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Autore: amelia spicer    22/08/2014    2 recensioni
Brigitta è ormai agli sgoccioli il suo amore per Paperone è stato rifiutato ancora una volta, una fuga a Ocopoli, lo zampino di Rockerduck e il rimorso di Paperone. Una storia romantica per tutti quelli che come me vorrebbero vedere Brigitta e Paperone finalmente assieme.
Genere: Azione, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Paperon De' Paperoni, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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~~Il giorno dopo, la cara Brigitta si avviò verso la pasticceria, il suo nuovo posto di lavoro, dove Dukky prontamente l’aspettava. Aveva preparato un set completo di utensili da cucina. Sul bancone da lavoro, c’erano anche tre tipi diversi di cioccolato plastico.

Dukky: Benvenuta Brigitta, pronta per il tuo primo giorno di lavoro? Voglio vedere cosa sai fare, d’accordo?

Brigitta annuì, poi prese uno dei grembiuli appesi sull’appendino per i dipendenti e una delle cuffie per i capelli. Lo trovava molto anti-estetico, ma capiva che trovare uno dei suoi capelli nell’impasto torte era una cosa disgustosa e spiacevole.

Dukky: Molto bene! Ora che sei pronta, che ne dici di fare una carrot cake? Una delle mie clienti di fiducia la vorrebbe con una carota decorativa sopra. Ti va’ di realizzarla con del cioccolato plastico?

Brigitta fece un cenno d’assenso con il capo e si mise subito al lavoro. Per la prima volta aveva la possibilità di vedere come lavorava un vero pasticcere e anche com’era fatta una vera cucina. Era molto asettica, ma trasudava passione per il lavoro. C’erano ben tre forni grandi come un frigorifero mentre il vero frigorifero era delle dimensioni del suo armadio. Gli scaffali contenevano tutti i tipi di paste e farine esistenti, ma la cosa più bella era l’enorme isola al centro, dove troneggiava una torta di quattro piani. Era bianca, con decorazioni rosa e gigli gialli fatti con il cioccolato plastico.

Dukky: Oh, sì molto bene! L’impasto è ottimo!

Brigitta: Per chi è quella torta? Se posso chiedere…

Dukky: È per il compleanno di mia moglie.

Brigitta: Wow! Ed è così grande?

Dukky: Non la mangeremo solo noi. Abbiamo invitato 200 ospiti alla festa! Ma non preoccuparti, anche tu un giorno farai torte così.

Al solo pensiero Brigitta si mise a capo chino a lavorare alla sua carrot cake. Doveva assolutamente imparare a fare delle torte come quella. Era davvero magnifica.
A Paperopoli invece, per la prima volta, qualcuno si era preso un giorno di vacanza per ammettere a se stesso di aver sbagliato e di avere anche fin troppo orgoglio per un pennuto solo.

Paperone: Battista, per favore, potresti prendermi un biglietto andata/ritorno per Ocopoli?

Battista si fermò, e lasciò cadere i fogli delle richieste aziendali.

Battista: Vado subito signore!

Paperone si incuriosì. Di solito, Battista era calmo e pacato; era strano che aveva fatto cadere i fogli in quel modo.
Battista corse per il corridoio fino ad arrivare alla scrivania di Miss Paperette.

Battista disse ansimando: Miss Paperette, il signore de’Paperoni va’ ad Ocopoli! Si è deciso, finalmente!

Miss Paperette alzò lo sguardo, sbalordita, verso Battista che aveva un’espressione trionfante sul volto. Non ci credeva. Finalmente il loro principale dava segni di umanità.

Paperette: Vuo-vuole i biglietti per Ocopoli? Oh, sia lodato il cielo!

Battista: Mi ha anche chiesto “per favore”!

Miss Paperette tirò sù col naso: Battista, oggi è un grande giorno!

Paperone: Allora?! – gli interruppe bruscamente. - Non vi pago per poltrire!

Paperone poteva anche essere gentile, ma era risaputo che quei momenti duravano molto poco. I due sevizianti tornarono al lavoro con un sorriso ebete stampato sulle labbra.Poco più tardi, Paperone si avviò a prendere il treno senza che l’ignara Brigitta sapesse nulla. Scese dalla carrozza economica e si guardò intorno come se credesse di poterla trovare in stazione. Fermò un passante per chiedere dove fosse la via dove abitava Brigitta. Al povero passante per poco non venne un infarto.

Passante: Oh mio Dio! Lei… lei è il signor De’ Paperoni!

Paperone: Bè, sì… c’è qualche problema?

Il passante corse via nella folla continuando a urlare “Paperone è qui!”. Il vecchio papero iniziò seriamente a pensare di vivere in un mondo di matti. A un certo punto, una signorina lo fermò.

Signorina: Salve signor Scrooge, potrebbe fare un autografo? È  per mio figlio, studia economia per diventare come lei.

Paperone prese il foglio che gli aveva gentilmente offerto la signora, e firmò.

Signorina: Grazie signore! Posso fare qualcosa per ricambiarla? Sembra disorientato.

Paperone non se lo fece ripetere due volte e colse la palla al balzo.

Paperone: Grazie, Signora!

Da bravo affarista qual era, non solo si era fatto dire dov’era la via, ma era pure riuscito a scoccare un passaggio gratis. Il numero 3002 di via Peperpaolo Borsellino era una villetta a schiera molto simile a quelle di Paperopoli. L’esterno era giallo con porte e finestre in abete rosso. Dai balconi scendevano delle violette rampicanti di colore azzurro ormai giunte al loro termine ultimo a causa del freddo, e le tende erano bianche con decorazioni rosse di vario tipo. Paperone riteneva che il tipo di arredamento era tremendamente sdolcinato. Bussò alla porta. Niente. Suonò il campanello ripetutamente, ancora niente. In quel momento gli venne in mente che a quell’ ora del pomeriggio,
Brigitta non poteva essere in casa. Di sicuro era al lavoro.“Allora Brigitta ha trovato davvero un lavoro in fretta!”, pensò. Paperone decise dunque di citofonare al vicino di casa.

Vicino… anzi no, vicina di casa: Buongiorno signore!

La vicina era una barboncina nera, alta e snella che masticava un chewingun che fece scoppiare impunemente davanti alla faccia del miliardario.

Paperone: Ehm, sì. Io, ecco… vorrei sapere se qui vicino abita una papera di nome Brigitta MacBridge.

Vicina: Seeeeee… e alloraaaaa?

Paperone più guardava quella donna e più si innervosiva. Il vizio di masticare la gomma in quel modo lo aveva tolto personalmente a Qui, Quo e Qua, a furia di pacche sul sedere. Non  avrebbe potuto fare lo stesso con la signora.

Paperone: Per caso, lei sa a che ora rientra?

Vicina: Noooo, ma so dove lavora.

Paperone: Perfetto, può dirmi dov’è?

La vicina fece scoppiare un’altra gomma, e Paperone giurò a se stesso che avrebbe fatto abrogare una legge a Paperopoli che vietava quelle maledette chewingum.

Vicina: A due isolati da qui, dietro al tabaccaio. è di fronte alle poste, si chiama Cherry Sweetcake.

Paperone fece un cenno di ringraziamento alla signora, e si avviò verso la pasticceria. A lui piacevano i dolci, ma faceva fatica a sopportare le cose sdolcinate. Lui era un papero duro, cresciuto nella povertà e sapeva cosa significasse non avere il pane sotto i denti. Tuttavia, quando mangiava le torte di Brigitta, provava una sensazione di sano benessere. Non esagerato, non spinto, non sovradimensionato. Era semplicemente un bene salutare. Era una sensazione difficile da descrivere. Arrivò in fretta alla pasticceria, si fermò davanti alla porta per qualche minuto. Da quando era partito, questa era la prima volta che esitava, ma aveva torto. E quando si ha torto è sempre difficile chiedere scusa. Il punto è che non sapeva ciò che avrebbe comportato la sua scelta. Si fece coraggio, afferrò energeticamente la maniglia e aprì la porta. Che strano… aveva la mano sudata.

Dukky: Buongiorno signore! È indeciso su quale dolce scegliere? Posso darle una mano. Abbiamo appena preparato dei favolosi green cupcakes!

Paperone: No, grazie. Ecco, io sono venuto qui per vedere un’amica.

Dukky: Oh, la signorina Brigitta? Brigitta! Vieni, c’è una persona che vuole vederti.

SBAAAMMM. Dalla cucina si udì un tonfo sordo e alcuni dei cupcakes rotolarono ai piedi di Dukky dietro al bancone.

Dukky: Brigitta?

Brigitta era nascosta dietro l’angolo con il cuore che pulsava come se avesse corso 100 chilometri e il suo respiro era così mozzato che sembrava appena uscita da un record d’apnea.
Brigitta sussurrò: Lui è qui!? Oddio è qui! Non dovrebbe! Perché non posso vivere come una persona normale!?
Si prese il viso fra le mani e iniziò sommessamente a singhiozzare.

Dukky: Ehm, credo che la signora non stia bene. Per favore, penso sia meglio che lei se ne vada.

Paperone: No! Senta, io devo parlarle. Davvero, è importante!

Dukky: Devo insistere, signore. Per favore, esca di qui.

Paperone: Giovanotto, te lo chiedo UN’ULTIMA volta… lasciami passare!

Dukky: Lei non metterà piede nella mia cucina!

Paperone si assestò il cappello in testa e girò attorno al bancone, piazzandosi davanti allo chef.

Paperone sibilò a denti stretti: Spostati!

Dukky, forse per reverenza o forse per paura, si scostò mal volentieri, e lasciò passare il vecchio. Paperone svoltò l’angolo e la vista che gli si parò davanti gli straziò il cuore: la povera Brigitta lo guardava con gli occhi rossi spalancati e le guance umide, le mani erano a mezz’aria come se stesse pregando; il grembiule, come la sua faccia del resto, erano sporchi di farina. Per la prima volta Paperone sentì un moto di pianto. Era colpa sua?

Brigitta: Paperone…io, io ho…

Paperone lasciò cadere il bastone, barcollò in avanti con le braccia forti e sicure, forgiate dai mille viaggi e dalle mille avventure, abbracciò Brigitta.
La papera spalancò gli occhi. La stava abbracciando di sua spontanea volontà. Le lacrime iniziarono a scorrere senza controllo e affondò la faccia nella sua palandrana. Non voleva che lui la vedesse così, ma se non si fosse scostata avrebbe imbrattato la sua giacca. Inspirò profondamente e sentì il suo odore. Sapeva di banconote nuove, un po’ di vecchio e di Sali aurei.

Paperone: Shh, va tutto bene…

Gli mise una mano sui capelli. Erano morbidi, cotonati, sembrava di toccare una nuvola. Il suo tocco tranquillizzò un po’ la papera.

Paperone: I-io sono venuto per chiederti…

Paperone aveva il becco impastato e asciutto. Non riusciva a dirlo, aveva troppa paura delle conseguenze.

Brigitta: Io non volevo, ma io dovevo ricominciare…

Paperone: …SCUSA!

Brigitta sollevò lo sguardo. Il papero ora la teneva per le spalle e aveva lo sguardo basso sul pavimento. Brigitta rimase intontita e immobile, probabilmente non aveva sentito bene.

Paperone: Scusami, io non ho capito niente.

Brigitta sorrise e decise che era il momento di rispondergli a dovere.

Brigitta: Oh, sai com’è… a volte i maschi lo fanno.

A Paperone scese una goccia di sudore dalla fronte: Comunque, sono qui per dirti che sono stato un pessimo papero. Non ho cercato di conoscerti meglio e ti ho etichettato
male. Ti sei sempre presa cura di me e voglio ringraziarti. Per questo motivo sono qui.
Brigitta era commossa. Nessuno di solito ammetteva i propri errori, tanto meno Paperon De’Paperoni, ma oggi era evidentemente un giorno speciale.

Brigitta: Grazie, accetto le tue scuse Paperone.

Paperone: Torni a casa?

Brigitta si fermò e tolse le mani del papero dalle sue spalle.

Brigitta: No.

Paperone, a causa della forza con cui la papera lo aveva scostato, barcollò all’indietro.

Paperone: Come sarebbe a dire no? Non prenderò il treno tutti i weekend per venire a trovarti!

Brigitta si senti un po’ offesa da questa risposta, ma doveva andare in fondo al suo discorso.

Brigitta: No, perché qui finalmente sto scoprendo chi sono, Paperone.

Paperone sapeva di cosa parlava la papera: lui aveva lasciato la Scozia anche per quella ragione.

Paperone: Sì, ma i tuoi amici a Paperopoli? Paperina, Paperino, Filo? Lasci anche loro?

Brigitta: È una scelta difficile, lo so, ma non ho mai pensato a me negli ultimi anni perciò, voglio dedicarmi alla mia passione, i dolci.

Paperone ricordava spesso che l’unico motivo per cui lei, a volte, non veniva al deposito, era per finire una torta. Lei metteva tutta se stessa in quello che faceva, però questa volta era diverso. Invece di sprecare le sue energie per lui, Brigitta aveva scelto di usare per gli altri, ma soprattutto per lei. Il papero si riordinò, si sistemò la palandrana, la tuba e raccolse il bastone da terra.

Paperone: Molto bene, Brigitta. Sarei molto felice se tu venissi a Quaktown per il giorno del ringraziamento. Fino ad allora ti auguro la miglior fortuna.

Il papero si girò e uscì dal negozio impettito. In quell’istante Brigitta notò il disordine per terra e si affrettò a raccogliere i dolci caduti.

Dukky: Sei stata molto forte e coraggiosa. Sono felice di averti come collega.

Brigitta sorrise e si affrettò a recuperare una scopa per pulire la cucina.

Nel frattempo, il papero rientrò al deposito.

Battista: Signore, finalmente è di ritorno! Com’è andata?

Paperone: Battista, non ti facevo così pettegolo!

Battista arrossì. Non solo lui era curioso, ma tutto lo staff si chiedeva come sarebbe andata a finire.

Battista: Scusi la mia mancanza di pudore, ma la mia curiosità è veramente tanta.

Paperone inarcò un sopracciglio: Bè, credo sia andata bene.

Battista: L’ha perdonata?

Paperone: Sì.

Battista: La vuole ancora come amico?

Paperone: Sì.

Battista: Tornerà a Paperopoli?

Paperone: Ehm, purtroppo no.

Battista perse per un attimo l’equilibrio: C-come no?!

Paperone: Smettila di balbettare, sembri una gallina!

Battista riprese la sua compostezza, e con un cenno salutò il padrone e tornò alle sue faccende. Allo stesso modo, Paperone posò la sua tuba sulla scrivania e proseguì i suoi conti e bilanci finanziari. Ma non durò per molto.

Miss Paperette: Ehm, mi scusi signor Scrooge...

Paperone: C’è qualche problema Miss Paperette?

Miss Paperette: Signore, c’è il signor Rockerduck. Lo lascio entrare?

Paperone si sbattè la mano in faccia. Era veramente stanco e il suo unico desiderio era finire la giornata e andare al più presto a dormire, ma evidentemente aveva disturbato qualche forza cosmica, perché niente stava andando come voleva lui.

Paperone: Oggi non sono in vena… mandalo via, per favore.

Intanto il papero si massaggiò in mezzo agli occhi. Perché doveva succedere tutto in quella giornata? Cos’è che aveva questo giorno di diverso? Era o non era come tutti gli altri?

Battista: Signore?

Paperone: CHE C’è ANCORA?!

A Battista, il suo urlo non risultò seccante, bensì quasi disperato                                                               

Battista: Il signor Rockerduck insiste. Dice che è una cosa importante e che…

Paperone: La stai tirando per le lunghe Battista. Dimmi cosa c’è, adesso!

Battista: Mi ha riferito che se non accetta di vederlo, confesserà alla signora Brigitta che voi avete costretto lui a darvi l’indirizzo. È  vero, signore?

Maledizione, non l’avrebbe dovuto sapere nessuno. Se Brigitta avesse saputo che lui aveva ottenuto il suo indirizzo da Rockerduck, sarebbe tornata a tormentarlo. Questo no, mai!

Paperone: Fallo entrare e digli di tenere quel suo beccaccio fuori dai miei affari!

Rockerduck: Che peccato! Io mi stavo divertendo così tanto!

Rockerduck era saltato fuori da dietro Battista. Probabilmente quello sciocco maggiordomo lo aveva già fatto entrare prima.

Paperone: Battista, devo discutere di affari privati.

Battista si congedò con un inchino, e chiuse le porte dell’ufficio. Rockerduck avanzò, e con fare flemmatico, accarezzò la sedia dei colloqui di fronte alla scrivania di Paperone
e vi si accomodò.

Rockerduck: Bene, non mi vuoi raccontare del tuo appuntamento?

Paperone arrossì di botto: Tu, come fai a saperlo?

Rockerduck: Ho più informatori di quello che credi. Com’è andata?

Paperone: In nessun modo! Tu, sei l’ultima persona sulla terra a cui voglio raccontarlo!

Rockerduck sorrise. Vedere Paperone così agitato era davvero insolito, sembrava quasi vulnerabile.

Rockerduck: Bene, ma dovrai farlo. Altrimenti scoppierai come un palloncino. I sentimenti non sono una cosa da sottovalutare, sai?

Paperone: Ma che ne sai tu di sentimenti? Sei mai stato fidanzato?

Rockerduck sogghignò. Se la vecchia tuba avesse saputo il numero delle ragazze che erano entrate nel suo appartamento, di sicuro gli sarebbe venuto un infarto.

Rockerduck: Diciamo di no. Sono propenso a un altro tipo di relazione...

Paperone si alzò e sbattè una mano sulla scrivania e l’altra la puntò in faccia al suo avversario.

Paperone: Aaah! Lo sapevo che eri gay!

Rockerduck divenne rosso come un peperone e si alzò violentemente dalla sedia.

Rockerduck: Ma che stai dicendo, vecchio rimbambito!? Io non sono gay!

Rockerduck respirò affannosamente. Tra tutti gli insulti che gli erano stati rivolti, questo era senza dubbio il peggiore. Per quanto riguardava i gay come società, lui non li riteneva diversi. Sono solo persone dai gusti insoliti. Lui era considerato il Don Giovanni dell’alta società. Possibile che Paperone non leggesse i tabloid?

Paperone: Però, sai che lo sembri? I vestiti all’inglese, gli occhiali da Hipster, e fammi indovinare…  giochi a golf?

Sì, Rockerduck  giocava a golf, ma questo cosa c’entrava? Il golf è uno sport raffinato ed elegante, dove sapere perfettamente quale ferro usare, fa la differenza tra una vittoria e una sconfitta.

Rockerduck: Sentiamo, qual è la tua idea di sport virile?

Paperone: Caccia, pesca, tiro al piattello, etc…

Rokerduck sussurrò: …caccia alle streghe.

Paperone: Come scusa?

Rockerduck: No, niente, ma torniamo a noi, non sono venuto qua per parlare delle mie attitudini sociali.

Paperone si riaccomodò sulla sua sedia e fece cenno a Rockerduck di fare lo stesso. Il giovane papero tornò a sedersi. Il suo sguardo torvo, costrinse Paperone a cambiare posizione sulla sedia.

Rockerduck: Bene, cos’hai in programma di fare con Brigitta?

Paperone spostò lo sguardo altrove e iniziò a giocherellare con la sua matita. Avrebbe preferito evitare l’argomento.

Paperone: Bè ecco io, io non…

Eccola, di nuovo, quella sensazione di avere il becco impastato! Non riusciva più a trovare le parole giuste. Si stava facendo battere dal pivello. Che vergogna. E quello lì, se la rideva. Guardalo, come si crogiola nel suo brodo, fanghiglia dell’umanità!

Paperone: Ecco sì, io l’ho invitata al Thanksgiving Day di Quaktown e lei ha detto che sarebbe venuta volentieri.

D’accordo, l’ultima parte se l’era inventata, ma doveva sembrare una gloriosa vittoria e non una mezza sconfitta.

Rockerduck: Lo credo bene che verrà! L’ho già invitata io!

Paperone spalancò gli occhi e per un attimo divenne ancora più bianco di quanto non lo fosse già.

Paperone: C-come sarebbe a dire “L’ho già invitata io”?

A Rockerduck brillarono gli occhiali: Sarebbe a dire che io e lei abbiamo cenato insieme, zuccone!

Altro che gay, Paperone doveva rimangiarsi tutto e anche in fretta. Lui era peggio, molto peggio. Era una di quelle donne che per soldi fanno di tutto. No, anzi lui era di classe. Sì, Rockerduck era una escort del male.

Paperone: Tu? Come? Quando?

Il cervello di Paperone ormai fumava. Tutti gli eventi di quei giorni lo avevano massacrato, ma questo era il colpo di grazia.

Rockerduck: Ieri sera, al Blackwhite di Ocopoli. Forse lo conosci. Abbiamo chiacchierato del più e del meno, di te e della festa del ringraziamento. Io l’ho invitata e lei ha accettato di venire.

Paperone: Come…? Lei non ti è mai interessata fino a quando era qui, perché adesso nutri qualcosa?

Rockerduck si alzò, si avviò verso la porta e la aprì. Guardò Paperone e si preparò per dargli il colpo di grazia vero e proprio.

Rockerduck: Perché io ottengo SEMPRE quello che voglio! E adesso VOI siete i miei giocattoli e farò ciò che più mi pare e piace. Sia con te sia con Brigitta. Con chiunque. E sai perché? Mia madre mi ripeteva spesso:“Se vuoi qualcosa, prendilo e fallo diventare tuo!”

E ridendo come uno psicopatico, Rockerduck si avviò all’uscita facendo accapponare la pelle a tutti, compreso Lusky che aspettava alla fine del corridoio.

Battista: Ma che ha quello?

Paperone si avvicinò a Battista con una faccia cerulea e gli poggiò una mano sulla spalla.

Paperone:  È un fottuto sociopatico, ecco cos’è! Questo è il vero volto di John D. Rockerduck!

Paperone aveva vari ricordi di Howard Rockerduck. Era stato il suo maestro, il suo mentore. Tutto ciò che sapeva su come estrarre il rame, lo aveva imparato grazie a lui, ma suo figlio.. .da chi aveva preso Jonhatan Duckster Rockerduck? Era possibile che la madre, in realtà, fosse un’arrampicatrice sociale?                                                                                                                                                               No, la signora Rockerduck era un’infermiera. Sapeva quel che diceva e di certo, amava il figlio, forse anche troppo. Ora che Paperone ci pensava, aveva un solo ricordo di Rockerduck. Non bello, ma molto triste. Nella sua mente affiorò un immagine: un bambino lo guardava da una macchina che si allontanava e rimembrò quelle poche parole comprese dalla lettura delle sue labbra. “Mio padre non è più mio padre… TI ODIO!” Lui aveva rovinato la sua infanzia portandogli via il padre. Ma alla fine, la vita sa sempre come far bilanciare i conti e in quel momento, essi prevedevano la vendetta di Rockerduck.
 

ehhh, quarto capitolo...l'elenco delle persone che devo ringraziare diventa sempre più lungo, la mia amica bianca che mi ha aiutata con la grammatica a la mia mentore Jeremy Brett, senza la quale non starei continuando e tutti quelli che mi fanno un c++o così perchè ci tengono a questo lavoro! Un bacione a tutti.

   
 
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