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Autore: IamNotPrinceHamlet    11/08/2014    2 recensioni
Seattle, 1990. Angela Pacifico, detta Angie, è una quasi 18enne italoamericana, appassionata di film, musica e cartoni animati. Timida e imbranata, sopravvive grazie a cinismo e ironia, che non risparmia nemmeno a sé stessa. Si trasferisce nell'Emerald City per frequentare il college, ma l'incontro con una ragazza apparentemente molto diversa da lei le cambia la vita: si ritrova catapultata nel bel mezzo della scena musicale più interessante, eterogenea e folle del momento, ma soprattutto trova nuovi bizzarri amici. E non solo.
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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“Buona notte” sussurro nell’orecchio di Angela, che fino a pochi secondi fa era sotto di me, mentre ora è rannicchiata sotto le coperte e mi dà le spalle, tuttora scosse da piccoli fremiti.

“Ancora?”

“Come ancora?” le domando abbracciandola da dietro.

“E’ la terza volta che mi dai la buona notte, Jerry. A quanto pare non sei in vena di dormire oggi, o sbaglio?” biascica con la faccia affondata nel cuscino.

“Sono troppo felice per dormire” confesso mentre le sposto la coperta e i capelli dalla nuca e comincio a solleticarla con la punta del naso e le labbra.

“Ah sì? E come mai?”

“Perché mi hai perdonato”

“A saperlo avrei aspettato fino a domani, almeno sarei riuscita a chiudere occhio stanotte” commenta lei dopo una piccola pausa di silenzio in cui sinceramente pensavo si fosse addormentata.

“Davvero? Dalle facce che facevi prima non mi sembrava ti dispiacesse stare sveglia…”

“Era tutta una scena, lo sai che me ne intendo di cinema io” ribatte lei, allungando la mano sotto le coperte e stringendo la mia che è sul suo fianco.

“Certo, come no”

“Ho fatto un piccolo show per farti finire in fretta e tornare a dormire”

“Cazzo, sei un genio del male”

“Non adularmi così, mi fai arrossire”

“Credevo di averti persa… persa per sempre” le dico stringendola ancora di più.

“Ovvio, pensavi di esserti liberato di me, ce l’hai anche messa tutta… e invece, ho rovinato i tuoi piani” alza leggermente la testa, quel tanto che basta per voltarsi verso di me e guardarmi di sbieco.

“Fortuna che ci pensi tu a rovinarli”

“Beh, onestamente spero di non avere altri piani da rovinare in futuro”

“Non ce ne saranno, basta sabotaggi” le dico tirandola verso di me e facendola girare supina sul letto.

“Se mi fai incazzare di nuovo sei morto, ti avviso” minaccia a occhi chiusi, allungando una mano alla cieca e accarezzandomi i capelli.

“Non succederà, promesso…”

“Speriamo”

“Anche il prossimo che ci interrompe mentre stiamo per trombare è morto” scherzo aspettando una sua reazione imbarazzata per la disavventura di stasera con Eddie. Ma dopo un lungo silenzio capisco che stavolta è crollata per davvero “Notte piccola” le do un bacio sulla guancia e l’abbraccio di nuovo, appoggiando la testa sul suo petto e addormentandomi quasi subito.

Dopo neanche mezz’ora vengo svegliato da Angie, che è già sopra di me.


**

Le immagini di quella notte di sesso e di perdono mi scorrono nella mente come dei fotogrammi al rallentatore, mentre davanti agli occhi ho l’istantanea di Angie seduta sul bancone del negozio che mi fissa con uno sguardo indecifrabile. Allo stesso modo, mi risultano incomprensibili le due parole che sta pronunciando. Che cazzo vuol dire che mi perdona? Non può essere, devo aver frainteso. Quante volte ho sognato di rivivere una notte simile a quella seguita alla nostra lite per New York. Da quando mi ha lasciato ho fantasticato mille volte su una possibile riconciliazione, così come ho fantasticato anche ieri sera, quando rientrando in casa ho sentito la sua voce in segreteria e mi sono letteralmente lanciato sul telefono per rispondere, così come ho fantasticato tutta la notte pensando che oggi l’avrei rivista, ma… per l’appunto, non pensavo fosse nulla di più di una fantasia. Dopotutto, come potrebbe essere altrimenti? Non si tratta di averne combinata una delle mie o di averle detto una bugia, il casino che ho combinato è di proporzioni cosmiche, come posso anche solo pensare che lei…

“Sì, ti perdono” conferma.

“E perché?” lo so che dovrei stare solo zitto, ringraziare il cielo e baciare i piedi stivalati di Angie e la porzione di suolo da lei calpestata da qui ai prossimi due anni e che questo non basterebbe comunque a fare ammenda per quello che le ho fatto. Dovrei solo tacere, inginocchiarmi e accogliere il miracolo senza fare troppe storie, come un bravo pastorello, ma la domanda mi esce spontanea. Come cazzo fa a perdonarmi? Insomma, io stesso non mi perdonerei, probabilmente a quest’ora avrei già organizzato una spedizione punitiva dei miei amici più grossi per pestarmi a sangue. A parti invertite, io faticherei a guardarla in faccia perfino dopo anni, figuriamoci perdonarla dopo una settimana.

“Beh, ecco, perché… perché non è stata colpa tua” prova a spiegare lei.

“Eh?”

“Non del tutto almeno”

“Angie, è stata colpa mia, SOLO colpa mia. Lo so che sul momento ho cercato di scaricare tutto su Monica, e non è di certo mia intenzione difenderla, ma la colpa è stata mia, non sua né di nessun’altra ragazza che-”

“Non è a Monica che mi riferisco, Jerry, né a nessun’altra ragazza con cui hai… beh…”

“Ah. E di chi parli?” le chiedo sempre più confuso.

“Di me” ammette dopo un lungo sospiro.

“Di te? Che significa?”

Che cazzo sta dicendo?

“Significa che in parte è stata anche colpa mia, ho sbagliato anch’io” continua mentre fa oscillare appena i suoi piedi a penzoloni dal bancone.

“Tu?! Tu… tu non hai sbagliato niente, che cazzo hai sbagliato? Tu sei stata perfetta, sei perfetta, sei la-”

“Ho sbagliato a mettermi con te”

Ah. Ecco.

“Oh… in quel senso…”

“Il mio errore è stato pensare che avrebbe potuto funzionare. Anzi, no, dentro di me sapevo benissimo che non avrebbe potuto funzionare tra noi, ho solo fatto finta di non saperlo, tutto qui. Ed è lì che ho sbagliato”

“Ma allora, ehm, non vuoi tornare con me”

“Che?! Ma sei matto?” domanda smettendo di far dondolare i piedi.

“No, è perché avevi detto che-”

“Jerry, mi sa che hai capito male: ho detto che ti perdono, non che voglio rimettermi con te”

“No no, cioè, io avevo capito bene, lo chiedevo solo per conferma, perché detto così… sai… poteva sembrare…” farfuglio mentre sento chiaramente il mio cuore andare in frantumi. Di nuovo.

“Non tornerò mai con te”

“Appunto, allora avevo capito”

Non avevo capito un cazzo e, da come mi sento ora, temo ci avessi creduto molto più di quanto pensassi.

“Jerry, tu mi piacevi… e molto”

Le piacevo.

“Ti piacevo, ma…” aggiungo io aspettandomi una cosa del tipo 'Mi piacevi, ma sei un figlio di puttana'.

“Non c’è un ma, mi piacevi. Tanto da farmi perdere il lume della ragione e far passare in secondo, anzi, in terzo piano la nostra totale incompatibilità”

“Beh, adesso, totale… mi pare eccessivo…” replico cercando di non apparire troppo risentito, dopotutto non me lo posso permettere.

“A giudicare da come è finita, mi sembra un aggettivo più che appropriato”

“Ok, ma… voglio dire… ho fatto lo stronzo, però… abbiamo, cioè, avevamo delle cose in comune, insomma, andavamo-”

“Forse. Sai, considerando che è stata tutta una farsa, non saprei dirlo con precisione” ribatte e ricomincia a far dondolare i piedi.

“Non è stata tutta una farsa!”

“Beh, mi hai mentito su molte cose… ora cosa dovrei fare, stare qui ad analizzare con te ogni dettaglio della nostra relazione per stabilire su cosa mi hai mentito e su cosa no?”

“Ecco, io…”

“Sai cosa mi piaceva più di tutto?” chiede con un sorriso palesemente forzato.

“Cosa?”

“Che mi ricambiavi. Mi piaceva piacerti, scusa il gioco di parole fastidioso. Mi piaceva sentirmi amata e me lo facevo andar bene, anche se inconsciamente sapevo che non era vero”

“Ma era vero! Io… io ti amavo. Cioè, ti amo. Beh, insomma…” faccio per staccarmi finalmente dalla porta e avvicinarmi a lei con uno scatto, ma poi rallento subito il passo e avanzo lentamente.

“Io no invece” ribatte con una tranquillità disarmante che mi paralizza a pochi passi da lei.

“Lo so, adesso non provi più niente per me”

“Non solo adesso, Jerry, non ti ho mai amato”

Mai? Se qualche angolo del mio cuore era rimasto integro, quel mai l’ha appena mandato in pezzi facendo definitivamente piazza pulita.

“C-che?”

“O meglio, forse sì, però… Io ho amato qualcuno, credevo fossi tu, ma in realtà quel qualcuno era solo l’immagine che avevo di te, un’immagine creata attraverso tutta una serie di bugie che mi hai rifilato per mesi. Ora, io non so chi sei, davvero, non è un modo di dire. Mi hai raccontato talmente tante cazzate che adesso non so più distinguere il vero dal falso”

“Angie…”

“Io non so di chi ero innamorata, Jerry, però so una cosa”

“Cosa?”

“Che ora non lo sono più, perché quella persona, quell’immagine non esiste più. Ora ho di fronte il vero te e mi sembra di parlare con un estraneo”

“Tu lo conosci già il vero me, ti ho raccontato cose di me che non sa nessuno e-”

“Perché, Jerry? Perché hai dovuto mentirmi?”

“Io-”

“Dimmelo. Perché mi hai raccontato che non volevi più scopare in giro? Perché mi hai detto che non ti vedevi con nessun’altra? Potevi continuare tranquillamente con la tua vita senza coinvolgermi e incasinare entrambe le nostre esistenze. Perché mi hai fatto questo?!” mi incalza, quasi urlando, e mostrando finalmente un po’ di emozione, dopo essersi mantenuta più o meno fredda tutto il tempo.

“Perché… perché volevo piacerti” rispondo con un filo di voce.

“Cosa?”

“Volevo piacerti” ripeto a un volume più comprensibile.

“M a tu mi piacevi già, brutto idiota!”

“Ok, ma… a volte sembrava di sì, a volte sembrava di no, il tuo atteggiamento non era chiarissimo, mandavi messaggi ambigui…”

“Perché sono fatta così, cazzo, non sono solita aprire le gambe appena un ragazzo mi piace. Probabilmente sei abituato male” ribatte con una specie di ghigno sarcastico sul finale.

“Angie, sinceramente, saresti mai uscita con me se non ti avessi detto che non mi vedevo con nessuna?” le domando ignorando la frecciata.

“Jerry, sinceramente, sei coglione o ci fai?”

“Perché?” vorrei rispondesse e basta, ma allo stesso tempo non mi ha mai fatto così tanto piacere sentirla rispondere a una domanda con un’altra domanda, come suo solito. E’ come se in quella frazione di secondo fossimo tornati indietro nel tempo, alla nostra quotidianità di coppia, a quando lei era ancora mia ed io ero ancora un bastardo fortunato.

“Io mi sono fatta avanti con te, ben prima che iniziassi a riempirmi la testa di stronzate”

“M a quando?” le chiedo perplesso e i casi sono due: o la roba mi sta bruciando il cervello, pezzi di memoria compresi, oppure Angie è pazza.

“Credi davvero che quel giorno ci sia capitata per caso su quella fottuta panchina sotto casa tua?”

“Sotto casa mia?” le chiedo basito, cercando di acchiappare e rimettere in ordine uno ad uno i brandelli delle mie certezze, che hanno cominciato a svolazzare nel mio cervello non appena Angie ha spalancato una porta che finora era rimasta chiusa.

“Secondo te attraverso la città per far sviluppare due cazzo di rullini?”

“Beh, dicevi che lì sono veloci…”

“Sono veloci anche in un milione di altri posti, Jerry. Ma a me interessava quel posto”

“Vuoi dire… sapevi che abitavo lì?” le chiedo, probabilmente apparendo ai suoi occhi come un deficiente.

“Certo che lo sapevo, testa di cazzo che non sei altro. Ci sono venuta apposta, nella speranza di incontrare te”

“Ci sei venuta apposta” ripeto incredulo.

“Mi sono piazzata lì dal mattino, sono rimasta ore su quella panchina di merda ad aspettare che uscissi”

“Ma… io… scusa, ti avrò chiesto un milione di volte di uscire con me e non mi hai mai cagato, pensavo che-”

“Pensavi che ti avrei detto di sì così, davanti agli altri? Mi vergognavo… e poi, beh, avevo qualche dubbio… però volevo conoscerti…”

“Allora ti piacevo?”

“Sì”

“Nonostante tutto?”

“Mi piacevi così com’eri, Jerry. Invece tu hai sentito il bisogno di mentirmi e fingerti qualcosa che non sei”

Le piacevo così com’ero.

“Vuoi dire… stai dicendo che avresti-”

“Sì”

“Anche se-”

“Sì”

Sta scherzando?

“Mi fai finire una frase?”

“Non mi importava che ti scopassi anche i muri, Jerry, volevo avvicinarmi a te. Pensavo che conoscendoci meglio la nostra amicizia sarebbe cresciuta e magari sarebbe pututo nascere qualcosa in più… magari tu saresti cambiato e ci saremmo messi assieme oppure saremmo finiti semplicemente a letto qualche volta e poi amici come prima. Non lo sapremo mai, comunque, perché tu hai rovinato tutto”

Le piacevo per quello che ero.

“Ho rovinato tutto”

“Già… se non avessi sentito l’esigenza di forzare gli eventi e affrettare le cose raccontandomi bugie, ma avessi semplicemente lasciato che le cose accadessero, in maniera naturale e nei tempi giusti, beh… non so cosa sarebbe successo tra noi, ma sono sicura che a questo punto avremmo almeno potuto essere amici. Invece ora non è più possibile, nemmeno quello”

Avevo una donna che mi apprezzava così com’ero e me la sono giocata perché sono un imbecille e non l’avevo capito.

“So che non è possibile, Angela, non ci spero neanche”

“E’ un peccato però” commenta distogliendo lo sguardo dal mio per la prima volta da quando sono entrato e guardando fuori dalla vetrina.

“Già…”

“Ma se i nostri rapporti non possono essere di amicizia, vorrei almeno che fossero amichevoli” aggiunge continuando a guardare fuori.

“In che senso?” le chiedo e ho avuto bisogno di alcuni istanti per elaborare le sue parole.

“Io odio portare rancore, Jerry, e non perché sia particolarmente buona o più magnanima degli altri, ma semplicemente perché il rancore mi fa stare male”

“Angie…”

“Mi corrode, mentalmente e fisicamente, come un cancro, in maniera silenziosa”

“So cosa vuoi dire”

“E io non voglio soffrire, non voglio stare male per te

“Certo, non ne vale la pena” confermo facendo no con la testa.

“Esatto, non vale la pena soffrire per qualcuno che esisteva solo nella mia testa, per qualcuno che in fondo non ho mai conosciuto davvero”

“Non posso che darti ragione…”

“E se c’è almeno una cosa intelligente che ho fatto in questi mesi, beh, è stata quella di non dire niente di noi agli altri. Non oso immaginare il casino che sarebbe successo”

“Vuoi dire che-”

“Non ho detto niente né a Stone né a nessuno, né ho intenzione di farlo. Eddie e Meg terranno la bocca chiusa e così farò anch’io. Mi capiterà spesso di incontrarti, è inevitabile, abbiamo amici in comune, frequentiamo gli stessi posti. Ecco, vorrei che ci comportassimo normalmente quando succederà”

“Normalmente?”

“Sì, insomma, come se niente fosse successo, come facevamo prima… beh, come prima escluse le avances da parte tua”

“In poche parole, stai dicendo che vuoi pararmi il culo?”

“Non lo faccio per te, ma per me. Perché ci tengo alla tua band e ai Mookie e alla vostra amicizia. E perché ho rispetto per te come musicista, per il tuo lavoro. Presto farete un tour insieme, non vedo perché dovrei crearti dei casini con gli altri, non mi aiuterebbe in nessun modo”

“Ma… non ti da fastidio? Cioè, l’idea di avermi tra i piedi e…”

“Tanto ti avrò comunque tra i piedi, è inutile girare attorno al problema. Non voglio mentirti, non sarà facile. Sarà tutt’altro che facile, sarà imbarazzante e penoso e fastidioso e mi verrà voglia di prenderti a schiaffi ogni volta che ti vedrò. Ma sarà sempre meglio che odiarti, almeno per me”

Quasi quasi, preferirei gli schiaffi.

“Sì… anche per me, comunque… forse è meglio cercare di limitare gli incontri, per quanto possibile, almeno all’inizio…” se devo vederla ridere e scherzare con gli amici, mentre mi tratta con indifferenza come un conoscente qualsiasi, allora preferisco non vederla affatto.

“Sì, ma non voglio diventi un problema. Se ti ho fatto questo discorso è proprio perché voglio risparmiare sia a me che a te lo sbattimento dell’evitarsi a tutti i costi. Ci vorrà del tempo perché riesca ad essere tranquilla in tua presenza, ma ce la farò” aggiunge saltando giù dal bancone e allontanandosi verso il reparto surgelati dopo avermi rivolto una rapida occhiata.

“Anche a me servirà del tempo…” balbetto, ma lei ha finito il suo discorso e ha evidentemente smesso di prestarmi attenzione “Forse è meglio che vada ora”

Tanto tempo.

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Ce l’ho fatta. Ci ho parlato e ancora non mi sembra vero. Non mi pare vero di essere riuscita a parlare civilmente con Jerry, dirgli tutto e risultare anche convincente. Sinceramente, già solo il fatto di non avergli vomitato sulle scarpe per l’agitazione lo considero un successo personale, ma poi con le cose che gli ho detto, per come le ho dette… beh, ho stupito me stessa. Sono riuscita ad esprimere in modo chiaro e anche piuttosto sintetico il mio punto di vista e quello che provavo e che provo come mai avevo fatto prima, o quasi mai. Probabilmente se qualcuno mi chiedesse di ripetere tutto non ne sarei in grado, resterà uno di quei rari momenti di gloria con pochi testimoni di cui non potrò vantarmi con nessuno, ma nel cui ricordo potrò crogiolarmi ogni qual volta mi sentirò una fallita. Quando ho rivelato a Meg i miei piani, non l’ha presa molto bene. Devo ammettere che 'voglio dire a Jerry che lo perdono e amici come prima' non suona benissimo detto così, di certo non suona come una vittoria. Ma per me lo è stata ed è questo che conta. Ora devo soltanto mettere in pratica le belle parole e il gioco è fatto. Perché, insomma, la persona di cui ero innamorata potrà anche non essere stato il vero Jerry Cantrell, però gli assomigliava parecchio.

Ho appena dato il resto e lo scontrino a due ragazzi che hanno fatto il pieno di alcolici, suppongo per la festa dell’ultimo dell’anno di domani, quando un volto nuovo, ma familiare, fa capolino all’ingresso del negozio, facendo tintinnare il campanello della porta.

“Ciao Angie!”

“Oh ciao Violet! Se cerchi Eddie non c’è, ha fatto il turno di notte” le spiego dando per scontato che non sia da queste parti per fare la spesa.

“Lo so, lo so, me l’ha detto” agita una mano come per scacciare un insetto fastidioso o un pensiero irrilevante.

“Ah, ok, allora…” esco da dietro al bancone, pronta per aiutarla. Evidentemente mi sbagliavo.

“Sono venuta per te” aggiunge con un sorrisone da copertina, unendo le mani e indicandomi con le mani giunte.

“Ehm per me? In che senso?”

“Ho bisogno di aiuto, un aiuto che solo tu mi puoi dare”

“Io?”

“Sì… riguarda Eddie” aggiunge sottovoce, avvicinandosi al bancone e appoggiandovisi all’indietro coi gomiti, in maniera da far aprire leggermente i lembi del cappotto e mostrare un abito rosso niente male.

“Eddie?” le domando terrorizzata, tornando dietro alla cassa e spingendola quindi a voltarsi per guardarmi in faccia.

Che faccio se ora mi chiede se Eddie parla mai di lei e cosa dice? Non posso di certo mentirle, ma non posso neanche dirle che non gli piace. Ci rimarrebbe di merda. E mi odierebbe. Ora come ora l’ultima cosa di cui ho bisogno è una persona che mi odi.

“Proprio lui. Voi siete molto amici, no?” continua lei, sciogliendo il nodo della sua lunga sciarpa bianca e lasciandosela cadere morbida sulle spalle.

Ottimo, ora ha anche una comoda arma a portata di mano per strangolarmi.

“Sì, beh, lo conosco… un po’… insomma da un paio di mesi, come tutti, non è che siamo proprio amici di vecchia data”

“Comunque, lo conosci sempre meglio di me”

“Mah, non so, dipende dai punti di vista… mi pare che anche la vostra conoscenza sia piuttosto ehm approfondita” rispondo imbarazzata guardandomi attorno, sperando che entri qualche cliente da un momento all’altro.

“Ahahahah ma che dici! Aspetta, so a cosa ti riferisci: pensi alla scena di ieri mattina, vero? Ma guarda che non è come pensi” mi rassicura lei. Chissà perché sia lei che Eddie sentono il bisogno di rassicurarmi. Forse mi reputano troppo piccola e temono di scandalizzarmi.

“Io non, ehm, non penso niente”

“Ho dormito da lui, ma lui ha dormito sul divano, da vero gentleman. Non c’è stato niente. Non ancora, almeno” aggiunge strizzandomi l’occhio sull’ultima frase e io non posso fare altro che mostrare le gengive sperando che tutto questo finisca presto, che sia con l’arrivo di altri clienti o di un’apocalisse zombie poco importa.

“Beh, come si dice, se son rose fioriranno ehehehe” se arrivo a ricorrere ai proverbi, vuol dire che sono proprio alla frutta.

“Lo spero! Per ora non siamo andati oltre ai baci… ma che baci! Non mi posso lamentare” risponde lei e le mie gengive vengono ricoperte subito dalle labbra, unite in una riga perfettamente orizzontale.

Cioè, dice che non gli piace e poi la bacia? Che motivo avrebbe di dirmi che non gli piace se non fosse vero? Qui i casi sono due: o Eddie è l’ennesimo stronzetto che illude le ragazze e poi le molla o è confuso da morire e non sa nemmeno lui che cazzo vuole. Non posso e non voglio credere alla prima ipotesi, quindi preferisco propendere per l’Eddie rimbambito in balia degli eventi.

“Allora la cosa promette bene! Sì, insomma…”

“Direi di sì! Però, non so… sento di non conoscerlo ancora bene, sai com’è fatto, non parla molto di sé, si mantiene sempre piuttosto abbottonato” risponde voltandosi verso l’entrata, quando il campanello suona e due donne, presumibilmente madre e figlia, fanno il loro ingresso nel negozio, dirigendosi subito verso il banco della frutta.

“Sì, è un tipo abbastanza discreto” non so cosa dire, sono sempre a disagio in queste situazioni.

Non che il ruolo dell’intermediaria tra due piccioncini sia nuovo per me, anzi, lo ricopro spesso e con dedizione e profitto dalla seconda media. Il fatto è che finché va tutto bene è solo una scocciatura e nulla più. Ok, al quattordicesimo bigliettino per lei passato da lui in classe vorresti infilarglielo su per il culo urlandogli che potrebbe anche far funzionare la sua articolazione temporo-mandibolare e parlarle direttamente anziché rompere i coglioni a te, ma niente a che fare con l’imbarazzo di quando ci sono problemi o uno dei due non ne vuole sapere e devi riportare messaggi e discorsi fingendo di non sapere niente.

“Esatto. Ed è proprio qui che entri in gioco tu, ho bisogno del tuo aiuto!” esclama mettendomi le mani sulle spalle.

“E come posso aiutarti?” le chiedo sempre più perplessa, mentre già mi vedo a dare consigli a Violet sul profumo o sulla lingerie da indossare per fare colpo.

“Dovresti darmi una dritta per un regalo”

“Un regalo?” per un attimo i pensieri si accavallano e immagino Eddie che al prossimo concerto sfoggia sul palco il suo nuovo reggiseno in pizzo nero regalatogli da Violet. Cerco di non ridere mentre lei chiarisce.

“Sì, un regalo! Sai, per Natale e compleanno gli ho preso un orologio. Beh, ho visto che lo mette, però… come dire… non mi è sembrato particolarmente entusiasta”

“Ma va, scherzi? Se lo mette vuol dire che gli piace!” cerco di tagliare corto.

“Di sicuro gli serve e magari non gli dispiace neanche, ma non ne è rimasto particolarmente colpito. Invece io vorrei trovare qualcosa che lo colpisca, che gli faccia capire che ci tengo… qualcosa di personale” spiega lei allargando prima le braccia, per poi portarsele al petto.

“Di personale?”

“Proprio così. Ed è qui che mi puoi aiutare. Tu lo conosci bene, non ti viene in mente qualcosa che ti ha detto o che hai visto, qualcosa che potrebbe concretizzarsi in un regalo di riserva che mi faccia fare bella figura e che, possibilmente, lo porti a capire che sono la donna della sua vita?” chiede con un sorriso genuino che non posso fare a meno di ricambiare.

“Mmm fammici pensare”

“Non so, magari qualcosa legato alla musica”

“Ahia. Regalare musica a un musicista o a un appassionato di musica è molto pericoloso. Tendono ad avere già tutto e sono ipercritici”

“Appunto per questo lo sto chiedendo a te! Tu lo conosci meglio, magari sai di qualche disco che gli manca, qualcosa che gli serve a livello di strumentazione o gruppi di cui vorrebbe tanto avere la maglietta o-”

“Aspetta, forse ho qualcosa per te” la interrompo appena ho il mio lampo di genio.

“Dio sì, sei fantastica! Lo sapevo che non mi avresti delusa”

“Che budget hai?”

“I soldi non sono un problema per noi Walsh” replica scuotendo i suoi boccoli biondi.

“Devi essere disposta a spendere un pochino, non troppo, e più che altro a girare qualche negozio di dischi…” le spiego prendendo il blocchetto dei post-it e una penna dal cassetto sotto la cassa.

“No problem, cara!”

“L’ideale sarebbe questa edizione, non l’originale né altre ristampe, ma in mancanza di altro…” spiego mentre scrivo.

“Sarà quella, no problema. Ma dici che ce la faccio per domani sera? Volevo darglielo alla festa” domanda ingenuamente e un po’ mi sorprende il fatto che ci sarà anche lei.

“Ahahahah oddio, no! Non credo proprio, mi spiace”

“Come no? Scommetto che ci riesco invece!”

“Eheh, beh, lo spero per te”

“Non ti preoccupare, Angie,” aggiunge dandomi un buffetto prima di allontanarsi verso l’uscita ”quando voglio una cosa la ottengo. Sempre”

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“STRANO CHE NON HAI INVITATO PURE QUELLA PIAGA DI VIOLET AL CONCERTO, CONOSCENDOTI” urlo attraverso la tenda del camerino in cui Angie sta provando le cosine che ho scelto per lei.

“Piantala Meg, non è una piaga. E comunque non ne ho avuto il tempo, se no l’avrei fatto” risponde lei a voce bassa, ulteriormente smorzata dal tessuto di quello che si sta infilando.

“APPUNTO!”

“Come ho fatto con Grace, non ti piace neanche lei?”

“Grace è adorabile, amo quel suo essere sempre e comunque nel suo piccolo mondo autistico, nulla a che vedere con quell’altra stronza…”

“Sei ingiusta con lei, non la conosci bene”

“La conosco meglio di te, Angie, e ho già capito che tipo è”

“Che tipo sarebbe?”

“Una che non merita il tuo aiuto, di certo. Ma ora fammi vedere come stai” faccio per aprire la tenda, ma un artigliata ben salda di Angela me lo impedisce.

“ASPETTA, CAZZO!”

“Uff ma non ce l’hai ancora su?”

“No…”

“Quanto ci metti?”

“Se fossero t-shirt a quest’ora ne avrei già provate quindici, quasi sicuramente saremmo già fuori dal negozio, anzi, saremmo già al concerto con quattro ore di anticipo”

“Dai muoviti”

Dopo qualche minuto la tenda si apre impercettibilmente di un paio di centimetri, provvedo io a spalancarla, così da vedere finalmente Angie con su la canotta viola dalla fantasia hippie.

“Ci ho messo un po’ a capire qual era il davanti e qual era il dietro sai com’è…”

“Ti sta benissimo! Lo dicevo io” esclamo accennando un battimani, mentre la mia amica si volta verso lo specchio.

“Beh, già meglio di quel bustino di velluto di prima…”

“Scherzi?! Quello ti sta da dio ed è già tuo, se non lo prendi ti tolgo il saluto, sappilo”

“Ma se non si chiude neanche tutto!”

“Non si deve chiudere tutto, se capisci cosa intendo” le spiego ammiccando vistosamente.

“Meg, se pensi che io vada in giro con… tutto di fuori, ti sbagli di grosso!”

“Va beh, comunque questa non è scollata, no? Ti sta proprio bene e-”

“No, infatti! Non è scollata sul davanti… sotto le ascelle sì però” si gira di profilo alzando le braccia e mostrando a me e allo specchio i profondi spacchi che arrivano fino ai fianchi.

“E’ fatta così, è la moda” commento sollevando le spalle.

“E’ una cazzo di canottiera strappata, Meg”

“E allora?”

“E allora mi si vede tutto quanto”

“Perché si deve-”

“Non dire che si deve vedere o ti levo il saluto” taglia corto lei incrociando le braccia.

“Ok… forse è un po’ troppo audace…”

“Nooooo ma va!”

“Puoi metterci sotto una fascia”

“Che fascia?”

“Una fascia, come reggiseno, così non si vede niente. Vedi? Problema risolto”

“Non ho fasce”

“La compri”

“Meg, guardami: credi che basti una fottuta fascia a tenere su queste… cose?”

“E va beh, la metti sopra”

“Sopra che?”

“Sopra il reggiseno”

“Ma-”

“E puoi sempre metterci sopra un top di pizzo un po’ più corto”

“Sopra la canotta?”

“Ma no, sopra il reggiseno! Sotto la canotta! Ne ho visti di carini laggiù, adesso va-”

“Cioè, dovrei vestirmi con quattro strati di roba per poi ritrovarmi sempre nuda quando potrei invece più intelligentemente mettere una maglietta ed essere vestita?”

“Che palle, Angie! Dai, provati l’altra” sbuffo richiudendo la tenda e trattenendo una risatina.

“Questa mi rifiuto” borbotta lei, mentre da uno spiraglio attraverso la tenda mi lancia il top bianco senza spalline su cui effettivamente riponevo poche speranze già dall’inizio.

“Ma dai, almeno provalo!” cerco di ridarglielo, ma lei oppone resistenza.

“No”

“Uff ok, prova l’ultima”

“In tutto questo hai completamente ignorato il fattore climatico. Canottiere a dicembre, a Seattle, con una tempesta di neve in atto?”

“Taci e provala.” la zittisco subito “E comunque dovresti sapere che nei locali la temperatura si alza, soprattutto nel pogo…”

“Stasera starò ben lontana dal pogo, visti i precedenti…” ribatte lei con voce imbarazzata.

“Ahahah ma dai, è stato un incidente…”

“Appunto, un incidente che gradirei non si ripetesse. Spero non ci sia nessuno di quelli che c’erano l’altra volta”

“Beh, due ci saranno di sicuro, cara: Kurt e Krist!” commento ridacchiando.

“E per l’appunto io cercherò di stare ben lontana da entrambi”

“Aspetta, però! Come la mettiamo col nuovo batterista? Lui non ha assistito alla scena, se fossi una vera fan dovresti replicarla”

“Vaffanculo, Meg” mi apostrofa lei, facendo sbucare dal camerino una manina con dito medio alzato.

“Dai, smettila con queste volgarità gratuite e mettiti quella cazzo di canotta” rido afferrandole la mano e spingedola indietro nel camerino.

“Ci sto provando, ma la taglia è sbagliata”

“La taglia è giusta” replico alzando gli occhi al cielo.

“Comunque, tu sai qualcosa del nuovo batterista?” domanda nel bieco tentativo di cambiare argomento.

“So solo che non è di Seattle. E sicuramente sarà un coglione, come tutti i batteristi del resto”  aggiungo col dente ancora avvelenato per Cameron.

“Meg, scusa se te lo chiedo, ma… c’è qualche problema?”

“Che intendi?” le chiedo, insultandomi per non essermi morsa la lingua.

“Sai, tutta questa storia dell’evitare i ragazzi… poi con Matt… in genere siete sempre culo e camicia, invece l’altra mattina gli rivolgevi a stento la parola”

Cazzo, dovrei scegliermi amiche meno intelligenti e meno perspicaci.

“Ma no, niente”

“Guarda che se gli altri hanno accettato Melanie è solo perché Mike è un amico, non devi pensare che non stiano dalla tua parte o-”

Fortunatamente ho scelto un’amica campionessa in seghe mentali inventate di sana pianta

“Lo so, infatti non ce l’ho con loro. Beh… forse un po’, ma razionalmente so che ehm mi vogliono bene. Tuttavia penso che cambiare aria ogni tanto non possa farmi che bene, non credi?”

“Sì, certo, però-”

“Allora, questa canotta?” le chiedo riportando la conversazione su un terreno meno accidentato per me.

“Ci vuole una taglia più grande, anche due” risponde sospirando.

“La taglia è giusta”

“E stretta!” insiste nel protestare.

“Allora è più che giusta”

“Ma no, guarda” Angie apre la tenda e non posso che constatare che sta benissimo, come già immaginavo

“Cosa cazzo hai da dire su questa? E’ una normalissima canotta nera. E si chiude, vedi?” le faccio notare, indicando i tre bottoncini sul davanti perfettamente chiusi.

“Certo, si chiude. Peccato non serva a un cazzo, visto che si vede tutto lo stesso” commenta sconsolata puntando gli indici sul suo invidiabile decolleté.

“Si vede quello che si dev-”

“Meg, se ci tieni alla pelle, non terminare la frase” Angie mi fulmina con lo sguardo.

“Ahahah esagerata! Ok, senti, ammetto che è un tantino scollata”

“UN TANTINO?!”

“E’ una scollatura normalissima”

“Se guardo giù mi vedo l’ombelico, fai un po’ tu” ironizza lei abbassando lo sguardo.

“Se guardi giù non ti vedi neanche i piedi, con quelle bombe che ti ritrovi”

“MEG!”

“Effettivamente…” commenta una ragazza che passava proprio in quel momento dietro di me per raggiungere l’altro camerino.

“Sei contenta? Ora sì che la mia autostima è ai minimi storici…” mi rimprovera abbassando la voce e incrociandosi di nuovo le braccia sul petto.

“Se avessi le tue tette la mia autostima sarebbe al top, credi a me”

“Farei più che volentieri a cambio, sai?”

“Stasera con questa farai una strage, fidati” le dico dandole un paio di pacche sulla spalla per rassicurarla.

“Certo, come no! Appena aprirò bocca con qualcuno senz’altro”

“Ma stai ancora a pensare a quel coglione patentato di Simon? A proposito, bell’amica che sei, mollarmi da sola con quell’imbecille” le dico, trasformando una delle pacche sulla schiena in uno schiaffo appena’ più sonoro.

“Non eri mica da sola, c’erano Jeff e Laura”

“Che intrecciavano allegramente le loro lingue disinteressandosi del mio dramma”

“E Chris!”

“Capirai, Chris si divertiva come un matto, mi aspettavo che ordinasse dei pop corn da un momento all’altro”

“Ahah che stronzo”

“Non mi è mai mancato così tanto Stone come ieri sera, lo giuro”

“Ecco, almeno avrei lasciato fare a lui la parte del sarcastico e avrei tenuto per me quella del poliziotto buono” osserva appoggiando la testa alla parete del camerino e lanciandomi un’occhiata che ha tutta l’aria di essere triste.

“Angie, chi cazzo se ne frega di Simon! E’ un troglodita, cancellalo. Stasera ne rimorchierai a decine molto meglio di lui, soprattutto se prendi quella canotta”

“Magari una taglia in più eh?”

“Dovrai passare sul mio cadavere!”

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“Dove cazzo sono Laverne e Shirley?” domanda Stone avvicinandosi al nostro gruppetto nel parcheggio del locale mentre ci stiamo fumando una canna.

“Boh, a questo punto mi sa che non vengono” risponde Jeff facendo spallucce, mentre io ignoro la domanda e rispetto il mio turno facendo un singolo lunghissimo tiro, prima di passarla a Matt.

“Considerando che il concerto è finito mezz’ora fa, o sono in estremo ritardo o ci hanno dato buca” aggiunge il batterista.

Oppure Angie è in giro con Jerry a festeggiare il ritrovato amore! Tsk! Che poi, in fondo, non sono cazzi miei. Lei può fare tutto quello che vuole e se vuole rovinarsi la vita con un puttaniere, chi sono io per fermarla? Che non venga più a piangere da me però la prossima volta che beccherà il suo fidanzatino con un’altra! Beh, in realtà Angie non è mai venuta a piangere da me… sono io che l’ho intercettata. Per fortuna! Altrimenti ci sarebbe morta assiderata su quella cazzo di panchina. Ma non posso certo passare la vita a salvarla, no? Se se le va a cercare, sono anche cazzi suoi… Io mica ci sono tornato con Beth e non ci tornerei mai. E Beth mi ha fatto le corna con un tizio, mica con tutti quelli che incontrava. Almeno credo. Spero. Merda. Siamo decisamente in troppi per una sola canna.

“Non vi ricordate cos’è successo l’altra volta? Conoscendo Angie, non verrà mai più a un concerto dei Nirvana” sghignazza Mike.

“Perché? Che è successo?” domanda Melanie, rubando la sigaretta dalle mani del suo ragazzo e passandola direttamente a Krusen.

“Ma piccola!” piagnucola lui “Comunque niente, Angie era sotto il palco e…”

Smetto di ascoltare la storia che ho già sentito giorni fa da Jeff, perché con la coda dell’occhio vedo una lunga chioma bionda ben nota che si avvicina al gruppetto, seguito da altre tre sagome che rivelano presto la loro identità.

“Ciao ragazzi! Ma voi girate sempre in quattro? E’ per contratto?” chiede Stone alzando la sua bottiglia di birra e facendola tintinnare contro quella di Layne.

“E’ vero, cazzo, ogni volta che arrivate da qualche parte, siete sempre voi quattro, insomma, siete sempre insieme” aggiunge Jeff, che fa un breve tiro e passa il fumo a Starr.

“Hai ragione, amico. Siamo i quattro moschettieri!” risponde lui dando il cinque a entrambi e accettando il regalino di buon grado.

“Io sono Portos, quello che picchia di più, non si vede?” interviene Sean, sfilando il cilindretto di carta dalle dita del bassista.

“E che beve di più, certo! Come abbiamo fatto a non capirlo” scherza Stone.

“E Layne non può che essere lo scaltro D’Artagnan, giusto?” aggiunge Jeff abbozzando una specie di inchino strampalato.

“Inutile dire chi è Aramis, il latin lover” commento io accendendomi una sigaretta senza farcitura.

“Cosa?” Jerry, che è stato zitto finora, finalmente si accorge che tutti lo stiamo guardando più o meno divertiti.

Io di certo non sono divertito per un cazzo.

“Lascia perdere, oggi Jerry è un po’ in aria, chissà che gli passa per la testa…” spiega Layne, lanciando occhiate confuse al chitarrista.

“Oh io lo-” sto per dire che io so perfettamente cosa gli passa per quella sua testa di cazzo e sto per sputtanarlo, quando ogni residuo di dubbio che potevo avere viene dissipato: guardando verso l’ingresso del locale vedo Angie uscire con una ragazza che somiglia a Grace. O meglio, fanno per uscire, ma non appena Angela ci vede, non perde tempo e strattona la sua amica per il braccio trascinandola di nuovo dentro con sé. Ricominciamo con gli incontri segreti, eh? Come a Portland? Fa finta di non esserci e invece c’è. Poi ci si può sempre imboscare negli sgabuzzini, no? Bella vita ti sei scelta, Angie, non c’è che dire.

“Parlando di cose serie, come vi è sembrato il concerto?” chiede Kinney mentre tira fuori lo zippo per riaccendere il mozzicone.

“Si sente che hanno cambiato batterista, e devo dire che ci hanno guadagnato” risponde prontamente Gossard.

“Da collega, concordo” gli fa eco Matt.

“Sono diversi, non si possono comparare, lo stile di questo tizio è diverso da quello di Channing come il giorno dalla notte” replica diplomaticamente Sean.

“E’ diverso nel senso che è migliore” ribatte Stone con la sua solita smorfia da saputello.

“Non sono d’accordo” Sean scuote la testa.

"Comunque dimenticate Peters" aggiunge Laura, inserendosi per la prima volta nella conversazione.

"Peters è bravo, ma sta bene dove sta, cioè nei Mudhoney" controbatte Stone e solo ora mi accorgo che il gruppo si sta muovendo verso l’ingresso per rientrare.

Mi accodo e mi ritrovo fianco a fianco con qualcun altro, rimasto indietro come me.

“E dimmi, a te è piaciuto il concerto? O magari ti eri chiuso in qualche sgabuzzino?” gli domando senza nascondere neanche un briciolo della mia acidità, gli altri sono troppo distanti per potermi sentire.

E anche se mi sentissero, non me ne potrebbe fottere di meno.

“Ero in prima fila. E mi è piaciuto” risponde lui seccamente.

“Peccato tu non abbia potuto seguirlo assieme alla tua dolce metà! A quando il pubblico annuncio?” continuo a camminare senza guardarlo.

“Non c’è nessuna dolce metà e non ci sarà nessun annuncio”

“Guarda che non sono scemo. E poi la tua ragazza non è molto brava a nascondersi, l’ho vista cinque minuti fa che-”

“Angie è qui?” mi domanda lui tirandomi per la manica della giacca e guardandomi terrorizzato.

Sembra quasi vero.

“Non fare il finto tonto, Jerry. E lasciami!” gli dico staccandomi dalla presa e ricominciando a camminare.

“Cazzo, devo andarmene” lo sento bofonchiare, impalato alle mie spalle.

“Cos’è? Hai già rovinato tutto di nuovo? O sei qui con qualche altra amichetta di cui Angie non deve conoscere l’esistenza?”

“Senti, non ti hanno mai detto che quando non sai un cazzo di una cosa è meglio tacere?” Jerry si avvicina a me con passo svelto e quasi mi urla in faccia, mentre gli altri sono già dentro, ignari di tutto.

“Guarda che io so tutto, pure troppo. Ecco perché stamattina, quando ho sentito che Angie voleva tornare con te, io-”

“Angela non è tornata con me, non ne ha la minima intenzione!” esclama allargando le braccia, per poi sedersi, o meglio, lasciarsi cadere seduto a terra con poca grazia, proprio a pochi passi dalla porta.

“Eh?”

“Non ne vuole più sapere di me”

“Ma se ha detto che-”

“Ha detto che mi perdona, che non mi vuole sputtanare con gli altri, che tollererà la mia presenza, tutto qui.” continua prendendosi la testa tra le mani “Per quanto mi riguarda sarebbe stato meglio se mi avesse preso a calci in faccia”

Se vuoi rimedio io. Lo penso, ma non lo dico, anche perché nel frattempo mi è tornato il sorriso, assieme a un sentimento misto di pena e pietà per Jerry. E di fiducia ritrovata nei confronti del genere umano. E di Angela.

“Oh” mi limito a questo, mentre gli do un paio di pacche sulle spalle, che gli fanno rialzare la testa “Dai, rientriamo, si gela”

“O-ok” risponde lui con voce incerta, mentre prende la sigaretta che nel frattempo gli ho offerto e mi guarda sospettoso.

**

“Pogare sul cemento non è per tutti” rifletto ad alta voce mentre vedo un tipo che mostra con apparente orgoglio un piede insanguinato a una ragazza e sorseggio la mia birra, passeggiando per il Motor Sports International Garage, ancora pieno di gente nonostante il concerto sia finito da un pezzo.

“Non dirlo ad Angie” commenta Jeff ridendo, prima di allontanarsi con Laura e lasciarmi solo.

Ad Angie direi tante cose ora come ora, prima di tutto che sono un deficiente e che non avrei dovuto reagire come un bambino stamattina, nemmeno se avesse veramente deciso di tornare con Jerry. Però sono contento che non l’abbia fatto. Continuo a fare il giro del posto, che poi non è nient’altro che un vecchio garage coperto (non che il nome lasciasse presagire qualcosa di diverso), guardandomi attorno e cercando di nascondere persino a me stesso la timida speranza di imbattermi casualmente in Angela, per poterle chiedere scusa, parlare di Jerry, di come si sente o di qualsiasi altra cosa voglia parlare. Del concerto, di niente. Sto fissando un gruppo di persone intente a chiacchierare in un angolo dalla parte opposta del locale e ci metto un po’ prima di riconoscerne i visi e rispondere al cenno di saluto fatto da Cornell. Accanto a lui riconosco il bassista dei Nirvana, nonostante sia di spalle, anche perché vista la sua imponenza è un po’ difficile non riconoscerlo. E’ l’unico della band con cui sono riuscito a scambiare due parole, mi è sembrato un tipo a posto. Del cantante nemmeno l’ombra. Quando l’ho fatto presente a Jeff ha farfugliato qualcosa sul fatto che non mi fossi perso niente, il che è bastato per farmi capire che non deve stargli troppo simpatico, vai a sapere perché… Sta di fatto che sul palco, durante lo show, il primo loro che io abbia mai visto, l’intensità della sua performance e della sua voce mi hanno praticamente stregato.

Sono sovrappensiero, ma le mie gambe riprendono il cammino da sole, e anche piuttosto speditamente, quando scorgo il profilo di una ragazza bionda incredibilmente somigliante a Violet seduta sul lato sinistro palco ormai muto che ride assieme a un paio di amiche. Non so se si tratta di lei, anzi, probabilmente non lo è, ma il mio istinto di sopravvivenza mi spinge ad allontanarmi il più rapidamente possibile. Mi faccio largo tra i gruppetti di gente ancora radunata nel locale, in piedi o seduta a terra o sulle casse o dove capita. Sprezzante del pericolo, mi avventuro in direzione dei bagni, o meglio, di quelli che dovrebbero essere i bagni, più o meno improvvisati. Supero la zona incriminata tenendo gli occhi bassi, resistendo alla tentazione di tapparmi anche il naso per la puzza nauseabonda in cui mi imbatto, e mi ritrovo in un corridoio piuttosto stretto, un angolo più tranquillo con poche persone, un paio di ragazzini che ridono da soli in preda a chissà quale sostanza subito alla mia sinistra e una coppia in amore, con lui che sta praticamente divorando la faccia di lei e viceversa, in fondo. Individuo un punto tranquillo, una specie di nicchia, giusto a metà strada tra i fattoni e la coppietta e faccio per raggiungerlo mentre finisco la mia birra, ma per poco non mi ammazzo inciampando e finendo faccia a terra. Per fortuna finisce a terra solo la bottiglia di birra, che nemmeno si rompe, ed essendo vuota nulla va sprecato. Tutto è bene ciò che finisce bene. Non appena riacquisto una certa stabilità, mi volto e torno indietro, curioso di capire in che cazzo sono inciampato, quando vedo un paio di stivali spuntare da un’altra nicchia nella parete, simile a quella che avevo avvistato. Avvicinandomi ancora di più vedo anche il resto della persona seduta a terra e scopro a chi appartengono quegli stivali.

“Angie?” la chiamo per nome e non so neanch’io se è più un saluto o una domanda.

“Ciao Ed” risponde lei alzando la testa, ma restando nella medesima posizione, con le ginocchia raccolte al petto.

“Che cazzo ci fai qui?”

“Sono venuta per il concerto” risponde senza scomporsi e con una leggera alzata di sopracciglio, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.

“Ok. Intendevo, cosa ci fai qui, nascosta” le dico sedendomi sul pavimento di fronte a lei.

“Non sono nascosta”

“No?”

“No” insiste lei facendo spallucce e appoggiando di nuovo il mento sul braccio, che tiene stretto attorno alle ginocchia.

“Angie, cosa c’è?”

“Niente”

“Niente? Perché tu sei solita concludere le tue serate dietro ai cessi dei locali?” domando sarcasticamente, abbassando la testa in maniera da riuscire a incrociare di nuovo il suo sguardo.

“Chi ti dice che la stia concludendo?” chiede abbozzando un sorriso.

“Angie… se vuoi gli dico di andare via. Non devi affrontarlo proprio adesso, al di là di quello che gli hai detto stamattina. E’ ovvio che ci voglia del tempo per-”

“COSA? E’ QUI?!” Angie si allarma improvvisamente e fa per alzare la testa, per poi rinunciare e limitarsi a stringere ancora di più le ginocchia a sé.

“Beh sì… non è da lui che ti stai nascondendo?” le chiedo confuso.

“No… però sapere che c’è pure lui non è certo uno stimolo a tornare là”

“Mi vuoi dire cosa stai facendo qui tutta sola?”

“Sto aspettando che se ne vadano tutti”

“Ma perché?”

“Non voglio farmi vedere”

“Da chi?”

“Da nessuno…”

“Ok, ma perché? Che è successo?” comincio a preoccuparmi davvero e nella mia mente si affacciano scenari tragici di varia natura, dalla lite con Gracie a qualcuno che le fa del male e…

“Questo” Angela stende le gambe e appoggia le mani a terra e io non vedo niente.

Niente a parte la versione più svestita di lei che io abbia mai visto.

“Questo? Que- questo cosa?” chiedo deglutendo a fatica.

Adesso, io non sono e non sono mai stato un animale, né da sobrio né da fatto, e non sbavo di fronte a una ragazza solo perché ha una scollatura. Ho rispetto per le donne, ho i miei principi, cazzo. Allora perché mi si è azzerata la salivazione?

“Questo, non vedi? Come sono vestita…” spiega indicando se stessa.

“Perché? Come sei vestita?”

“Mi prendi per il culo? Sono praticamente nuda…” risponde incrociando le braccia, probabilmente nel tentativo di nascondere la scollatura, ma ottenendo l’effetto contrario di accentuarla.

“Ma che dici? Non sei nuda, sei… sei vestita più leggera” non so neanch’io che cazzo sto dicendo.

“Non metto mai queste cose… mi ha convinta Meg, ha detto che per la nostra serata sole donne dovevamo osare o una cazzata del genere”

“Serata sole donne? C’è anche Meg?” le domando e per un pelo non mi tradisco parlando di Grace.

Non che ci sia niente di male nel dirle che l’ho vista, ma non vorrei avesse l’impressione che la stessi pedinando o spiando.

“Sì, ha proposto di venire qua senza dirvi niente, sai, per… per rimorchiare… dio, come parlo, sembro una demente!” esclama nascondendosi la faccia tra le mani per alcuni istanti.

“Ma no, ho capito, tranquilla. Volevate essere… come dire… libere di conoscere qualche ragazzo senza cani da guardia appresso eheh” cerco di rabbonirla e allo stesso tempo mi volto per non darle l’impressione di fissarla, ma mi imbatto nel principio di accoppiamento contro il muro dei piccioncini di prima e mi rigiro subito con una sorta di rantolo nervoso che voleva essere una risatina.

“Già… più o meno…”

“Comunque non c’è niente che non va nei tuoi vestiti, stai benissimo”

“Sono nuda e tremendamente a disagio”

“Angela… io sono fermamente convinto che una ragazza sia libera di vestirsi come cazzo le pare senza che qualche coglione si senta in diritto di apostrofarla in maniera sconveniente o allungare le mani o peggio. E’ questo che è successo? Qualcuno si è comportato male con te o-”

“No, ma va, niente di tutto questo, anzi, l’esatto opposto: credo che tutta Seattle condivida il tuo pensiero alla lettera” commenta lei con un sorriso tirato dopo un lungo sospiro.

“Eh?”

“Meg ha agganciato un tipo, o meglio, un tipo ha agganciato Meg dopo circa 3 minuti e mezzo che eravamo dentro e a un certo punto è sparita. Oh ed è venuta pure Grace, del negozio. Abbiamo visto il concerto assieme, poi ha detto che avrebbe provato a intrufolarsi nel backstage per incontrare la band” spiega mentre continua ad aggiustarsi la canotta nervosamente, tirandola alternativamente giù per coprire la pancia e su per coprire il seno.

“E tu?”

“E io sono rimasta sola. Non sono andata davanti, figurati se vado nel backstage! Soprattutto dopo l’esperienza dell’altra volta, non so se te l’hanno detto…”

“Sì, Jeff e Chris mi hanno fatto un resoconto dettagliato” confermo sorridendole.

“Chissà perché lo sospettavo”

“Angie, non c’è nulla di male in come sei vestita, davvero. Lo ripeto, una ragazza può mettersi tutto quello che le piace, che la fa stare bene. Il problema è, mi pare di capire, che tu non ti piaci così e non ti senti per un cazzo a tuo agio. O sbaglio?”

“Non sbagli” ammette sottovoce.

“Meg sicuramente aveva le migliori intenzioni, ma mi pare stupido mettersi qualcosa di terribilmente scomodo solo per fare colpo su qualcuno a caso. Non sei d’accordo?”

“Sì, papà”

“E poi, cos’è successo? Ti hanno presa in giro? O qualcuno è stato… molesto con te?” le chiedo sinceramente preoccupato, ignorando la sua ironia.

Non mi piace fare il macho, so che Angie sa difendersi da sola. Ma il solo pensiero mi fa prudere le mani. Il prurito passa istantaneamente quando mi risponde.

“Macché, niente di niente! Non mi ha cagata nessuno, neanche di striscio, zero, nada!” sbotta quasi scalciando sul pavimento.

“Nada?” ripeto perplesso l’ultima parola che ha detto, non perché non sappia cosa significa, ma perché sto cercando di rielaborare tutto quello che mi ha detto e capire perché cazzo sia arrabbiata.

“Trasparente, ecco cosa sono! E forse è meglio così”

“Trasparente?”

“A un certo punto un tizio si è avvicinato per chiedermi se avevo da accendere e io per un nanosecondo ho pensato potesse essere una scusa per attaccare bottone. E avevo anche pensato una cosa del tipo 'ma pensa, che scusa del cazzo, poteva fare un piccolo sforzo e venirsene fuori con qualcosa di più elaborato'. E invece? Indovina”

“Indovino ehm cosa?”

“Non era una scusa, voleva solo da accendere, punto e basta. Mi ha ringraziata e se ne è andato. Ma che cazzo!” esclama dando un pugno al muro.

“Angie…”

“E qui non c’entra nemmeno il mio sarcasmo di merda, perché, giuro, non ho praticamente aperto bocca. Non ho detto niente, non ho fatto battute, né facce eloquenti, sono stata perfettamente neutrale, anzi, sono stata di parte, dalla sua parte, sua del tipo. Eppure non è servito a un cazzo lo stesso. Sono così repellente che non ci arrivano neanche a volermi sentir parlare” Angela dà il via al suo delirio di parole e io aspetto pazientemente che finisca per intervenire.

“Non sei repellente”

“Nessuno, Eddie. Nessun ragazzo mi ha rivolto la parola stasera, a parte te e il tipo della sigaretta. Oh e un uomo, credo, sulla quarantina, ubriaco o fatto, che mi ha chiesto se avevo un quarto di dollaro e mi ha confessato che gli serviva per portare a termine il suo piano, cioè far esplodere l’universo. Si è allontanato parlando col suo orologio e pronunciando sequenze di numeri a caso”

“Beh sicuramente hai parlato coi migliori” le dico cercando di sfoderare il mio sorriso di ordinanza.

“Non fai ridere, Ed”

“Dai, ieri eri triste per quel cazzone di Simon, non dirmi che adesso sei triste perché non hai rimorchiato un coglione a caso in un bar?!”

“Non è proprio così. Insomma, io lo so di non essere un granché…”

“Ma che cazzo dici?”

“E’ la verità, io sono obiettiva. Non sono un cesso, ma non sono neanche una che i ragazzi si girano a guardare per strada”

Io mi girerei.

“E allora?”

“E allora mi sono rotta! Non mi aspettavo certo che a Seattle avvenisse il miracolo, ma è possibile che da quando sono qui l’unica persona di cui sia riuscita ad attirare l’attenzione sia uno che con le ragazze adotta come criterio di selezione la presenza di battito cardiaco e respirazione autonoma?” chiede allargando le braccia.

E lo so che è seria, ma non posso fare a meno di ridere della definizione che ha appena dato di Jerry.

“Ahahahahah Angie, cazzo”

“Cosa ridi? Non c’è niente da ridere! Se nemmeno spogliarmi funziona, che cazzo devo fare? E non rifilarmi la solita cazzata della personalità, io ce l’ho una personalità, e pure bella ingombrante, ma se nessuno mi si avvicina come la mostro la personalità. Non posso andare in giro vestita della mia personalità, il mio vestito è la mia immagine esteriore ed è quella che può colpire o far scappare. A quanto pare prevale la seconda scelta”

“Angie, seriamente, vuoi che ti dia una possibile spiegazione di tutto ciò?” le suggerisco cercando di ricompormi e restare serio.

“Sì, se ne sei in grado. Ma dubito che tu possa convincermi”

“Allora, premetto che sto generalizzando e, per fortuna, gli uomini non sono tutti così. Le cause possono essere molteplici: prima di tutto calcola che frequenti sempre lo stesso gruppo di persone”

“Oh ti prego, non rifilarmi le stesse boiate di Meg!” sbuffa scuotendo la testa.

“E’ vero, e buona parte di quelli che conosci o sono fidanzati o hanno troppa paura di Jeff anche solo per pensare di provarci”

“Se Stone sapesse che non l’hai inserito tra i temibili ti caccerebbe dalla band” osserva con un mezzo sorrisino.

“Secondo, per quanto tu sia matura, come dire, si vede che sei… molto giovane. E nessuno vuole guai, se capisci cosa intendo” le spiego cercando di dosare le parole e pensando a come dosare quelle che devo ancora dire.

“Non sono mica minorenne”

“Ma non ce l’hai mica scritto in fronte”

“Va beh, diciamo che questa potrebbe già essere vagamente plausibile. Poi?” mi incalza lei.

“Non sei una facile”

“Neanche questo ce l’ho scritto in fronte allora!”

“Invece sì”

“Ahahah cioè?”

“Si capisce, cioè, un uomo lo capisce”

“Non eri quello del una donna può vestirsi come vuole senza essere giudicata?” mi chiede guardandomi storto.

“Infatti, non c’entra niente l’aspetto. E’ una cosa che si intuisce. Non sei una facile, stare con te richiede il piccolo sforzo di conoscerti e non tutti gli uomini sono disposti a farlo”

“L’immane sforzo di fare una conversazione?” Angie mi fissa incredula, ma con un’espressione più distesa, quasi divertita.

“Già, la pigrizia è una brutta bestia” confermo facendo sì con la testa.

“Hai altre spiegazioni illuminanti?”

“Sì, l’ultima”

“Sarebbe?”

“Alcuni uomini sono timidi”

“Ahahahahahahahaha”

Non pensavo di scatenare un’ilarità così forte, eppure Angie quasi si strozza con la sua stessa saliva tra un colpo di tosse e l’altro.

“E’ vero, o pensi di esserlo solo tu?”

“Ahahah io? Io non sono mica timida” afferma tornando improvvisamente serissima.

“No?”

“In realtà mi sento talmente superiore alla stragrande maggioranza della gente che mi circonda che non mi abbasso a rivolgergli la parola”

“Ah, adesso si spiega tutto” ridacchio accendendomi una sigaretta e porgendole il pacchetto per offrirgliene una.

Stiamo in silenzio per un po’, fumando e contando le macchie sulle pareti, ma a un certo punto i gemiti della coppietta in amore e il russare dei fattoni, definitivamente crollati, si fanno troppo insostenibili.

“Allora, a questo punto direi che potremmo anche tornare di là, dagli altri. O andare a cercare Meg e Grace, che dici?” propongo alzandomi.

“Non ci penso neanche”

“Angie, non puoi stare qui per sempre”

“Mica per sempre… solo finché non sono usciti tutti” replica lei guardandomi dal basso con degli irresistibili occhioni da cane bastonato.

“Senti, potrei andare a cercare Meg se vuoi, o Grace, e portarle qui, ma non voglio credere che non hai le palle di uscire” accenno una sorta di rimprovero, sperando di fare leva sul suo orgoglio.

“Mi sa che ti dovrai ricredere” ribatte mordendosi il labbro inferiore.

“Non hai un cappotto, un giubbino, qualcosa?”

“In macchina di Grace, le abbiamo lasciate lì”

“Angie, sei vestita in maniera normalissima, non è niente di esagerato, davvero”

“Lo so, ma… non sono io”

“E questo l’ho capito… aspetta…” mi tolgo la giacca e gliela porgo.

“Cos’è?”

“Ti do un indizio: inizia per G ed è un capo di abbigliamento”

“Ah-ah, stai cercando di rubarmi il mestiere di giullare della compagnia?”

“Mettila” insisto piazzandogliela letteralmente tra le mani.

“Non mi sta” me la restituisce.

“Che cazzo dici? Certo che ti sta, va grande a me!” gliela ridò.

“Appunto, è troppo grande, non mi copre… non dove serve” spiega lanciandomela dietro e alzandosi anche lei.

“Che c’entra, sempre meglio di niente” gliela metto in testa.

“Ma se esco così si capisce che c’è qualcosa che non va, darei ancora di più nell’occhio!” precisa parlando da sotto la giacca, senza scomporsi “Però, pensandoci… se esco così nessuno mi vedrà in faccia!”

“Piantala” le sfilo la giacca e la lascio cadere a terra, dopodiché comincio a sbottonarmi la camicia.

“Che fai, hai caldo?”

“Questa è meno vistosa… e copre dove serve” spiego mentre sgancio gli ultimi bottoni e me la levo.

“Suppongo che farei meglio a non chiederti se l’hai lavata dal concerto al Moore, vero?” domanda col suo solito ghignetto sghembo e a quel punto capisco che l’ho finalmente convinta.

**

“Angela! Dove cazzo eri?” le urla poco discrete di Jeff fanno voltare tutto il gruppetto seduto a terra a bordo palco.

Gruppetto di cui fa parte anche Jerry, uno dei primi ad alzare la testa. Poco distante c’è anche la bionda di prima, che scopro finalmente non essere Violet, anche se lo sapevo già.

“E perché hai la camicia di Eddie?” domanda Mike con un espressione pensierosa, non so se per via della camicia o dell’alcol che ha in corpo.

“Già, perchè?” gli fa eco Stone sfoderando un enorme sorriso.

“Beh ecco…” prendo tempo in attesa che Angie se ne esca con qualcosa di convincente, come suo solito. La storia con Jerry dovrebbe essere stata una buona palestra per le bugie di convenienza, no?

“Un coglione mi ha rovesciato un cocktail di dubbia origine e colore inguardabile sulla maglietta, Eddie ha avuto pietà di me e mi ha fatto un prestito” spiega lei prontamente, ancora intenta ad arrotolarsi le maniche, mentre Jeff la cattura in un abbraccio stritolante.

“Certo certo… sono cose che capitano…” Stone scuote la testa e torna a parlare con Layne.

“Ma quando sei arrivata? Non mi dire che sei rimasta fuori e ti sei persa il concerto?” Laura abbraccia Angie dal lato opposto.

“No, ehm, veramente sono qua dalle 8”

“Ma se non ti abbiamo vista! Con chi sei qui?” chiede Cornell spostandosi leggermente alla sua destra e facendole spazio per sedersi.

Proprio di fianco a Jerry.

Prendo l’iniziativa di accomodarmi a gambe incrociate accanto al chitarrista, spingendolo un po’ in là e ricavando un altro po’ di spazio perché Angie si possa sedere tra me e Chris.

“Con Meg e Grace” risponde lei, per poi sussurrarmi un grazie in fil di voce nell’orecchio.

“Ah c’è pure Meg? E chi è Grace?” Matt chiede alzando la mano, come a scuola.

“Sì, ci sono pure io. E lei è Grace. E tu, Angie, che cazzo ci fai qui con loro? Non ti ricordi il nostro patto?” Meg spunta proprio al momento giusto, alle spalle di Cameron, assieme a Grace.

La prima ha le mani sui fianchi e l’espressione alterata, la seconda sorride e sprizza felicità da tutti i pori.

“Ciao Meg! Piacere, Grace! Che patto?” Chris si alza di scatto e si esibisce in un baciamano che sarebbe perfetto se solo centrasse la mano, che finisce per passarsi praticamente dietro l’orecchie.

“Questo è Chris Cornell e ti dico subito che è il meno peggio di tutta la compagnia, quindi puoi trarre le tue conclusioni” Meg si rivolge a Grace mettendole una mano attorno alle spalle e cercando di scalciare via Chris perché si stacchi dalla ragazza.

Dopo alcuni tentativi andati a vuoto, Chris torna a sedersi, e Meg procede con le dovute presentazioni tra Grace e gli altri. Noto che il sorriso della mia collega si allarga leggermente, così come i suoi occhi, nel momento in cui stringe la mano a Stone. Sarà un caso, ma ha finito per sedersi proprio accanto a lui…

“Comunque volevamo fare una serata tranquilla tra donne, una volta tanto. Ma a quanto pare non è possibile” Meg rivolge un’occhiataccia ad Angie e si siede tra Cornell e Layne.

“Grazie per avermi invitata eh?” Laura fa l’offesa, ma viene prontamente investita da un abbraccio di Meg, che si tuffa a placcarla.

Per un attimo penso a cosa sarebbe successo se la stessa battuta l’avesse fatta Melanie. Ho i brividi solo a pensarci. Per fortuna la riccia decide di restare in silenzio, aggrappata al braccio di Mike.

“A quando la lotta nel fango?” domanda Stone, che a fatica schiva una fitta serie di anfibiate di Meg.

Rido di gusto, assieme a tutti gli altri. Almeno, quasi tutti. Mi giro verso Angie e la vedo serissima, lo sguardo perso nel vuoto, o chissà dove, le sopracciglia leggermente increspate.

“Che c’è?” le domando dandole una leggera gomitata.

“Eh?”

“Tutto ok?”

“Sì… scusa un attimo” mi risponde senza nemmeno guardarmi, dopodiché si alza e si allontana.

La seguo con lo sguardo, mentre Chris mi chiede dove sta andando e rispondo alzando le spalle. La vedo avanzare incerta fino all’altro lato del palco, dove c’è la bionda. Che l’abbia scambiata anche lei per Violet e stia per fare una figuraccia andando a salutarla? Sto quasi per alzarmi, quando vedo che supera il gruppetto con la bionda e si avvicina a due ragazzi intenti a chiacchierare. Uno è alto e grosso, con gli occhiali, l’altro lo vedo di spalle, ha i capelli lunghi, metà biondi e metà scuri, e mi pare piuttosto magro. Angela picchietta la schiena del magrolino con l’indice per richiamare la sua attenzione, il tizio si gira e la guarda con aria perplessa, quasi sospettosa.

“Scusate… ma chi è il tipo che parla con Angie?” Laura chiede in un momento di silenzio nel nostro gruppetto e mentre mi volto a guardarla mi accorgo che anche Jerry stava osservando attentamente e a bocca semi-aperta la stessa scena tra Angela e il ragazzo.

“Già, chi cazzo è quel pivello?” borbotta Cantrell, beccandosi un’occhiata omicida da parte mia e di Meg.

“Si dà il caso che quel pivello sia Grohl,” spiega Jeff “e per fortuna che eri in prima fila con me!”

“Grohl?” ripeto io, mentre noto che la faccia del tipo in questione si sta lentamente illuminando mentre Angie parla con lui.

“Il nuovo batterista dei Nirvana, il gruppo che abbiamo appena visto. Ma su che pianeta state? Cazzo, ripigliatevi!” Jeff ci rimprovera ridacchiando.

“Quel dentone è il batterista che ha spaccato i culi stasera? Sembra un quindicenne, quanti cazzo di anni ha?” non so se Jerry sia più irritato o sorpreso.

“Che cazzo ne so! Ma la domanda è: come mai Angie sta parlando col batterista dei Nirvana? Cioè, la persona più timida del mondo che avvicina un musicista?” si chiede Mike perplesso.

“Effettivamente, tra un po’ non parlerebbe nemmeno con noi se non le rivolgessimo la parola per primi” commenta Stone, condividendo il leggero stupore generale.

“Magari si conoscono” Melanie pronuncia le prime parole udibili dopo ore e probabilmente ha pure ragione.

“Aspetta, Krist mi ha detto da dove viene questo tizio, era un paese del cazzo dimenticato da dio, tipo il Montana…” Stone non può fare a meno di punzecchiare Jeff quando gli si presenta l’occasione “O l’Idaho! Magari è un suo amico di laggiù”

“Ti rendi conto che sarebbe una coincidenza piuttosto inquiet… ante, vero?” Jeff ignora la battuta di Stone e inciampa nelle parole. Non ne capisco il motivo, finché non mi volto di nuovo verso Angie e non la vedo più. O meglio, non la vedo più dove stava prima, perché ora è in braccio al batterista, che la solleva e la fa girare di qua e di là, mentre lei ride e accenna una debole protesta.

“Beh, direi che si conoscono molto bene” Layne sottolinea l’ovvio con un sorriso, ma cercando di nasconderlo quando incrocia lo sguardo di un furioso Jerry.

“Magari è un amico del college… O cazzo, non sarà il tipo che l’ha bidonata prima di Natale?” conclude Mike coprendosi la bocca con la mano, non si sa per quale motivo.

“Chi ha bidonato chi a Natale?” un grosso punto interrogativo compare sulla faccia di Jeff, ma nessuno risponde, anche perché restiamo tutti senza parole nel momento in cui vediamo il fantomatico batterista mettere giù Angie e, dopo essersi guardato un po’ attorno, incollare le labbra alle sue.

  
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