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Autore: Word_shaker    15/08/2014    4 recensioni
Che cosa è successo quando Fred Weasley è morto? Qualcosa è accaduto dopo l'esplosione causata da Rookwood, ma nessuno lo sa... A parte Fred stesso.
Genere: Angst, Fantasy, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Albus Silente, Fred Weasley, George Weasley, I Malandrini, Nimphadora Tonks
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Finito. Tutto finito.
Stavo dicendo a Percy che non lo sentivo fare una battuta da quando avevo buttato assieme a George una Caccabomba sotto la sedia di zia Muriel, quella sera di Natale in cui giurò che non l'avremmo più vista alle feste e papà promise di diseredarci.
Calore, tanto calore. E polvere. E poi il vuoto dei miei occhi aperti. E' brutto vedere il nero totale quando attorno a te c'è la luce e tu hai gli occhi spalancati. Ma state tranquilli, almeno non dura tanto. 
L'ultimo mio battito è stato di paura; non fraintendetemi: una cosa del genere non mi ha mai fatto paura, ma volevo rivedere George. Volevo che vedesse la fine che feci, perché lo strazio del racconto, lo strazio di non aver avuto accanto la persona più importante della sua vita quando sono morto, lo accompagnerà finché non mi raggiungerà. Questo solitamente dovrebbe far piacere, incrementare l'orgoglio e il narcisismo di una persona, ma non è così. Io ho sempre voluto che lui fosse soltanto felice, anche se questo avesse comportato andarmene... Ma mi sbagliavo. Per renderlo felice sarei dovuto restare, avrei dovuto aggrapparmi alla vita come i disperati che hanno paura dell'inferno, o come i sopravvissuti, come Harry, che hanno il diritto di avere una storia da raccontare e non essere creduti, hanno il diritto di vivere ed essere ascoltati. 
E a proposito di storie, torniamo alla mia.
Ero disteso su un pavimento bianco, e non c'era soffitto, non c'era cielo: solo nebbia bianca attorno a me. Gli unici colori che riuscii a distinguere oltre il bianco furono il mio maglione slavato sporco di polvere nera, le mani sporche di sangue secco e fuliggine, e i jeans di Charlie, che mi stavano ancora un po' grandi, ormai logori, scoloriti e con un profondo squarcio dal ginocchio alla caviglia sulla mia gamba destra. 
E poi le scarpe di Bill, tutte rovinate e con una suola mezzo staccata. Chissà che cosa avrebbe pensato mamma nel vedermi così?
Mi misi a sedere e, dopo essermi guardato ancora una volta attorno, mi rialzai, distinguendo una sagoma avorio in mezzo a tutto quel bianco latte.
Man mano che mi avvicinai, la figura mi sembrava sempre più familiare: capelli lunghi, bianchi, barba bianca tenuta sotto una cinta, vestito lungo, occhiali a mezza luna su un naso storto che separavano ogni paio di occhi dal suo, di un blu penetrante.
«Professor Silente! Con questo completo, si mimetizza alla perfezione!» esclamai in un sorriso, dato che - ironia della sorte? - era vestito di bianco. Lui rise di cuore e per il momento non disse niente.
Poi pensai per un attimo a quanto successo l'anno prima, e la stupida domanda uscì da sola: «Io sono morto, vero?».
Le parole si dispersero nella nebbia, e si amalgamarono al bianco di tutto il resto. La tristezza, per la prima volta in vita mia - un momento: ho veramente detto "in vita mia"? Scusate: per la prima volta nel corso della mia esistenza - stava incominciando ad impossessarsi di me. 
Il pensiero di una mamma in lacrime, di un papà che abbraccia disperatamente Ron, di un George che ride come un pazzo perché non riesce a crederci e poi urla di dolore bastò a farmi venire gli occhi luicidi.
Io con gli occhi lucidi. George che piange. Sembra una barzelletta, vero?
Eppure, per la prima volta "nel corso della mia esistenza", stava succedendo.
«Sai già la risposta, Fred... Ma non è questo il punto. Devi decidere se passare oltre o rimanere nel mondo dei vivi come fantasma. Ricordi Nick Quasi-senza-testa e tutti gli altri, vero?» Silente si fece serio.
«Sì, professore...» annuii con una convinzione pari a quella di un bambino quando fa una promessa con suo padre, non capendo bene le condizioni. 
«Allora, Fred, che cosa vuoi fare? Vivere a metà in eterno o restare qui ed aspettare che gli altri ti raggiungano? Bada che una vita, rispetto all'eternità, è un soffio su una candela accesa, un battito del cuore.» io annuii ancora con la tentazione di toccarmi il petto e di sentire il mio cuore battere. Ma non poteva battere, era freddo e fermo, come il marmo. E così cambiai idea e vinsi la tentazione, stavolta con la piccola paura di portarmi la mano al petto.
«Professore, mi conosce: le cose a metà non mi sono mai piaciute.» risposi in un sorriso quando fui abbastanza calmo da poter dire qualcosa di sensato, e poi continuai: «Voglio sapere una cosa, però». 
Silente, intuendo di che cosa si trattasse, affermò: «George? Se la caverà. E' forte, proprio come te. Starà a lui, però, decidere se e come superare la cosa. Potrai guardarlo e proteggerlo ogni volta che vorrai».
«E papà? E la mamma?» chiesi ancora, non abbastanza soddisfatto.
«Stesso discorso. Li conosci, Fred. Sei nato in una famiglia integra, forte, oltre che numerosa, e credimi: non c'è fortuna più grande. Non essere triste per loro o perché non potrai riabbracciarli finché non saranno qui: tu hai avuto l'amore, e per questo devi gioire».
Quelle parole furono come del sale su una ferita aperta: bruciavano. Mi ci volle un po' per realizzarle e, quando lui, dal mio sguardo, capì che lo feci, mi sorrise e mi cinse le spalle con un braccio, cominciando a camminare.
I colori rinvenivano, e tutto sembrava prendere la forma di un'enorme cattedrale piena di vetrate. Altre sagome prendevano forma nella nebbia retrostante, e sorridevano. Riconobbi Sirius, il padrino di Harry, tanto simpatico quanto avventato: ho sempre pensato che fosse la mia versione adulta, protettiva e con dei precedenti penali discutibili. Accanto a lui, qualche secondo dopo, c'era Remus Lupin, e dietro di lui i capelli viola acceso di Tonks svolazzavano. E poi, un uomo occhialuto, con i capelli arruffati, identico ad Harry tranne che per gli occhi, fu accanto a Sirius ed al professor Lupin. 
Tonks si era avvicinata a Silente e lo aveva abbracciato. I tre Malandrini, invece, rivolsero l'attenzione a me.
«Ciao, Fred.» dissero i tre in coro. 
James Potter cominciò: «Io sono il papà di Harry. Avrete parlato fin troppo di noi, presumo. Io sono Ramoso».
Il professor Lupin, allora, prese la parola: «E come certo saprai, Sirius è Felpato ed io sono Lunastorta. Ti ho osservato al tuo quinto anno, Fred. Sei davvero in gamba. E sono felice di aver saputo che tu e tuo fratello avete trovato la Mappa del Malandrino durante il vostro primo giorno a Hogwarts, per non dire che siete stati nostri pari, quanto a scherzi.»
Sirius mi fece l'occhiolino ed io, incrociando le braccia, rimasi ancora ad ascoltare Remus.
«Il punto è che sono sedici anni che non abbiamo più un quarto componente. Avevo...»
«...Avevamo.»
lo corressero Ramoso e Felpato in coro.
«...Pensato a te.» finì Lupin guardandoli con una premurosa e divertita occhiata da pignolo. 
Io, entusiasta, sorrisi, trattenendo una risata, e feci un paio di passi verso di loro.
«Insomma, ti va di unirti o no?» tagliò corto Sirius, senza perdere il sorriso. 
«Per Merlino, sì!» esclamai senza più un contegno. In fondo, anche se con persone diverse, non avrei perso ciò che sono stato davvero. E quando arriverà la fine anche per George, i Malandrini saranno in cinque. Di sicuro.
Ramoso, poi, disse un'ultima frase, prima che raggiungessimo Tonks e Silente: «Su, Fred, andiamo a smontare questo posto».
   
 
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