Anime & Manga > One Piece/All'arrembaggio!
Segui la storia  |       
Autore: Belarus    14/08/2014    1 recensioni
Un Drago Celeste che nobile non è mai voluta essere, una fuga bramata da sempre e un mondo del tutto sconosciuto ad allargarsi ai piedi della Linea Rossa. Speranze e sogni che si accavallano per una vita diversa da quella che gli è da sempre stata destinata. Una storia improbabile su cui la Marina stende il proprio velo di silenzio, navi e un sottomarino che custodiscono un mistero irrivelabile tanto quanto quello del secolo vuoto.
#Cap.LXXXV:" «Certo che ci penso invece! Tornate a Myramera e piantatela con questa storia dello stare insieme! Io devo… non potete restare con me, nessuno di voi può. Sparite! Non vi voglio!» urlò senza riuscire o volere piuttosto trattenersi.
Per un momento interminabile nessuno accennò un movimento in più al semplice respirare e solo quando Aya fu sul punto di voltarsi per andare chissà dove pur di mettere distanza tra loro, Diante si azzardò a farsi avanti.
«Ci hai fatto giurare di non ripetere gli errori passati. I giuramenti sono voti e vanno rispettati.» le rammentò. "
Genere: Avventura, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Eustass Kidd, Nuovo personaggio, Trafalgar Law
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Teru-Teru Bouzu '
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Titolo: Teru-Teru Bouzu
Genere: Avventura; Romantico; Generale {solo perché c’è davvero di tutto}.
Rating: Arancione {voglio farmi del male, oui.}
Personaggi: Nuovo personaggio; Eustass Capitano Kidd; Pirati di Kidd; Trafalgar Law; Heart pirates; Mugiwara no Rufy{citato}; Emporio Ivankov; Jinbe; Boa Hancock.
Note: Sono in ritardo, je sais, ma è un ritardo programmato poiché la prossima settimana non potrò purtroppo aggiornare e volevo che la mancanza fosse dilazionata nel tempo, ecco. Riguardo questo capitolo dovrei dire un paio di cosette, tuttavia credo che sia giusto confessare che sì, mi garba parecchio. Fatto questo appunto irrilevante, vi ricordo che la settimana scorsa avevo detto che ci sarebbe stato qualcosa di particolare nell’aggiornamento seguente ed effettivamente c’è. Faccio riferimento al POV|ricordo di Aya che proseguirò in un altro flashback tra due settimane, al POV di Law che meditando comincia a scoprire parecchie carte e si aggancia a tutti i generi di questa storia e non ultimo al mini POV di Kidd. Leggete come sempre le note a piè di pagina, perché altrimenti incappate in dubbi o fraintendimenti e abbiate fiducia in me, che sto compiendo un’opera apocalittica solo per caspiterina di genere “romantico” che ho ficcato in questa storia per chissà quale arcano motivo.
Un grande, enorme, ringraziamento speciale a coloro che nonostante la calura estiva continuano a seguirmi e lasciarmi pensierini che m’incoraggiano a continuare questa storia infinita – specie ad Ali che non manca davvero mai e ad Harley che mi fa sempre sorridere –. Alla prossima, mes amis! Attendete, attendete che alla prossima si fa rissa!






CAPITOLO XXXXI






Raccolse, ancora un po’ assonnata, i riccioli rossicci su una spalla e continuò a camminare lungo il corridoio, sino a che la pesante porta della biblioteca non si sollevò sulla parete buia facendola fermare. Poggiò le mani su una delle maniglie dorate e s’intrufolò all’interno, richiudendola con cura alle proprie spalle, per poi voltarsi a osservare il salone stranamente in penombra. Il pavimento sotto i piedi scalzi le parve più caldo di quanto avrebbe dovuto essere nel cuore della notte e per un attimo si ritrovò attonita ad ispezionarlo con lo sguardo, chiedendosi se quella non fosse solo un’impressione dovuta al tepore delle coperte cui era sfuggita.
Mosse un paio di passi avanti, raggiungendo una delle poltrone che erano state sistemate attorno al tavolinetto da tè e persino l’aria si fece più tiepida, convincendola del tutto che ci fosse davvero qualcosa d’insolito.
Non poteva essere giorno, erano trascorse appena poche ore da quando la villa si era addormentata e se anche lo fosse stato, era inusuale che quella stanza fosse tanto calda.
Si avvicinò ad una delle finestre che riempivano la parete di fronte a lei e spostò di lato le tende che la coprivano, dovendo subito portare una mano al viso a causa della luce improvvisa che la investì in pieno. Stropicciò per qualche secondo gli occhi e solo dopo che si fu abituata, riuscì nuovamente a guardare oltre le vetrate da cui solitamente si vedeva una parte della città.
Ombre tremolanti ondeggiarono per il salone sporco di rosso e arancio, disegnando sagome distorte degli scaffali contenenti i libri e Aya s’immobilizzò perplessa, mordicchiando il labbro inferiore per quella che le parve un’eternità.
«Hime-sama… cosa fa qui? È tardi, dovrebbe essere a letto.» la richiamò Ko, senza che lei l’avesse sentita arrivare o anche solo aprire la porta.
«Brucia.» sussurrò assorta, continuando a fissare innanzi a sé.
«Brucia?» ripeté incerta la balia, aggrottando un po’ la fronte già in parte segnata dall’età.
«Sta bruciando.» insistette con tono distante, facendo vagabondare le iridi ambrate su tutto ciò che fosse visibile.
«Cosa brucia?» indagò dubbiosa la donna, muovendo un passo nella sua direzione con uno stridere di catene.
Aya si volse indietro con sguardo perso, prima che un ricciolo le scivolasse accanto al viso tondo e allungò un dito alle proprie spalle.
«Marijoa.» mormorò stordita, persuadendo Ko-sama a precipitarsi nella sua direzione.
Tornò a girarsi taciturna verso le vetrate e fece scattare la chiave che le teneva chiuse, spalancandole sulla porzione di giardino che vi stava sotto con una piccola spinta, mentre la balia si bloccava sconvolta dietro di lei. Una vampata torrida le scompigliò i capelli rossicci, facendole bruciare impercettibilmente le guance e un ammasso confuso di voci riempì prepotente l’interno del salone, insieme al crepitare delle fiamme sul tetto della casa di fronte.
Sprazzi di cielo buio s’intravedevano tra nubi di fumo grigiastro continuamente in moto, ma l’intera città pareva aver dimenticato di colpo la quiete che avrebbe dovuto regnare durante quella notte, agitandosi convulsamente in preda a una frenesia inumana che Aya non aveva mai visto. Le abitazioni, un tempo candide come latte, divenivano sempre più cupe ogni volta che una lingua di fuoco ne lambiva le pareti o distruggeva i tetti e il palazzo del Governo, appena visibile dal luogo in cui si trovava, sembrava essere stato inghiottito dagli incendi che divampavano ovunque senza controllo. Il boato di un crollo fece tremare le fondamenta della villa e Aya si protese oltre il limite della finestra, ispezionando la strada che correva attorno all’abitazione della sua famiglia.
Figure indistinte continuavano a sbucare tra il fumo oltre la recinzione, muovendosi velocemente verso un unico punto a est della città, mentre la campana d’allarme urlava a fatica, tentando di avvertire del pericolo i marines residenti al palazzo del Governo. Uno dei cancelli del giardino era stato in parte divelto e giaceva annerito ed abbandonato tra l’erba in fiamme, liberando il passaggio a quello che riconobbe come un gruppo di aiutanti della squallida collezione di suo padre, privi di qualsiasi catena.
Scappavano, si rese conto. Scappavano, mentre Marijoa bruciava.



La luce sull’isola degli uomini-pesce non era che un’imitazione ben riuscita di quella che il sole forniva alla superficie, eppure scaldava esattamente quanto quella, impedendo al gelo del Grande Blu di raggiungere la bolla e renderla inospitale. Era un piccolo prodigio cui nessuno tranne Aya pareva badare quel giorno e che le aveva riportato alla mente l’impresa impensabile che uno degli abitanti di quell’isola aveva compiuto quando lei aveva poco più di cinque anni.
Aveva un ricordo in parte distorto della notte in cui Fisher Tiger aveva seminato il panico tra i Draghi Celesti e dato alle fiamme Marijoa, molte di quelle ore per lei si riducevano a Ko-sama che l’abbracciava affinché non avesse paura, ma rammentava perfettamente ciò che in quelle settimane si era vociferato riguardo quel gesto.
Nessuno prima d’allora aveva mai pensato di poter sfidare tanto apertamente l’Ordine stabilito e nessuno lo aveva più fatto per anni, almeno finché quel Mugiwara no Rufy non aveva preso a pugni Charloss dimostrando una volta ancora quanto debole fosse l’assurdo principio che governava quel mondo. Il gesto di Tiger ufficialmente era servito a poco e gli uomini-pesce, malgrado il Governo avesse acconsentito a giudicarli paritari, continuavano ad essere merce di pregio nel mercato nero e negli acquari dei Nobili, ma per un breve lasso di tempo Marijoa si era liberata del proprio lezzo marcio e Aya non avrebbe mai ringraziato abbastanza per quel prodigio.
Abbassò il capo, tornando a guardare la strada coloratissima che si allungava dinanzi a lei e decise che, essendo ormai del tutto impossibile conoscere l’avventuriero che aveva scalato a mani nude la Linea Rossa, la prima tappa da cui avrebbe cominciato la sua esplorazione dell’isola degli uomini-pesce avrebbe dovuto aver a che fare con quel gigantesco miracolo cui nessuno prestava abbastanza attenzione. Proseguì per quella via per un pò, finché in lontananza non intravide la collina dei coralli e si fermò a studiare gli abitanti che la circondavano, evitando accuratamente di passarle troppo vicino.
Gli uomini-pesce non avevano molta simpatia per la gente della superficie, quello Aya lo aveva appurato non appena erano approdati e di certo non ne avevano alcuna per i Draghi Celesti, che continuavano a far guadagnare le case d’aste comprandoli come fossero solo animali di cui fare mostra. Nessuno su quell’isola avrebbe mai saputo quale fosse il nome della città da cui arrivava, ciò tuttavia non comportava comunque che fossero ben disposti nei suoi confronti e il fatto che le stessero tanto lontani, semplicemente mentre camminava, non ne era che una dimostrazione tangibile. Le sarebbe piaciuto non arrecare fastidio a nessuno di loro, ma con la sola cartina che aveva recuperato non avrebbe potuto fare molto e chiedere un’informazione non sarebbe stata poi chissà quale tragedia.
Ispirò una profonda boccata d’aria, sentendo il naso pizzicare per la quantità di salsedine e si avvicinò a un negozio momentaneamente vuoto, fermandosi sulla soglia con le braccia dietro la schiena. Il tritone dalla pelle bluastra che stava all’interno le rivolse in silenzio un’occhiata, interrompendo di colpo il proprio lavoro sullo scaffale alle sue spalle.
«Sumimasen, sa dirmi se c’è un posto da cui è possibile vedere l’albero?» chiese con il sorriso, provando ad essere quanto più educata le fosse possibile.
«Qui non ci sono quelle cose, abbiamo solo coralli.» rispose sbrigativo, continuando a fissarla immobile.
Annuì lentamente, quasi in imbarazzo, chiedendosi se nel modo in cui veniva squadrata da capo a piedi vi fosse della tacita intolleranza o una buona dose di paura abilmente nascosta.
«Io intendevo l’albero Eve.» specificò, ricordando il nome con cui veniva identificato dai millantatori.
«Per quello deve uscire dall’isola e andare nell’altra bolla, alla foresta marina.» indicò frettoloso, lanciando continue occhiate alla strada trafficata.
Un versetto compiaciuto le sfuggì dalle labbra e non poté non rivolgere un nuovo sorriso al tritone non altrettanto felice, prima di sollevare una mano e retrocedere di qualche passo.
«Grazie e buon lavoro!» salutò elettrizzata, dirigendosi verso il luogo da cui era arrivata, lasciandosi alle spalle la collina dei coralli.
Chiedere a Kidd di portarla laggiù sarebbe stata una mossa quanto mai inutile. Il rivestimento della nave era scoppiato nel momento stesso in cui avevano superato il corridoio d’accesso all’isola e perché fosse nuovamente in grado di navigare fuori dalla bolla ci sarebbe voluta una settimana, ma se anche tutto fosse stato in ordine, Kidd non avrebbe mai accettato di spostare la nave dalla baia in cui era stata ormeggiata solo per farle vedere un albero che emetteva luce. Il che le lasciava un’unica possibilità – dato che l’opzione di raggiungere quel luogo a piedi era impraticabile – : prendere uno di quei pesci che facevano da bus.
Non aveva la benché minima idea se quei mezzi raggiungessero la foresta marina, ma aveva desiderato salirci sopra sin da quella mattina, quando ne aveva visto uno sfrecciare nel cielo dell’isola dentro un corridoio d’acqua e quella era un’ottima opportunità per realizzare quel piccolo desiderio, tentando la sorte.
Percorse spedita il tratto di strada che aveva imboccato prima di ricevere quell’indicazione e si diresse verso sud-ovest, ricordando di aver letto nella cartina dell’isola che quegli strani pesci avevano un loro punto di “fermata” ai piedi della collina. Le ci vollero parecchi minuti per raggiungere quella zona, ma non le fu difficile trovare il luogo in cui aveva supposto di vederli. Uno dei canali che sorvolavano l’isola aveva una piccola prosecuzione nel bel mezzo della strada sabbiosa, mentre un corallo arancione recante il cartello con la fermata vi cresceva accanto.



Emporio Ivankov si sporse su di lui con l’enorme capigliatura violacea e Law non poté esimersi dal sollevare le iridi grigie e ricambiare l’occhiata, seppur senza il medesimo trasporto.
«A pvoposito, sei perv caso amico di Mugiwara-boy, dolcezza?» s’informò l’uomo dei miracoli, battendo le ciglia scure nella sua direzione, con un’insistenza a dir poco fastidiosa.
«No e non ho neanche l’obbligo di salvarlo, ma se questa gentilezza ti mette a disagio vedremo di farcene tutti una ragione.» ribatté gelido, cercando di mettere in chiaro la situazione.
Si era deciso ad aiutare quel ragazzo dal cappello di paglia per un puro capriccio personale, per non dover rivivere una scena tanto familiare, per non permettere che la sua vita terminasse in un modo tanto sciocco, non aveva affatto preso in considerazione l’idea di dover rendere conto del proprio gesto dato che la sua ciurma aveva accettato l’evento senza spendersi in parole inutili. Non aveva neanche sospettato che il ponte del suo sottomarino venisse invaso dal Re degli Okama e dai deliri sentimentali dell’Imperatrice serpente, ma non aveva la benché minima voglia di soffermarsi proprio su questioni come quelle dopo l’operazione che aveva affrontato.
«Nah, non serve, ci sono volte in cui è l’istinto che ci guida!» proseguì con tono saccente Ivankov, smettendo di gravare su di lui con il capo spropositato, mentre dalle scale del sottomarino si udivano dei passi. Riguardo quel punto avrebbe persino potuto concordare. Non era un tipo impulsivo, preferiva sempre prendersi del tempo per riflettere prima di una decisione, eppure c’erano occasioni in cui anche lui si faceva guidare da un’inclinazione momentanea. Sempre che queste valessero il rischio, ovviamente.
Bepo, Penguin e Shachi cacciarono di colpo fuori due versetti sconvolti, attirando l’attenzione dei restanti e Law si volse indietro, squadrando la figura dolorante che stava poggiata al portellone con il fiato corto e il corpo coperto di bende insanguinate, tentando d’ispirare un po’ della salsedine salmastra del Grande Blu.
«Trafalgar Law… del mare settentrionale… hai la mia più profonda gratitudine per averci salvati.» ringraziò Jinbe, muovendo il capo nella sua direzione, in un abbozzo di riverenza.
Osservò con occhio critico il corpo del Cavaliere del Mare e aggrottò appena la fronte, mentre un cipiglio di rimprovero gli piegava le labbra.
«Torna a riposo o morirai.» ordinò senza mezzi termini, prima che l’uomo-pesce potesse dissentire.
«Il mio cuore non si fermerà, il peso di quello che è successo è troppo grande da sopportare… non riesco neanche a pensare cosa stia passando Rufy, il suo svenire dev’essere stato un meccanismo di difesa… temo il momento in cui riaprirà gli occhi.» confessò a malincuore, chiudendo gli occhi stanchi per qualche istante.
Tralasciando gli ormoni artificiali di cui Law aveva notato residui solo durante l’operazione, il corpo di Mugiwara-ya aveva subito una quantità di danni tale da far rischiare la morte a chiunque e di certo le sue condizioni non erano comparabili con quelle di Jinbe-ya, ma ciò non comportava che quest’ultimo potesse andarsene in giro cercando il tracollo.
Nella vita a volte capitava di ritrovarsi a fronteggiare momenti talmente orribili da poter resistere al dolore con la sola forza di volontà, Trafalgar lo aveva provato sulla sua pelle quando ancora era un bambino, eppure si trattava di occasioni passeggere che prima o poi finivano sempre per cedere alla resistenza fisica. Non c’era individuo a quel mondo, capace di esser vigile con un terzo del proprio sangue, con buona parte degli organi fuori uso, con una voragine nel petto o la mente in preda a un blocco. Davanti a problemi di quel genere la volontà non serviva a nulla, si cadeva, esattamente com’era accaduto ad Aya il giorno in cui Law aveva deciso d’aiutarla, esattamente com’era accaduto a Mugiwara-ya sul terreno di Marineford. Credere il contrario sarebbe stato solo da sciocchi.
«Hey tu, bestiaccia. Ce l’hai una den den mushi?» tonò la voce dell’Imperatrice serpente e Trafalgar fu costretto a prestarvi attenzione, sentendo Bepo accanto a sé sussultare di colpo.
«Aye! Cioè… ce l’abbiamo signora, sumimasen.» annuì difatti quello con espressione mortificata, tenendo il capo fisso sul pavimento in legno del ponte.
«Sembra l’imperatrice degli schiavi…» constatò in sussurro Penguin, incontrando la totale approvazione da parte di Shachi, fermo accanto a lui.
«Se chiamassi le Kuja questo sottomarino sarebbe in grado di attraversare la fascia di bonaccia. Quando il Governo scoprirà dove si trova Rufy, manderanno di certo qualcuno ad ucciderlo, dobbiamo nasconderlo sull’isola di Nyouga!» stabilì perentoria, battendo con fare deciso il tacco lucido di una scarpa.
La Marina sapeva già che Mugiwara-ya si trovava sul suo sottomarino giallo e l’eventualità che mandassero qualcuno per liberarsene, tirando Law inevitabilmente in mezzo, era qualcosa cui lui aveva già pensato decidendo di portarlo via dal campo di battaglia, ma l’idea di nasconderlo in un posto come l’isola delle donne rasentava l’assurdo. Nessuno avrebbe mai sospettato di quel luogo, c’erano migliaia di leggende riguardo la sventurata fine cui andavano in contro gli uomini che tentavano di mettervi piede e d’altro canto, proprio per tutti quei motivi, la scelta non poteva essere migliore. Anche se Law sospettava fortemente che far capire a quella donna che anche la presenza del suo sottomarino sull’isola era vitale, sarebbe stata una vera impresa.
«Finché sarò una Shicibukai, saremo in grado di agire senza troppi problemi.» annunciò risoluta, mentre Trafalgar la squadrava per un momento con improvvisa concentrazione.
I membri della Flotta dei Sette non erano affatto ben visti. Per loro non provava stima il Governo, la popolazione civile e neanche i pirati, erano a tutti gli effetti mercenari in bilico tra i due schieramenti, ma avevano dei privilegi. Privilegi che in pochi riuscivano ad apprezzare davvero e che potevano valere il sacrificio di una vita.
«Allora bestiaccia? Va a prendere la den den mushi!» strepitò imperiosa, facendo trasalire una volta ancora Bepo.
«A-aye! Aye signora!» bofonchiò, precipitandosi all’interno del sottomarino di corsa.
La osservò ancora per qualche istante, mentre si dirigeva verso la passerella della propria nave con il serpente avvinghiato al corpo, quando la voce dispiaciuta di Shachi lo raggiunse nell’ennesimo bisbiglio.
«Aya-sama era più gentile…» giudicò grattandosi la nuca, prima che Hancock si voltasse nella sua direzione facendolo arrossire da capo a piedi.
Lanciò uno sguardo alla fascia immobile di mare che stava attorno a loro, mentre Shachi e Penguin ciondolavano sulle gambe in preda all’emozione sotto lo sguardo dolorante di Jinbe-ya e non riuscì ad ignorare il fremito sopraggiunto ai polpastrelli, serrando la presa attorno all’asciugamano con cui aveva ripulito le nocche dopo aver sistemato la sala operatoria.
Eustass-ya forse doveva essere già salpato per il Nuovo Mondo e con molta probabilità, Aya doveva essere in sua compagnia. Sperava solo che prima di andare fosse riuscita a portare a termine l’incarico che le aveva affidato.



«Capitano Kidd! Capitano!» chiamò qualcuno alle sue spalle, spingendolo a sciogliere la morsa sulla testa molliccia di uno di quegli stupidi uomini-pesce che si erano presi la briga di dar troppo fiato alla bocca, quando lui era ancora a portata d’orecchio, per girarsi di profilo a vedere chi fosse a far tutto quel trambusto.
Heat lo imitò nel gesto, abbassando l’attenzione solo quando entrambi ebbero riconosciuto uno degli uomini della ciurma, che correva con la propria palandrana gialla verso di loro, facendosi strada tra i coralli sgargianti che crescevano nello spiazzo in cui si era trovati.
«Che è successo adesso?» sbottò, lasciando che il tritone ai suoi piedi crollasse a terra privo di sensi.
Aveva sentito dire che gli uomini-pesce avevano dieci volte la forza di un uomo, ma nessuno di quegli stupidi che avevano osato mettersi contro di lui aveva retto il confronto con quella sua aspettativa.
«Capitano, abbiamo compagnia sull’isola.» avvisò, fermandosi a qualche metro di distanza, senza prestare attenzione ai corpi abbandonati lì attorno.
Kidd assottigliò per qualche secondo lo sguardo, prima che sulle sue labbra potesse disegnarsi un nuovo ghigno.
Avere un vantaggio nella traversata che stavano compiendo non era roba da poco, ma in fondo nello Shinsekai non contava nulla l’ordine d’arrivo e ciò che importava davvero era che quel privilegio li liberasse dall’impiccio della Marina, non degli altri pirati.
«Hanno fatto in fretta… chi è degli altri sei?» volle informarsi, muovendo qualche passo verso il mozzo che lo aveva cercato con tanta fretta.
Mugiwara e Trafalgar dovevano di certo essere ancora dall’altra parte della Linea Rossa, probabilmente in fuga dal Governo Mondiale dopo quello che era accaduto appena tre giorni prima a Marineford, ma gli altri erano allineati attorno alla sua nave, quando la guerra era finita. Qualcuno doveva aver seguito il suo esempio, facendo rivestire la nave per salpare il prima possibile. Era seriamente curioso di sapere chi fosse.
Il mozzo sollevò il capo scuro, man mano che Kidd gli si avvicinava, scuotendolo in segno di diniego.
«Non si tratta delle altre Supernove Capitano, vengono dal Nuovo Mondo.» riportò con voce greve, facendogli appena sgranare gli occhi.
Non era strano che delle navi giungessero dallo Shinsekai. Molti tentavano l’avventura in quelle acque, pentendosene dopo poco e decidendo di far ritorno alla parte opposta della Linea Rossa, ma nessuno dei suoi uomini si sarebbe speso in una corsa come quella solo per avvisarlo dell’arrivo di qualche codardo. Doveva essere qualcun altro.























-------------------------------------------------
Note dell’autrice:
Mettiamo un po’ di cose in chiaro, che non fa mai male.

- Marijoa|Fisher Tiger: La scorsa settimana avevo detto che in questo capitolo ci sarebbe stato qualcosa di particolare e ciò cui facevo riferimento, in gran parte, è proprio il ricordo di Aya su quel particolare evento di Marijoa. Ebbene, quindici anni prima dell’inizio della storia – quando la nostra signorina aveva circa cinque anni – Fisher Tiger, capitano dei Pirati del Sole ed eroe dell’isola degli uomini-pesce, scalò a mani nude la Linea Rossa sino a raggiungere Marijoa, dove liberò tutti gli schiavi, uomini-pesce e non, dando in seguito la città alle fiamme. Oda ha mostrato solo alcune scene dell’evento e io non ho potuto fare a meno di sfruttarle per basarci sopra il ricordo di Aya, ovviamente tutti i dettagli che trovate all’interno sull’esterno della casa sono trasposizioni dell’opera originale. Detto ciò, ricordate davvero bene questo POV e quello che ci sarà nel capitolo successivo. Non li ho inseriti solo per collegare gli eventi, hanno il loro perché.
- Albero Eve: Si tratta di un particolare specie di albero, grazie alla quale l’isola degli uomini-pesce è illuminata dalla luce del sole pur trovandosi diecimila metri sotto il livello del mare. Ora, riguardo questa cosa temo che Oda abbia avuto un piccolo momento di smarrimento, perché l’albero cresce esattamente sopra l’isola, ma tecnicamente sopra l’isola dovrebbe esserci la Linea Rossa e Marijoa… poi, può anche darsi che il tronco faccia dei giri da contorsionista, questo non lo so. Viviamo nel dubbio – cui tra l’altro non importa a nessuno, tranne che a me –.
- “Quelle cose”: Il tritone che parla con Aya chiama così gli alberi. Ciò è dovuto al fatto che sull’isola non ne cresca nessuno e che non tutti gli uomini-pesce abbiano visto la superficie. Un esempio di questa piccola carenza è fornita nell’originale dai racconti della regina Otohime, che dà lezioni in giro spiegando cosa siano le piante ad adulti e bambini.
- Fish bus: È lo stesso mezzo che prende Nico Robin per raggiungere la foresta marina, che si trova su un’altra minuscola bolla vicina alla più grande. La fermata di questo “mezzo pubblico” è ai piedi della collina dei coralli secondo la cartina originale, motivo per cui Aya corre giù da essa per andarne a prendere uno. Lo so, quella ragazza si impunta su cose assurde e irrilevanti, ma non dimenticatevi che è scappata da Marijoa… quando mai si è visto un Drago Celeste su un bus?! Nel suo piccolo, è una donna trasgressiva XD
- Ivankov: Iva… oh quanto amo Iva! Vorrei vederla più spesso nell’opera originale, ma non è il caso di soffermarsi su certe questioni, anche perché sono certa che sbucherà fuori altre volte. Dunque, dopo avergli fatto un applauso per aver osato chiamare Trafalgar “dolcezza” con tanto d’ammiccamento, direi di chiarire la questione del breve dialogo, in cui tutti avrete notato delle “v” di troppo: non si tratta di miei errori di battitura, ma del modo con cui Ivankov parla nel manga originale. Oda sostiene che abbia una strana forma di “rotacismo”, motivo per cui ogni tanto dopo una “r” inserisce una “v” o la cambia completamente {es. A proposito, diventa, A pvoposito}. Fatta questa lezione di linguistica, l’altro appunto è che Trafalgar la chiama “Re degli Okama” e “Uomo dei miracoli”: per chi non lo sapesse “okama” è il termine giapponese per “trasformato|travestito”, mentre il secondo appellativo è il soprannome che gli è stato affibbiato per il suo ruolo nell’esercito rivoluzionario.
- Ormoni artificiali: Law nel suo POV sostiene di averne trovato traccia nel corpo di Rufy durante l’operazione. Questo è dovuto al fatto che tali ormoni gli siano stati somministrati da Iva ad Impel Down e che senza di essi, effettivamente, Rufy non sarebbe mai riuscito a raggiungere Marineford né tantomeno a reggersi in piedi.






  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > One Piece/All'arrembaggio! / Vai alla pagina dell'autore: Belarus