Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: lamialadradilibri    04/08/2014    2 recensioni
E poi lo vidi. Mr. Lecter.
Il mio cuore perse un battito.
Perché c’era un angelo nella nostra classe?
-
Una storia al di fuori dalle righe. Buona lettura!
Genere: Suspence, Thriller, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo Quattro.
L’incidente.

«Ammetti tu, Tea Greene, d’aver ucciso – e poi sventrato – William Black, il 31 ottobre dell’anno passato? Giura di dire la verità, soltanto la verità, nient’altro che la verità.»
Guardai il giudice. Aveva un’aria apatica e così sicura di sé che l’avrei volentieri preso a sberle – o magari a pugnalate.
Poi lanciai un’occhiata al mio avvocato, Mike. Era un ragazzo piuttosto giovane, che si era rivelato anche un buon amico, dopotutto. Ricambiò il mio sguardo con un’espressione decisa, ma non poté dirmi nulla.
Tornai al giudice. Guardandolo, le parole mi scapparono quasi di bocca, come un fiume in piena.
«Sì. Ammetto».
Nella sala si udì un forte tramestio, urla, insulti. Il giudice batté più volte il martello e richiamò l’ordine. «Chiedo un attimo di riflessione. Il processo riprenderà tra qualche minuto». Ormai lo conoscevo abbastanza per sapere che “qualche minuto” per lui significava mezz’ora o più.
Mike mi raggiunse di corsa, anticipando i miei familiari - chissà cosa stavano pensando di me, ora? Loro figlia, un'assassina... Non è certo cosa che capita ogni giorno.
 «Cos’è, sei pazza?! Ma ti rendi conto di ciò che hai fatto...»
Con un gesto della mano fermai le sue lamentele ringhiate a mezza voce. «Mike... Non è che sono pazza. Sono solo stanca di nascondere la verità. Te l’ho detto, lo ho ucciso e...»
Lui mi prese per le spalle, forte. «No! Non lo hai ucciso! È una tua convinzione, Tea! Eri mezza ubriaca quella sera! Sei convinta di averlo ucciso a causa di tutti questi processi e di quello psicologo...» pronunciò l'ultima parola con astio. Mike era convinto che lo psicologo dal quale ero stata mandata dai miei - contro la sua volontà - avesse contribuito a darmi credere d'essere io l'assassina. Non sapeva che in realtà quando andavo alle sedute di Mr. Parker non facevo altro che parlargli dei miei sogni, delle mie aspirazioni, chiedendogli se sarei mai riuscita a realizzarle. E lui, un uomo dall'aria burbera ma in realtà con un cuore d'oro, sorrideva dicendomi "Non lo so, cara, non sono un indivino".
Scossi il capo. «Mike. Non ti ho mai mentito, lo sai? Nemmeno quando ti dicevo d’avere ancora addosso l’odore del suo sangue» lo rimbeccai, gelida.
Lui strabuzzò gli occhi, gemendo spazientito. La sua stretta sulle spalle si fece più forte. «No! Sei pazza, ti hanno convinta! Dio mio, come puoi averlo ucciso tu, una bambina? Neppure ricordi dove sono le sue viscere! È una prova ovvia del fatto che sei innocente!» Sbottò.
«Mike, non odiarmi.» Bisbigliai, guardandolo negli occhi. Neri. Sembravano catturare tutta la luce vicino a loro. Bellissimi. Come quelli d’un dio. Ma Mike non era un dio buono, era il dio della menzogna e della falsità che voleva aiutarmi a nascondere i miei peccati. Io però non ce la facevo più, questa storia andava avanti – in segreto, per di più – da troppo tempo.
«Non ricordo molte cose di quella sera. Quello è solo un dettaglio. Sono l’assassina, Mike».
Mi lasciò andare e se ne andò, scuotendo il capo. Quella fu l’ultima volta che lo vidi, ma non soffrii molto - sì, era diventato un buon confidente, ma era una persona meschina, che voleva coprire la verità. Un giorno mi aveva detto, sorridendo "Il mestiere dell'avvocato è quello di costruire una verità falsa, e convincere tutti che sia quella vera. E sai quant'è difficile? Però poi ti abitui".
La verità è che la gente si abitua a tutto. Ma non era il mio caso, no. Non mi ero mai abituata ai lunghi processi, allo sguardo d'accusa del giudice - già convinto che fossi pazza. No, mai.

Cinque mesi prima.
«Mamma, io esco! C’è una festa a casa di Molly!».
«Va bene, Tea. Però torna entro le due!» Rispose mia madre, dalla cucina.
Sorrisi, guardandomi allo specchio. Ero vestita da vampiro – sì, non un travestimento originale, però realizzato in modo eccellente. Ero bellissima.
«Sì, mamma» le promisi, uscendo di casa. In realtà non sapevo per che ora sarei tornata, ma non avrei certo perso la migliore festa di Halloween di sempre per uno stupido coprifuoco.
La festa passò in fretta, mi divertii moltissimo. Qualcuno mi passò dei drink alcolici , ad un certo punto – vedendo che Molly ne beveva tranquillamente in gran quantità, la imitai. Dopo un poco ero già mezza ubriaca e felice più che mai.
«Molly, sono le quattro! Io vado via, mia mamma sarà furiosa» urlai alla mia amica quando vidi per caso l’ora sul display di un cellulare.
Lei buttò giù un drink rosso sangue. Era vestita da pipistrello, ed era tremendamente sexy – così bella come io non sarei mai stata. Mi lanciò un’occhiata scettica, ponendo fine ad una conversazione con un ragazzo molto alto che non conoscevo.
«Ma come, di già? Voglio dire, è prestissimo...»
«Lo so, ma dovevo essere a casa già due ore fa...» le spiegai, sentendomi un po’ un’idiota.
«Va beh! Ma almeno fatti portare da qualcuno, da sola non vai da nessuna parte» mi ordinò, con il suo solito istinto iperprotettivo. Dovevo fare sì e no seicento metri per arrivare a casa, ed il sole stava già sorgendo in cielo. Non c’era di che preoccuparsi.
Stavo già per ribattere, ma dopo qualche secondo lo stesso ragazzo alto di prima tornò da noi. Molly gli ordinò subito di venire con me.
«Okay, nessun problema» acconsentì, con un sorriso dolce. Mi sembrò bellissimo, bello ed infinitamente bellissimo – chissà se lo era davvero o era colpa dell’alcool? «Tanto sto andando via anch’io. Dove abiti, dolcezza?»
«Poco distante da qua. Mezzo chilometro. E comunque mi chiamo Tea.» aggiunsi irritata.
Lui sorrise ancor più. «William, ma chiamami Will» ammiccò, prendendomi per mano.
William Black, alle ore quattro del mattino, aveva all’incirca un’altra mezz’ora di vita prima che il suo cuore si fermasse abbracciando la lama di un coltello.

Oggi.
Il suono del campanello interruppe il mio incubo. Mi alzai di scatto  dal divano dove mi ero appisolata – avevo il fiatone. Da un bel po’ non sognavo più Will, da un bel po’ facevo incubi che non mi riportavano così indietro, a quel maledetto giorno.
Andai alla porta più veloce che potei. «Sì, chi è?»
«Sono io, Tea. Hannibal. Hannibal Lecter» precisò, non udendo alcuna mia reazione. Mi limitai a guardare dallo spioncino la sua figura alta e così bella da mozzare il fiato, dandomi mentalmente dell’idiota. «Dovevamo vederci, per studiare. È un brutto momento?»
È un brutto momento, sì! Sto per avere una crisi di panico causata da un incubo, soltanto da un cazzo di incubo! E arrivi tu, così, dal nulla! Sì, lo so, dovevamo vederci, lo so ... ma mi fai paura, mi terrorizzi e sei così bello da sembrare un dio! Va’ via, Hannibal, potrei accoltellarti... Va’ via!
«Uh, no! Scusa, Hannibal. Stavo dormendo...» lo salutai, aprendo il portone. Mi sembrò un angelo, circondato dal sole del pomeriggio. Per di più aveva in mano un sacchetto con il marchio d’una pasticceria poco distante – la mia preferita.
Alzò il pacchetto a mo’ d’offerta di pace. «Posso entrare?»
Mi scostai di lato, con un sorriso falso. «Sì, certo.»
In quel momento volevo solo morire.
Non sapevo ancora di essere ad un passo dal mio desiderio.

 
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: lamialadradilibri