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Autore: babyloveme86    06/08/2014    1 recensioni
Il suo corpo mi dava calore..mi dava fiducia..mi dava amore.
Si spinse ancora dentro di me..tirai la testa all'indietro e lui ne approfittò per baciarmi la gola.
Lo amavo. Più di qualsiasi altra cosa al mondo.
"Ti amo". gli dissi senza fiato.
Lui sorrise e mi baciò fino in fondo all'anima. Sotto le coperte mi strinse a se , mi morse il lobo dell'orecchio e mi sussurrò:
"Sei mia".
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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                      Chapter four:

                 Down the curtain.

Il rumore della lancetta dei secondi sembrava fin troppo assordante in una classe il cui unico suono era lo scalpitare dei mocassini del prof di matematica, che sfregavano tra di loro mentre passava in rassegna tra i banchi, distribuendo i compiti ormai corretti. 
Prima fila completata.
Due o tre ragazze che piangevano a singhiozzi tenendosi la testa disperatamente, qualche testa barcollante, che probabilmente si aspettava di più e il resto esultante.
Per quanto mi riguardava, io ero un misto tra le "piagnucolone" e le "teste barcollanti". Non sono un genio matematico..mi chiedo a cosa serva un programma così ampliato...quando per vivere basta conoscere le 4 operazioni!. Noi ce la mettevamo tutta a cercare di capire la materia, ma era contro il nostro DNA... e di solito, sia io che Mic, prendevamo D  o F.. solo ai test di fine anno, ci impegnavamo, riuscendo a prendere una C. Una volta però quando copiando ci era capitata la B,ci eravamo affacciate alla finestra della scuola per urlarlo a tutti, e poi dopo quell'attimo di euforia,ci eravamo rese conto di cosa avevamo appena fatto, e avevamo saltato una settimana di scuola fingendo di avere la febbre.
Seconda fila completata..e la nostra era la terza. 
In essa, oltre alle categorie già descritte, c'era quella degli "strafottenti"..che rubavano uno dei pennarelli rossi degli insegnanti, e correggevano il voto a modo loro. Noi non avevamo mai avuto il coraggio di farlo, anche perché non sarebbe stato credibile viste le nostre "Pesantissime" ore di preparazione il giorno prima di un compito passate a parlare al cellulare o a sbavare fissando i pettorali di Taylor Lautner.

Il signor Collins, un'ometto tutt'ossa, basso e calvo, si avvicinò alla terza fila, spiandoci da sopra gli enormi occhiali circolari verdi bottiglia che indossava da sempre. Tossì irrigidendosi e posizionando bene i fogli in mano. Ne lasciò due al primo bianco . Uno ad un ragazzo dalla cresta verde e gli orecchini a sole. Indossava una maglia a borchie che non copriva l'ombelico, un pantalone lungo nero dello stesso stile, e degli stivaletti alti. E l'altro ad una ragazza similissima a lui, con i capelli corti verdi, lo stesso modo di vestire (tranne per il fatto che indossasse una gonna lunga) e degli orecchini a luna. Se c'è una cosa che proprio non sopporto sono le coppie a tema. Perché esistono?! 
Il prof passò al secondo banco, lasciando i fogli a due cheerleeder, e le cheerleeder ..si sa..vanno sempre bene a scuola. Mancavano solo due banchi!.. due banchi per arrivare all'ultimo..e cioè al nostro. 
Carl Gray, un ragazzo grassoccio, dai capelli ricci e rossi, evidentemente non era andato bene. Si alzò dirigendosi verso il cestino dei rifiuti col suo foglio. Raggiunta la meta, ci sputò sopra avidamente e lo accartocciò,gettandolo via. 
Il signor Collins si voltò mentre il Carl tornava a sedersi, e scosse la testa tristemente. 
"Carl, il tuo voto è registrato..i tuoi genitori lo vedranno comunque" disse passando al penultimo banco.
Il ragazzo lo ignorò, fingendo interesse per qualcosa al di fuori dalla finestra.
Il nostro turno era vicinissimo.
Posizionai i piedi nervosamente sul pilastro sinistro che reggeva il banco e ce li schiacciai. Per farlo fui costretta ad alzare le ginocchia. Non mi ero mai accorta della quantità interminabile di gomme attaccate sotto il legno. Dovevano essere circa 50..di cui 49 nostre. Attaccarle era il passatempo preferito di me e Mickeyla. Ne compravamo di tutti i colori, per formare un arcobaleno posizionato in modo anticonvenzionale. Esaurito lo spazio del nostro, avevamo cominciato ad attaccarle sotto i banchi altrui.Quello di Corinne Campbell ne era la prova.
Il prof arrivò finalmente a noi, ci fissò con un sorriso sbilenco, lasciò scivolare i due fogli e tornò al suo posto di lavoro.
Io e Mickeyla alzammo lo sguardo alle luci al neon posizionate sul soffitto. 
"Io non voglio guardare"..sussurrai a lei.
"Vado io." disse coraggiosamente, abbassando lo sguardo. 
"Allora?" chiesi dopo un po. 
"Beh.. C-" sussurrò. 
Spalancai gli occhi e fissai il mio foglio. La scritta poco visibile, fatta evidentemente con un pennarello rosso quasi finito, a me apparve chiarissima ugualmente. 
C-
Mi voltai verso Mic. "Non ci credo" dissi sorridendo. Urlammo a bassa voce per non farci sentire e ci voltammo verso Corinne.
La sua A+ spiccava sul foglio quasi del tutto vuoto. Con qualche numeretto posizionato qua e la.
Suo padre, che era un dottore, era molto amico del professore, gli offriva addirittura visite gratuite per tutta la famiglia. Sua madre era avvocato..una donna molto posata, che stranamente non diceva nulla riguardo gli atteggiamenti della figlia, come d'altronde il padre.
I miei, invece, hanno lavori diversi. Mio padre lavora in un negozio di animali, mentre mia madre è l'assistente di una dentista.
"Come non detto" sussurrò Mickeyla.

Fuori scuola, io e Mic non vedevamo l'ora di tornare a casa,per mostrare alla famiglia il compito andato, almeno per noi, benissimo.
Uscimmo dalla grande porta principale e i nostri occhi catturarono Corinne e Mr.Ryder, che parlavano amichevolmente, ridendo, mentre lui le porgeva un pacco dal colore giallastro. 
"Ciccia" mi chiamò Mic.
Distolsi lo sguardo da quei due, mentre Corinne scoccava un bacio sulla guancia al professore. 
Fissai la mia migliore amica. Quel giorno aveva deciso di farsi una treccia lunga. Era davvero una ragazza stupenda. Il suo modo di vestire mi piaceva molto, da sempre. Aveva la straordinaria capacità di abbinare i colori più assurdi, riuscendo comunque a creare qualcosa di bello. Io non avevo questa perla, ma non mi ero mai vestita in modo osceno.
"Dimmi, bomba". dissi facendole l'occhiolino.
"Andrew mi porta a casa,vuoi un passaggio?". chiese gentilmente.
Prima che potessi rispondere di si, qualcuno mi agguantò il polso e mi strattonò verso il muro.
"Ehy ma.." feci per dire. 
Alexander mi circondò la vita con il braccio sinistro e mi avvicinò a se.
"Buongiorno" sussurrò sorridendo.
Era dannatamente fico. Quei capelli neri spettinati, quegli occhi profondi...quel sorriso perfetto.
No!. Fermai il mio pensiero. Avevo giurato a me stessa di smetterla di pensare a lui in quel modo..e l'avrei fatto.
"Giorno" risposi leggermente acida.
Si voltò verso Mickeyla, ancora in attesa. 
"La riaccompagno io, okay?" le disse sfacciatamente.
Mic gli rivolse un sorriso falsissimo, mi salutò con la mano, e corse verso la macchina di Andrew.
Una parte di me avrebbe voluto seguirla, ma purtroppo un'altra no.
Alex mi prese la mano destra con la sua e me la posizionò sulla sua spalla, poi fece lo stesso con la sinistra, alternando le mani attorno alla cintura del mio vestito.
Così mi ritrovai con le dita strette sulle sue spalle. La situazione era davvero imbarazzante.
Lo fissai cercando di rimanere indifferente ai brividi e al rossore.
Chinò la testa sulla mia e le nostre fronti si unirono. Le bocche vicine..l'odore di gelsomino che mi era mancato.
"Allora..oggi si inizia, tesoro" mi sussurrò pizzicandomi i fianchi.
"Si inizia con cosa?"chiesi confusa,inalando il suo respiro. Cercai di scostare il viso, stargli cosi vicino mi faceva sentire benissimo...e non potevo sentirmi così. 
Capendo ciò che volevo fare, mi tolse una delle due mani dalla vita e con essa mi bloccò la guancia.
"Shh..guardami" sussurrò dolcemente accarezzandomela, prima di farla tornare al suo posto iniziale. 
'Vuoi farmi proprio morire?' pensai tra me e me, come se potesse sentirmi. 
"Si inizia col stare insieme" disse cullandomi, come se stessimo ballando e ci fosse la musica.
"Sei emozionata?".
Se ero emozionata? Stavo per scoppiare dalla contentezza, ma non potevo farglielo capire. 
"Immensamente." risposi nuovamente acida.
Le mani di Alex passarono dalla vita alla schiena, si muovevano creando cerchi immaginari. Mi incitò a posizionargli la testa sul petto. Me la accarezzò con dolcezza e me la schiacciò con la propria. Sentii il calore che emanava, i suoi capelli sui miei, nero su moro. 
Il mio sguardo si rivolse ancora a Corinne, che stava ancora parlando col prof. Stringeva al petto quasi del tutto scoperto quel pacco giallastro, come fosse davvero importante. Mr Ryder le si avvicinò per scostarle una ciocca di capelli dal viso. Lei gli sorrise. Avevo ragione. Avevamo tutti ragione.
"La tua ragazza sta flirtando con Ryder" sussurrai sul petto di Alexander. Si scostò da me per guardarmi negli occhi. Tenendomi per le spalle, si avvicinò ancora per sussurrarmi all'orecchio:
"Non è la mia ragazza..e poi io ora sto baciando te".
Non feci in tempo a far nulla, che Alexander mi spinse verso il muro e cominciò a baciarmi. Baciarmi sul serio, affondando la sua bocca nella mia e sfiorandomi la lingua ripetutamente. Mi sentivo come se il cervello mi si fosse disintegrato e con esso la mia ragione. Come se avesse smesso di funzionare, dopo esser andato in tilte, per aver pensato troppo alla stessa cosa. A lui.Baciarlo era come dare libero sfogo ad un piacere nascosto all'interno del corpo. Sentivo il suo desiderio bruciare attraverso la pelle. Gli misi le mani tremanti sulle guance, per tenerle ferme, mentre le sue mi agguantavano il collo, spingendomi ad avvicinarmi sempre di più. Le nostre bocche continuavano a muoversi velocemente l'una sull'altra, lasciammo uscire un gemito contemporaneamente.
Ero così presa da lui, che non mi ero neanche resa conto che il muro contro cui mi trovavo era esattamente fuori la porta d'ingresso, dove passando, potevano osservarci tutti e approfittarne per scattare una fotografia. Che imbarazzo. Beh, comodo così! A lui non da fastidio! Non ci viene in questa scuola, non so neanche quanti anni abbia!. pensai.
Sciolsi il bacio, ormai esausta, e mi accorsi di avere la bocca arrossata e gonfia, per via della sua. Per riprendere fiato, appoggiai il mento alla sua spalla e strusciai il mio volto contro il suo. La sua mano mi raggiunse la testa.
"P..potrei comunque denunciarti..lo sai?" sussurrai, balbettando..senza pensarci troppo.
Lui sbuffò, divertito. Come se sapesse tutto.
"Non lo faresti". disse.
L'altra mano, Alex la posizionò sulla mia pacca destra, e la strinse,facendomi sussultare. 
Il mio microscopico urlo lo fece ridere. Gliela tolsi subito, imbarazzata, guardandomi intorno e allontanandomi da lui alla svelta.
Mi squadrò da capo a piedi, mentre il suo sguardo tornava freddo come il ghiaccio. 
"E come fai a sapere che non lo farei?" chiesi per rompere il silenzio, sistemandomi i capelli.
"Perché questa cosa ti piace più di quanto tu non voglia ammettere." sussurrò fissandomi intensamente, come se cercasse di scrutarmi la mente e leggermi nel pensiero. Gli occhi socchiusi,come un gatto che cerca di non spaventare il topo, per non farlo fuggire.
La preda, in quel caso, ero io. E lui, tra le tante, aveva scelto proprio me. 
L'imbarazzo che mi assaliva per la milionesima volta.
"Sei un pervertito." gli dissi per cambiare argomento, sperando che non se ne curasse.
Si avvicinò a me sbattendo forte i piedi a terra, mi prese il viso tra le sue grandi e morbide mani.
"Guardati. Quando sei con me gli occhi ti luccicano." mi disse sulle labbra. Non risposi, qualsiasi cosa non sarebbe stata credibile, non potevo negare che mi faceva uno strano effetto stargli vicino, ma dovevo ignorare tutto ciò che mi passava per la testa. 
Sentire quelle parole dalla sua bocca mi faceva venire rabbia. Perché erano la pura verità, ma lui non se lo meritava affatto.
Presa dall'ira, gli sputai in un occhio, e lui mi lasciò seccamente per portarsi due dita al di sopra della palpebra sinistra.
"L'unica cosa che sento quando sono con te è il vomito che sale" dissi cercando di sembrare tanto sincera quanto maliziosa.
Tentai di superarlo per andare a casa, ma mi fermò con la spalla tosta  come l'acciaio, e mi agguantò nuovamente il polso. Tolse le dita dell'altra mano dal viso, per infilarle nella tasca dei pantaloni e prendere un fazzoletto. Se lo passò sull'occhio malandato e lo riposò curatamente, continuando a guardarmi come fossi una foruncolo infetto e pulsante.
Attraverso il braccio,mi tirò verso di lui e mi sussurrò : "Sorridi", mentre mi trascinava verso la moto.
Sorrisi cupamente e mi infilai il casco, montando in sella dietro di lui. Le nostre gambe che si toccavano, il mio bacino contro il suo fondoschiena e le mie mani sui suoi fianchi mi fecero rabbrividire e anche arrossire un po.
La gente fuori scuola ci fissava a bocca aperta, e di quello andavo abbastanza fiera. Non ero mai riuscita a farmi notare così; i ragazzi della squadra di Football mi fissavano come capre, mimandomi un "chiamami". Sul serio?! Io che piaccio ai ragazzi popolari?!. esclamai nella mente.
Alexander accese la moto e sfrecciò via da lì in meno di due secondi. Col casco era fottutamente sexy, ma allo stesso tempo era un vero pirata! Non rispettava le strade ne i limiti di velocità e ne i cartelli. Faceva come cavolo gli andava. E intanto, mentre lui si esibiva in curve da panico e impennate rischiose,io lottavo per la vita, respirando a fatica e cercando disperatamente di chiudere gli occhi, seccati dal vento.
Una vecchia e immensa quercia apparve davanti ai miei occhi involontariamente ancora spalancati, e si faceva sempre più vicina . come se Alex mirasse ad essa. Come se volesse salirci su con le ruote.
"Che cazzo fai?!" tentai di urlargli in preda al panico. Ma mi uscii solo aria dalla gola,che mi fece tossire. Se non si fosse fermato? Non avrei potuto lanciarmi vista la velocità con cui guidava! Non era così che volevo morire! Niente incidenti, aggressioni o omicidi! Volevo morire in pace,addormentandomi nel mio letto a 98 anni, come mia nonna Bridgitte.
Alexander continuava ad essere concentrato sul tronco, distante circa 1 metro. Accellerò e si riposizionò sulla moto per bene, pronto allo schianto. Porca puttana.
Ancora incapace di parlare e sempre più spaventata, gli diedi dei colpi sulla schiena coi pugni, sperando che capisse. Continuai a colpirlo con tutta la forza possibile, ma lui era completamente impassibile, anzi! Comprese quei colpi come un'incoraggiamento per la stronzata che voleva fare e affondó il piede nel pedale. 
Tra noi e l'albero mancavano circa 60 centimetri. L'ansia e il terrore si impossessarono del mio corpo come un fantasma, lasciandomi immobile, non riuscendo ad alzare neanche più un dito. 
"Frena!". Stavolta riuscii ad urlare,mentre ci avvicinavamo, ma il suono della mia voce fu coperto dal motore del bastardo che lo aizzava continuamente. Pochi centimetri e sarei morta. O almeno, sarei finita in ospedale per trauma cranico o qualcosa del genere. 
La corteccia apparve chiarissima ai miei occhi, il legno modellato a chiocciola, sulla quale erano posate foglie e insetti come ragnetti, formiche e mosche.
Chiusi gli occhi, alzando la testa al cielo e unendo le mani in preghiera. 
"Signore, lo so che non vengo mai in chiesa, ma..ho bisogno di te..vedi..." iniziai a pensare, sperando lui mi sentisse, quando proprio sull'orlo della fine, o a 5 centimetri da essa, Alex cominciò a frenare, fermando il motorino ad un centimetro dalla quercia.
Mi accorsi solo dopo un attimo che avevo smesso di respirare. Aprii la bocca per farlo e scesi da quell'aggeggio mortale in meno di 3 secondi, gettando il casco lì per terra.
Alex scese con cura, si tolse il suo poggiandolo delicatamente e si gettò a terra, dove era caduto l'altro. Lo prese tra le mani come fosse d'oro e lo abbracciò forte.
"Sei impazzita?!" disse senza guardarmi, baciando il casco ripetutamente.
Feci un respiro profondo e avanzai, iniziano a spingerlo brutalmente per le spalle.
"Brutto figlio di puttana!" esclamai tirando fuori tutta la mia rabbia nei suoi confronti. Aveva rischiato di farmi morire e ora pensava al suo stupido casco?!
Gli colpii la nuca e ciò lo fece sobbalzare, costringendolo a lasciare quell'oggetto nuovamente a terra.
"Idiota del cazzo!" continuai a spingerlo davanti, con le mani fisse sui pettorali. Indietreggiò a malavoglia, cercando di dire qualcosa.
"Fermati!"' rispose alzando le mani in segno di resa.
"Bastardo di merda! Avrei potuto morire!" gli dissi a fiato corto. Non potevo credere a quello che aveva fatto. Lo spinsi un'altra volta.
"Mi sarei fermato! Era uno scherzo!" disse mentre cercava di fermarmi. Lo guardai in volto: l'espressione distante e gli occhi semi aperti e uno dei due ancora rosso..per avergli sputato.
"Scherzo?! Scherzo?!  Sul serio? Morire per te è uno scherzo? La prossima volta fallo da solo e non disturbarti a frenare! Mi faresti un favore!" dissi con la poca energia rimasta.
"Sei davvero una bambina!' mi accusò.
Lo fissai con disprezzo. 
"E tu sei un grande stronzo!"
Mi avvicinai a lui e gli diedi un pugno, cogliendo in pieno il suo naso, che iniziò a sanguinare. L' altro pugno glielo diedi dritto nello stomaco.
"Fanculo." sussurrai, mentre lui si accasciava a terra, tentando di fermare il sangue.
Mi voltai senza porgergli neanche qualcosa per asciugarlo, recuperai le mie cose e lo superai, correndo per evitare che mi fermasse. Mi voltai e vidi che era ancora steso a terra. Non mi avrebbe seguita.
Tornai a casa ancora scossa e vidi mia madre in bicodini che guardava la milionesima puntata di Beautiful dal computer. Odiavo quel telefilm! E la cosa più strana era che i due biondini erano sempre sul punto di sposarsi! Ci stavano provando almeno da 500 puntate.
Salii in camera e riaccesi il cellulare. 
"4 chiamate perse e 15 messaggi da Mic" diceva lo schermo.
L'enorme faccia sorridente di Mickeyla troneggiava su di esso.
Cliccai il tasto "chiama". In quel momento avevo bisogno di parlarle, perché poteva aiutarmi solo lei. Mi sentivo malissimo..quel ragazzo mi piaceva, ma allo stesso tempo lo odiavo. 
"Il suo credito è esaurito" disse una voce elettronica.
Gettai il telefono sul letto. 'Accidenti, la ricarica' ricordai a me stessa.
Ripensai a ciò che era successo per perdere tempo ed aspettare che a chiamare fosse lei.
Lo sguardo incazzato di Alexander mi aveva dato una  gioia immensa. Sel'era meritato! Anzi si meritava anche peggio! Come diavolo aveva potuto fare una stronzata simile? Ah si..giusto .. stiamo parlando di lui non di una persona cosciente.
Il telefono finalmente vibrò.
Lo presi pronta a risentire finalmente la voce di Mickeyla. Ma sullo schermo pulsava un numero sconosciuto, per cui il suo.
Non rispondo neanche se mi pagano.
Pensai decisa, e mi stesi sul letto, cercando di ignorare il vibrare continuo del cellulare. Dopo un tempo che sembrò non arrivare mai, si fermò. Ma non ebbi neanche il tempo di sorridere, che riprese a farlo.
Con i nervi che salivano, lo afferrai per rispondere: 
"Che c'è ancora?"
Mi aspettai che staccasse, o che magari mi provocasse ancora, e invece rimasi totalmente stupita dalle sue parole:
"Mi dispiace". 
"Mi dispiace?  Davvero? Tutto qui?!" esclamai irritata.
"Non so che mi è preso..dico sul serio. Pensavo potesse essere divertente, ma mi sono accorto di aver fatto la cavolata più grande del mondo. Lo so, sono un bastardo e tutto ciò che hai detto. Ti prego perdonami." rispose disperatamente. Nella sua voce si riuscivano a cogliere la tristezza e il senso di colpa. Anche se non credevo molto a ciò che diceca.
"..Allora possiamo finirla con questa farsa..me lo devi. Getta quella foto e dimentichiamo tutto. È il minimo che tu possa fare!". proposi sinceramente. 
Seguì un lungo silenzio, e per un attimo pensai che avesse attaccato.
Ma poi, la sua voce tornò, più fredda e distaccata di prima.
"Non ho detto questo" disse.
Non è possibile, che stronzo. Grandissimo stronzo.
"Bene!" urlai prima di staccargli il telefono in faccia. Lo spensi, per evitare che richiamasse.

Che figlio di puttana. Aveva rischiato di ammazzarmi e non gli bastava! No! Doveva continuare a torturarmi per quella dannata fotografia.
In quegli attimi rabbiosi, prima di stendermi tra i cuscini a forma di cuore e infilarmi sotto le coperte violacee per fare un piccolo sonnellino, mi feci una promessa:
La pagherà. E cara..anche.

  
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