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Autore: Angie Mars Halen    20/08/2014    2 recensioni
Fin dal loro primo incontro Nikki e Sharon capiscono di avere parecchi, forse troppi, punti in comune, particolare non indifferente che li porta ad aggrapparsi l’uno all’altra per affrontare prima la vita di strada a Los Angeles, poi quella instabile e frenetica delle rockstar. Costretti a separarsi dai rispettivi tour, riusciranno a riunirsi nuovamente, ma non sempre la situazione prenderà la piega da loro desiderata: se Sharon, in seguito ad un evento che ha rivoluzionato la sua vita, riesce ad abbandonare i vizi più dannosi, Nikki continua a sprofondare sempre di più. In questa situazione si rendono conto di avere bisogno di riportare in vita il legame che un tempo c’era stato tra loro e che le necessità di uno non sono da anteporre a quelle dell’altra. Ma la vita in tour non è più semplice di quella che avevano condotto insieme per le strade di L.A. e dovranno imparare ad affrontarla, facendosi forza a vicenda in un momento in cui faticano a farne persino a loro stessi.
[1982-1988]
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mick Mars, Nikki Sixx, Nuovo personaggio, Tommy Lee, Vince Neil
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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9
TURBO LOVER





Osservai Nikki appoggiare la sua birra sul bancone di granito con lentezza, poi scosse il capo e rise. “Non guardarmi con quella faccia.”

“Non è un grande onore sapere di essere oggetto dei vostri discorsi,” risposi atona mentre attendevo il mio caffè. “Non oso immaginare che genere di aneddoti siano saltati fuori.”

“Quel citrullo di Vince non si ricorda più un cazzo, e non è da lui,” mi rassicurò Nikki, poi la sua espressione pacifica tramutò in una più inquietante. “Il che significa che la roba che gli porti è davvero buona. La prossima volta che organizzate una cenetta romantica a base di coca fatemi un fischio, sarò lieto di essere il vostro terzo incomodo.”

Presi un’arachide dal cestino sul bancone e gliela lanciai addosso con stizza. “Non credo che tornerò da lui. Ogni volta finisce per trasformarsi in un inferno.”

Nikki raccolse la nocciolina dalla piega della sua maglia nella quale si era fermata e la sgusciò per poi allungarmi uno dei due frutti. “La vostra love story è da considerarsi terminata, allora?”

La cameriera mi porse il mio caffè e ne bevvi un sorso abbondante, godendo della sensazione di tepore che procurava alla mia gola.

“Davvero pensi che ci sia stato qualcosa tra di noi?” domandai stupita.

“Assolutamente no,” rispose. “So bene che Vince non è il tipo da fidanzata. Siamo troppo giovani per tener dietro all’amore.”

Tornai a portarmi alle labbra il bordo della tazzina. “Condivido. A proposito, sei poi riuscito a trovare un posto in cui stare dopo che vi hanno sfrattati?”

Nikki annuì tutto soddisfatto e mi spiegò che da quel giorno avrebbe abitato da solo e in affitto, con il chiaro intento di non pagarlo mai a meno che la loro produzione discografica non avesse fruttato abbastanza da potergli permettere di spendere soldi per una casa. Aveva trovato un minuscolo bilocale al terzo piano di un residence piuttosto vecchio in una traversa del Sunset Boulevard, e aspettò che terminassi di sorseggiare con calma in mio caffè prima di chiedermi se fossi interessata a visitare la sua nuova tana. Non era certamente la mia massima aspirazione, ma decisi di accontentarlo perché mi ricordava i miei fratellini quando, dopo aver costruito una capanna traballante con bastoni, frasche e pietre, mi prendevano per mano e mi trascinavano fuori per farmela vedere. Attraversavamo il campo correndo, e io li seguivo con una benda sugli occhi perché non volevano che sbirciassi e che la scorgessi in lontananza. Loro cantavano, fischiavano e ballavano intorno a me mentre mi conducevano attraverso le alte spighe dorate, poi ci fermavamo all’improvviso e sentivo il rumore del torrente che scorreva lì vicino. Uno dei due scioglieva il nodo del fazzoletto e, quando la luce tornava a illuminarmi gli occhi, mi ritrovavo davanti a quella che loro definivano “castello” quando in realtà non era altro che un ammasso di fronde e canne tenute insieme con spago marcio e filo di ferro arrugginito che chissà dove avevano preso. Sorridevo e dicevo loro che era la più bella casa che avessi mai visto e che, se mai avessi deciso di non abitare più con la nostra famiglia, mi sarei trasferita in quella regale dimora così saremmo rimasti vicini. Alla fine mi ero trasferita a Los Angeles, qualche migliaio di chilometri più in là, in mezzo al traffico e alla gente, lontana da tutto e tutti.

La voce di Nikki mi riportò alla realtà distogliendomi bruscamente dai ricordi. “Allora, Sherry, vuoi seguirmi o preferisci restare qui?”

Mi passai una mano tra i capelli e annuii appena, poi uscimmo dal pub e percorremmo qualche centinaio di metri senza rivolgerci la parola finché non ci ritrovammo di fronte a un palazzo di quattro piani, bianco e con le imposte di alluminio che gli conferivano l’aspetto di una casa di cura per anziani piuttosto che quello di una normalissima palazzina. Nikki indicò un piccolo balcone al terzo piano, l’unico privo di vasi con piante sofferenti per il caldo e panni stesi, poi mi condusse verso la porta principale. Nelle scale si potevano sentire chiaramente le voci degli altri inquilini, tra le quali erano ben riconoscibili quelle di un uomo non più giovane in preda alle risate e quella di una donna che lanciava appellativi di ogni genere al marito.

“Hai sentito che bel concerto?” domandò Nikki sarcastico prima di aprire una porta di legno scuro dopo averla strattonata un paio di volte, poi mi fece cenno di passare. “Benvenuta nel mio nuovo covo.”

Mi ritrovai in una piccola sala con le pareti dipinte di un celeste molto tenue, con un divano lilla, un tavolo quadrato e un mobile con una televisione che doveva essere una di quelle ancora in bianco e nero. Il basso e l’amplificatore erano stati sistemati entrambi sul sofà, mentre una cassa con qualche bottiglia di birra era stata appoggiata davanti al frigorifero nell’attesa che finisse di raffreddarsi. La luce del sole entrava dalla portafinestra conferendo alle pareti e al pavimento una colorazione tendente all’arancione, e una tenda impolverata si muoveva lentamente sospinta da un alito di aria tiepida proveniente dalla finestra aperta.

“Non è poi così male,” dissi mentre osservavo la piccola cucina ancora immacolata.

Nikki fece spallucce e prese una sigaretta da un pacchetto appoggiato sul tavolo. “Tra qualche giorno diventerà una discarica come la Mötley House, fidati.”

Mi soffiò una nuvola di fumo sul viso per infastidirmi, ma io restai impassibile e continuai a fissarlo senza capire per quale ragione mi avesse chiesto di vedere la sua nuova casa se poi dopo si era messo a fumare in assoluto silenzio. La nuvola di nicotina si contorceva in strane e complesse figure che, viste controluce, assumevano una lieve sfumatura rossastra come il tramonto. Dietro di esse, Nikki guardava fuori pensieroso. A giudicare dal modo in cui inspirava ed espirava il fumo, doveva essere piuttosto nervoso.

“Il tuo nuovo appartamento è molto accogliente,” buttai lì senza distogliere lo sguardo da lui, “ma adesso è meglio che torni a casa dagli altri, anche perché Rita mi sta aspettando.”

Appena mi voltai, sentii una mano grande e calda appoggiarsi sulla mia spalla e avvolgerla tutta. “Aspetta un momento.”

Mi girai e nel momento in cui incrociai lo sguardo di Nikki non capii più nulla. I suoi occhi mi fissavano, brillanti e spalancati, implorandomi di non varcare la soglia di quella casa.

“Non andare via così,” sussurrò Nikki mentre la sua mano si spostava dalla mia spalla al collo.

“Non ho fretta,” mormorai con la voce incrinata dai brividi che i suoi polpastrelli duri mi procuravano. Nikki sogghignò sghembo e, con un gesto veloce e sicuro, mi tirò a sé, permettendomi di rivivere le stesse sensazioni che avevo provato la sera prima mentre chiacchieravamo seduti sul cofano del pick-up di Brett. Mi baciò di nuovo con lo stesso impeto, ma quella volta non si accontentò di così poco. Iniziò infatti a camminare lentamente verso una parte dell’appartamento che non avevo ancora avuto l’occasione di visitare, costringendomi a seguirlo a meno che non avessi voluto porre fine al nostro bacio.

“Stavolta non c’è nessuno,” sussurrò lascivo. “Non ci sono gli altri e non siamo sopra un pick-up all’aperto. Non puoi scappare.”

Risi a fior di labbra mentre varcavamo la soglia. “Chi ti ha detto che voglio scappare?”

Nikki mi adagiò sul letto e si posizionò sopra di me, stringendo i miei fianchi tra le sue gambe. Mi fissava con una certa avidità, senza parlare, e teneva lo sguardo fisso nel mio con insistenza.

“Sherry, finalmente...” sussurrò con voce grave, le labbra rosse e socchiuse per regolare meglio il respiro affannato. Portai le mani sul bordo della sua canottiera strappata e la sollevai, concedendomi il privilegio di ammirare il suo petto. Era così liscio che sembrava appartenere alla statua di marmo di una divinità antica.

Nikki mi regalò uno dei suoi sorrisi astuti e in un attimo riuscì a sfilarmi la camicia di jeans e il reggiseno, i quali furono lanciati con noncuranza ai piedi del letto come per sottolineare la loro inutilità in quel momento. Portò poi le punte delle dita sui miei fianchi, sfiorò la pelle e risalì fino ai seni per nasconderli sotto le sue mani; gemetti quando iniziò a massaggiarli con movimenti lenti ed estremamente piacevoli. Dopo un po’ sollevai una delle sue mani dal mio petto e, mentre con l’altra continuava ad accarezzarmi, la aprii per osservare attentamente il palmo e ogni singolo dito.

“Lo sai che hai delle mani grandissime?” gli domandai mentre ne ridisegnavo le linee con la punta dell’indice.

Nikki scosse il capo. “Saranno anche grandi, ma sono troppo callose.”

“Lo sono perché suoni,” obiettai severa prima di riprendere ad ammirarle.

“Ti piace come ti stanno toccando?” chiese con lascivia avvicinando le labbra al mio orecchio.

Annuii debolmente. “Sì, Nikki.”

“Non credere che sarò così gentile per tutta la sera,” mi avvertì sussurrando, poi liberò la mano sinistra dalla mia e la portò sul mio ventre, sul quale indugiò per qualche secondo prima di scendere più giù e insinuarsi sotto il bordo dei miei slip umidi. Iniziò a stimolarmi superficialmente per prolungare la mia dolce agonia mentre io, approfittando del fatto che fosse estremamente concentrato, feci scivolare le mani sotto i suoi pantaloni fino a toccargli il fondoschiena.

“Quanta fretta, Sharon,” mormorò divertito al mio orecchio, poi sollevò le mani dal mio corpo e si sbottonò la patta. “Vieni più vicino.”

“Ancora più di così?” domandai sorpresa da quella strana richiesta. Nikki si umettò le labbra.

“Sì, più vicino,” confermò, poi si sdraiò su un fianco e mi tirò verso di sé. Mi circondò le spalle con le braccia e scese lungo la mia schiena con una mano ben aperta, il mento appoggiato sul mio capo e le gambe intrecciate alle mie per impedirmi ogni movimento. Io avevo una guancia premuta contro il suo petto e potevo sentire il suo odore, che ora mi stava inebriando i sensi.

“Sherry?” mi chiamò, ma quando feci per parlare sibilò per invitarmi a fare silenzio, dopodiché iniziò a muoversi lentamente come se avesse voluto cullarmi mentre mi stringeva. A quel punto qualcosa in me si risvegliò: quello era proprio l’abbraccio che desideravo ricevere ogni volta in cui mi sentivo sola e volevo che qualcuno mi stringesse a sé per trasmettermi un po’ di calore.

“Vieni qui,” mi invitò mentre si spostava al centro del letto. “Adesso possiamo divertirci, ma non sarò gentile come ho fatto fino ad ora.”

Non appena ebbe terminato la frase, si sfilò i pantaloni e li lanciò sopra un cumulo di vestiti ammucchiati sul pavimento. Notai che sotto non portava la biancheria e questo piccolo particolare scatenò un sorriso malizioso.

“Ti piace guardarmi, eh?” mi istigò mentre le sue mani tornavano a scivolare sulla mia pelle.

“Anche a te,” ribattei prontamente.

Nikki decise di porre fine a quella breve conversazione con un bacio tutt’altro che casto e, mentre la sua lingua avida cercava la mia, lo sentii sospirare appena per lo sforzo di spostarsi tra le mie gambe. Un attimo dopo entrò in me con una spinta decisa che provocò un bollente brivido estatico in tutto il mio corpo, poi mi guardò soddisfatto mentre cominciava a muoversi. Portai istintivamente le mani tra i suoi capelli corvini e gli feci una carezza sul capo che lasciò trasparire più affetto del dovuto, tanto che la sua espressione maliziosa tramutò in una di vero stupore. Era ancora immobile per la sorpresa quando strappai un bacio dalle sue labbra passive, sorprendendolo di nuovo. Nikki passò la lingua laddove la mia bocca lo aveva sfiorato come se avesse voluto prendere ciò che le mie labbra avevano furtivamente lasciato alle sue, poi scosse la testa. “Il nome di Nikki Sixx fa gola anche a te?”

“Non me ne faccio niente di chi sei,” risposi con la voce leggermente alterata dopo che lui aveva ripreso a muoversi. “Io voglio solo te.”

Nikki scostò una ciocca di capelli dal mio viso e i suoi movimenti si fecero più intensi. Più il ritmo aumentava, più lui mi stringeva come se non avesse voluto perdersi un solo centimetro del mio corpo. Io ero come paralizzata: era riuscito a ipnotizzarmi e non avevo la forza per fare nulla a parte seguire il ritmo delle sue spinte come se stessi cavalcando un’onda impetuosa dell’oceano. Lasciai scivolare di lato il mio capo e mi imbattei nella nostra immagine riflessa sullo specchio dell’anta dell’armadio: il suo corpo era enorme rispetto al mio e mi aveva sovrastata del tutto, permettendomi di scorgere solo il mio braccio che passava sopra il suo fianco. Non riuscivo a distogliere lo sguardo dall’immagine di lui che si inarcava sopra di me per poi infliggermi quei colpi che alla vista sembravano mortali, ma che in realtà mi facevano sentire sempre più viva. I miei sensi erano totalmente inebriati, ma quando iniziai ad avvicinarmi all’apice essi ripresero a funzionare.

“Nikki...” lo chiamai. “Non posso aspettarti.”

Lui mi guardò di sbieco, tuttavia non rallentò e proseguì finché un gemito non uscì dalla mia gola sovrastando il rumore dei nostri respiri. Mi aggrappai a Nikki mentre godevo di quell’attimo di estremo piacere, poi feci pressione su una sua spalla e lo costrinsi a scivolare su un fianco. Un attimo dopo mi ritrovai sopra di lui e avevo la situazione in pugno. I suoi occhi verdi mi fissavano assenti e socchiusi, le labbra turgide erano appena contorte per lo sforzo, il suo braccio destro era scivolato giù dal materasso e ora il dorso della mano sfiorava il pavimento, arreso.

“Sharon, io ti voglio,” continuava a ripetere come nel bel mezzo di un delirio.

“Stanotte sono nelle tue mani,” sussurrai.

“Una notte non basta,” ribatté mentre mi accarezzava i fianchi con i polpastrelli ruvidi.

In un barlume di lucidità lo fissai senza essere sicura di aver capito bene. “Nikki, ma cosa stai–”

“Aspetta,” mi interruppe. “Ci sono quasi.”

Fece appena in tempo a terminare la frase; un attimo dopo venne lasciandosi sfuggire un lamento di piacere e mi strinse al suo petto quando ebbe terminato, ancora scosso dai brividi e con il fiato corto che continuava a colpire la base del mio collo.

“Perché hai detto quelle cose?” ripresi con ancora il volto a contatto con la sua pelle sudata. Nikki non mi rispose, ma si limitò a sciogliere l’abbraccio e a rotolare a pancia in su sul materasso, le braccia bianche scostate dal resto del corpo nel vano tentativo di trovare un po’ di refrigerio. Mi soffermai a osservare il profilo del suo viso e cominciai a sentire le palpebre pesanti. Si sarebbero chiuse nel giro di poco se lui non avesse iniziato a parlare.

“Non ti ho portata in casa mia solo perché avevo voglia di farmi un giro. Se fosse stato così sarei andato a cercare una di quelle tipe che ronzano nel nostro backstage, non te,” disse senza distogliere lo sguardo stremato dal soffitto.

Mi scostai i capelli dal viso e mi girai su un fianco senza nemmeno preoccuparmi di coprirmi. “Allora perché lo hai fatto?”

“Con te è diverso. Tu sei diversa,” spiegò. “Tu mi fai provare qualcosa che con una qualunque altra ragazza non proverei. Voglio dire... tu, Sharon, mi dai quel qualcosa in più che cerco e che non saprei nemmeno come definire.”

Gli accarezzai l’intero braccio abbandonato sul materasso senza sapere in che modo rispondergli. Se solo non si fosse addormentato subito, gli avrei chiesto di farlo un’altra volta perché avevo bisogno di sentire ancora quell’affetto che lui non aveva saputo definire.




N.D’.A.: Buongiorno! =)
Come sempre, grazie a tutti voi che leggete e a chi recensisce! ♥
Un glam kiss e a mercoledì prossimo,

Angie


Titolo: Turbo Lover - Judas Priest


   
 
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