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Autore: Crystal eye    30/07/2014    2 recensioni
Tre anni dopo lo scontro con Ade, i cavalieri sono richiamati a combattere da alcune vecchie conoscenze. All'inizio sembra essere una battaglia come le altre, ma quando in mezzo si mettono l'amore e delle scoperte che lasciano senza fiato, l'unica cosa che possono fare è cercare di non farsi sopraffare. Tra battaglie, amori e nuove parentele, il destino del mondo si posa, come sempre, sulle spalle di cinque ragazzi.... ma saranno davvero da soli?
Dro questa è dedicata a te che mi hai dato la giusta ispirazione per scriverla!!! ti adoro!!!!!
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Andromeda Shun, Cygnus Hyoga, Nuovo Personaggio, Phoenix Ikki, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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NOTE DELL’AUTRICE: Salveee!!! Eccomi tornata finalmente con un nuovo capitolo!!! Scusate ma gli esami non mi hanno permesso di scrivere nulla… perciò…
Buona lettura
Cry
 
 
Capitolo 12
 
Mi sentivo male per ciò che era successo con Phoenix.
Non potevo credere di avere fatto una cosa del genere.
Sapevo che c’era la possibilità che accadesse se avessi fatto una cosa come quella, ma non potevo credere che fosse davvero accaduto!
Dovevo fare qualcosa, parlargli, dirglielo, ma se l’avessi fatto... lui... oddio!
Basta!
Dovevo parlargli, punto!
Ma prima dovevo organizzare la mia idea per far passare dalla nostra parte Nettuno e poi avrei dovuto...
Sospirai, era inutile continuare a pensarci ininterrottamente, non sarebbe cambiato nulla, ma dovevo fare in modo di far progredire la mia idea e parlare con Atena.
Andai da lei, alla Tredicesima casa, ma era occupata a parlare con Sion e Dohko di quello che era successo mentre lei non c’era, perciò rimasi bloccata, insicura se entrare e affrontare o no la dea “pubblicamente”. Non mi sentivo molto sicura ad entrare da lei davanti a dei testimoni, visto che da quel che mi aveva detto Ilde, non le stavo molto simpatica e non volevo affrontarla in un momento in cui non si sarebbe potuta comportare come desiderava.
Attesi che la aggiornassero, poi entrai facendola sobbalzare.
“Buongiorno!” la salutai con un sorriso.
“Ah, sei tu! Cosa vuoi? Non vedi che ho da fare?” rispose, guardandomi male.
Io le lanciai un’occhiata scettica, enfatizzandola alzando il sopracciglio e facendo finta di credere di capire cosa potesse occuparla tanto.
“A me non sembra che abbiate così tanto da fare, visto che i vostri cavalieri se ne sono andati e le vostre strategie di battaglia sembrano ideate da dei bambini...” le dissi, ragionando ad alta voce.
Assottigliando gli occhi blu scuro, mi guardò male, con l’intento di spaventarmi, guadagnandosi di nuovo, un’occhiata scettica, che probabilmente iniziava a darle fastidio, perché dopo un ultimo tentativo di fulminarmi con lo sguardo, disse.
“Cosa vuoi? Si può sapere? Io non ho nulla di cui parlare con te!”
“Io credo proprio che abbiamo molto da dirci!” ribattei convinta.
Lei mi guardò scandalizzata come se avessi detto chissà quale eresie.
“Non faccia quella faccia! Mi serve il suo aiuto, ma se non vuole mi dovrò rivolgere ai suoi cavalieri...” feci, con calma, sicura di quel che dicevo.
Il suo viso si contorse in una smorfia di rabbia, mentre stringeva le mani; quella che impugnava lo scettro divenne bianca tanto forte era la stretta con cui lo teneva.
“Loro sono i miei cavalieri! Come hai detto tu! Non ti aiuteranno senza il mio permesso!” gridò.
“Lei crede? Sono la sorella gemella di uno di loro, ormai la migliore amica di un altro… è davvero convinta che se gli chiederò di aiutarmi non lo faranno solo perché lei ha detto che non lo devono fare?” le feci notare con tono ovvio.
A quelle parole lei scoppiò, come immaginavo avrebbe fatto.
“Tu non sei Nessuno! Chi ti dà il diritto di venire qui a dirmi cosa devo o non devo fare, eh? Nessuno! Non puoi costringermi e i miei cavalieri seguiranno me, la loro Dea, non una bambina che si spaccia per Guardiana!” urlò piena di rabbia, con il viso rosso e gli occhi che lampeggiavano di furia.
Il suo cosmo si innalzò intorno a lei, spandendosi verso di me, portandomi a creare una barriera intorno a me, pronta a difendermi, se necessario.
“Sei una Dea! Lo hai detto tu proprio ora! Ma non ti comporti come se lo fossi! Sei la Dea Atena, la dea della Guerra e della Giustizia! Comportati come tale!” le dissi, o meglio, la sgridai.
Lei mi guardò rabbiosa in risposta.
“No hai nessun diritto di giudicare il mio operato!” ribadì.
Io sospirai per calmarmi ed evitare di risponderle a tono come avrei voluto fare.
“Io non ho diritto? TU hai fatto combattere MIO FRATELLO contro nemici di cui NON sapevi NULLA e per poco lui non è MORTO! E ora mi dici che non ho diritto di giudicarti? Li hai portati tutti a combattere contro nemici più forti di loro, tanto da costringerli ad aumentare il loro cosmo, a diventare più forti, per potersi salvare la vita e salvare soprattutto la TUA. Tutto per salvare TE! Te che potevi combattere insieme a loro, che hai le capacità di combattere, di vincere contro gli dei con cui si sono scontrati! Potevi evitare tante morti inutili!” le gridai contro con le lacrime agli occhi, facendola arretrare colpita dalle emozioni a malapena trattenute nelle mie parole.
La dea era consapevole di aver commesso molti errori, ma non lo avrebbe di certo ammesso con me!
Mi guardò sprezzante prima di dire con fare altezzoso.
“Ti aiuterò, ma sono assolutamente convinta che il tuo piano si rivelerà inutile!”

Sospirai, l’avevo convinta, ma il mio autocontrollo era andato.
Uscii a testa bassa, finendo contro i due cavalieri d’oro che parlavano con Atena poco prima.
Loro mi guardarono, preoccupati dalle mie lacrime.
Mi asciugai gli occhi per non farli agitare, ma era troppo tardi.
“Ehi! Non ti devi angosciare! Noi stiamo con te!” mi disse Dohko, mentre Sion mi abbracciava.
Tra le sue braccia, io non riuscii più a trattenermi.
Non dissero più niente, mi rimasero vicini, mi consolarono con la loro presenza accanto a me.
Almeno finché non arrivò Milo, che, vedendomi così disperata, rimase stupito.
Guardò gli altri due in cerca di una risposta riguardo le mie lacrime.
Staccai il viso dal petto di Sion, per guardare il cavaliere dello scorpione, che aprì le braccia, invitandomi a sfogarmi.
Io mi lanciai tra le sue braccia, lasciandomi consolare per alcuni minuti, mentre lui chiedeva delucidazioni ai due colleghi con lo sguardo.
Mi tenne stretta, cercando di trasmettermi calore e conforto, senza chiedermi nulla.
Mi riasciugai le lacrime qualche minuto dopo, avvertendo l’avvicinarsi di mioo fratello e altri cavalieri.
“Stai bene?” mi chiese.
“Si, credo… ma non posso…” mi si spezzò la voce, impedendomi di continuare.
“Ci pensiamo noi a dire loro quello che serve!” fece Sion.
“Non ti preoccupare! Vai a risposare piuttosto.” Aggiunse Dohko.
Gli sorrisi e annuii leggermente.
“Potreste dire a… a Phoenix che lo aspetto? Gli devo parlare.” Domandai, con un filo di voce.
Mi diressi fino alla mia stanza e attesi. Girai per la camera, camminando senza sosta, nella speranza che il tempo passasse più in fretta, in ansia per quello che dovevo dire.
Non sapevo quanto tempo fosse trascorso, quando lui bussò alla mia porta, sapevo solo che ero saltata perché mi ero distratta.
Dovevano averlo informato del mio piano, almeno di quello che sapevano loro e Ilde, che in realtà era a conoscenza di tutto quello che avevo in mente di fare, anche se ero riuscita a nasconderle una parte della mia idea.
Sospirai, aprendo la porta e preparandomi all’esplosione che sarebbe presto arrivata, una volta che avesse saputo quello che avevo fatto.
Non sapevo come dirglielo senza mettere a nudo quello che avevo dentro, non potevo parlare di alcune cose, dovevo assolutamente fare qualcosa.
Ma cosa? Non sapevo.
Avrei potuto non dire nulla, ma… lui doveva saperlo perché poteva succedere qualcosa se lui non avesse saputo il motivo per cui poteva vedere cose che non gli appartenevano.
Avrei dovuto fare più attenzione…
“Ehi! Mi hai fatto venire qui per parlare. Cosa dovevi dirmi?” la sua voce interruppe il flusso dei miei confusionari pensieri.
Lo guardai, lì appoggiato contro lo stipite della porta con le braccia incrociate, nella sua solita posa da duro. Non avevo la più pallida idea di come dirgli quello che doveva per forza sapere, perciò optai per la pura e semplice verità, esponendo il mio cuore e la mia mente.
“Si, ecco… devi sapere che, quando ti ho salvato dalla possessione del vampiro io ho… ho fatto una cosa…” mormorai, senza riuscire a sostenere il suo sguardo.
Però avvertii i suoi occhi che iniziavano ad ardere di ira repressa.
“Nel connettermi alla tua anima, ho creato una connessione tra noi due… che probabilmente ti permetterà di vedere delle cose che in realtà provengono da me… potresti ricordare cose che non hai vissuto o avere visioni mentre le ho io…” spiegai.
Lui si staccò dal muro e mi prese per le braccia.
“Che vuol dire? Che per salvarmi da una possessione me ne hai imposta un’altra?” volle sapere, scuotendomi le spalle con veemenza.
“Non è esattamente così…” cercai di dire, ma lui non mi lasciò finire.
Mi spinse contro il muro, imprigionandomi.
“Che vuol dire che “non è esattamente così”? E com’è allora? Che puoi entrare nella mia testa una volta ogni tanto a tuo piacimento e io mi devo subire tutte le volte una revisione mentale? O che devo stare attento se no rischio di entrare e uscire dalla tua mente! Perché l’hai fatto?” si arrabbiò, facendomi sbattere contro il muro ad ogni frase, provocandomi un forte dolore alla schiena anche se non lo stava facendo con tutta la sua forza.
“No! Non è così! Era l’unico modo per salvarti, in quel momento!” feci io, cercando di farmi capire.
Tuttavia ero consapevole che una spiegazione non sarebbe bastata, probabilmente ormai mi odiava e mi avrebbe odiata sempre di più ad ogni mio ricordo che sarebbe apparso nella sua mente.
“Potevi lasciarmi morire, allora!” sputò rabbioso, schiacciandomi contro la parete un’ultima volta e andandosene, sbattendo la porta.
Io mi lasciai scivolare lentamente a terra, completamente svuotata dai due confronti che avevo dovuto sostenere.
Non avevo neanche più lacrime da piangere.
E per quale motivo avrei dovuto farlo, Phoenix aveva ragione ad odiarmi, ma io sapevo, dentro di me, che se avessi potuto tornare indietro, non l’avrei mai lasciato morire.
Anche se era la cosa più egoista che potessi pensare in quel momento, avvertire al limite della mia coscienza, il calore bruciante del cosmo del cavaliere della Fenice mi fece sentire al sicuro.
Anche se lui mi odiava.
 
 
  
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