Primo capitolo
"Gelsomino"
Era estate, l’aria sapeva di erba appena
tagliata, ma non per mano di qualcuno, no; quell’aroma infatti era causato da
una normale pioggia estiva durata poco meno di mezz’ora.
Non ci sarebbe nulla di strano in una
semplice pioggerellina. Se non fosse che proprio lei, con quel suo picchiettare
sui vetri un po’ più forte del solito, dovuto al fatto che mancava poco più di
un mese all’inizio dell’Autunno, copriva persino le chiacchiere degli euforici
studenti, che si accingevano a raggiungere, con un treno a vapore rosso e
dorato, la propria scuola, o per meglio dire la loro seconda casa.
Quell'anno non vi saprei dire se sarebbe
stato un anno all’insegna dell’allegria, tipico dell’età adolescenziale. Io
posso solo dirvi che a causa di qualcosa o di qualcuno, quella scuola
sicuramente avrebbe riservato qualcosa di diverso ai suoi alunni. Non che
questa abbia mai deluso le aspettative dei suoi studenti, i quali avevano
sempre sentito i racconti di fantastiche avventure vissute sia dai genitori sia
dai parenti.
Infatti mai un anno era uguale all’altro.
E come in uno di quei tipici racconti il
fischio delle rotaie del nostro treno fumante annunciava l’arrivo a
destinazione.
Il treno scaricando il suo “equipaggio” a
poco a poco sembrava quasi che si volesse concedere una pausa, dopo aver
compiuto un viaggio così lungo; ma ahimè non era possibile poiché doveva
ritornare alla stazione da cui era partito e tornare al suo solito binario 9 e
¾.
Ma ecco che da una delle carrozze, scese
una ragazza di 17 anni, con capelli lisci e lunghi fino alla vita, di un dolce
color miele.
Il suo viso, candido come la neve, era incorniciato
da una frangetta, che tagliava i suoi splendidi occhi verde smeraldo, i quali
con un po’ di smarrimento setacciavano il nuovo luogo che si presentava loro.
Aveva delle rosse labbra a cuore.
Era piuttosto magra e di un’altezza direi
normale. Indossava una divisa nera uguale alle altre ma che ne valorizzava il
fascino.
La sua bellezza era pari a quella d'una
rosa scarlatta in via di fioritura ma proprio la sua bellezza appariva dannata.
Poco distante, un chiassoso gruppetto di
quattro persone, che era stato tra i primi a scendere, era assorto in una
euforica discussione. Quello che parlava più forte, era un ragazzo di 17 anni
con occhiali tondi e capelli neri appena spettinati. Il ragazzo parlava così in
alto per l’eccitazione che molti studenti si voltarono per capire da dove
arrivasse un simile chiasso. E dopo l’ennesimo: “Che avete da guardare?”. Si
rivolse agli amici: “Quest’anno è la volta buona. Mi sono esercitato tutta
l’Estate e sono riuscito ad ottenere ottimi risultati. E a voi com’è andata?”.
Il ragazzo alla destra del primo, era
abbastanza tarchiato e basso e a differenza dei suoi compagni non era per
niente bello.
Dopo essersi curvato dando l’idea d'un
cane bastonato, vergognosamente disse: “Io ho avuto molto da fare con i compiti,
perciò non ne ho avuto il tempo”.
“Sei sempre il solito, Codaliscia. Inventi
sempre delle scuse”. Disse il primo.
“E dai James! non prendertela con Peter”.
Aveva parlato il ragazzo che finora, oltre ad aver annuito qualche volta, non
aveva ancora parlato. Questo ragazzo sembrava che non riuscisse a stare in
piedi. Infatti dava l’impressione d'essere appena uscito da una brutta influenza
che gli aveva prosciugato tutte le energie. Ma a parte la sua brutta cera, era
un ragazzo molto carino, alto, con capelli e occhi castani. “Non saresti dovuto
venire in treno, Lunastorta. Sono sicuro che il preside, conoscendo la tua
situazione, avrebbe trovato il modo di farti arrivare con un mezzo più
confortevole”. Disse James.
“Oh certo James! Così qualcuno si sarebbe
insospettito!”
“Ma guar..”
“Basta Ramoso. Lunastorta ha ragione,
come sempre. Ci manca solo che Mocciosus ficchi ancora quella sua
sproporzionata appendice nasale nei nostri affari. Ringraziamo che si è tolto
dai piedi. Tutto grazie all’incidente dell’anno scorso”.
Tagliò corto l’ultimo ragazzo del
quartetto, il quale era quello che attirava maggiormente l’attenzione e
riscuoteva più successo tra le ragazze.
Infatti a meno d'un metro di distanza dai
quattro, c’erano delle ragazze (probabilmente del sesto anno) immerse in una
finta conversazione e intente a fissarlo con occhi scintillanti.
Il ragazzo, che non ci aveva fatto caso,
parlava con aria disinvolta.
Aveva capelli neri lunghi fino alle
spalle che gli coprivano appena gli occhi azzurri ed era alto più o meno come i
suoi amici.
“Va bèh…tornando alla domanda che vi ho
fatto prima. Allora Felpato, come ti è andata?”
“Dire piuttosto bene”. Rispose il ragazzo
dagli occhi azzurri.
“Sì lo immaginavo, ma dimmi qualcos..”
“PRIMO ANNO! QUELLI DEL PRIMO ANNO QUI
INTORNO A ME ”.
“Hagrid è sempre il solito. Ogni anno la
stessa storia”.
“E pensare che quest’anno è l’ultimo”.
“Sempre allegro, eh Codaliscia?”
Ai piedi del sentiero, si era fatta
avanti la figura di un omaccione di all’incirca tre metri che oramai da diversi
anni svolgeva il mestiere di guardiacaccia della scuola. In mano teneva un
torcia che illuminava il suo viso, facendolo sembrare una maschera di Halloween
fluttuante.
La sua faccia era coperta da una folta
barba nera e probabilmente i suoi capelli non vedevano un pettine da diversi
anni. Dopo che alcuni allievi del primo anno si accostarono timidamente al
gigante, anche la nostra protagonista si diresse verso il gruppetto dei nuovi
studente ma dopo alcuni passi si sentì afferrare per un braccio.
Si voltò e vide che a trattenerla era un
ragazzo della sua stessa età con capelli neri e occhi azzurri.
“Dove vai? Da quella parte vanno solo gli
studenti del primo anno, per l’attraversata del lago nero. Te né sei
dimenticata? Noi del settimo anno dobbiamo andare dalla parte opposta verso le
carrozze. Forse il viaggio ti ha scombussolata. Sei bianca come un lenzuolo. Fatti vedere da Madama Chips, lei saprà
rimetterti in sesto”.
La ragazza dopo essersi voltata, da prima
aveva posato gli occhi sul braccio che l’aveva fermata, per poi risalire con lo
sguardo fino ad incatenarlo con un ragazzo dagl’occhi blu come la notte più
nera.
Il ragazzo in questione non appena ebbe
notato lo sguardo freddo e distante rivoltogli dalla ragazza nei suoi confronti
(cosa che mai nessuna ragazza aveva osato mai fare nei suoi riguardi), dopo un
secondo di incertezza si era ripreso subito ritrovando quella sua solita aria
strafottente e Don Giovanni per il quale era famoso.
“Comunque io sono Black, Sirius Black.
Tu… se vuoi, chiamami pure Sirius. E tu come ti chiami? Di che casa fai parte,
non ti ho mai vista”.
Ma alle sue domande non ci fu risposta,
perché la ragazza-senza-nome
scivolò dalla sua presa con facilità, dirigendosi verso
il sentiero che
conduceva al lago. Sirius era confuso sia dall’incontro, sia da
qualcosa
d'inspiegabile che si muoveva nel suo stomaco dal momento in cui
quegl’occhi
verde smeraldo si erano posati su di lui. Aveva potuto notare per un
millesimo di secondo una strana luce, quasi di pura follia, in
quegl'occhi che gli ricordavano tanto il verde della foresta proibita
quando veniva illuminata dai raggi di luna piena.
All’inizio infatti, aveva provato un forte senso
di disagio e pericolo come se qualcuno gli stesse
leggendo l’anima comprese le sue paure e speranze rendendolo nudo e
vulnerabile… poi di seguito quella sgradevole sensazione era sfumata via non
appena aveva sentito il suo profumo… gelsomino. Non lo aveva mai detto a nessuno,
neanche ai suo Malandrini, ma quell’aroma lo faceva impazzire! Lo rilassava. Lo inebriava. Ma soprattutto gli
ricordava qualcosa che preferiva dimenticare , qualcosa che lo legava inesorabilmente alla sua vita passata, quella
prima di incontrare la sua vera famiglia…
Sirius fu scolto dal nodo dei suoi
pensieri richiamato alla realtà da una voce… che lo chiamava…
insistentemente.
“Sirius!!! Ci sei?! Siamo rimasti solo
noi e se non ti dai una mossa ci perderemo lo smistamento.”
“Sì! Scusate!Arrivo!”
E dopo essersi voltato ancora una volta
verso il sentiero raggiunse gli amici.
Nel frattempo sulle rive del lago i
bambini si preparavano a salire su delle barche, ognuna provvista di torcia,
che avrebbero condotto loro alla scuola. I nuovi alunni erano disposti in fila
indiana lungo il ponte, alcuni erano euforici tanto da non trattenere la loro
eccitazione; altri talmente nervosi che sembravano sul punto di svenire. Dopo
che tutti gli studenti furono saliti a bordo delle barche, queste come per
magia si diressero verso l’unica fonte di luce superiore alle torce.
E così i nuovi arrivati, increduli per
ciò che gli si presentava davanti agli occhi, ammiravano uno splendido castello
circondato da mura e torri in perfetto stile gotico.
Nella facciata del castello che dava sul
lago si potevano intravedere i colori delle vetrate di quella che probabilmente
era la sala grande; questi andavano dal giallo al rosso ed erano così lucenti
da far pensare che il nero del mare fosse stato coperto da un lenzuolo di seta
color oro.
Ormai tutti quegli studenti che fino a
pochi minuti prima erano impauriti avevano capito che era valsa la pena di
iscriversi alla scuola di magia e stregoneria di Hogwarts.
To be continued…
Ciao
a tutti quelli che hanno letto il mio primo capitolo… questa è la versione
perfezionata xk ho avuto alcuni problemi!!!!
Ma
non temete miei baldi giovani e dolci donzelle da ora in poi posterò in maniera
decente… che dire se non un grazie a Nikki potter, Kisha dattebayo e Cassandra
287 che sono state le prime che hanno recensito.
Un’ultima cosa ci terrei a ringraziare anche quelle persone, che come me fino a ieri non avevano la possibilità di recensire xk non registrare… perciò anche se non lasciate una recensione vi ringrazio tantissimissimoooo!
ciau ciau!!! Ci si sente
prestissimo…
Lady blue ^-^