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Autore: Belarus    06/08/2014    2 recensioni
Un Drago Celeste che nobile non è mai voluta essere, una fuga bramata da sempre e un mondo del tutto sconosciuto ad allargarsi ai piedi della Linea Rossa. Speranze e sogni che si accavallano per una vita diversa da quella che gli è da sempre stata destinata. Una storia improbabile su cui la Marina stende il proprio velo di silenzio, navi e un sottomarino che custodiscono un mistero irrivelabile tanto quanto quello del secolo vuoto.
#Cap.LXXXV:" «Certo che ci penso invece! Tornate a Myramera e piantatela con questa storia dello stare insieme! Io devo… non potete restare con me, nessuno di voi può. Sparite! Non vi voglio!» urlò senza riuscire o volere piuttosto trattenersi.
Per un momento interminabile nessuno accennò un movimento in più al semplice respirare e solo quando Aya fu sul punto di voltarsi per andare chissà dove pur di mettere distanza tra loro, Diante si azzardò a farsi avanti.
«Ci hai fatto giurare di non ripetere gli errori passati. I giuramenti sono voti e vanno rispettati.» le rammentò. "
Genere: Avventura, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Eustass Kidd, Nuovo personaggio, Trafalgar Law
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Teru-Teru Bouzu '
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Titolo: Teru-Teru Bouzu
Genere: Avventura; Romantico; Generale {solo perché c’è davvero di tutto}.
Rating: Arancione {voglio farmi del male, oui.}
Personaggi: Nuovo personaggio; Eustass Capitano Kidd; Pirati di Kidd; Trafalgar Law{citato}; Heart pirates{citati}; Mugiwara no Rufy{citato}; Doflamingo{citato}; Disco.
Note: Sono in ritardissimo per l’ennesima volta, ma spero di potermi far perdonare dicendo che il capitolo è davvero più lungo del solito e che ho accelerato gli eventi in onore del quarantesimo capitolo, oltre che dell’anniversario di OP che due giorni fa ha compiuto ben diciassette anni. Qualora aveste perdonato questa mia mancanza, vi raccomando come sempre di leggere con attenzione tutti i POV, anche quelli dei personaggi secondari che sono striminziti… anzi, direi soprattutto quelli dei personaggi secondari, ci sono spoiler su spoiler, del futuro prossimo e non. Il Dottor Heartstealer per questa settimana è in ferie, anche se sappiamo tutti che è in viaggio per l’isola delle donne – beate loro –, mentre Kidd fa gli straordinari e da qui in poi, ne farà tanti, ma davvero tanti. Avviso inoltre che il prossimo capitolo sarà un po’ particolare… comunque, detto ciò, ringrazio tutti coloro che anche in piena estate leggono e si fanno sentire, chi continua a seguirmi e quelli che aggiungono questa storia nelle varie categorie. Mi ripagate di tutto il lavoro che faccio, lo fate di continuo! Merci!
Ps: Se aveste tumblr, trovate il link nella mia pagina autore di questo sito, mi farebbe molto piacere sentirvi e sarei ben lieta di mostrarvi le fanart che sono state realizzate per questa storia… e che sì, mi hanno tanto fatto piangere di felicità!
Alla prossima settimana, mes amis!






CAPITOLO XXXX






Una bon chari carica di pacchi sfrecciò di fianco a loro di tutta fretta, proseguendo lungo la via principale di quel piccolo centro, schivando passanti e bancarelle colorate, sino a svanire tra folla con la propria ombra trasversale a farle compagnia. Non vi prestò più attenzione di quanta non gliene avessero concessa gli abitanti di Sabaody e proseguì per qualche altro metro, prima che Aya si fermasse a fissare una strada secondaria dall’aria anonima che terminava oltre l’ultima fila di negozi, costringendolo alla medesima azione.
Un paio di casse inutilizzate dai commercianti erano state impilate accanto a una delle due pareti chiazzate di muschio verdastro ed al volantino di un ricercato da pochi berry, fatto che non rendeva comunque quel vicolo degno di nota, se non forse per la visuale che concedeva sul numero violaceo del grove limitrofo.
«Puoi aspettarmi qui?» domandò di colpo la voce di Aya, mentre era ancora concentrato nel proprio studio.
Abbassò gli occhi scuri su di lei, osservandola incerto dall’alto dei venti centimetri e più che li dividevano.
«Dove vai?» chiese con tono piatto, piegando leggermente le sporgenze del copricapo su di un lato.
«Sotto quella mangrovia, tranquillo, non sparisco.» lo rassicurò, indicando con un sorriso il tronco striato che s’innalzava a un centinaio di metri, al limitare dello spiazzo d’erba verde che si estendeva dietro gli edifici.
Lanciò un’occhiata circospetta al vicolo e dopo qualche istante annuì in silenzio, lasciando che Aya si allontanasse a passo spedito nella direzione indicata.
Considerando il precedente di molti mesi prima e il clima spiacevole che si respirava già il giorno seguente la guerra a Marineford, Wire non aveva potuto far altro che accompagnarla, anche se il Capitano non aveva dato istruzioni a riguardo. Troppo impegnato insieme a Killer nel tenere sotto controllo l’uomo che stava terminando il loro rivestimento, non doveva neanche essersi accorto della velocità con cui era scesa dalla passerella con la sacca sulle spalle o con molta probabilità, le avrebbe rifilato quei pugni che aveva minacciato di darle tempo addietro dopo averla aspettata per due giorni. Avrebbe preferito seguirla sino al luogo che stava cercando, ma la distanza che li separava non era molta e anche da lì avrebbe potuto tenerla sotto controllo, premurandosi che non sparisse nel nulla o che qualche cacciatore di taglie non prendesse coraggio vedendola nel bel mezzo del nulla.
Avanzò di un passo, immettendosi nel vicolo vuoto e squadrò i dintorni del grove su cui sorgeva la mangrovia con attenzione, accertandosi definitivamente che nessuno stesse osservando quella scena. Tornò a guardare Aya, accovacciata ormai accanto a una radice che emergeva per metà dal terreno e si ritrovò a chiedersi che avesse tanto da trafficare con quella sacca, se ciò che doveva lasciare era solo “un’offerta di buon augurio per il viaggio nel Nuovo Mondo”.
Affondò il tridente nell’erba umida di Sabaody e un sospiro pesante gli sgorgò dalla gola, mentre alcune bolle si liberavano dal terreno che le aveva imprigionate sino allora e si sollevavano verso le fronde arrossate delle mangrovie illuminate dagli ultimi raggi del sole.
C’era qualcosa in quella ragazza che a volte lo lasciava perplesso e di certo non per colpa di quelle storie su cui lei faceva tanto affidamento.
Pazientò alcuni minuti, continuando a osservarle la schiena coperta dal vestito a righe e dai capelli rossicci, finché non la rivide alzarsi e guardarsi attorno, sistemando la sacca visibilmente più leggera sulla spalla.
Controllò una volta ancora attorno a sé, in silenzio e rimase in attesa, muovendosi solo quando Aya ebbe attraversato lo spiazzo e gli fu tornata accanto con una strana espressione.
«Possiamo andare.» stabilì abbozzando un sorriso, incamminandosi poi tra la folla dell’arcipelago.



Tamburellò il tacco lucido della scarpa sul pavimento rovinato, sentendo immediatamente la spalla bruciare, mentre dietro di lui, sugli spalti, un gruppo di dipendenti e operai si occupava di rimettere a nuovo le sedute che erano state distrutte, affinché l’attività riprendesse il più in fretta possibile.
La casa d’aste non era mai stata in quelle condizioni, era sempre stata impeccabile sotto ogni punto di vista. Lo sfondo con il logo di Mister Doflamingo, il tetto con i suoi riflettori, le poltrone con i cuscini rossi, le scalinate e i corridoi lucidi, il portone d’accesso con le rifiniture levigate e adesso invece non sembrava altro che uno squallido campo di battaglia dov’era saltato tutto in aria.
Sollevò le lenti a forma di stella sulla voragine oscura che si apriva davanti a lui sul retro del palco, lasciando intravedere soltanto i riflessi di alcune sbarre delle gabbie poste nei corridoi laterali e piegò la bocca in una smorfia.
Avrebbe dovuto trovare qualcosa da mettere al centro dello scenario, qualcosa che sostituisse l’emblema di Mister Doflamingo.
«Mister Disco! Mister Disco!» strepitò di colpo uno dei dipendenti, spalancando il portone d’accesso scardinato per metà da quel folle che si era lanciato giù dal tetto.
«Cosa c’è?» borbottò infastidito, augurandosi vivamente che Mugiwara fosse crepato insieme a quel demonio di Trafalgar Law subito dopo aver lasciato Marineford.
Li chiamavano Supernove, ma “Generazione terribile” era molto più adatto. Quei tipi erano delle mine vaganti, non facevano che creare problemi, della loro morte il mondo intero avrebbe solo potuto giovarne, anche se avrebbero meritato piuttosto di rimanere in catene come schiavi per il resto della loro misera esistenza, a strisciare ai piedi di qualche ricco dal pugno di ferro che gli rifilasse frustate di continuo.
Il subalterno corse giù dalle scale rovinate con il viso arrossato e la fronte grondante sudore, fermandosi a riprendere fiato solo quando ebbe raggiunto il camminamento appena sotto il palco e lui si fu girato senza alcun sorriso da rivolgergli.
«Si tratta di quella donna, quella che ha provato a truffarla il giorno dell’incidente!» biascicò tra un respiro e l’altro, asciugandosi il viso rotondo con il polsino della divisa.
Disco balzò in piedi di colpo con un ringhio, ignorando il dolore sopraggiunto alla spalla, per muovere un passo in direzione dell’uomo che aveva parlato, attirando inevitabilmente l’attenzione del resto dei presenti.
«È tornata?» indagò sdegnato, sentendo il petto pulsare sotto il morbido tessuto del vestito che indossava, lì dove si era creato un enorme livido nerastro.
«Haii, l’ho vista ai grove fuorilegge!» confermò il dipendente, annuendo con il capo scarmigliato dalla corsa, strappandogli un verso di vittoria.
Il suo istinto da professionista lo aveva messo in guardia sin dal primo momento, l’idea che una donna qualsiasi potesse trattare affari di quella portata per conto di un Nobile mondiale era inconcepibile, ma gliene aveva sentito parlare con una tale sicurezza e cura dei dettagli da decidere di mettere a tacere quel presentimento. Quella strega aveva persino provato ad ammaliarlo con le sue moine e svenevolezze, lanciandogli occhiate, versando vino, gironzolando per la stanza e per l’attività quel giorno era cominciato come un giorno fortunato e Disco non aveva potuto non cedere almeno un po’. Tuttavia, una volta superato in parte il trauma per l’incidente con la famiglia Roswald, il proiettile nella spalla e la fuga degli schiavi ancora non venduti, l’istinto era tornato a prendere il sopravvento e lui aveva fatto qualche ricerca.
Aya, quello era il nome riportato sotto la sua immagine nel volantino da ricercata, insieme a una taglia da quindici mila berry. Fatto che spiegava senza dubbio perché quella spudorata avesse avuto il coraggio di rubargli una den den mushi e di tentare di truffarlo.
Sogghignò per un po’, pensando a come avrebbe potuto fargliela pagare per quell’affronto adesso che era in suo potere, ma fu costretto a interrompere le proprie fantasie quando contemplando il proprio sottoposto si rese conto che non aveva portato nessuno con sé.
«Perché non le hai messo un collare, razza d’incapace?!» strillò infuriato, agguantandolo per il colletto della divisa rosa e nera.
«Non potevo Signore, non ci sarei mai riuscito da solo…» si giustificò quello, rannicchiandosi su se stesso.
«Suvvia! Non è poi così pericolosa da non poterla prendere con un’imboscata!» ritenne critico, mollando con una smorfia la presa.
L’avrebbe messa in catene lui stesso il giorno dell’incidente se non fosse stato ferito a una spalla e colto di sorpresa dal suo attacco, si ritrovò a pensare, scuotendo il cilindro giallo. Aveva ammansito gente peggiore durante i suoi anni da direttore della casa d’aste, indipendentemente dalla taglia e dalla fama, trovava sempre un modo per gestire gentaglia di quella risma.
«Di certo sarà così, ma vede, il fatto è che era in compagnia di uno di quei pirati che ci hanno attaccato, Eustass Capitano Kidd.» spiegò con voce flebile, tastandosi il collo strattonato.
Sentendo quel nome Disco non poté che fissarlo ad occhi sgranati, mentre annuiva con timore retrocedendo lungo il corridoio – forse nell’incertezza d’essere afferrato in un nuovo impeto di rabbia – e tutto gli parve improvvisamente più chiaro.
«Erano tutti d’accordo… si erano organizzati…» mormorò sconvolto, sentendo gli occhiali scivolargli sul naso.
Si chiedeva come avesse fatto a non pensarci prima, come non avesse riflettuto sulla presenza di ben tre capitani, tre Supernove alla medesima asta con ciurme al seguito, proprio quando i suoi lotti erano tanto allettanti. Probabilmente dovevano aver mandato quella donna per sondare il terreno con una scusa ben pensata, una volta ottenute le informazioni su ciò che c’era nel suo ufficio e le vie di fuga poi, si erano sistemati all’interno della sala e avevano atteso il momento opportuno per seminare il panico tra il pubblico e mandare lui in rovina. Disco era quasi certo che non avessero ottenuto nulla solo per la casuale presenza dei Nobili Roswald e magari adesso si stavano organizzando nuovamente per ritentare il colpo, proprio quando nessuno lo avrebbe sospettato a causa della guerra a Marineford.
«Beh io… questo non lo so Signore, può essere… ho visto sol-» continuò il dipendente vedendosi osservato con insistenza, ma la frase gli morì in gola, mentre le vene sulle tempie di Disco prendevano a pulsare con frenesia.
«Chiamate i cacciatori di taglie, dite che raddoppio il pagamento per ognuno di quei pirati! Li metterò in una gabbia e gli farò rimpiangere di essersi messi contro il proprietario della più grande casa d’aste di Sabaody! Se ne pentiranno amaramente!» urlò furibondo, gesticolando verso l’entrata socchiusa dell’edificio.
Li avrebbe fatti supplicare per una di quelle fetide celle di Impel Down di cui persino i secondini dimenticavano l’esistenza e anche quando avessero chiesto pietà, non gliene avrebbe concessa. Quello era un torto che non era disposto a tollerare, dovevano pagare. Non avrebbe permesso loro di andare in giro per Sabaody come se nulla fosse accaduto.
«Signore, temo non sia più possibile…» lo interruppe fioco il sottoposto, arrestando persino i movimenti di coloro che si erano sollevati dagli spalti, abbandonando la ricostruzione, per andare ad eseguire le direttive appena fornite.
«Come hai detto?» sibilò incerto, voltandosi meccanicamente nella sua direzione.
«Ecco… io ho fatto più in fretta che potevo, ma loro… non può più prenderli, perché credo siano salpati per il Nuovo Mondo… la nave era rivestita e la donna c’è salita sopra.» concluse, inghiottendo l’enorme groppo che doveva essergli salito in gola.
Rimase in silenzio a squadrarlo per alcuni secondi interminabili, lasciando che le voci provenienti dall’esterno s’intrufolassero nella sala ormai ammutolita e solo dopo parecchio, si convinse a girarsi completamente e fissarlo da vicino con fare critico, per poi colpirlo con il braccio ancora integro, mentre un sorriso piatto gli deformava il viso pieno di graffi.
«Sei troppo stupido persino per essere venduto.» stimò con voce greve, schiacciandolo contro il pavimento del corridoio con lo stivale lucido.



Sollevò il naso in aria, studiando la massa d’acqua tumultuosa che circondava la bolla dentro cui era custodita la nave di Kidd e si chiese se quell’oscurità non fosse in parte dovuta al sole che, da qualche parte molte centinaia di leghe sopra di loro, stava tramontando sull’orizzonte della prima metà di Grande Blu.
Sapeva che a quelle profondità era impossibile pretendere che giungesse un po’ di luce e stando sul sottomarino degli Heart ne aveva avuto un primo assaggio, ma il fondale su cui stavano navigando da ore non aveva nulla di simile a quelli che aveva visto poggiando la fronte sugli oblò insieme a Bepo e Shachi. Quel genere di abissi era terminato con un baratro buio dentro cui il timoniere aveva spinto con difficoltà la nave in verticale, cedendo il posto a un’apparente desolazione per cui persino Aya non aveva provato entusiasmo.
Le pareti rocciose che li circondavano erano diventate sempre più scure ad ogni metro percorso e l’intero equipaggio si era dovuto armare di lampade, controllando dai parapetti che la nave non andasse a sbattere contro uno spuntone. Un silenzio irreale li aveva oppressi di colpo, permettendole di ascoltare ancora una volta quel singolare muggito che riecheggiava per il mare quando i suoni della superficie venivano ingurgitati dall’acqua e che a detta di Trafalgar somigliava a una nenia inarrestabile. Erano andati giù forse per delle ore in quelle condizioni, mentre la temperatura precipitava sino a obbligare tutti a indossare delle giacche, poi però, erano arrivati gli scossoni gelidi della corrente e la luce fioca della nave si era fatta miracolosamente largo tra le tenebre, rivelandone gli ospiti.
Per un paio di minuti, un sorriso incontenibile le aveva piegato le labbra, spingendola ad avvicinarsi alla bolla di resina per guardare meglio ciò che le veniva mostrato, ma quando una decina di occhi si erano fissati sulla nave e i proprietari avevano deciso di andarle in contro intenzionati a divorarli, l’entusiasmo le era stato strappato di dosso dalla mano di Killer che l’aveva scavalcata per gettarsi in acqua e fermarli.
«L’aria è meno fredda di prima.» constatò davanti a lei Heat, il cui respiro aveva lentamente smesso di condensarsi in piccole nubi di vapore biancastro.
Avevano resistito al gelido alito del Grande Blu con una discreta incuria, ma gli attacchi erano stati esasperanti, anche se malgrado tutto Aya doveva confessare di essere rimasta ingenuamente ammirata dai mostri che li ideavano. Sapeva che quell’entusiasmo non era adatto al viaggio che stavano intraprendendo, semmai le cose si fossero complicate, lì non avrebbero avuto alcuna possibilità di sopravvivere, eppure non era riuscita a non sorridere ogni volta. Era rimasta aggrappata al parapetto, nonostante Wire avesse più volte tentato di trascinarla via di peso, guardando sbucare dall’oscurità di quei fondali esseri che mai avrebbe sperato di poter vedere, se non nelle illustrazioni del Bragmen.
«Reggetevi, stiamo uscendo dalla corrente!» raccomandò in uno strepito il navigatore, appena prima che lo scafo cominciasse a rollare convulsamente provocando in Kidd l’ennesimo ringhio irrequieto.
La bolla che li avvolgeva si piegò verso l’interno sotto la pressione esercitata dall’acqua e la chiglia della nave scricchiolò in maniera inquietante, attraversando di colpo l’immensa parete scrosciante che li aveva trasportati lungo gli abissi per la maggior parte del tragitto. L’intero equipaggio si ritrovò sbalzato verso destra ad una velocità spropositata, un paio di uomini rotolarono per il ponte di comando urtando l’un l’altro, la vedetta volò oltre la propria postazione rimanendo penzoloni a strillare e il timoniere diede prova del proprio forbito vocabolario imprecando contro chiunque avesse avuto l’idea di mettere un’isola sotto la Linea Rossa. Imprecazione cui non mancò d’associarsi Kidd, ormai esasperato, mentre la nave proseguiva quasi senza controllo.
Stare rinchiuso in una bolla, circondato da tonnellate d’acqua e re del mare che tentavano di troncare le sue ambizioni, lo aveva reso particolarmente nervoso. Senza contare poi le continue raccomandazioni di Killer riguardo al non usare il potere del suo frutto del diavolo.
«Tutta a dritta Capitano!» indicò di colpo la vedetta, una volta che si fu arrampicato nuovamente al proprio posto e tutti si furono rimessi in piedi.
Aya spostò lo sguardo oltre la pelliccia di Kidd e non poté non sgranare le iridi ambrate, quando uno strano baluginare cominciò ad allargarsi davanti alla polena a forma di teschio, lasciando intravedere un fondale diverso da quello che era sfrecciato sotto di loro per la maggior parte del viaggio sottomarino e su cui s’innestavano enormi ombre simili a radici.
«Luce?!» gracchiò sorpreso Kidd, muovendo un paio di passi avanti senza nessuna vena a pulsare sulla tempia.
«C’è qualcosa là in fondo.» gli fece eco Heat, indicando un punto preciso dinanzi a loro.
«Non sarà un’altra di quelle fottutissime meduse che brillano?!» sbottò timoroso il mozzo con la cresta bionda che l’aveva accolta a Sabaody, tuttavia Aya non vi badò più di tanto – a differenza di una parte di ciurma sfinita –, certa che quell’assurdo bagliore non potesse appartenere a nessuno degli animali che avevano incontrato.
La luce emessa da quegli esseri aveva sempre la medesima sfumatura giallastra e dopo un po’, con le dovute attenzioni, chiunque sarebbe riuscito a capire che aveva un che d’innaturale, quella che però li stava lentamente accogliendo, pareva assomigliare incredibilmente alla luce del sole al tramonto.
L’acqua, sino allora nera e torbida, si era rischiarata ad ogni metro percorso, rumoreggiando di suoni simili a quelli che avrebbe avuto sulla superficie e tra degli enormi tronchi violacei che svanivano chissà dove, erano emerse altre figure.
Aguzzò appena lo sguardo, tentanto di capire a chi appartenessero le sagome che continuavano a delinearsi man mano che la nave avanzava, ma dovette interrompere il proprio studio, quando Killer avanzò sino a prua e la luce fu abbastanza da permettere all’intero equipaggio di scorgere la bolla che ostruiva il loro passaggio.
«Non è una medusa, siamo arrivati.» decretò con tono metallico il vicecapitano, serrando le braccia al petto.
Aya non riuscì a trattenersi dal corrergli accanto e sporgersi dal parapetto.
«L’isola degli uomini-pesce.» mormorò rapita, mentre il sorriso sulle sue labbra premeva per venir fuori e Kidd le si accostava lasciandosi andare a un ghigno liberatorio.



Strinse con fermezza l’elsa della propria lancia e osservò in silenzio i movimenti del capo delle guardie dell’Ufficio Immigrazione, mentre con sguardo severo seguiva il gruppo di pirati che a notte inoltrata erano approdati sul pontile, passando dall’entrata principale dell’isola.
«Eustass Capitano Kidd.» sibilò con durezza, richiamando l’attenzione dell’uomo dalla pelliccia che era sceso per primo dalla nave e che si stava allontanando verso il centro città.
«Qui non ci sono distaccamenti della Marina e l’accesso è permesso a tutti, anche ai pirati, ma sia chiaro che qui come da voi in superficie, vigono delle regole. Qualora dovesse accadere qualcosa in città, il Governo del Regno del Palazzo del Drago vi riterrà direttamente responsabili.» l’informò fermo, prima che il ricercato dai capelli rossi scoppiasse a ridere con noncuranza.

























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Note dell’autrice:
Mi si sono striminzite di colpo, ma ormai ho abbandonato la retta via di Oda-sensei e potrò rifarmi in seguito.

- Bon chari: È il nome tecnico delle famose bici-bolla di Sabaody, che mi piacerebbe tanto, ma davvero tanto guidare!
- Offerta di buon augurio: Ora, se avete seguito le mie raccomandazioni settimanali e avete letto con attenzione il capitolo in cui Aya saluta gli Heart, sarete riusciti a capire perché lei si trova in un grove sperduto in mezzo a Sabaody con “un’offerta di buon augurio per il Nuovo Mondo”; qualora così non fosse, beh, rileggetelo, perché quell’adorabile signorina o donna che dir si voglia, aveva un appuntamento importante cui non poteva mancare.
- Truffa: Qui mi prendo un secondino perché confesso di aver riso scrivendo di questa cosa. Sì, ho riso e l’ho scritto io… la mia mente non è più quella di una volta dopo l’incontro ravvicinato con quella di Torao, comunque… ovviamente la “Aya” che viene descritta da Disco non è che l’OOC dell’originale, di questo vi avevo avvisato parecchi capitoli fa, quando pubblicai direttamente il POV, quindi non sconvolgetevi se lo sentite parlare di avance e moine, le ha sognate pover’uomo. E basandoci proprio su questo, capirete bene che tirando le somme non è accaduto nulla di ciò che lui ha supposto, anche se vedendo la cosa dall’esterno, potrebbe anche essere un piano plausibile… se Kidd e Trafalgar andassero d’amore e d’accordo, Rufy ascoltasse le direttive di qualcuno e Aya fosse stata posseduta realmente da uno spirito maligno. Detto ciò – sto anche continuando vergognosamente a ridere pensando a questa scemenza – mi soffermo su un dettaglio che avevo annunciato e che dovrebbe, con molta fantasia e volontà, avvalorare l’esistenza di Aya a Sabaody: l’immagine di Disco del post time-skip. Ebbene quando compare, solo nel manga, lo si vede chiaramente seduto fuori dalla casa d’aste ormai in rovina, con una bottiglia e dei vestiti da straccione, ciò che però m’interessa sono i volantini pugnalati che tiene davanti a sé. In ordine da destra a sinistra sarebbero Trafalgar, Rufy, Kidd e un qualcuno di non identificato, di cui però s’intravedono dei capelli lunghi e mossi. Ora, tralasciando il fatto che Oda si ostini a farci arrovellare su dettagli del genere, io so perfettamente che potrebbe essere Rayleigh la persona in questione, ma voglio credere che in quel volantino ci sia Aya e che sia stato messo proprio di fianco a Kidd, perché Disco aveva saputo che erano salpati insieme due anni prima.
- Ufficio Immigrazione: Esiste, non l’ho inventato – anche perché personalmente non sarei mai arrivata a inventare un Ufficio Immigrazione in un’isola – e Kidd c’è passato sul serio. C’è passato lui e tutte le altre Supernove, eccezion fatta per Rufy di cui sappiamo tutto e Trafalgar che non si sa come sia arrivato nel Nuovo Mondo. La prova di questo evento la danno gli elenchi stessi dell’Ufficio, che Oda ha pubblicato per chissà quale arcano motivo e che potete trovare persino sulla Wiki di OP, dove il nome di Kidd compare per primo tra quelli dei ricercati che passano per l’isola degli uomini-pesce.




  
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