Cap IX
I due occhi, una volta appartenuti a Etan si infiammarono ancora di più al sentir pronunciare il suo vecchio nome: «Non chiamarmi più così, Quinn, Etan non esiste più, tu lo hai ucciso cento anni fa, ora io faccio parte della Relios, ne più ne meno come il più misero cavetto di fibra ottica!» Mentre parlava però, il suo cervello era finalmente riuscito ad aggirare l’incantesimo del fratello, almeno parzialmente, riuscendo a riattivare soltanto un comando, ma era quello che gli serviva. «E come la Relios ha distrutto la tua nave, così distruggerà te!» e mentre parlava bracci meccanici intorno al cilindro, in meno di un secondo, lo rivestirono di un pesante esoscheletro, che, azionate le armi, sparò contro Quinn.
***
Il mago sospettava che presto o tardi il fratello avrebbe reagito, e così era pronto, con un balzo incredibile anche per un atleta nel fiore dell’età, schivò i raggi laser che andarono a scavare un cratere nel punto in cui c’era lui cinque secondi prima. Sfortunatamente non aveva più un bastone, e quindi non era più in grado di attaccare, poteva però agire in modo diverso, più sottile e sicuramente efficacie.
Etan faceva contorcere la sua armatura, cercando invano di inquadrarlo nel mirino, tentando inutilmente di colpirlo con dei pugni, pugni che Quinn si limitava a schivare all’ultimo momento, facendo però perdere energie all’esoscheletro avversario, che, nonostante la nave avesse pescato un nucleo da poco, aveva consumato quasi tutta l’energia nello scontro con la Rhaedius. La plancia era ormai un ammasso di macerie, cerchi neri mostravano dove i laser avessero cercato di colpire Quinn, crateri e ammaccature nelle pareti erano il segnale che, nonostante la mancanza di energia, gli arti meccanici dell’armatura erano in grado di essere altamente letali.
Anche il grigio iniziava a mostrare segni di stanchezza, e infatti, mentre schivava un ennesimo pugno, si inciampò in un cavo ottico, cadendo rovinosamente a terra. In un attimo Etan gli fu addosso. Per prima cosa lo immobilizzò mettendo un piede sulla sua schiena, in modo che non potesse fuggire, poi, attingendo alle ultime riserve di energia della nave, lo agganciò con il mirino e, mentre i cannoncini laser caricavano i loro colpi mortali, vide i due occhi osservare deliziati il contorcersi del suo corpo, che, schiacciato sotto il peso di diversi quintali di metallo e ormai conscio di stare per morire, tentava inutilmente di liberarsi. Finalmente le armi furono cariche e quelle due iridi marroni, luccicanti di gioia, diedero il comando di sparare.
Quinn vide due sottili raggi rossi lasciare l’alveolo di metallo che li aveva finora contenuti, e dirigersi verso la sua schiena, colpendola in pieno. Immediatamente un forte bruciore gli si diffuse per tutto il corpo, sentì i due raggi di luce concentrata scavare in profondità nella sua pelle, aprirsi un varco nella sua carne, sciogliere le vertebre, perforare lo stomaco, uscire dall’altro lato, e cicatrizzare tutto al loro passaggio. Con gli ultimi residui di vita il mago guardò negli occhi il fratello e sorridendo gli disse:
«Ti ho battuto un’altra volta!».
*****
I due occhi, una volta appartenuti a Etan si infiammarono ancora di più al sentir pronunciare il suo vecchio nome: «Non chiamarmi più così, Quinn, Etan non esiste più, tu lo hai ucciso cento anni fa, ora io faccio parte della Relios, ne più ne meno come il più misero cavetto di fibra ottica!» Mentre parlava però, il suo cervello era finalmente riuscito ad aggirare l’incantesimo del fratello, almeno parzialmente, riuscendo a riattivare soltanto un comando, ma era quello che gli serviva. «E come la Relios ha distrutto la tua nave, così distruggerà te!» e mentre parlava bracci meccanici intorno al cilindro, in meno di un secondo, lo rivestirono di un pesante esoscheletro, che, azionate le armi, sparò contro Quinn.
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Il mago sospettava che presto o tardi il fratello avrebbe reagito, e così era pronto, con un balzo incredibile anche per un atleta nel fiore dell’età, schivò i raggi laser che andarono a scavare un cratere nel punto in cui c’era lui cinque secondi prima. Sfortunatamente non aveva più un bastone, e quindi non era più in grado di attaccare, poteva però agire in modo diverso, più sottile e sicuramente efficacie.
Etan faceva contorcere la sua armatura, cercando invano di inquadrarlo nel mirino, tentando inutilmente di colpirlo con dei pugni, pugni che Quinn si limitava a schivare all’ultimo momento, facendo però perdere energie all’esoscheletro avversario, che, nonostante la nave avesse pescato un nucleo da poco, aveva consumato quasi tutta l’energia nello scontro con la Rhaedius. La plancia era ormai un ammasso di macerie, cerchi neri mostravano dove i laser avessero cercato di colpire Quinn, crateri e ammaccature nelle pareti erano il segnale che, nonostante la mancanza di energia, gli arti meccanici dell’armatura erano in grado di essere altamente letali.
Anche il grigio iniziava a mostrare segni di stanchezza, e infatti, mentre schivava un ennesimo pugno, si inciampò in un cavo ottico, cadendo rovinosamente a terra. In un attimo Etan gli fu addosso. Per prima cosa lo immobilizzò mettendo un piede sulla sua schiena, in modo che non potesse fuggire, poi, attingendo alle ultime riserve di energia della nave, lo agganciò con il mirino e, mentre i cannoncini laser caricavano i loro colpi mortali, vide i due occhi osservare deliziati il contorcersi del suo corpo, che, schiacciato sotto il peso di diversi quintali di metallo e ormai conscio di stare per morire, tentava inutilmente di liberarsi. Finalmente le armi furono cariche e quelle due iridi marroni, luccicanti di gioia, diedero il comando di sparare.
Quinn vide due sottili raggi rossi lasciare l’alveolo di metallo che li aveva finora contenuti, e dirigersi verso la sua schiena, colpendola in pieno. Immediatamente un forte bruciore gli si diffuse per tutto il corpo, sentì i due raggi di luce concentrata scavare in profondità nella sua pelle, aprirsi un varco nella sua carne, sciogliere le vertebre, perforare lo stomaco, uscire dall’altro lato, e cicatrizzare tutto al loro passaggio. Con gli ultimi residui di vita il mago guardò negli occhi il fratello e sorridendo gli disse:
«Ti ho battuto un’altra volta!».
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