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Autore: Monijoy1990    29/07/2014    1 recensioni
Mary è una ragazza di 22 anni. A seguito della scomparsa prematura di sua madre si ritrova a gestire le continue assenze di suo padre dilaniato dal dolore, oltre che fare i conti con le nuove responsabilità.
La sua unica ancora di salvezza è Andrea, suo fratello minore.
La sua vita, ormai giunta a un punto morto, cambia inesorabilmente con la partenza di suo fratello per il Giappone. Un insolito scambio, catapulterà un giovane e aitante ragazzo orientale in casa sua, sconvolgendo la sua vita ormai ordinaria.
Riuscirà Mary a gestire quest’altro uragano nella sua vita? E quell’insolito e misterioso ragazzo, quali segreti avrà in serbo per lei?
Genere: Drammatico, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Hyunjoong
Note: Cross-over | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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CAPITOLO 14
UN ANNO DOPO

 Scusate l'assenza, ma stavo cercando di terminare gli ultimi video prima di pubblicare il capitolo. Per il momento sono a metà dell'opera. Spero che questo capitolo sia di vostro gradimento. Attenti alle lacrime. Preparate i fazzolettini. Io vi ho avvisato ^^. Buona lettura. 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
ITALIA
 
«Mary sei davvero bellissima…» si complimentò Angela.
«Non esagerare. Chi non starebbe bene in abito da sposa? E poi è tutto merito tuo. Questo vestito è fantastico.»
Mary era nel salone di moda che Angela con fatica aveva tirato su dopo l’università. Creare vestiti era sempre stata una sua grande passione e finalmente era riuscita a coronare il suo sogno.
Con l'amarezza nel cuore aveva cucito quell'abito su misura per lei Non poteva ancora credere che Marco e Mary alla fine si sarebbero sposati. Se da un lato la cosa la rendeva triste, dall’altro era felice per loro. Dopotutto sembravano amarsi molto.
Afflitta, aveva deciso di rinunciare al suo amore non corrisposto, anche se spesso continuava a chiedersi come mai Mary avesse cambiato idea. Era certa che si fosse innamorata davvero di Eichi.
«Continuerai a portare quella collana anche il giorno del matrimonio?» le chiese sorridendo mentre le aggiustava l'orlo del vestito.
«non saprei…» Mary si osservava allo specchio rigirandosi il ciondolo a forma di loto tra le mani. Aveva tergiversato sperando che Eichi tornasse da lei per salvarla, ma alla fine il giorno del suo matrimonio era alle porte e di Eichi ancora nessuna traccia.
 «Andrea ha detto che farà in tempo a raggiungerti per la cerimonia?» le domandò Angela sistemando qualche spillo sul vestito. Tra poco più di un mese ci sarebbe stato il matrimonio.
«Mi ha detto che il giorno prima si terrà l’ultimo concerto del gruppo e dopo sarà libero di tornare. Ha chiesto un permesso speciale. Partirà quella sera stessa…»
«è fantastico!».
«si, non vedo l’ora di riabbracciarlo. Sono quasi due anni che si è trasferito in Giappone e mi manca incredibilmente.»
«Come vi invidio. Voi due siete così uniti. Sono sempre stata gelosa del vostro rapporto. Io non ho mai avuto nulla di simile con mia sorella!.»
«Sarà, ma per lo meno tua sorella non è dall’altra parte del mondo…» le sorrise con aria malinconica.
«Credimi fosse per me ce la spedirei molto volentieri. Comunque non affliggerti, vedrai che presto sarà qui e vi potrete riabbracciare.»
«si non vedo l’ora!!». Angela aveva appena finito di prendere le ultime misure. Mary nell’ultimo periodo era dimagrita molto. Anche se provava a mascherarlo, l’amica aveva capito che qualcosa la turbava più del dovuto. 
«Come vanno i preparativi per la mostra a Parigi? » cercò di tirarla su di morale, cambiando discorso.
«Tra tre giorni ci sarà l’inaugurazione. Sai, avevo pensato di fare una sorpresa ad Andrea. In quei giorni dovrebbe essere proprio lì a Parigi. Tu cosa ne pensi? Ho così tanta voglia di vederlo»
«Credo non potrà fargli che piacere,di sicuro non se lo aspetterà… ma non hai paura di incontrare anche Eichi?»
Per un secondo il cuore in petto le si fermò. Non aveva minimamente calcolato  quella eventualità.
«farò in modo di vedermi solo con  mio fratello…»
«quindi, non vuoi proprio incontrarlo? Non sei per nulla curiosa di sapere come sta?»
«non credo sarebbe giusto nei confronti di Marco…»
«capisco, beh ti basterà essere discreta e sicuramente non vi incrocerete.»
«si, lo penso anche io.»
Mary si sfilò il vestito. Ogni volta che indossava quell’abito bianco il suo senso di colpa aumentava. In quei momenti la  sua coscienza macchiata le pareva divenire più sporca di quanto già non fosse. Ecco perché non reggeva le prove d'abito a cui Angela la sottoponeva. Era perfezionista e voleva il meglio per lei, Mary infondo lo sapeva, ma vedersi in quelle vesti le procurava sempre un senso di ansia opprimente.  Dopo aver indossato nuovamente i suoi abiti, raccolse i capelli scuri in un’acconciatura a tuppè ordinata ed essenziale.  Aveva cambiato molto di se stessa in quel periodo. L’abitudine di raccogliere i capelli in quel modo era solo un piccolo segno dei grandi cambiamenti che aveva apportato alla sua vita. Dopo essersi laureata, aveva trovato un posto di lavoro presso una galleria d’arte. Questo non le aveva impedito di trovare il tempo di dipingere a Villa Rosa.  Eichi le aveva acceso una luce dentro che non era ancora riuscita a spegnere.
Angela raccolse il vestito bianco e vaporoso dell’amica e lo ripose sull’appendiabiti tornando subito dopo da lei.
«Andrea porterà con se qualcuno o verrà da solo? Come va la storia con quella ragazza?» le chiese interessata rimettendo a posto in un armadietto la scatola con gli spilli.
«non saprei.. mi ha solo chiesto di prendere in considerazione due posti. Peso verrà anche  Yoko Ono questa volta. Non vedo l’ora di conoscerla» continuò Mary indossando il suo cappotto blu.
«sarà sicuramente bellissima…» la rassicurò Angela mentre posizionava la scatola dei cotoni sul tavolo al centro della stanza.
«ciò che conta è che si amino, almeno loro devono essere felici…» continuò Mary sottovoce, pronunciando quelle parole più che altro a se stessa.
«almeno loro cosa?» chiese Angela distrattamente mentre cercava di infilare nella cruna di un ago un filo bianco e lucente.  
«scusami Angela, ma adesso devo proprio andare. Sono in ritardo. Devo preparare le valige e ho ancora tante cose da sistemare prima della partenza…»
«capisco, allora vorrà dire che il caffè lo prenderemo la prossima volta»
«mi dispiace» concluse, prima di salutare frettolosamente l’amica e uscire stringendosi nel suo cappotto blu oltremare. La porta si richiuse lentamente emettendo quel rumore stridulo a cui Angela si era già abituata da tempo. Tuttavia, a dispetto di quel suono fastidioso, Angela non si era ancora abituata a allo sguardo spento e triste della sua amica.
“Mary, cosa ti prende? Sembri così triste… una donna in procinto di sposarsi non dovrebbe essere al settimo cielo?
Ho il presentimento che tu mi stia nascondendo qualcosa… ma che cosa? ” Angela sospirò rumorosamente. Uscì la macchina da cucire e si rimise al lavoro.
 
 
 
 
 
GIAPPONE
 
«Uffa voglio vedere anche io Parigi!!!» sbuffò seccato il più giovane.
«JJ, non insistere. Andrea non deve andare lì per giocare. Ci vaì per lavoro…» lo riprese severo Rio.
«lo so, però abbiamo un mese di tempo prima del concerto. Abbiamo fatto 15 tappe in tutto il mondo… non ci meritiamo una vacanza? Poi Parigi dicono sia bellissima in questo periodo..» continuò con occhi sognanti.
«so già cosa hai in mente e non se ne parla proprio… » lo ammonì Rio.
«che male c’è? Voglio solo visitare la città più romantica del mondo…»
«…tu vuoi andarci con Akiko…»
«e se anche fosse che male ci sarebbe?» lo riprese JJ gettandosi in malo modo sul divano blu dello studio di Rio.
«ma cambierete mai voi due?» entrò Eichi.
«onisan diglielo anche tu che possiamo prenderci un mese di riposo… abbiamo lavorato strenuamente per quasi un anno… non ci meritiamo tutti una pausa?»
JJ guardava con occhi supplichevoli suo fratello.
«anche se ti dicessi che sono d’accordo la decisione non spetterebbe comunque a me… perché non lo chiedi direttamente ad Andrea?»
JJ, corrucciò le sopracciglia in un’espressione imbronciata davvero molto buffa.
«l’ho già fatto…» continuò rimettendosi seduto.
«ebbene?» chiese Eichi, mentre l’altro incrociava le braccia all’altezza dello stomaco.«ha detto che dobbiamo riposare prima del prossimo concerto… Però è così ingiusto, lui passerà tre settimane a Parigi e noi invece faremo la ruggine qui in Giappone…»
«come vedi è inutile insistere…» lo sbeffeggiò Rio sogghignando vittorioso e soddisfatto.
 
 
 
 
 
Andrea e Daisuke erano in macchina. Stavano raggiungendo i ragazzi a casa di Rio.
«cosa vuoi fare? glielo dirai?» domandò serio il ragazzo dall’alta cresta alla guida.
«come posso dirgli una cosa del genere?» Andrea era combattuto. Una mano tra i capelli lisci e scuri si muoveva nervosamente.
«lo sai che mentendogli alimenterai solo false illusioni…»
«è vero, però da quando il signor Marini ci ha lasciati Eichi ha lottato duro per non affondare. L’unica cosa ad averlo fatto  andare avanti è stata quella speranza… come posso essere io a distruggergliela…» proseguì  in apprensione il  nuovo manager del gruppo.
«è quasi un anno ormai che non si vedono e non si sentono… credo potrebbe accettare la cosa, dopotutto è passato molto tempo…»
«può essere, eppure sono sempre più convinto, che debba essere mia sorella a dirgli la verità. Se c’è una cosa che ho imparato è che non si può scappare dalla vita perché trova sempre il modo di raggiungerti….»
«cosa hai intenzione di fare allora?»
«penso non sarebbe male trascorrere un paio di settimane tutti insieme a Parigi»
 
 
 
Eichi era in camera sua. Sulla scrivania un biglietto aereo per Parigi.  Vicino la porta i suoi bagagli.
Erano le dieci del mattino. Tra le mani aveva il ciondolo a forma di stella che Mary gli aveva regalato un anno prima.
 “Mi avrà aspettato?”,  si domandava tra sé e sé, rigirandoselo tra le mani.
Dopo qualche attimo di esitazione, riprese quel ciondolo e lo rimise al collo, sotto la sua maglia antracite. La chitarra che Mary le aveva regalato era ancora in un angolo della stanza. Da quell’ultima volta non aveva più voluto usarla.
Gli occhi caddero su una foto sulla sua scrivania.
In quella immagine sbiadita dal tempo, c’era un ragazzino con gli occhi a mandorla e un uomo alto e imponente, biondo, con degli intensi occhi verdi.
Quella sera sarebbe morto anche lui dal dolore se non avesse avuto con se quel ciondolo a dargli forza e coraggio. Nulla avrebbe cancellato le ultime parole di Roberto. Per lui era più di un amico di famiglia. Lui era il padre che gli era sempre mancato, e questo valeva anche per gli altri membri del gruppo. Prese quella foto, accarezzandola con nostalgia. Con uno sguardo malinconico tratteneva le lacrime che quella sera maledetta invece scesero come amare cascate dai suoi occhi.
“Mary, aveva ragione, perdere qualcuno così è tremendo. E' come salire le scale al buio e mettere un piede in fallo…  il tempo di quella caduta ti sembra infinito… e per tutto il tempo in quel vuoto che provi continui a domandarti : quando toccherò il fondo per poter risalire?”
Quel giorno una parte della sua vita lo aveva lasciato per sempre. Non avrebbe più potuto gioire di quei piccoli momenti di felicità che la presenza di Roberto aveva regalato alla sua vita. Le lezioni di pianoforte di un maestro, gli incoraggiamenti di un manager, i litigi, le riappacificazioni, le lacrime versa e asciugate dalle mani di un padre affettuoso. Roberto era stato tutto questo per lui. Una guida e un esempio. Era ironico che in fondo il destino avesse voluto donargli qualcuno che lo amasse come un padre e che lui potesse amare come tale.
 
Era passato poco meno di un anno, ma Eichi ricordava benissimo quel tremendo pomeriggio. Quel giorno, nello studio del signor Otzuki, Andrea aveva ricevuto una chiamata che aveva cambiato inesorabilmente la sua vita e quella di molte altre persone.
Tutti, dopo quella chiamata, si precipitarono in ospedale. Giunti lì, il medico, comunicò loro che non c’era molto da fare. Il signor Marini voleva vederli.
Tutti insieme entrarono incuranti dei rigidi divieti dell'ospedale. Gli stessi che imponevano l’ingresso a un numero massimo di due persone per turno di visita.
In quella stanza, in solitudine, c'era Roberto sdraiato in attesa del loro arrivo, con il volto pallido e stanco. Non sembrava più avere nulla dell'uomo che Eichi ricordava. Sotto il peso della malattia, anche i suoi occhi verdi e vivaci, si erano gradualmente spenti come se su di essi fosse calato un velo bianco e opaco. Dopo sei mesi  di lontananza,Eichi quasi non lo riconosceva più: il viso scavato e divorato dalla malattia, le rughe più spesse ed evidenti.. per non parlare del pallore quasi etereo della sua pelle che lo facevano sembrare più simile ad un ologramma che a una persona in carne ed ossa.   Con aria stanca e affaticata ma felice e, li accolse, sollevato all'idea di avere almeno la possibilità di dire loro addio. 
«Ragazzi sono così felice di vedervi…» esordì con un sorriso tirato. Nessuno ebbe la forza di ricambiarlo.  Semplicemente si limitarono ad entrare  in fila indiana, in silenzio e a capo chino, disponendosi a semicerchio nella stanza. Erano troppo tristi e sconfortati sia per esprimersi con falsi sorrisi sia per lasciar spazio a parole inutili.
 
Dopo che la porta fu chiusa da Eichi, Roberto fece segno ai presenti di avvicinarsi al suo capezzale.
Il primo a cui rivolse la parola fu Rio.
 
«Rio… vieni pure più vicino». gli fece segno con la mano «Purtroppo questa voce fa più fatica del solito ad uscire. » Rio fece come gli fu detto. «Ho davvero bisogno che sentiate bene cosa ho da dirvi». chiarì infine Roberto rivolgendosi all’intero gruppo.
Rio e anche gli altri dietro di lui acconsentirono. Poi l’uomo nel letto gli strinse una mano.
«Rio,sono così orgoglioso di te. Mi chiedevo quando avresti smesso di punirti per colpe che non avevi. Non guardare al passato ma, pensa al futuro che ti aspetta. Sii felice. So che da ora in avanti non sarai più solo. » e con lo sguardo indicò Yori che in un angolo che  tratteneva le lacrime stringendo tra i denti il labbro inferiore.
«lo farò sicuramente…» ribadì convinto il più grande del gruppo facendosi da parte con fare solenne. Il signor Marini gli sorrise compiaciuto.
Subito dopo fu il turno di Hiro.
«… Hiro, so quanto dura sia portare quella corazza, ma ricorda, più ti nasconderai dietro di essa più smetterai di riconoscere la tua figura riflessa allo specchio. Cerca di aprire il cuore a chi ti sta vicino, perché solo in questo modo gli altri potranno vedere la persona meravigliosa che sei…»
«… ci proverò»
«Yuki…» lo richiamò in un sussurro.
«sono qui…» si avvicinò sostituendosi a Hiro e prendendo la mano di Roberto tra le sue. Era fredda e tremava debolmente.
«… sei così cambiato. E’ strano vederti bruno e senza abiti multicolore, eppure devo ammettere, che  questo nuovo look ti si addice proprio» provò a sorridergli in modo poco convincente, JJ allo stesso tempo si tratteneva coraggiosamente dal’esplodere in un pianto esasperato. « Non so come, ma sei diventato un uomo alla fine. Sono così felice di aver fatto in tempo a vederti crescere. Conserva l’ animo puro e sincero del bambino che c’è dentro di te. Perché sarà l’arma con cui proteggerai chi ami fino all’estremo.» in quel momento fece segno ad Akiko di avvicinarsi, strinse le mani di entrambi tra le sue, « non rinunciate ai vostri sogni per niente al mondo. L’unica voce che dovrete ascoltare, d’ora in avanti, è quella del vostro cuore. Se lo farete tutto andrà per il meglio… »
JJ acconsentì con convinzione. Il suo viso era rosso ed era evidente quanto faticoso fosse per lui trattenere le lacrime. Voleva dimostrare di essere forte come gli altri, ma nonostante gli sforzi non riuscì a reggere oltre. Esplose crollando sul corpo ormai inerme di Roberto. Dietro le braccia conserte nascondeva il suo viso rosso e bagnato dalle lacrime. Con dolcezza, l’uomo in quel letto, lo spronò a sollevarsi.
«suvvia JJ, ho appena detto che sei un uomo, e un uomo non dovrebbe piangere in questo modo…»
«non mi importa…»
«JJ…» lo richiamò con una nota di rimprovero, come si farebbe con un figlio che ne ha combinata una delle sue.
«perché non ci hai detto nulla?»
«non volevo farvi preoccupare inutilmente…»
«cosa significa che non volevi farci preoccupare inutilmente? Per noi tu sei come un padre e i figli dovrebbero potersi prendere cura dei propri genitori. Non avresti dovuto mentirci…»
«lo so, mi dispiace…»
«io non voglio che tu.. che tu..» non riuscì a completare la frase, continuamente interrotta dai singhiozzi. Per la prima volta in tutta la sua vita JJ era incapace di esprime, con il suo solito impeto, quello che provava.
Roberto dolcemente gli accarezzò il viso asciugandoglielo alla meglio, «non vado da nessuna parte… sarò sempre qui…» gli indicò il petto., JJ scosse il capo corrucciato,
«non è così, e lo sai. La verità è che tu non sarai più qui a prenderti cura di noi, a rimproverarci, a gioire dei nostri successi e a consolarci nei momenti difficili…»
 «JJ, non dire così. Invece di piangere dimostrami che gli insegnamenti che ti ho dato in tutti questi anni, non sono andati sprecati; diventa l’uomo meraviglioso che ho sempre sognato tu fossi. Migliore anche di me che non ho trovato il coraggio di dirvi la verità.» JJ si asciugò le lacrime.  Roberto continuò in tono comprensivo e amorevole avvolgendo con entrambe le mani il viso del più piccolo, trattenendolo con il suo solito sguardo fermo e irremovibile «dimostrami che non sei più il ragazzino impulsivo e ribelle che conoscevo. Provami che sei diventato un uomo tenace, capace di affrontare la vita con forza e coraggio». JJ spronato da quelle parole riacquistò parte del suo contegno iniziale.
«va bene, ci proverò!» convenne sconfitto tirando su con il naso, asciugandosi le ultime lacrime.
«questo è il mio ragazzo!» gli sorrise soddisfatto prima di richiamare i successivi.
«Andrea, Daisuke…» gli stessi si avvicinarono lentamente l’uno accanto all’altro tenendosi stretti per mano, «sono felice che vi siate trovati. Avete bisogno l’uno dell’altro. Ricordate: anche se la vita vi metterà davanti delle prove difficili da superare voi dovete resistere e non mollare. Daisuke, non avere paura di mostrare al mondo la persona meravigliosa che sei. Se il mondo non riuscirà a vedere la luce che risplende dentro di te allora tu risplendi ancora più forte, per dimostrargli quale grande errore sta commettendo. Andrea, ti affido le persone più importanti della mia vita. Abbine cura. So che lo farai…»
«Certo, conti pure su di me» lo rassicurò prima di congedarsi retrocedendo, per lasciare spazio a Eichi.
Il ragazzo, si sedette sul letto accanto a Roberto.
«… non odiarmi ti prego» iniziò l’uomo pallido in quel letto d’ospedale, notando il suo sguardo accusatorio.
«… non ti odio.» chiarì con una nota di risentimento distogliendo lo sguardo.
« Mi spiace non averti detto nulla… » lo anticipò con rammarico.
«so che lo hai fatto per proteggermi, ma ormai sono grande e capace di badare a me stesso.
Non dovevi mentirci in questo modo. Se lo avessi saputo, sarei tornato prima»
«Non importa…»
«e invece importa eccome!!» esplose Eichi che fino a quel momento aveva trattenuto la frustrazione per essere rimasto allo scuro di troppe cose mentre era stato via. Strinse i pugni per contenersi. «Ti sembra così poco importante la mia opinione? Non avevo il diritto di scegliere se tornare o meno da mio padre?» dagli occhi lucidi scesero rapide  due lacrime.
Roberto sgranò gli occhi dallo stupore. Era la prima volta che Eichi piangeva davanti a lui ed era anche la prima volta che lo chiamava in quel modo.
«…io non sono il tuo vero padre» lo corresse amareggiato distogliendo lo sguardo.
 Eichi corrucciò le sopracciglia, «hai ragione, non sei il mio vero padre, ma sei il padre che avrei sempre voluto avere.»
Roberto riportò la sua attenzione sull’aitante ragazzo dinanzi a sé, con quelle poche parole gli aveva concesso l’ultima grande felicità nella sua vita.
Eichi si sporse tanto quanto bastava per abbracciarlo. Lo stesso ricambiò, soffrendo in silenzio per avergli mentito in quel modo, «Eichi, non provare mai odio per le persone che sbagliando ti faranno soffrire, tutto al più odia i loro errori, ma perdona le persone che li hanno commessi. Nella vita anche il più grande atto d’amore può portare sofferenza, così come ogni sofferenza può mascherare un gesto d’amore.  Ricorda,  questo non vuol dire che chi lo commette è quello ad amare meno… »
«cosa significa?» si risollevò Eichi sciogliendo quell’abbraccio pieno di affetto e comprensione, Il Signor Marini tornò a squadrarlo con i suoi soliti occhi verdi, quasi soppesando qualcosa tra se «Eichi, nella vita dovrai perdonare molte volte e ogni volta sarà sempre più difficile, ma ricorda, per ogni perdono che donerai, la vita ti ricompenserà con momenti di infinita gioia. Questa esistenza è davvero troppo breve per riuscire ad amare pienamente qualcuno, figuriamoci se la sprecassimo odiandoci l’un l’altro. Allora non ci sarebbe più spazio per la felicità. »
«Cosa vuol dire? Chi dovrei perdonare? Se è per ciò che ho appena detto, non devi preoccuparti, non potrei mai odiarti.»
«Eichi, non è di me che stavo parlando, ma di un'altra persona, anch’essa molto importante nella tua vita. Ricordi? Tempo fa mi chiedesti se conoscevo tuo padre. Ebbene, la verità è che ci conosciamo da anni.  L’ho rincontrato mentre eri via ed è disposto a incontrarti. Lì, in quella busta, c’è tutto quello che devi sapere su di lui. Ti supplico incontralo, fallo per me…»
Eichi non fece in tempo a ribattere che la porta fu spalancata alle sue spalle.
Era Lucia la mamma di Eichi.
 «Ragazzi, vi dispiacerebbe uscire un attimo…» chiese supplichevole. Tutti acconsentirono. Sembrava agitata e preoccupata. La stessa scambiò con Eichi, uno sguardo d’intesa, prima di chiudere la porta e tornare da Roberto.
Nella stanza, finalmente, erano solo loro due. La donna aveva stretta in una mano una busta da lettere.
«sei arrivata…» notò sorridendogli l’altro.
La donna gli si sedette accanto.
«cosa significa?» chiese mostrandogli la lettera che stringeva nella mano destra.
La busta era stata aperta.
«ti avevo chiesto di non aprirla fino a che io non… sai...»
Lucia era l’unica, oltre ad Andrea, a conoscenza delle sue condizioni di salute.
«sei uno stupido o cosa?» lo ammonì.
«l’hai letta?» chiese inquieto.
«certo che l’ho letta…» ribadì risentita.
«quindi adesso sai tutto.»
«si, adesso so tutto…» proseguì triste.
«perdona la mia mancanza di coraggio Lucia. Dopo tutti questi anni il mio carattere non è cambiato di una virgola. Allora, come adesso, mi è mancata la temerarietà di dirti ciò che provavo…»
«perché non hai cercato di farlo quando sei venuto in Giappone…?»
«Credo di aver rinunciato dopo aver visto quanto ancora ti amasse quella persona. Prima che tu mi mandassi quella lettera con la foto di Eichi io ero già in contatto con lui. E’ stata proprio quella persona a chiedermi di venire qui per prendermi cura di voi. …»
«non può essere vero…»
«vorrei poterti dire che non è cosi che le cose sono andate diversamente, credimi, ma purtroppo non posso farlo. Dopo tutti questi anni e nonostante si sia risposato, non credo abbia smesso di amarti... »
«… Roberto…» lo richiamò amareggiata stringendo la sua mano gelida.
«… Lucia, ormai sai quello che provo. Ho sempre avuto occhi solo per te, si da quando avevi 19 anni e giravi con la tua solita codina alta, le tue orecchie a sventola  e quella chitarra tutta sgangherata sulle spalle. Amavo ogni cosa  di te, ma non ho mai avuto il coraggio di dirtelo, così quando hai deciso di  partire in Giappone con lui, mi sono odiato con tutto me stesso, perché anche in quella occasione non sono riuscito a trovare il coraggio di dirti quanto ti amavo. Probabilmente, anche senza di lui, avrei deciso di venire da te. Perché da quel giorno non ho smesso di pensarti nemmeno una volta.»
«…io… davvero, …»
«non preoccuparti, non sono arrabbiato perché lo ami ancora. Dopotutto l’ho sempre saputo.
Quello che adesso conta per me è sapere di essere  riuscito a rendere la sua mancanza meno pesante da sopportare per te e per Eichi. Mi basta pensare di essere riuscito a fare almeno questo per voi… »
Lucia aveva le lacrime agli occhi. Si mosse lentamente verso Roberto dolcemente poggiò le sue labbra sulle sue. Poi così come si era avvicinata si allontanò. Roberto le sorrise per pochi secondi ancora, aveva finalmente  trovato la pace che da tempo aveva cercato insistentemente nella sua vita. Dopo il suo dolce sorriso si ritirò e il suo viso si fece ancora una volta pallido e livido. In un attimo,  i suoi intensi occhi verdi persero la loro luce vibrante, spegnendosi per non riaccendersi mai più. Sul viso della donna due lacrime silenziose scesero per dargli l’ultimo saluto.
Roberto aveva smesso di essere un amico, un amante, un padre e una guida. Era diventato il ricordo della totale dedizione, dell’affetto e dell’amore di un uomo per le persone amate. Roberto era andato via, lasciandoli senza in realtà lasciarli davvero.
Tutti avrebbero custodito nel loro cuore la sua immagine e i suoi insegnamenti.
Lucia piangendo con contegno, tenendo stretta ancora quella lettera tra le mani, uscì dalla stanza.
 
Eichi, riposizionò la foto sulla scrivania. Spense la luce ed uscì. Prima di partire per Parigi aveva da fare ancora un’ultima cosa. Era pronto.
 
L’uomo seduto a quel bar sorseggiava agitato il whisky scuro che aveva appena ordinato.
Finalmente il giorno del giudizio era arrivato. Dopo 23 anni avrebbe rivisto suo figlio. Sapeva che il rivederlo gli sarebbe costato caro. Nel profondo sapeva che questa volta avrebbe dovuto accettare i rimproveri a capo chino. Eichi avrebbe portato con sé, il conto di tutti quegli errori commessi anni prima. “Chissà se riuscirò a sopportarlo?” mosse il bicchiere, rimescolando la sostanza brunastra al suo interno. Era ancora immerso nelle sue riflessioni quando, il rumore stridulo di una sedia trascinata, lo riportò alla realtà.
Eichi era arrivato. Si sedette in malo modo sulla sedia, rigirandola e mettendosi a cavalcioni senza scambiare con lui nemmeno uno sguardo. Il silenzio era davvero imbarazzante. Entrambi avevano così tanto da dirsi, ma ancora non riuscivano nemmeno a guardarsi negli occhi.
Il signor Aoki riposizionò il bicchiere sul tavolo e sollevò il viso per poter ammirare suo figlio. Era cresciuto davvero molto.
 «Non illuderti che sia venuto qui perché avevo voglia di incontrarti. Se l’ho fatto è stato solo per tenere fede a una promessa fatta a Roberto.»
L’uomo si aspettava una reazione di quel tipo. Dopotutto il rancore nei suoi confronti era più che legittimo.
«non importa il motivo, quel che conta è che tu sia qui» convenne, riprendendo il bicchiere di whisky tra le mani.
«vuoi qualcosa da bere?» provo a chiedergli cercando di gestire al meglio quella situazione instabile.
«no, grazie. Tra due ore partirò per Parigi. Preferirei concludere questo incontro da sobrio e il prima possibile, se non ti dispiace»
«come desideri» convenne amareggiato.
«Non so cosa ti abbia detto Roberto…» prese in mano il discorso il signor Aoki.
«sai cosa mi fa più arrabbiare?» lo bloccò Eichi, incrociando per la prima volta gli occhi a mandorla di suo padre. Erano proprio come i suoi.
L’uomo rimase fermo in attesa di una risposta. Eichi si abbandonò scomposto sulla sedia sospirando.
«credevo che rivedendoti il mio odio sarebbe esploso, e invece, scopro che non ti odio per niente. Se quel giorno tu non fossi sparito dalla nostra vita adesso io non sarei quello che sono. E probabilmente senza i tuoi errori adesso avrei egoisticamente trascinato una persona qui condannandola a una vita di solitudine proprio come tu hai fatto con la mamma. Quindi dopotutto credo di doverti ringraziare»
L’uomo sgranò gli occhi dallo stupore. Non si aspettava di certo dei ringraziamenti.
«Sai, Roberto mi ha raccontato tutto.» riprese Eichi notando l’espressione stupita e ancora poco convinta di suo padre. « E’ vero, hai sbagliato, ma gli errori che hai commesso sono l’unica cosa che riesco a odiare di te. Dopotutto hai cercato di rimediare ai tuoi sbagli per quasi vent’anni. Non deve essere stata una passeggiata vivere in una menzogna per tutto questo tempo. Infondo credo di non riuscirti ad odiare proprio per questo motivo. Il signor Marini mi ha raccontato che sei stato tu a chiedergli di venire in Giappone. E’ tutto scritto in questa lettera.» gliela lanciò sul tavolo «so che hai fatto di tutto per convincere mia madre a cambiare nome e identità per proteggerla, che hai sposato quella donna solo per difenderci dai loro attacchi. Hai stretto un patto con la tua famiglia per fare in modo che non ci facessero del male. So anche che per rispetto nei confronti dell’amore che ancora provi per mia madre, quella donna non l’hai mai nemmeno sfiorata. Tanto che siete stati costretti ad adottare una bambina: Akiko.
 Anzi, quasi dimenticavo,grazie per aver permesso a JJ di starle vicino. E’ un bravo ragazzo impulsivo ma di buon cuore.»
L’uomo gli sorrise più sollevato. Era davvero contento che Eichi avesse compreso così bene la situazione. Non si sarebbe mai aspettato un livello di maturità tanto alto da un ragazzino poco più che ventenne.
«Mi spiace non averti visto crescere. Non posso nemmeno dire di essere stato io a renderti l’uomo che vedo ora. E’ tutto merito di Roberto e di tua madre. Sono cosi geloso di loro...»
Eichi, incrociò le braccia sul tavolo.
«ho detto che non ti odio non che tutto passerà come se nulla fosse. Forse con il tempo riuscirò a dimenticare… dopotutto una persona mi ha detto che perdonare non è facile ma che alla fine, per ogni perdono donato la vita mi avrebbe ricompensato… chissà se sarà così… ho intenzione di verificare se quella persona aveva ragione…  Oggi ti perdonerò aspettando la mia ricompensa un domani…» .
Eichi si sollevò sicuro.
« prima hai detto che anche tu hai dovuto compiere la mia stessa scelta..»
Eichi si arrestò improvvisamente, voltandosi verso suo padre, che ancora seduto, lo scrutava con occhi curiosi.
«sai, mi sono sempre ripromesso di non diventare mai come quel padre che mi ha abbandonato tanti anni fa. Il mio scopo non è mai stato inorgogliti. Ho sempre voluto dimostrarti di essere più forte. Sono diventato un cantante, forse anche per questo motivo, perché tu potessi vedermi andare avanti anche senza di te. Il mio scopo non è mai stato quello di inorgoglire un padre o di eguagliarlo, come accade per la maggior parte dei ragazzi, io ho sempre voluto superarti, e credo che compiendo quella scelta mi sia dimostrato superiore a te per la prima volta in tutta la mia vita. Il tuo egoismo non ti ha permesso di rinunciare a tutto per restare con mia madre in Italia. Non sei riuscito a rinunciare alla tua vita per lei e l’hai costretta a privarsi di tutto: dei suoi sogni, della sua famiglia e dei suoi amici senza che il pensiero di poter fare lo stesso per lei ti sfiorasse minimamente il pensiero. Io non sono stato così egoista da commettere il tuo stesso errore… »
«hai intenzione di rinunciare a tutto per quella ragazza?» gli domandò sconcertato il signor Aoki.
«non rinuncerò a nulla perché il mio tutto adesso è lei…» completò prima di voltargli le spalle ed uscire.
“Oh Eichi, sei proprio come tua madre. Spero che quell’amore per cui stai lottando si riveli più forte del nostro”
 
 
PARIGI
 
 
Mary era appena arrivata all’aeroporto. Aveva con se un enorme borsone. Ai trolley ci aveva rinunciato tempo fa. Raggiunto l’albergo e depositato i suoi bagagli in stanza, si diresse alla galleria d’arte. Doveva organizzare la disposizione dei quadri per la mostra.
«scusate quello non deve andare lì…» andò in soccorso a due operai che stavano commettendo l’ennesimo errore nella disposizione delle opere.
Era davvero stressante occuparsi di tutto. Il gallerista si era innamorato di un suo quadro esposto a quella mostra organizzata dalla sua Accademia, un anno prima. Era il quadro più importante della sua vita. Rappresentava l’inizio e la fine di tutto e adesso sarebbe stato esposto al pubblico parigino. Era così strano, per molti quel dipinto avrebbe rappresentato solo un fiore di loto e un cielo stellato ma per lei aveva un valore aggiunto. Ora capiva molto di più Eichi e il diverso legame che intercorre tra la musica e il suo compositore, diverso da quello del pubblico che la riceve. Solo il creatore di un dipinto o di un brano musicale ne conosce la vera anima custodita all'interno.
 
Distrutta ringraziò tutto il personale e si avviò verso l’uscita. Quella sera avrebbe incontrato suo fratello. Non era più nella pelle.
 
Erano le otto, i due ragazzi si erano dati appuntamento vicino la cattedrale di Notre Dame. Un gruppo di artisti di strada si esibiva in un numero davvero molto entusiasmante. Le sfere infuocate ruotavano creando nell’aria dei disegni luminosi dinamici.


 

Era entusiasmante osservare come con i loro movimenti essi fossero capaci di disegnare con la luce. Mary era così persa ad ammirare quello spettacolo che non si rese minimamente conto che suo fratello era appena arrivato alle sue spalle.
Due mani le ostruirono la vista.
«indovina chi sono?» chiese divertita una voce alle sue spalle che lei riconobbe immediatamente.
«Andrea, sei tu?» si voltò liberandosi da quella presa.
«da quanto tempo sorellina… come sta la mia camicia blu?» le sorrise emozionato e felice di rivederla.
Mary gli saltò al collo entusiasta.
«ma cosa vuoi che mi importi di quella camicia! Finalmente ti ho qui in carne ed ossa e posso abbracciarti!!». Andrea trattenne ancora per poco quell’abbraccio che per due anni gli era mancato incredibilmente.
Erano finalmente entrati in un bar. Ordinarono due caffè e attesero sorridenti che la cameriera glieli portasse. Nel frattempo entrambi si studiavano silenziosi. Mary notò immediatamente quanto suo fratello fosse cambiato. Non era più il ragazzino impacciato che ricordava. Era cresciuto. Di sicuro quel bambino che le spalmava la panna sul naso adesso era andato via per sempre.
«che hai da guardare in quel modo? Non mi riconosci più o cosa?» chiese interessato dopo aver preso a  sorseggiare il suo caffè.
«in verità sei così diverso… sei diventato un uomo dopotutto. La mamma sarebbe così fiera di te!»
«dici?»
 «Certo! Anzi, quasi dimenticavo, come va il lavoro in Giappone? Papà non vede l’ora che tu torni a casa»
«Ho avuto così tanti impegni ultimamente che non sono riuscito a prendermi nemmeno un giorno di ferie, anche adesso sono venuto a Parigi per lavoro. La vita di un manager è davvero stressante. Tu piuttosto, come va con la galleria? »
«bene. Sono davvero entusiasta. Anzi, ti andrebbe di venire all'inaugurazione di questa sera? La galleria è proprio qui alle spalle..»
«Ma scherzi? C’è bisogno di chiederlo? con estremo piacere! quanto ti tratterai qui a Parigi?»
«in realtà solo questa sera. Devo tornare in Italia per sistemare un po’ di cose!»
 «Non ti starai affaticando un po’ troppo? Sei magra come un’acciuga…» notò preoccupato.
«credo sia colpa del matrimonio… organizzarlo è davvero una faticaccia»
«a proposito di quello…»la riprese rapido suo fratello, cogliendo la palla al balzo poggiando la sua tazzina sul tavolino, «non hai nulla che vorresti dire ad Eichi?».
Il caffè tra le mani di Mary ondeggiò pericolosamente. Dopo aver ammortizzato lo stupore per quella domanda inattesa, adagiò con calma la tazzina bianca sul tavolino.
«Cosa dovrei dirgli? Ho aspettato per un anno intero il suo ritorno e nel frattempo non ho ricevuto neanche una lettera da parte sua… cosa avrei dovuto fare? aspettarlo in eterno?».
Andrea osservava sua sorella con aria poco convinta. Quelle parole non erano da lei. Era cambiata davvero così tanto in quei due anni?.
«Non credi dovrebbe saperlo che ti stai sposando con Marco. Non credi meriti di sentirselo dire da te?»
«…non mi va di parlarne ora…» cercò di sviare l’argomento.
«devi essere cambiata davvero molto in questi anni. La Mary che conoscevo io era forte e coraggiosa, aveva senso dell’onore. Non sarebbe scappata mai da una situazione di questo tipo…»
«hai ragione sono cambiata e adesso mi va di scappare quanto mi pare…» lo riprese risentita.
«Senti non voglio essere io a dirti cosa è giusto e cosa non lo è. Sappi solo che Eichi non ti ha mai dimenticata per tutto questo tempo. E che ha intenzione di tornare da te »
Mary sapeva che quel giorno sarebbe arrivato. Andrea riprese la parola notando lo sguardo colpevole di sua sorella. «Non voglio che si illuda oltre. Se ho mantenuto il segreto è stato solo perché non volevo crollasse ancora una volta… sai dopo la morte del signor Marini, Eichi ha dovuto lottare strenuamente per andare avanti… non è stato facile per lui. Dopo tutti gli sforzi che ha fatto ha addirittura deciso di buttare all’aria la sua carriera solo per tornare da te… non credi dovresti essere sincera con lui prima che butti via la sua vita per te…»
«..credi sia stato facile!» esplose Mary.
“cosa cavolo sto dicendo?”
In quel momento maledì la sua mancanza di autocontrollo.
«cosa vuoi dire? A differenza sua la tua vita è andata perfettamente fino ad oggi: ti sei laureata, hai trovato un ottimo lavoro e adesso ti stai anche per sposare. Per Eichi quest’ ultimo anno è stato un vero inferno! Come puoi paragonare la tua vita alla sua! E pensare che quell’idiota ha deciso di mollare il gruppo per raggiungerti in Italia! Mary finiscila di fare l’egoista adesso!»
Andrea non poteva sapere quanto sua sorella stesse sofferto. Se non voleva vederlo era perché sapeva che non avrebbe avuto il coraggio di lasciarlo andare. Probabilmente si sarebbe appoggiata a lui ancora una volta. Ma ormai non poteva più permetterselo. In gioco c’erano le vite di troppe persone.
Notando l’espressione amareggiata di Mary, Andrea abbandonò la sua espressione collerica, comprensivo poggiò una busta sul tavolo«qui ci sono due biglietti, per il concerto del gruppo. Si terrà qui a Parigi tra due settimane… hai la possibilità di dirgli tutto. Fallo, prima che sia troppo tardi. ». Mary prese quel biglietto e lo mise in borsa.
«adesso, finiamola di litigare…» concluse sospirando e strofinandosi gli occhi dalla stanchezza
«grazie, per avermi dato la possibilità di dirglielo io stessa… »
«figurati, adesso andiamo a questa inaugurazione. Voglio vantarmi con tutti! E’ una vita che aspetto di urlare ai sette venti che sono il fratello di un’artista famosa!» gli sorrise porgendole la mano . Mary accettò con gioia quel gesto, la mano di suo fratello le seppe dare forza e coraggio.
 Tra due settimane avrebbe detto tutto ad Eichi e la loro storia sarebbe finita definitivamente.
 
 
 
 
Eichi era in albergo con gli altri.
«si può sapere dove è andato a finire Andrea? Aveva detto di aspettarlo per andare a mangiare, ma io ho una fame che non ci vedo più» sospirò JJ buttandosi sul letto. Rio, Hiro, Daisuke ed Eichi ingannavano l’attesa giocando a Mahjong.
«vedrai che sarà di ritorno a breve… credo abbia finito di parlare con sua sor…» in quel momento Daisuke si dimenticò del fatto che Mary fosse la sorella di Andrea. Ormai era troppo tardi.
«cosa hai detto?» Eichi, si sollevò rapido dalla sedia.
«volevo dire che Andrea deve aver terminato l’incontro con la sorella di un nostro sponsor…» improvvisò impacciato.
“cavolo come ho fatto a lasciarmelo scappare in questo modo! tutta colpa di questo stupido gioco!”
«Daisuke, dimmi la verità Mary è qui a Parigi?» gli domandò serio mentre gli altri del gruppo squadrarono il ragazzo con la cresta con interesse. Tutti aspettavano con interesse.
«… può essere, non so. Andrea non mi ha detto molto..» confessò messo con le spalle al muro.
Eichi prese la sua giacca e uscì di corsa dalla stanza. Daisuke lo seguì disperato per i corridoi dell’albergo.
Lo fermò prendendolo per un braccio.
«dove stai andando?» gli chiese disperato.
«devo vederla!»
«uscire adesso è pericoloso… dovremmo aspettare Andrea…» cercò di convincerlo.
«Daisuke lasciami andare ti prego, ho davvero bisogno di vederla…» i suoi occhi lo supplicavano.
Il compagno non riuscì a trattenerlo oltre. Mollò la presa. Eichi lo ringraziò prima di scappare per i corridoi dell’albergo.
 
 
Mary ed Andrea erano all’inaugurazione della mostra. Mary veniva spesso trattenuta da importanti collezionisti. Il suo inglese era migliorato molto. Ormai era capace di gestire con sicurezza molte conversazioni.
Andrea, tra le mani il suo bicchiere di champagne, si muoveva tra le grandi tele di sua sorella finché una lo colpì in modo particolare.
Rimase lì fermo ad ammirarla per un tempo che reputò indefinito. C’era qualcosa di particolare in quel quadro. Era come se due anime lontane si fosse incontrate in un attimo eterno.
«vedo che ti piace questo quadro…» gli domandò Mary raggiungendolo alle spalle.
«si, credo sia il più bello qui dentro…» le confessò carico di orgoglio.
«Sai era per lui…» gli rivelò Mary con aria nostalgica.
«per chi?» domandò stupito suo fratello.
«per Eichi. Avrei voluto tanto farglielo vedere, ma quella volta andò via senza preavviso. Era un regalo per ringraziarlo di tutto quello che aveva fatto per me»
«capisco… dovevate volervi molto bene…»
«ti sbagli, non era affetto, ma amore…»
«ma allora cosa è cambiato? Perché hai rinunciato?»
«Mary?» Una voce interruppe il loro dialogo.
«Marco? Ma cosa ci fai qui?» gli domandò scioccata l’artista della serata, «non avevi degli affari da sbrigare?»
«potevo mai perdermi la prima mostra estera della mia fidanzata?»
Mary gli sorrise grata.
«quindi questo sarebbe il pezzo forte?» notò avanzando verso il dipinto dinanzi a se con aria interessata portando le braccia incrociate dietro la schiena.
«diciamo che è il pezzo al momento più quotato…» confessò modesta Mary.
«Marco, da quanto tempo come va?» li interrupe Andrea.
«Andrea?» domandò stupito Marco.
«si, sono proprio io»
«caspita quanto sei cambiato. A momenti non ti riconoscevo. Come va? »
«tutto bene! Ho saputo che presto sposerai questa piccola peste, sei sicuro di quello che stai per fare?»
«certo, più sicuro di così non si può! Dico bene?» tirò a sé Mary stringendola in un braccio affettuoso.
«ricorda che tu mi dovrai fare da testimone!» ammonì l’altro divertito.
«certo, come posso dimenticarlo!»
 
 
 
Eichi girava rassegnato tra le vie di Parigi.
“E’ tutto inutile! Ma cosa mi è saltato in mente? Pensare di poterla trovare in questo modo in una città così grande è proprio da idioti! Come ho potuto anche solo sperare una cosa del genere. Forse se Andrea non mi ha detto nulla è perché lei non vuole vedermi…”.
Erano le undici passate e le strade erano ormai deserte. Eichi aveva provato inutilmente a contattare Andrea ma il loro nuovo manager aveva il cellulare spento.
Inquieto e deluso si muoveva in quella totale solitudine, quando una vetrina ancora illuminata a tarda notte attirò la sua attenzione. Era una galleria d’arte.
 All’interno non c’era più nessuno, ma le luci erano ancora accese. Diede uno sguardo disinteressato all’interno. Tra tutti quei dipinti uno in particolare catturò la sua attenzione. Lo conosceva bene. Era il quadro che Mary aveva dipinto per lui.
“Quindi è per questo che si trova a Parigi…” pensò Eichi poggiando le sue mani su quella vetrina, bramoso come un bambino davanti un negozio di dolciumi. Per un attimo sperò di poter superare quella barriera trasparente con la sola forza del pensiero. Quel dipinto era così vicino eppure così lontano.  A pochi centimetri da lui era appesa una locandina.  Si avvicinò con interesse. Sulla stessa era riportato il nome di Mary e il titolo della personale.
“Alla fine ce l’hai fatta!” sorrise compiaciuto. La strappò e dopo averla ripiegata la infilò nella tasca dei pantaloni.
Quel fiore nonostante tutto era riuscito a mostrare i suoi splendidi colori al mondo. Era molto orgoglioso di lei. Dopotutto averle permesso di coronare i suoi sogni era stata la stata la decisione giusta. Chissà se suo padre avesse fatto lo stesso con sua madre magari anche lei sarebbe riuscita a diventare una chitarrista famosa. Scacciando quei pensieri tornò su quel fiore dipinto su un cielo stellato. Sorrise felice di sapere che anche lei era riuscita ad andare avanti. Quel pensiero per un attimo cedette, per lasciare spazio al dubbio.
“Avrà ancora bisogno di me?”
Adesso che ha mostrato i suoi colori al mondo posso davvero raggiungerla? riaprirà i suoi petali per me ancora una volta? Mi vorrà rivedere? Mi avrà aspettato?
Con convinzione abbandonò la vetrina.
“Devo raggiungerla, non posso più vivere con questo dubbio. Devo sapere!”
Proprio come quella vetrina davanti ai suoi occhi così la sua vita gli impediva di avvicinarsi alla persona che amava. Per lei era pronto a rinunciare a tutto, ma prima doveva capire se lei fosse ancora lì ad aspettarlo. Guardò l’orologio al suo polso, era arrivato il momento di tornare in albergo. Il telefono nella sua tasca vibrò. Era una chiamata da parte di JJ.
«Pronto? Si, sto tornando…». Chiuse la chiamata e fermò un taxi. Diede un ultimo sguardo a quella vetrina e dopo entrò.
   
 
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