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Autore: BecauseOfMusic_    11/08/2014    2 recensioni
Siamo nell'anno 1215.
L'assalto delle truppe francesi a Dunchester ha avuto successo e il barone Geoffrey Martewall ha ripreso possesso del suo feudo. Ian, alias Jean Marc de Ponthieu è finalmente riuscito a tornare a Chatel-Argént e ha potuto riabbracciare Isabeau, ormai prossima al momento del parto.
Dopo alcuni giorni viene convocato da Guillame de Ponthieu, che gli affida una delicata missione per conto del re.
Per portarla a termine avrà nuovamente bisogno dell'aiuto del barone inglese: ma cosa accadrà se la dama che deve proteggere e di cui Martewall è segretamente innamorato, si trova nelle mani di Giovanni Senza Terra?
p.s. questa storia è solamente frutto della mia fantasia e riferimenti a fatti realmente scritti o accaduti sono PURAMENTE casuali.
Genere: Avventura, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Geoffrey Martewall, Ian Maayrkas aka Jean Marc de Ponthieu, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Eccomi!!
Scusate il ritardo: come al solito dico che cercherò di pubblicare con una maggiore frequenza e poi non riesco a mantenere il mio proposito ):
Putroppo sono partita per le vacanze e non avevo la possibilità di andare su internet; il lato positivo è che ho comunque continuato a scrivere e quindi ho già la scorta di capitoli per farmi perdonare di questo mese di silenzio stampa xD
Questo non è ancora il capitolo che aspetto di scrivere dall'inizio della fic, ma lo giuro, ci siamo quasi...
basta, vi ho importunato abbastanza: Buona lettura!!

BecauseOfMusic_ 





Isabeau stava tentando di allontanare la levatrice che le asciugava la fronte imperlata di sudore quando suo marito entrò nella stanza e corse da lei.
-Signore!- esclamò scandalizzata l’altra donna, coprendo le gambe della partoriente.
Nessuno dei due innamorati badò a lei, mentre le loro labbra si incontravano di nuovo dopo un tempo che a entrambi era parso infinito.
-Amore sono qui, sono tornato.- le sussurrò Ian.
-Sei qui, sei qui, sei qui con me.- continuava a mormorare Isabeau.
-Adesso, ti supplico, ascolta i consigli della levatrice: dai alla luce il nostro bambino. Andrà tutto bene, Isabeau: lo sento, lasciati aiutare e tra poco tutto il dolore sparirà.- cercò di calmarla lui.
-Resta, non andare via.- piagnucolava la moglie.
-Non posso. Guillame mi ha concesso qualche minuto solo per mostrarti che sono tornato davvero, ma non posso restare qui, anche se lo vorrei tanto.-
Lo sguardo negli occhi di sua moglie fu peggio di una pugnalata per Ian: maledisse i costumi del medioevo, che lo obbligavano a lasciarla da sola in quel momento così importante; le afferrò ancora una volta la mano e la strinse con forza.
-Sono appena fuori da questa porta, non tornerò dagli altri, sarò dietro la porta chiusa, va bene?- mormorò baciandole la fronte.
-Sarà come se fossi qui  con me.- rispose lei con un sorriso.
Ian la baciò di nuovo sulle labbra, poi uscì dalla stanza e chiuse la porta alle proprie spalle.
 
Lilyth aspettava il rientro del servo con la notizia della nascita dell’erede di Jean Marc De Ponthieu e si osservava nel riflesso della finestra.
Non aveva un bell’aspetto.
I capelli castani erano tutti sporchi e arruffati, la pelle era quasi nera, tanto era coperta di terra.
La sua mente continuava a fissarsi sull’espressione di folle felicità che aveva vista sul volto del conte cadetto quando gli era stato comunicato che sua moglie stava partorendo.
Si chiese se suo padre avesse avuto la stessa espressione mentre sua madre la dava alla luce; sicuramente era mutata appena si era accorto di aver avuto una figlia femmina.
Strinse le labbra in un sorriso amaro, mentre una ragazzina entrava dalla porta.
-Il padrone mi ha detto di portarvi un catino, per lavarvi.- mormorò tenendo lo sguardo basso.
Lilyth ringraziò e la spedì fuori, poi si spogliò e si immerse nell’acqua, cercando di annullare tutti i pensieri che le affollavano la mente, concentrandosi solo sul battito del suo cuore: i tagli sui palmi delle mani e la ferita alla tempia bruciavano; non le era mai capitato di pensare così tanto a quell’uomo, solitamente non aveva che pensieri negativi per lui, eppure quel giorno si trovava a chiedersi cosa avesse provato quando l’aveva vista nascere, cosa avesse pensato quando l’aveva caricata su quella nave e l’aveva spedita in Inghilterra, per liberarsi di lei…
Scosse la testa: tornare in Francia era stato un grosso errore, non si sarebbe dovuta fidare dei due cavalieri, anche se erano pedine in quel grande gioco, proprio come lei; uscì dalla vasca e indossò l’abito che la serva le aveva lasciato, raccolse i capelli bagnati e cominciò ad esaminare la stanza per trovare una via di fuga.
 
Dopo quasi un’ora di attesa Ian era ancora fuori dalla porta della sua camera da letto e combatteva con l’impulso di entrare ogni volta che le urla di sua moglie gli giungevano alle orecchie.
Sapeva che sarebbe andato tutto bene, Marc sarebbe arrivato al mondo senza complicazioni, e anche Isabeau sarebbe sopravvissuta a quel momento che gli sembrava non passare mai, ma la paura di perdere entrambi gli mordeva ugualmente il cuore.
Martewall si affacciò dalla stanza accanto e gli fece cenno di raggiungerlo: accortosi del diniego dell’americano lo raggiunse.
-Posso scambiare due parole con te, Falco?-
Ian si limitò ad annuire.
-Ricordi cosa ci siamo detti durante il viaggio in Inghilterra?-
-Riguardo alla protetta del re? Certo che ricordo.-
-Non capisco perché ha dovuto rinchiuderla in una stanza: non poteva rimanere ad attendere con noi?-
-Non ti sembra di esagerare? L’ha solo accompagnata in una stanza: dopo questo viaggio lunghissimo avrà bisogno di riposare.- rispose l’americano.
Non voleva sembrare scortese, ma in quel momento aveva altro per la testa, di Lilyth si sarebbe potuto occupare più tardi.
-Tutti avremmo bisogno di riposare, Falco, ed evidentemente non hai notato la chiave che tuo fratello aveva in mano quando ci ha raggiunto nell’altra sala.-
Ian non disse nulla, anche se la cosa lo insospettiva un po’:
-Dov’è ora?-
-Ha detto di avere delle faccende da sbrigare, era insofferente nell’attesa, proprio come te.-
In  quell’istante le urla di Isabeau cessarono, sostituite da alcuni piccoli singulti.
I muscoli dei due uomini si irrigidirono, il cuore del conte cadetto accelerò i battiti quasi fino a fargli dolere il torace.
I singulti furono sostituiti dal pianto a dirotto del nuovo arrivato.
Ian scattò verso la porta, mentre il barone inglese si dileguava nuovamente nella sala attigua, rispettando la felicità del suo compagno di viaggio.
Marc era finalmente nato.
 
La notizia dell’arrivo di un erede maschio fu portata alla protetta del re di Francia dal conte Guillame in persona.
-Congratulatevi con me, madame, ho un nipote maschio.- le disse felice.
-Bon per voi, monsieur.- ribatté lei stizzita.
Aveva cercato inutilmente di eludere la sorveglianza del servo davanti alla porta della sua camera, e quando aveva finalmente deciso di farlo entrare e stenderlo per andarsene era entrato il conte a rovinarle il piano.
-Non mi chiedete il suo nome?-
-A quanto ho appreso dal padre si chiama Marc.- rispose, sedendosi su uno sgabello e cominciando a spazzolarsi i capelli per asciugarli. –ma voi non siete qui per ricevere i miei auguri, quindi vi prego arrivate al punto.-
Guillame rimase in silenzio per alcuni istanti, preso in contropiede: aveva immaginato che la fanciulla avesse un carattere molto forte, ma non aveva idea che somigliasse così tanto a quello del padre.
-Nelle sue lettere monsieur De La Crois vi descriveva come una donna molto forte, energica e schietta: vedo ora che aveva ragione.-
-Non avrebbe dovuto sorprendervi la sua descrizione, voi conoscete le mie origini.- gli rispose continuando a spazzolarsi la chioma castana.
-Quello che non capisco- proseguì il conte ignorando deliberatamente il tono acido della sua interlocutrice –è perché voi non abbiate mai risposto alle mie missive: mi risulta che sappiate leggere e scrivere. Anche se siete stata nascosta sotto le spoglie di contadina vi è stata data l’educazione dell’alto rango a cui appartenete.-
<< e anche di più monsieur. >>
-Non sono mai stata brava con le corrispondenze.- si limitò ad affermare Lilyth in un’alzata di spalle –ora sono io che devo farvi una domanda.-
-Chiedete.- concesse Ponthieu.
-Cosa ci faccio io qui?-
-Non sono autorizzato a dirvelo, madame.- mormorò in risposta abbassando la testa.
-Certo, dimenticavo che siete il suo cane fedele.- ribatté la dama con una punta di disprezzo nella voce.
-Sarà sua maestà a decidere di voi, so solo questo.-
-E quando pensa di farlo? Prima o dopo la mia morte?- la voce era carica di odio.
-Come potete dire una cosa simile!- esclamò il conte.
-Signore, mi credete così ingenua da non capire che non sopravvivrò al re? Sono solo una pedina, e quando sarò di intralcio verrò eliminata.- rispose Lilyth piantando gli occhi grigi in quelli dell’uomo.
-Ad ogni modo – concluse lui avviandosi verso la porta –Filippo Augusto vi informerà dei piani che ha per voi tra due giorni, gli ho inviato un messaggero appena avete smontato da cavallo.-
Quando Guillame fu uscito dalla stanza lei tornò alla finestra e continuò ad armeggiare con la serratura, bloccata preventivamente dal padrone di casa proprio in previsione della sua visita.
<< devo andarmene prima dell’arrivo del re e imbarcarmi per l’Inghilterra: venire qui è stato un errore. >>
 
Da una nave mercantile nel porto di un borgo vicino scesero cinque marinai che si confusero tra la folla; si nascosero in un vicolo e si cambiarono rapidamente, abbandonando le divise per semplici abiti da contadini, nascondendo le armi in tasche segrete.
Entrarono poi in una locanda e ordinarono da bere e da mangiare.
Quando ebbero terminato, tre di loro si diressero dall’oste per chiedere se ci fosse una alloggio disponibile nella zona, prima di riprendere il viaggio verso il castello dei Ponthieu.
Dei due rimasti al tavolo, un moro e un biondo, l’ultimo sembrava visibilmente nervoso:
-Sei sicuro che funzionerà?- chiese al suo compagno sottovoce.
-Perché non dovrebbe? Rilassati, tutto ciò che dobbiamo fare è catturarla viva.-
I tre al banco fecero cenno al moro di raggiungerli, mentre la cameriera portava il conto verso il loro tavolo.
-Ci pensi tu, vero Will?- disse con un ghigno, poi Wenning si alzò e raggiunse i suoi uomini zoppicando leggermente.
  
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