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Autore: Ayr    12/08/2014    2 recensioni
Quando Matisse incontra Zefiro, un ragazzo affascinante ma misterioso, la sua vita tranquilla viene completamente sconvolta: il ragazzo infatti le rivela che lei è la principessa perduta, la legittima erede al trono di Heaven. Inizia così per lei un viaggio in compagnia di Zefiro, il cui silenzio pare nascondere un grande segreto, che la porterà dal tranquillo villaggio in cui vive alla caverna di Procne, una potentissima maga che aiuterà Matisse ad affrontare quello che le aspetta: non si tratta solo di sedere su un trono e di prendere sulle spalle tutte le responsabilità che esso comporta, Matisse infatti, dovrà prepararsi anche per una guerra perchè non è l'unica che ambisce a quel trono e c'è già chi trama nell'ombra per strapparglielo via.
Preparatevi ad accompagnare Matisse in questo viaggio tra maghi, battaglie, segreti, elfi e misteri. Siete pronti a partire?
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Zefiro chiuse gli occhi, pronto per ricevere il colpo. Dentro di lui si stava formando la terribile consapevolezza di avere miseramente fallito la sua missione, per un motivo assolutamente stupido, tra l’altro. Il colpo, però, non arrivò mai; al suo posto sentì un rantolo e un tonfo. Zefiro aprì gli occhi, giusto in tempo per vedere l’Elfo cadere a terra, una freccia che gli trapassava il collo e il lampo di luce blu deviato verso gli alberi. Corniolo sbucò alle sue spalle e assaltò Merak, asce in pugno. Dietro di lui, nascosta tra i cespugli, scorse Matisse che imbracciava l’arco e incoccava un’altra freccia; la prima era andata perfettamente a segno.
«Non ti si può lasciare solo nemmeno per un secondo! Guarda cosa mi combini!» esclamò l’ometto respingendo con l’ascia un attacco di Merak; Zefiro sorrise, riconoscente. Un’altra freccia sibilò nell’aria e si conficcò nel ginocchio dell’altro Elfo che stava per attaccare il ragazzo. L’Elfo cadde a terra e il ragazzo ne approfittò per estrarre il pugnale e tagliargli la gola. Ma questi lo prese per un polso e lo rivoltò sulla schiena facendolo cadere nel fango, poi gli salì sopra, bloccandolo con la sua mole. Per essere un Elfo Nero era piuttosto massiccio e forte. 
Matisse scoccò un’altra freccia, stavolta verso Izar; fino a quel momento l’Elfo non si era mosso. Questi alzò una mano e la freccia si sbriciolò davanti agli occhi attoniti della ragazza, Matisse scagliò altre frecce ma nessuna riuscì mai a colpirlo.
Corniolo, intanto, aveva ingaggiato un violento corpo a corpo con Merak, i due si rotolavano nel fango, cercando di colpirsi e di difendersi dai colpi dell’altro. Izar si alzò, era alto e imponente, a differenza degli altri Elfi neri, solitamente piuttosto mingherlini.
«Avete sbagliato a mettervi contro di me» disse «Io non vi ho fatto nulla, in fin dei conti» un’altra freccia si incenerì ad un movimento della sua mano «Eppure continuate a scagliarmi frecce e avete ucciso i miei uomini» lo sguardo dell’Elfo cadde su Matisse che ne rimase impietrita. Zefiro, bloccato a terra dall’altro Elfo, cercava di divincolarsi e di recuperare il pugnale che gli era scivolato di mano; riusciva a vedere Izar avvicinarsi alla ragazza, rimasta immobile di fronte allo sguardo di fuoco dell’Elfo. Questi improvvisamente fece scattare il braccio in avanti e Matisse venne sollevata da terra, l’arco le cadde di mano. Zefiro diede una gomitata in faccia all’Elfo che lo tratteneva a terra e riuscì a sgusciare fuori dalla sua presa ed estrarre l’altro pugnale. Izar intanto teneva letteralmente in pugno la ragazza, pian piano chiuse le dita della mano, come se volesse stingere qualcosa e Zefiro vide Matisse sbiancare, la stava strozzando senza nemmeno toccarla!
Con uno scatto fulmineo si avventò sull’Elfo e gli recise la gola, poi si fiondò verso Izar, ma l’Elfo lo bloccò con un gesto della mano. Zefiro sentiva i propri piedi ancorati saldamente al terreno, non poteva muoversi ed era costretto ad assistere impotente alla morte della ragazza. Vedeva pian piano il colore abbandonare il viso di Matisse e con esso la vita.
«NOOOOOO!» urlò Corniolo, avventandosi contro l’Elfo. Questi però sollevò nuovamente il braccio e scaraventò l’ometto contro un albero. Corniolo cadde a terra privo di sensi. Zefiro sentiva una grande rabbia montare dentro di sé, rabbia verso se stesso che aveva permesso che questo accadesse, che si era rivelato inadatto al compito che gli era stato affidato. Insieme ad essa, però, dentro di lui stava sorgendo qualcosa d’altro, qualcosa che era rimasto sopito per molto, troppo, tempo e che ora stava prepotentemente tornando alla luce. Zefiro sentì una nuova eppure famigliare energia pervaderlo tutto e si lasciò sopraffare da questa. Dal suo corpo partì un lampo blu cobalto, un lampo che non vedeva da tempo, accompagnato ad un urlo disumano, che dai recessi del suo corpo, uscì prepotentemente dalla sua gola. Il lampo colpì in pieno Izar che venne sbalzato via; la presa su Matisse si sciolse e la ragazza cadde a terra con un tonfo. Zefiro, finalmente libero, si precipitò da lei: era pallida, malconcia, ansante ma ancora viva. Il ragazzo la stinse forte tra le braccia.
«Ti prego Zefiro, sto soffocando» la sentì lamentarsi debolmente contro i suoi capelli, Zefiro la lasciò andare
«Stai bene?» chiese preoccupato stringendo le spalle della ragazza, Matisse annuì, massaggiandosi il collo, sulla pelle chiara si riuscivano a distinguere dei lievi segni rossastri, come se qualcuno l’avesse davvero stretta in quel punto.
«Corniolo!» esclamò improvvisamente lei
«Sto bene» biascicò l’ometto mentre si riprendeva, reggendosi la testa tra le mani «Fortunatamente ho la capoccia dura. Ci vuole ben altro per fare fuori Corniolo» disse rialzandosi. Barcollò fino a Izar, steso a terra, fumava ed emanava un leggero odore di carne bruciata
«Questo è letteralmente cotto! Ma come è successo?»
Zefiro tolse le mani dalle spalle della ragazza e le guardò, stava tremando.
«Credo di essere stato io» balbettò, Matisse lo guardò con aria interrogativa e Zefiro sospirò «C’è una cosa che vi ho tenuta nascosta. Ma per il semplice fatto che non credevo che si sarebbe mai manifestata» il ragazzo fece un respiro profondo «Io so adoperare la magia» dichiarò infine.
Corniolo scoppiò a ridere e Zefiro lo guardò incredulo, non era il genere di reazione che si sarebbe aspettato dopo una dichiarazione simile, Matisse guardava Zefiro con occhi accesi di sorpresa ma anche di curiosità.
«Davvero?» chiese in un sussurro la ragazza
«Non è una cosa da prendere alla leggera» rispose lui bruscamente linciando con lo sguardo Corniolo che continuava a ridere in maniera incontrollata «La magia non è un gioco, è un dono, un peso, una responsabilità…una condanna»
L’ometto smise di ridere, il tono del ragazzo aveva preso un nota triste «Non stai scherzando, quindi?» chiese Corniolo
«Assolutamente no» rispose Zefiro «Non scherzerei mai su una cosa simile» aggiunse serio
«Ma i maghi, quelli che ancora possono adoperare la magia e lanciare incantesimi, sono scomparsi anni fa, esiliati o uccisi…Come è possibile…?»
«Non lo so» lo interruppe Zefiro «So solo che fin da quando ricordo io ho questa capacità»
Sia Matisse sia Corniolo capirono che quell’argomento era piuttosto doloroso per Zefiro e decisero di non insistere.
«Tra poco albeggerà, proporrei di darci una ripulita e di rimetterci in marcia» disse Corniolo avviandosi verso il loro accampamento.
Zefiro durante il tragitto continuava a tormentarsi le mani, chiedendosi se l’avrebbero cacciato non fidandosi di lui. Non li aveva detto che poteva evocare e adoperare la magia, chissà cos’altro poteva ancora tenerli nascosto. Non si sarebbe assolutamente stupito se gli avessero detto di proseguire da solo, anche se avevano bisogno di lui per giungere da Procne. Magari stavano anche pesando che tutto quello che aveva detto fosse una fandonia e in realtà non li stesse portando da lei, magari pensavano che lavorasse per Radamanto e avesse inventato una scusa per consegnare la principessa a lui, oppure che lavorava per sé e avrebbe ucciso la ragazza. Zefiro si passò una mano tra i capelli.
«Tutto bene?» domandò Matisse accostandosi a lui, la ragazza era preoccupata nel vederlo così agitato e turbato. Zefiro annuì, poco convincente.
Camminarono in silenzio, qualche goccia ancora cadeva ma il temporale era terminato. «Non ti ho ancora ringraziato per avermi salvato la vita» disse la ragazza dopo un po’
«Con tutte le volte che l’hai fatto tu, credo che sia arrivato il momento di sdebitarmi» rispose lui con un sorriso triste «Se non foste arrivati voi a quest’ora sarei cotto come Izar…A proposito, come…?»
«Corniolo si stava preoccupando perché ci mettevi troppo tempo, temeva che ti fosse successo qualcosa, così ha iniziato a trafficare con le bisacce per prendere le armi e raggiungerti. Ma ha fatto troppo rumore e mi ha svegliato. Gli ho chiesto dove stesse andando e mi ha risposto che non era niente e di tornare a dormire. Ho fatto finta di riaddormentarmi ma l’ho spiato e ho visto che se ne andava verso il folto del bosco; senza pensarci un attimo l’ho seguito e sono giunta alla radura proprio nel momento in cui l’Elfo stava per colpirti con un raggio azzurro. Anche lui sapeva usare la magia?» fece il resoconto la ragazza, Zefiro annuì stava per aggiungere che solo gli Elfi Neri erano ancora capaci di evocarla, ma preferì tacere; se avesse dato un’informazione simile avrebbe fatto sorgere dei sospetti nei suoi compagni di viaggio e non gli sembrava il caso.
Il sole si faceva strada a fatica tra le nubi e già all’orizzonte si riusciva a distinguere un profilo scuro e frastagliato.
«Dovremmo raggiungere Fogliadoro entro questo pomeriggio» pronosticò Corniolo con voce atona.
Fogliadoro era una città molto piccola costruita sul fiume, le sue case si adagiavano placidamente sulle sue acque o si affollavano sui canali che la costellavano, per spostarsi si utilizzavano barche o si camminava su passerelle o ponti in legno. La città era divisa in due parti, la cosiddetta “parte bassa” e la “parte alta”: la prima, che si sviluppava lungo le sponde del fiume o sul fiume stesso, era abitata principalmente da pescatori, boscaioli e cacciatori; la seconda, che si estendeva a nord, come un prolungamento verso la piana di Myr, era la residenza dei ricchi mercanti che lì abitavano e che controllavano i traffici e le comunicazioni tra nord ed estremo sud. Nella parte bassa le case erano prevalentemente in legno, semplici, sobrie e funzionali, in quella alta erano l’espressione ostentata dell’opulenza dei loro occupanti, riccamente decorate ed esageratamente addobbate, spesse volte rasentando il cattivo gusto.
Matisse era stata solamente due volte a Fogliadoro e solamente nella parte bassa della città, dove si concentravano tutte le attività.
Quando entrò in città rimase incantata dalla vivace vitalità di quel luogo, fremente di attività.
«Dobbiamo innanzitutto trovare una locanda» fece il punto Zefiro, volgendo lo sguardo da una parete all’altra della cittadina.
Sulla piazza principale, un ottagono piastrellato in mezzo al quale si stagliava una fontana, si affacciavano due locande e varie botteghe; sulla piazza del mercato, un cerchio in terra battuta, più modesto e affollato, si accalcavano i banchi del mercato e dondolava l’insegna di una locanda, la compagnia decise di passare la notte in quella. L’ambiente era rustico, semplice, ma accogliente, nella stanza c’era un buon profumo di legno e un leggero sentore di cibo. Lo stomaco di Matisse gorgogliò, era da quella mattina che non mangiava, Corniolo aveva insistito per mettersi subito in marcia, dandole solo il tempo per darsi una sistemata e togliersi il fango e la terra dai vestititi e dai capelli.
«Io direi di prendere le stanze e poi mangiare qualcosa. Sto morendo di fame» propose Zefiro, durante il viaggio il suo umore era migliorato. I due compagni approvarono e presero possesso delle stanze.
«Forse non è consigliabile che Matisse dorma da sola» osservò Zefiro mentre salivano le scale verso le loro stanze
«È capace di badare a se stessa» rispose Corniolo sbrigativo
«Sì, ma è impensabile lasciare dormire una ragazza da sola, a prescindere che sia la principessa ereditaria» incalzò Zefiro
«Senti ragazzo non è colpa mi se questa locanda ha solo stanze con due letti. Se tieni così tanto all’incolumità della ragazza dormirò io con lei…Sei più tranquillo ora?» domandò l’ometto «Oppure questa è tutta una scusa per rimanere solo con lei nella stanza?» aggiunse con in tono malizioso
«Ti assicuro che non ci sono doppi fini. Mi preoccupo solo della sua sicurezza» si difese il ragazzo
«Non me la racconti giusta tu» replicò l’ometto minacciando Zefiro con un dito puntato al suo petto, essere minacciati da un omuncolo che era alto la metà di te era piuttosto comico ma il ragazzo prese seriamente le sue parole, sapeva cosa poteva fare Corniolo con le sue asce e non ci teneva a finire steso a terra con un di quelle cose conficcata in testa. Zefiro sollevò le mani, in segno di innocenza
«Ripeto, non ho secondi fini. Infatti non ho preteso di dormire io con lei» fece notare e per troncare la conversazione si infilò nella sua stanza. Corniolo scosse la testa ed entrò nella stanza accanto.
 
Radamanto imprecò tra i denti, la ricerca degli ingredienti per il veleno si stava rivelando più difficile del previsto. Ma non poteva permettersi di utilizzare troppo tempo, doveva eliminare quell’erborista il prima possibile. Ebano saltellava ancora allegramente per i corridoi sbandierando a destra e a manca l’anellino, simbolo del fallimento di Radamanto. L’uomo l’avrebbe strozzata con le sue mani pur di vederla morta ma aveva un’immagine da proteggere, non poteva comprometterla per seguire i proprio istinti omicidi. Come se non bastasse c’era anche quel ragazzino: se lo ritrovava ovunque e sentiva perennemente il suo sguardo addosso. Temeva che quel ragazzino lo pedinasse e sospettasse qualcosa di lui. Eccolo lì, appoggiato con apparente indifferenza al muro del corridoio che dava verso la stanza di Radamanto. Chissà da quanto tempo era appostato. Appena Radamanto passò il ragazzino gli rivolse un rispettoso cenno del capo al quale l’uomo non rispose.
Non mi inganni, ragazzino, so che mi stai seguendo pensò l’uomo, la sensazione di avere quegli occhi puntati sulla schiena non l’abbandonò per un istante.
Mentre svoltava si trovò faccia a faccia con Ebano, la donna portava tra le mani un’ampolla, forse una medicina per la regina, tra i lunghi capelli neri, raccolti in un’elaborata acconciatura, erano disseminate delle perle simili a gocce di rugiada.
«Buongiorno Radamanto!» lo salutò allegramente la donna
«A voi» rispose questi con un abbozzo di inchino e un sorriso mellifluo.
«Ebano, potrei parlarvi un secondo?» domandò l’uomo senza abbandonare il suo sorriso
«Ditemi pure»
«Per caso un ragazzo piuttosto giovane, con i capelli ricci castano chiaro e le lentiggini è un vostro apprendista?» domandò, la donna aggrottò le sopracciglia, poi parve capire a chi si stesse riferendo
«Oh sì, è Cedro, un nuovo arrivato, perché?»
«Beh, ecco, dovrebbe tenerlo sotto controllo, gira un po’ troppo liberamente per il castello e ho paura che sia uno di quei ragazzini curiosi che va a ficcanasare dove non dovrebbe»
«Oh, sì, Cedro è terribilmente curioso. Mi dispiace molto se vi ha dato fastidio. Cercherò di tenerlo a bada» rispose la donna con un risolino
«Vi ringrazio» replicò l’uomo sollevato, sperava con tutto il cuore che non avrebbe più avuto quel ragazzino tra le scatole d’ora in poi o ci avrebbe pensato lui a tenerlo a bada.
Con un altro inchino salutò la donna e si avviò verso la stanza delle udienze, ora che la regina era malata si occupava lui di tutto, in fondo era il suo sovrintendente e presto avrebbe assunto una carica più importante. Radamanto sorrise, chiedendosi se la sua testa fosse stata troppo grossa per la corona, in fondo era stata fatta su misura per sua sorella Ismene.
 
 
 ***
 
Un altro capitolo di stallo, in cui non accade nulla di particolare. pian piano stiamo scoprendo nuovi lati di Zefiro. Cosa nasconderà ancora? Corniolo e Matisse si fidano ancora di lui?
Inoltre, volendomi fare del male, ho introdotto un nuovo personaggio: Cedro è una presenza piccola ma fastidiosa, soprattutto per Radamanto, un nuovo impiccio che va eliminato (come se non ce ne fossero abbastanza). Riuscirà Radamanto a liberarsi del suo scocciatore con le buone? Oppure dovrà ricorrere a metodi più estremi?
Siamo ancora all'inizio del viaggio, ma c'è già tanta carne al fuoco, spero solo di non ridurre tutto in cenere :)
La freccia nel ginocchio è un omaggio a Skyrim (un videogioco a mio avviso stupendo), mentre Fogliadoro è ispirata a Riften (una città sempre di Skyrim)
 
Volevo ringraziare tutti coloro che leggono e recensiscono la mia storia e tutti quelli che l'hanno messa tra le seguite e le preferite e anche tutti i lettori silenziosi che mi hanno permesso di arrivare a quasi 200 visualizzazioni! GRAZIE! :')
   
 
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