.
«14 aprile, ufficialmente. Sono le due e quaranta.», rispose prontamente lui. «Sei stata molto esplicita sul fatto che dovessimo essere…uhm…contemporanei. Forse l’idea di essere più futura o più passata ti orripilava.». Sfoderò un sorriso sghembo, e sarei potuta seriamente svenire.
«Bene. Sei iscritto nel cronografo della Loggia?»
«No, ma in quello di tua madre sì. L’ho trovato in uno scantinato disabitato, completamente abbandonato. A quanto pare, non le è più servito. Perciò frequento spesso Temple, con la scusa degli esami per il titolo di adepto.»
«E io quale scusa utilizzerei?».
«Nessun grazie per avermi guarito alla festa? Cioè, stai solo facendo domande un po’ scortesi…».
«Grazie. Ma la buona educazione, durante il mio secondo salto temporale, è difficile da preservare.». Ero leggermente scontrosa.
«Prego. Allora, nel biglietto è specificato che interpreterai il ruolo di mia allieva.»
«Logico. Chiaro. Okay, quindi tu saresti il tredicesimo, il…», cercai di ricordare.
Lui ammiccò. «L’agata. La pantera. Come vuoi tu.»
«Giusto. All’esordio ecco una pantera di agata, mai tanta bellezza è stata ammirata. Temperamento ardente, astuto e coraggioso, sarà sempre un compagno generoso. In lui si incrociano entrambi i gemelli, in uno i loro cuori palpitano come martelli. Ma attenzione alla sua tigre, per la quale lui dovrà…perire? Perire? Cosa? No!»
Kendrick mi inquadrò come se il pensiero lo incupisse: «Dice soffrire. In ogni caso per te sarà allettante, no?»
D’improvviso, una rabbia repressa si costruì in me, e scoppiai. Lo colpii sulla guancia destra, forte. Lui era leggermente sorpreso, ma non molto. Evidentemente non ero stata la prima a sfogarmi su di lui. Mi sentii ulteriormente in colpa, inoltre doveva per forza inchiodarmi con quel suo sguardo ambrato? Mi voltai, fingendomi offesa mortalmente.
«Ma per chi mi hai preso? Per una psicopatica piena di sadismo?», tirai su con il naso, rumorosamente.
«Stavo scherzando, Annabelle. Sembra che saremo una coppia temporale piena di colpi di scena, no?», sfoderò di nuovo quel suo sorriso sghembo.
Stupidamente, lo ricambiai, arrossendo come un papavero. Il fatto che alludesse a noi come una coppia mi sembrò così…intimo.
«Questo colorito rosa intenso ti fa più graziosa. Altrimenti hai una pelle di alabastro, peggio di un cadavere.», notò lui, chinando gli occhi.
Camminò su e giù per la stanza e alla fine sussultò.
«Cosa c’è?» domandai, terrorizzata. Magari aveva intravisto un ratto. O un ragno particolarmente grosso.
«Sei a piedi nudi.», notò, con uno sguardo abbastanza preoccupato. «E il tuo vestito è strappato!»
«E allora? Non credo che ti debba importare.», mormorai, scontrosa.
«Certo che tu non faciliti sicuramente un tentativo di conversazione.», sospirò lui.
E riecco tornare quel gran senso di colpa. Cercai di sorridere con acidità: «Di certo, non sono come Susie. Con lei – anzi, da quanto ho potuto vedere, con qualsiasi parte del suo corpo, per te – si potrebbe trascorrere una piacevole serata. Forse sono troppo poco perfettina
«Sei gelosa, per caso?» sorrise lui con malizia. Prima che potessi sbuffare, lui mi afferrò per la vita e mi prese in braccio.
«Così va meglio.», disse, imperscrutabile.
Mi sentivo in imbarazzo, mi teneva come se fossi una principessa. «Perché l’hai fatto?», soffiai.
«Ti si sarebbero gelati i piedi.»
«E non ti è neppure passato lontanamente per la testa che questa vicinanza mi potesse infastidire?»
Sorrise. «No. Io non sono infastidito da questa vicinanza.»
Feci una linguaccia. «Perché sei un uomo. E gli uomini sono tutti uguali.»
«Bè, principessa, allora dovrai abituarti.». Oddio. No. Eravamo davvero vicinissimi. Cavolo. E lo conoscevo da poche ore. Non era giusto.
Mi ritrassi, sconcertata. Lui sembrava abbastanza deluso, e anche perplesso. Quando mi sarebbe mai capitata un’altra opportunità di baciare un ragazzo così maledettamente bello? La mia esperienza in fatto di baci era davvero scarsa. Il primo era stato Tristan Sanctis, un mio coetaneo di origini greche. Ovviamente era davvero un gran baciatore, ma lo mollai quando scoprii che amava baciare anche Susan, nel contempo. E mi capitò anche un ragazzo dalle labbra appiccicose, viscide. Rabbrividii al solo pensiero.
Di sicuro Kendrick non lo era, ma volevo fargli capire che non aveva già fatto colpo.
«Vai a baciare Susan.», sussurrai, cercando di inserire ironia nella mia voce, e non quella patetica traccia di gelosia enfatizzata.
Lui mi rivolse un sorriso amaro: «Non credo che mi piacerebbe.»
Io replicai: «Come no!», ridendo. «Sei un pessimo bugiardo.»
Lui negò con il capo: «Ci sono ragazze decisamente più interessanti di un cagnolino che farebbe di tutto per te e per la tua famiglia.»
Non potei trattenere un sorrisino, ma lo repressi subito: «Vuoi dire che non ti sembra bella
Lui scrollò le spalle. «No, non ho detto questo. In realtà, non si può negare che sia carina, ma non più di te, ad esempio. E l’aspetto esteriore non è l’importante.»
Oh, accidenti. Mi aveva detto che ero carina. Carina. Meglio di nulla, comunque.
«Non sono paragonabile a lei, ti assicuro.», giudicai.
«No, infatti.», borbottò piano lui, e aggiunse: «Ti fidi più di un parere maschile o del tuo?»
In quel momento, il vortice mi riportò al mio presente, e lui mi seguì qualche istante dopo.
Eravamo a casa di Arisa, e Kendrick era atterrato sopra di me. «Ahia!», sibilai.
Lui mi rivolse un sorriso smagliante: «È peggio il dolore provocato da parole o da colpi?».
Lo spinsi via di malo modo. Oddio. Oddio. Se quel De Villiers fosse riuscito ad abbindolarmi…non era neppure un’ipotesi plausibile. Cos’avrebbe fatto Susan? L’avrebbe sedotto e in seguito gli avrebbe spezzato il cuore. Io non ne sarei stata capace, ma potevo compiere un piccolo tentativo.
Se si fosse svegliato qualcuno e ci avesse visti…ero troppo stanca anche per formulare un pensiero completo.
«Questo castello è molto più bello quando non c’è tutto quel caos infernale e regna questo silenzio.», notò, con spavalderia.
Lo zittii con una gomitata allo stomaco e gli mormorai: «Shh! Per prima cosa, cambiati. Con quei vestiti attiri attenzione più di Susan truccata. Ecco, c’è un completo da ginnastica là. Deve averlo preparato Mr Bernhard. Giuro, l’adoro. Puoi tornare a casa con la mia…».
«Mio Dio, Annabelle, quando sei nervosa hai sempre l’abitudine di blaterare sfilze di cose in maniera assolutamente razionale?», borbottò lui con un tono irresistibile.
Mi voltai e giuro che mi tremarono le ginocchia. Oddio. Il suo sguardo non era mai stato così ambrato, o sbagliavo? Ogni poro del mio corpo mi consigliava – ma che dico? Mi obbligava – di andare subito tra le sue braccia e baciarlo. Repressi quella mia voglia matta, quel desiderio così ardito e insensato, deglutendo.
«Prego? Io nervosa?», sibilai. Okay, forse avevo leggermente enfatizzato il tutto. Sperai che non l’avesse notato.
«Esattamente. Sei nervosa perché sei qui, solo noi due. Di solito le ragazze apprezzano la mia compagnia, non la rifiutano.»
«Cosa? Io non rifiuto la tua compagnia, ma tu sei troppo distratto. Qualcuno deve pur essere capace di pensare in maniera lucida.», precisai, sfoderando un sorrisetto orgoglioso.
Kendrick mi fissò inchiodandomi: «Non conosci neanche la mia fonte di distrazione. E neppure tu sei così lucida.»
Sbattei le palpebre. «Sicuramente, più di te. Comunque, dicevo, puoi prendere la mia bicicletta. Di certo, sarai esperto del ciclismo. Sei un De Villiers. Quindi, organizziamo un incontro a Temple. Mmh. Domani alle quattro e mezza?».
«Per me è perfetto.», commentò lui con un sorriso caldo dipinto in viso.
«Allora siamo d’accordo.», sospirai. Non era normale che la mia mente già vagasse a domani, ore 16:30, al nostro prossimo incontro. Ma non potevo farci niente.
«Be’, buonanotte, Annabelle.», sfoderò il suo sorriso sghembo, che mi fece traballare. Anche se non avesse parlato, quello sarebbe già stato un augurio sublime. Le parole l’avevano soltanto reso più reale. E aveva azzeccato il mio nome.
«’Notte, Kendrick.», farfugliai.
Lo osservai allontanarsi con una punta di rammarico. Mi avviai in silenzio verso camera mia, conscia di tutto. Per una volta, ogni cosa era perfettamente chiara. Eppure, ero inquieta, non rassicurata. Forse l’ignoranza non sempre è una brutta cosa.
 
NDA: Scusate!!! Ecco, ci ho messo circa un mese a pubblicare questo capitolo ma, capitemi, maggio l’ho trascorso tra il teatro, la scuola, i compiti e le prove con la band. Adesso che ho un po’ di buchi liberi, mi cimento subito a pubblicare il terzo!
Spero che la storia vi piaccia, le recensioni sono sempre gradite!
Un saluto dalla vostra sbadata e incostante Mary <3

 
   
 
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