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Autore: cisqua92    27/07/2014    2 recensioni
Dopo un po’, mi accorsi che non stavo più cercando di capire cosa si dicevano, ma stavo osservando lei. Mi rapì lo sguardo. Guardarla tirare pugni contro quel povero sacco, gridando di tanto in tanto, muoversi intorno ad esso… non so… la trovai affascinante ed elegante a suo modo. Anzi, no. Meglio ancora: elegantemente feroce, come una tigre. Si. È l’animale che meglio la descrive in questo preciso istante.
Genere: Drammatico, Erotico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nathaniel, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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CAP.16 ­­­­SGUARDI CHE PARLANO____    So che non è galante portare una ragazza in un ristorante così di lusso a piedi. Ma non è stata una scelta casuale: avendo parcheggiato l’auto vicino a casa sua, avrei avuto tutto il tempo per calmarmi e armarmi di coraggio per darle la collana durante il ritorno. In più, il ristorante non è molto lontano da casa sua; infatti, dopo circa dieci minuti, giungemmo a destinazione e un cameriere, vestito di tutto punto, ci accolse invitandoci ad attendere qualche minuto al piano bar.
- Volete lasciarmi i vostri cappotti? -
Non me lo feci ripetere due volte. Fuori faceva freddo, ma dentro al locale, coperti in quel modo, faceva veramente troppo caldo (e non mi andava di sudare). Mi tolsi immediatamente il cappotto e lo porsi al cameriere che lo prese piegandolo accuratamente e poggiandolo sull’avambraccio, mentre Leah si toglieva la sciarpa. La ragazza alzò lo sguardo e mi osservò attentamente sorridendo.
- Bella camicia. -
- Grazie. - E finalmente, anche lei si liberò del cappotto. In quel momento, sembrava che i miei occhi si aprissero in modo esponenziale solo per vederla meglio. Era… uno spettacolo unico… qualche tempo fa affermai che non avevo mai visto Leah truccata, o vestita in maniera femminile. E ora capivo il perché. Anche se era vestita in modo molto semplice, attirava l’attenzione di molti attorno a noi. Persino il cameriere si fermò per osservarla meglio, prima di allontanarsi coi cappotti. Indossava un tubino grigio che la copriva fino a metà coscia, stretto in vita da una fascia nera annodata da un lato. Lo scollo a barca permetteva alle clavicole, alle spalle e al decolleté di farla da padrone e il suo neo era in bella mostra grazie anche ai capelli raccolti. Alzai lo sguardo sul suo viso e vidi che mi osservava in attesa di una qualche mia reazione. Sembrava imbarazzata dal mio sguardo più che da quello degli altri… perché? Era semplicemente…
- Stupenda. -
Credo che non si aspettava questa precisa parola da me. Dischiuse la bocca sorpresa e arrossì di colpo, ma non smise di guardarmi. E non lo feci nemmeno io. I suoi occhi vagavano lungo tutta la mia figura, soffermandosi in particolare all’altezza delle spalle e sulla camicia, poi sui capelli ed infine sugli occhi. Si morse il labbro inferiore e mi guardò come quel pomeriggio in palestra. Bastò quel gesto a far reagire il mio corpo e a farmi provare l’irresistibile impulso di prenderla e baciarla, di portarla via e concludere subito la serata in camera da letto… un momento… cosa ho appena pensato?!
- Il vostro tavolo è pronto, signori. Prego, seguitemi. -
L’arrivo del cameriere mi destò dai pensieri scabrosi che avevo appena avuto (appena in tempo direi…). Schiarendomi la voce, porsi nuovamente il braccio a Leah che afferrò e, insieme, seguimmo il cameriere il quale ci condusse al nostro tavolo.
Il locale era piuttosto grande, ben illuminato, con le pareti color panna e le decorazioni oro e rosse. I tavoli (saranno stati almeno una cinquantina) erano ben distribuiti e adornati con tovaglie avorio sulla quale vi era poggiato un semplice portacandela dorato. Il nostro, era quello più vicino all’enorme finestra che mostrava un giardino esterno ben curato. Il cameriere ci fece accomodare e si allontanò, ma non prima di averci consegnato il menù. Ne presi uno, lo aprì e iniziai a leggere, seguito a ruota dalla ragazza. Con la coda dell’occhio, vidi che Leah continuava ad osservarmi da dietro il menù e che sorrideva. Alzai lo sguardo su di lei.
- Qualcosa non va? -
Senza smettere di sorridere, richiuse il menù e lo ripose delicatamente sul tavolo per poi unire le mani e portarsele sotto al mento.
- Stavo pensando che è la prima volta per me, in un locale del genere. Ma tu sembri a tuo agio. Ci vieni spesso? -
Richiusi il menù.
- No, almeno non qui. Da bambino cenavamo spesso in locali simili, soprattutto per delle riunioni con i colleghi di mio padre. Ma sono anni che non lo fa più, quindi nemmeno io ci sono abituato. La mia è una calma apparente. -
- Oh, quindi sei agitato? -
Temo di aver parlato troppo. Si mise a ridere, compiaciuta per averci azzeccato.
- Beh, ti ringrazio per avermi portata qui. Ma andava bene anche un fast food, chissà quanto ti costerà questa cena. -
- Per te, è anche poco. -
Smise di ridere e mi osservò. In questi ultimi mesi, sono riuscito a conoscerla meglio e certi suoi comportamenti, che prima mi erano incomprensibili, ora riesco a leggerli bene e a capirli. Stessa cosa per i suoi sguardi. Mi erano sempre sembrati spenti, ma ad un’occhiata più attenta, ho potuto vedere certi suoi microscopici segni di espressione che caratterizzavano ogni suo sguardo. Ad esempio: in questo momento aveva dischiuso leggermente le labbra, segno di stupore, una vena del collo aveva iniziato a pulsare più vistosamente, segno di agitazione, e il suo respiro si era fatto lievemente più pesante, segno di ansia. Scossi la testa.
- Perché sei in ansia? -
- Non sono in ansia. -
- Non mentirmi, Leah. Ormai ti conosco abbastanza. Dimmi cosa c’è che non va. -
Avevo fatto centro. Per la prima volta, Leah abbassò lo sguardo, vinta dal mio, e sciolse le mani appoggiandole sul tavolo.
- Sei in pensiero per Nick? -
- No, non è questo. -
- Allora parlami. -
Tornò a guardarmi. Lo sguardo che aveva ora, mi era nuovo. Non glielo avevo mai visto e non riuscì ad interpretarlo. Ma come apparse, svanì e venne sostituito dal sorriso più dolce che mi abbia mai rivolto.
- Mi ami davvero così tanto? -
Sapevo che non si riferiva al fatto che per lei sarei entrato in bancarotta. La osservai per un po’ e vidi un leggero velo di tristezza nei suoi occhi. Allungai una mano e afferrai la sua, stringendola. Era calda e morbida. Inclinai leggermente la testa di lato e le sorrisi.
- Si. -
Cadde il silenzio. Non era un silenzio pesante, come quel pomeriggio a casa sua. Era leggero e tranquillo. I suoi occhi parlavano al suo posto e, finalmente, ero in grado di sentirli. Mi stavano dicendo qualcosa di dolce che mi fece tranquillizzare. Mi stavano dicendo che anche lei aveva iniziato a nutrire qualcosa di più profondo  nei miei confronti. Quello sguardo, valse più di mille parole. Mi sorrise. Il sorriso più bello di sempre e ricambiò la stretta della mia mano.
- Perdonatemi, signori. Volete ordinare? -
 
Il resto della cena trascorse tranquillamente. Dopo quel discorso più serio, ne seguirono altri più leggeri e demenziali. Ridemmo come due matti, tant’è che la gente intorno a noi ci lanciava occhiatacce agghiaccianti. Ma ce ne fregammo e continuammo a ridere come se niente fosse. Fu davvero una splendida cena che si protrasse fino alle 22 circa. Rendendoci conto dell’ora, decidemmo di alzarci ed andare via. Recuperati i rispettivi cappotti, chiesi a Leah di aspettarmi fuori mentre avrei pagato il conto. Così fece, ed io, oltre a pagare, ebbi l’occasione di controllare per l’ennesima volta se mi ero ricordato di portare il regalo. Sedata la mia ansia, la raggiunsi e ci dirigemmo verso casa sua. Con mia sorpresa, questa volta fu lei ad afferrarmi spontaneamente il braccio stringendosi a me. È inutile dire che mi mise agitazione… molta agitazione, dato che la sentivo estremamente attaccata a me in tutta la sua fisicità… sentì il volto avvampare e sfruttai la diversità di altezza per nasconderle il rossore. Credo di esserci riuscito. Dopo pochi minuti, raggiungemmo il suo cancello.
- Eccoci arrivati. -
- Già. -
Si staccò da me e, con una lentezza esagerata, aprì la borsa ed estrasse un mazzo di chiavi con la quale iniziò a giocherellare.
- Allora… grazie per la cena… -
- Si… prego… -
La ragazza annuì e si voltò avvicinandosi al portone. Ora il livello di agitazione era alle stelle. E non solo l’agitazione, ma anche la paura. Avevo una paura tremenda, ma non potevo lasciarmi sfuggire quest’occasione! Quindi, ora o mai più!
- L-leah, aspetta! -
Si voltò e mi osservò speranzosa. Speranzosa? Ottimo! Avanti, Nath, metti da parte la paura e affrontala! Sentivo il volto in fiamme, molto più di prima, e deglutì un paio di volte prima di decidermi e mettere le mani in tasca per estrarre il pacchettino. Lo osservai per pochi secondi, poi, sospirando, alzai lo sguardo verso di lei. Anche lei osservava la confezione. Le porsi il regalo.
- Buon compleanno, Leah. -
Gli occhi di lei danzavano dal regalo al mio volto. Era incredula.
- Come… sapevi che… -
- Ringrazia Lysandro. -
Sospirò e dalla sua espressione capì che lo aveva appena maledetto. Scosse la testa sorridendo e si avvicinò a me prendendo il pacchettino. Lo rigirò un po’ tra le mani, palesemente imbarazzata, e lo aprì. La sua espressione mutò improvvisamente. Aprì la bocca un paio di volte, probabilmente nel tentativo di dire qualcosa, ma la voce le morì in gola. Fui io a parlare.
- Quando ti vidi in palestra la prima volta, ti trovai affascinante ed elegante. Ti paragonai ad una tigre, elegantemente feroce, tremendamente stupenda. E, durante questi mesi, ho capito che ci avevo visto giusto. Tu sei come una tigre. Bella, affascinante, forte, letale e magnifica come questo felino. Ma anche dolce ed affettuosa, come una mamma tigre coi suoi cuccioli. Io vedo questo in te e vorrei che lo vedessi anche tu. Vorrei che questa collana risulti come l’impersonificazione della tua anima. E che rappresenti il sentimento che provo per te, Leah. -
Sollevò lo sguardo. Aveva le sopracciglia aggrottate e gli occhi lucidi. Le labbra erano serrate, nel vano tentativo di non piangere. Dico vano, perché una lacrima le scappò e scese lungo la sua guancia che prontamente asciugai con una mano. Feci per parlare nuovamente, ma un improvviso fiocco di neve mi distrasse e mi fece sollevare lo sguardo verso il cielo. Aveva iniziato a nevicare.
- Nath? -
Tornai a guardarla, ma non feci in tempo a fare altro. Sentì una sua mano afferrarmi la nuca e spingermi dolcemente verso il suo viso. La vidi chiudere gli occhi e sentì le sue labbra poggiarsi sulle mie. Il cuore mancò un colpo e rimasi per poco con gli occhi spalancati, ma lei non si staccò. Anzi, socchiuse le labbra ed insinuò la sua lingua nella mia bocca stuzzicando la mia. Risposi al bacio. Chiusi gli occhi e la strinsi a me, sollevandola leggermente. Lei avvolse le braccia intorno al mio collo. E ci baciammo sotto la neve.
 
Note: Per farmi perdonare del ritardo nella pubblicazione del precedente capitolo, ho deciso di pubblicare anche il 16 ^^
Tornando alla storia… cosa ne pensate? Finalmente siamo arrivati al bacio… aaah, come vorrei essere Leah… pensavo a questo mentre scrivevo il capitolo… sapete, inizio ad apprezzare sempre di più Nath e mi piacerebbe che si sciogliesse di più anche nel gioco… come sempre, grazie per aver letto e ci si vede al prossimo capitolo! Un bacione!!
   
 
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