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Autore: Angie Mars Halen    06/08/2014    2 recensioni
Fin dal loro primo incontro Nikki e Sharon capiscono di avere parecchi, forse troppi, punti in comune, particolare non indifferente che li porta ad aggrapparsi l’uno all’altra per affrontare prima la vita di strada a Los Angeles, poi quella instabile e frenetica delle rockstar. Costretti a separarsi dai rispettivi tour, riusciranno a riunirsi nuovamente, ma non sempre la situazione prenderà la piega da loro desiderata: se Sharon, in seguito ad un evento che ha rivoluzionato la sua vita, riesce ad abbandonare i vizi più dannosi, Nikki continua a sprofondare sempre di più. In questa situazione si rendono conto di avere bisogno di riportare in vita il legame che un tempo c’era stato tra loro e che le necessità di uno non sono da anteporre a quelle dell’altra. Ma la vita in tour non è più semplice di quella che avevano condotto insieme per le strade di L.A. e dovranno imparare ad affrontarla, facendosi forza a vicenda in un momento in cui faticano a farne persino a loro stessi.
[1982-1988]
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mick Mars, Nikki Sixx, Nuovo personaggio, Tommy Lee, Vince Neil
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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WILD CHILD





Porsi la bottiglia di vodka a Nikki e lo osservai strapparmela dalle mani con una certa foga per poi ingollare una buona parte del contenuto rimasto, rigorosamente senza parlare. Quando ebbe finito, si asciugò le labbra contro l’avambraccio avvolto in quello che prima di essere tagliuzzato ad arte doveva essere stato un gambaletto a rete. Nel frattempo Tommy stava ancora berciando frasi del tutto scoordinate al mondo intero, con Rita che rideva a poca distanza, tenendosi la pancia a causa del dolore agli addominali. Dentro al pick-up che stava arrancando su per la salita rischiando di saltare in aria sotto i nostri culi come uno di quei petardi che Brett faceva scoppiare dentro i cassonetti, era in corso un vero e proprio festino: il mio bassista guidava aggrappato al volante e sbraitando con Steven che fumava come una ciminiera, mentre per quanto riguarda la situazione sui sedili posteriori, è meglio stendere un velo pietoso. Intanto, però, quell’abitacolo era diventato saturo di fumo e i quattro passeggeri sembravano nuotare in una nuvola all’aroma di marijuana, mentre noi altri sul cassone stavamo respirando la polvere che le ruote sollevavano nel percorrere la strada stretta e costeggiata da bassi arbusti odorosi.

L’enorme scritta bianca era sempre più vicina e dopo dieci minuti – e diversi sobbalzi micidiali – riuscimmo a raggiungere uno spiazzo sterrato dove decidemmo di fermarci. Brett inchiodò facendo sussultare tutti e spense il motore, poi la portiera dalla sua parte si spalancò e si catapultò fuori trascinandosi dietro Steven, che in quel momento tutti avevamo associato a un distributore automatico d’erba per via della fragranza che emanava.

“Ehi, Stevie, perché non dai un po’ di Maria anche a me?” si lagnò Tommy, improvvisamente serio e capriccioso.

Il mio cantante sogghignò malefico e continuò a seguire Brett in direzione di una panchina di legno marcio posta poco più in là. “Che ne dici di venirtela a prendere, eh, Lee?”

Tommy non se lo fece ripetere due volte e saltò fuori dal cassone insieme a Rita, pronto per il suo trip di mezzanotte. A quell’allegra carovana si aggiunsero presto anche Vince e la tipa della quale ignoravo il nome, tutti pronti per il loro viaggio andata e ritorno per il Paese delle Meraviglie, dove la neve cadeva abbondante dal cielo, ricoprendo l’erba verde con un soffice velo bianco. Li osservai allontanarsi finché non scomparvero nel buio, riducendosi a vaghe ombre scure che si muovevano intorno al fusto di un gracile alberello, dopodiché mi resi conto che a bordo del nostro veicolo arrugginito eravamo rimasti solo io, Nikki e Mick, il quale si stava lentamente risvegliando dal suo breve pisolino ad alta gradazione alcolica.

“Lo sapete che in fin dei conti anche noi siamo alieni? Un abitante di un altro pianeta ci ritiene alieni esattamente come noi crediamo che l’alieno sia lui,” disse atono, poi strizzò gli occhi e si guardò intorno con lo stesso sguardo smarrito di un bambino che ha perso di vista la propria madre. “Dov’è la mia vodka?”

“La tua fottuta vodka ce la siamo fatta fuori noi,” gli rispose sgarbatamente Nikki.

“Che gli alieni ti rapiscano e ti portino lontano da questo mondo, Sixx!” tuonò prima di incrociare le braccia e mettere il broncio.

Il bassista storse il naso e si grattò la nuca con fare nervoso. “Potrebbe rivelarsi una buona idea.”

“Non dire cazzate,” lo ammonii con tono acido, ricevendo in cambio un’occhiata glaciale.

“Andiamocene da qui,” ordinò Nikki. Mi limitai ad annuire debolmente col capo sotto lo sguardo stralunato di Mick, che continuava a osservarci con la bocca storta in una smorfia tipica di chi è stanco e non ne può più. Scendemmo entrambi dal cassone e ci sedemmo sul cofano impolverato, fissando prima il vuoto oscuro subito sotto di noi poi la grande distesa di luci in movimento nella valle. Pensavo che quella fosse una situazione assurda perché nessuno di noi aveva mai avuto paura di dire la propria opinione neanche quando era in contrasto con quella degli altri, mentre in quel momento sembravamo due ragazzini che avevano paura anche solo di guardarsi in faccia. Arrivai alla conclusione che, se avessimo continuato in quel modo, imbambolati a fissare Los Angeles dall’alto come se fossimo stati le uniche anime vive in quello spiazzo vicino alla strada, non avremmo concluso un bel niente – sempre ammesso che ci fosse veramente qualcosa da concludere o un obiettivo da raggiungere – e che di conseguenza avrei fatto meglio a muovere il primo passo, ma evidentemente non ero stata la sola a pensarlo.

“Cos’era che mi dicevi a proposito della Louisiana?” cominciò Nikki mentre si accendeva una sigaretta, lo sguardo concentrato sulla fiammella dell’accendino appena mossa dalla brezza californiana.

“Che cazzo te ne frega?” ringhiai in risposta, improvvisamente irrigidita dalla rabbia.

Lui alzò le spalle e appoggiò la mano libera alla lamiera ancora calda del cofano. “Com’è New Orleans?”

A quelle parole sentii il cuore sciogliersi nel petto e mi lasciai sfuggire un sorriso intenerito come se un caldo abbraccio materno mi avesse appena colta di sorpresa.

“Bella,” mi limitai a rispondere, poi mi strinsi nelle braccia. “Me l’hai chiesto perché vorresti andarci?”

“Non sono un grande amante dei viaggi, forse perché da piccolo ho girato così tanto che adesso sento il bisogno di stare per un po’ nello stesso posto,” ammise. Un angolo della bocca schizzò infastidito.

“Beato te che hai avuto modo di vedere un po’ di America! Io ho sempre vissuto nella mia fattoria e ogni volta in cui volevo andare in città dovevo chiedere il permesso in carta bollata,” esclamai.

Nikki mi fulminò con un’occhiataccia. “Guarda che non è bello essere sempre in giro. Non riesci mai a capire quale sia il tuo posto, sempre ammesso che tu ce l’abbia.”

“Io non mi sono mai mossa da casa mia se non per venire a Los Angeles e non ho ancora capito quale sia il mio,” ribattei, poi sfilai il pacchetto delle sigarette dalla tasca del suo chiodo e ne estrassi una senza preoccuparmi di avvertirlo.

Nikki mi porse l’accendino, rassegnato. “Il problema è che a volte vorresti sentirti a casa. Ma quale cazzo è la tua casa?”

“Ti capisco, sai?” confessai increspando lievemente le labbra in un sorriso comprensivo. “Adesso che sono qui a L.A. mi sento persa. È come se corressi per cercare un rifugio, ma non riuscissi mai a trovarlo.”

“E ti viene la depressione del ragazzino di città,” concluse lui con lo sguardo rivolto verso la silenziosa distesa di luci. “City boy blues... ehi, sai che mi si è appena accesa la scintilla dell’ispirazione?”

“Fantastico,” approvai. “Nonostante tutto, questa città mi piace. Da quando abito qui scrivo molto di più. Credo che sia una buona fonte di ispirazione.”

“Più o meno,” mormorò lui. “I vostri pezzi mi piacciono. Suppongo tu scriva solo i testi, vero?”

“Do anche una mano a Brett con la musica,” specificai con un certo orgoglio.

Nikki mi rivolse un sorriso ed espirò lentamente il fumo della sigaretta, creando una nuvola pesante davanti al suo volto. “Chissà perché, ma me lo immaginavo.”

Mi lasciai sfuggire una risata nervosa. “Devi piantarla di prendermi in giro.”

“Non ti stavo prendendo in giro!” rispose prontamente in sua difesa.

“Cosa te lo ha fatto pensare?”

Nikki alzò nuovamente le spalle e appoggiò la suola di uno stivale sul parafango del pick-up. “Non lo so, l’ho sentito e basta. Puoi chiamarlo sesto senso, se vuoi, ma non ne sarei tanto sicuro.”

“Sensibilità ipersviluppata? Follia?” azzardai increspando un sopracciglio.

“Può essere,” asserì non del tutto sicuro. “Del resto, è quello che mi ripetono da una vita.”

“Non sei l’unico.”

Si voltò di scatto verso di me, gli occhi spalancati come per mettere in evidenza il loro splendido colore chiaro, le labbra piegate in un sorriso sghembo e malinconico. “Forse io e te abbiamo altre cose in comune oltre al semplice fatto di vivere nella stessa città.”

Le iridi lucide sembravano tremolare nel buio per il riflesso della luce del cielo notturno come due pietre preziose incastonate in un viso di porcellana bianca, ma io sapevo che in esse c’era ben poco di puro. Però erano così lucenti e ingannevoli che l’unica cosa che volevo era vederle da ancora più vicino.

“Non penso che abbiamo poi così tanto in comune,” mormorai in uno strano e piacevole stato di intorpidimento che mi aveva colta nel momento in cui avevo visto il viso di Nikki che cominciava ad avvicinarsi pericolosamente al mio.

“Non importa,” sussurrò in risposta mentre la sua mano si spostava dalla lamiera del pick-up alla mia spalla. “Non è necessario avere tutte le cose in comune per questo.”

Non feci nemmeno in tempo a elaborare il senso della frase che mi ritrovai stesa con la schiena sul cofano, la polvere che si appiccicava alla mia pelle sudaticcia e gli occhi di Nikki puntati dritti dentro i miei.

“Cosa stai facendo?” esclamai stupita, poi tentai inutilmente di scansarlo, ma ogni mio sforzo si rivelò inutile dal momento che Nikki era molto più grosso di me e gli fu sufficiente tenere il palmo aperto contro la mia spalla per impedirmi di muovermi. Subito dopo, però, quegli occhi che fino a un attimo prima avevano trasudato perversione si socchiusero e portò una mano sulla mia guancia. I suoi polpastrelli ruvidi sembravano lasciare una scia calda lungo i punti che sfioravano, mentre i suoi occhi erano sempre più vicini ai miei. Restai concentrata sulle stesse iridi che non avevo fatto altro che ammirare di nascosto per tutta la sera come se ne fossi stata stregata, poi percepii una lieve pressione sulle labbra che diventava man mano sempre più forte. Circondai il collo di Nikki con le braccia per tenerlo stretto a me. Continuava a baciarmi con foga, ma non in modo lascivo come era accaduto a casa mia qualche giorno prima, bensì come se per lui quel contatto fosse stato più importante dell’aria stessa. Sentii la sua mano insinuarsi sotto l’orlo della mia maglia, ma lo fermai prima che potesse spingersi oltre. Gli presi delicatamente il polso e cercai di allontanare la sua mano sebbene stesse ancora opponendo una debole resistenza con la speranza che cambiassi idea. Quando però si rese conto che la mia decisione era irremovibile, si sollevò appena e mi fissò con un’espressione affranta e allo stesso tempo stranita, gli occhi ancora socchiusi e le labbra inturgidite.

“Non adesso, Sixx,” mormorai, poi appoggiai una mano sulla sua spalla e lo allontanai quando bastava perché potessi sedermi.

“Perché no?” domandò con tono capriccioso, ma un attimo dopo riprese il suo consueto modo di fare spavaldo. “Che problema c’è? Non ci vede nessuno, cazzo. Gli altri sono tutti collassati sulla panchina e se entriamo nel pick-up non si accorgeranno nemmeno della nostra presenza.”

“C’è Mick che delira nel cassone,” precisai.

Nikki aggrottò la fronte e proprio durante quell’attimo di silenzio il chitarrista diede un nuovo segno di vita, sparando altre frasi sconnesse riguardo la sua folle teoria sull’identità extratterrestre dell’umanità.

“È così fuori che non sentirebbe neanche le cannonate,” sentenziò Nikki, poi si voltò verso di me. “Tu vuoi davvero piantarmi in questo modo?”

“Sì,” risposi senza troppi giri di parole. “Se vuoi divertirti torna giù a Hollywood e cercati qualcun’altra.”

Nikki si sedette sul cofano del pick-up e volse lo sguardo verso la valle. “Se mi fossi accontentato di una qualsiasi l’avrei fatto, ma tu hai qualcosa di diverso, Sherry.”

“Da quando ti prendi tutta questa confidenza?”

Nikki sogghignò e alzò le spalle. “Se voglio chiamarti così lo faccio e basta.”

“Oh, sì, mi sembra giusto...” bofonchiai sarcastica e con le braccia incrociate sul petto, poi saltai giù dal cofano, sollevando una nuvola di polvere nel momento in cui toccai terra con le suole delle scarpe, e gli feci cenno di seguirmi. “Andiamo dagli altri, sono certa che ci sia rimasto qualcosa anche per noi.”




N.D’.A.: Buongiorno! =)
Colgo l’occasione per ringraziare chi ha aggiunto Angie Mars tra gli autori preferiti, chi recensisce e chi continua a seguire in silenzio! ♥
Un abbraccio e... ci si rivede mercoledì prossimo!

Angie


Titolo: Wild Child - W.A.S.P.


   
 
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