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Autore: SilverSoul    25/08/2014    5 recensioni
La vita di Maka, chiusa in un appartamento in unica compagnia dei suoi amati libri, sta per cambiare.
Riuscirà il mondo reale ad essere all'altezza di un mondo di carta, dove le alte aspettative, i grandi amori e i sogni nel cassetto sono a portata di mano?
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Maka Albarn, Soul Eater Evans, Un po' tutti | Coppie: Soul/Maka
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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2) La vita secondo Maka
 
Click.

“Sorgi e splendi, Death City, è appena iniziata un’altra sfavillante e scintillante giornata! Questa è Radio DC, la radio uffic..”  
Un mano pallida e magra sbattè contro la sveglia, lanciandola lontana dal comodino e zittendola all’istante.

“Troppo brio per essere le sei di mattina”

La figura avvolta nelle lenzuola si girò supina e un occhio verde rifletté la scarsa luce che filtrava dalle tapparelle.
Maka si sedette come un automa sul bordo del letto, infilando i piedi nelle sue pantofole rosa pelose e dirigendosi  verso il bagno senza neanche uno sbadiglio: cosa alquanto inusuale, frutto di anni e anni di solitudine. La ragazza aveva anche abbandonato la convenzione sociale -inutile, a suo parere-  di usare un pigiama per dormire, e si accontentava dell’intimo.

Dopo mezz’ora la bionda era pronta: maglia logora, pantaloni infeltriti, capelli pettinati alla meno peggio e e chiusi in un mollettone, si  armò del suo computer portatile rifugiandosi sul divano.
“A noi due, ora, capitolo di svolta” di disse Maka, rivolgendo allo schermo un ghigno di sfida.
Lavorò sodo per un paio d’ore, concedendosi solo un paio di bicchieri di succo di frutta, sbattendo veloce le dita sulla testiera, colta da un’idea fugace.
Il  veloce ticchettio dei tasti risuonava per l’appartamento silenzioso, come se un esercito di criceti corresse a perdifiato sul parquet, avanti e indietro da un capo all’altro delle stanza, cullandola come le carezze di un vecchio amico.

Ad un certo punto il ritmo si interruppe e la bionda prese a torturarsi i capelli e la maglia, alternativamente, mentre si mordeva il labbro inferiore, iniziando a parlare a voce alta:
<< Allora, okay… calma, respira, okay… se Rickon.. no, aspetta, momento! La scena del bacio, ecco! Posso tranquillamente introdurla adesso, tanto, poi invece per … >>
Maka scattò in piedi come una molla, marciando in circolo intorno al divano e continuando a discutere con se stessa, cercando di chiarirsi le idee.
<< E se invece di baciarla, lui la invitasse prima fuori per un appuntamento romantico o che ne so io, e poi… oh no dai, troppi cliché! Trova qualcosa di originale dai Maka! Mmm… vediamo… La porta a fare bungee jumping, o rafting, o in cima all’Everest… o magari qualcosa in cui non rischia di perdere l’uso di qualche arto eh, sarebbe carino… >>

La ragazza chiuse gli occhi, massaggiandosi le tempie, lasciando che le sue gambe continuassero  a muoversi, tanto ormai conosceva la sua casa a menadito.
Aprì gli occhi e si ritrovò davanti alle sue amate vetrate, il sole di mezzogiorno che bagnava di un alone dorato anche lei, chiusa nelle mura grigie del suo appartamento.

“Ma chi voglio prendere in giro? Sono ferma da giorni a scrivere! Io non so niente di amore e annessi e connessi, come faccio a parlarne ad altri? Perchè vogliono proprio un libro di questo genere, invece, e non mi lasciano libera di scrivere…”

Con la mente tornò ad un paio di settimane prima, quando la sua editrice l’aveva chiamata e le aveva dato questo incarico, strillando a pieni polmoni dalla cornetta:
<< Perché, tesoro? Mi stai sul-se-ri-o chiedendo il perché, Maka? >> Arya era la sua editrice, una bravissima persona e quello che Maka aveva di più vicino ad una amica, ma il tatto con era il suo forte. E quando poi si fissava su qualcosa, non c’era modo di farle cambiare idea, neanche sventolandogli sotto il naso i biscotti al cocco pelosi per i quali andava matta.
<<  Si, Arya, io non capisco… perché devo cambiare il mio modo di scriver… >> aveva provato a ribattere la bionda, ma era stata subito interrotta da quella furia travestita da donna d’affari.
<< Perché è QUESTO quello che vende, ca-ris-si-ma! I tuoi libri non sono adatti alle teenagers, ma più a donne di mezz’età… e noi dobbiamo accalappiare una fetta del mercato che libri come Twilight e giù di lì hanno aperto, dol-cez-za! Così pooi potrai… >> e bla bla bla, Maka aveva disconnesso il cervello e aveva capito che questa volta non poteva fare di testa sua. Come li chiamavano, le persone normali?
 Ah, sì, compromessi.
A Maka non erano mai piaciuti, ne faceva volentieri a meno: figurarsi che c’è gente che ci costruisce una vita sopra! Ma questa volta non aveva modo di obiettare, e per lei scrivere era tutto, quindi aveva dovuto capitolare. Così aveva chiuso la chiamata velocemente, cercando di schivare tutti i vezzeggiativi e le sillabazioni che tanto le davano sui nervi, ma di cui la sua amica faceva abbondante uso quando era in trattativa.

Un brontolio la distolse dalle sue elucubrazioni. Un mormorio che proveniva dalla sua pancia.
“Ottimo. Mancava solo questo, è proprio una splendida giornata. E’ proprio ora di chiamare Tom”.


***


Era già pomeriggio inoltrato, e Maka, come ogni santo pomeriggio della sua vita, era seduta sulla sua poltrona rossa, persa nel rimirare le vite che si intrecciavano sotto le sue vetrate, con il solito libro aperto in mano, a cui gettava rare occhiate. Forse, se avesse avuto per le mani un libro un po’ più coinvolgente, non avrebbe fissato con così tanta intensità là fuori, avvicinandosi sempre di più al vetro, un millimetro dopo l’altro, impercettibilmente, in equilibrio precario. E, sempre forse, non si sarebbe spaventata così tanto nell’udire il suo campanello da finire col picchiare il naso e, nel tentativo di salvarsi, la nuca sulla vetrata, ritrovandosi poi –non si sa bene come- con i piedi appoggiati alla poltrona e la faccia schiacciata sul pavimento, mentre la copertina del libro le tentava di bucare lo stomaco.

Maka si rialzò velocemente da quella posizione scomposta, buttò un occhio in giro per vedere se era tutto in ordine e, soddisfatta, andò ad aprire la porta, cercando di rassettarsi i vestiti mentre passava davanti allo specchio d’ingresso.

Guardò nello spioncino: capelli castani, occhi gentili del colore del caramello fuso e un viso armonioso ma virile.

Aprì la porta con un sorriso, facendosi da parte. Tom entrò, trascinandosi dietro le borse con la spesa e lanciò un’occhiata in giro:
<< Ehi bionda, sono arrivato in tempo anche stavolta: non hai ancora iniziato a sgranocchiare le pagine dei tuoi amati libri, a quanto vedo >> l’apostrofò per poi abbracciarla.
Maka si mise a ridere, seguendolo poi  in cucina. I due iniziarono a sistemare le confezioni negli sportelli deserti, parlando del più e del mano, e riacquistando sempre più confidenza.

Tom le chiese del suo ultimo libro, delle sue giornate e si aggiornò sulle sue ultime letture.

Maka invece s’informò della sua famiglia, della salute di sua madre e di come andavano le cose al negozio, e Tom prese a parlare e a parlare mentre Maka, affamata di dettagli di vita vera, lo ascoltava attentamente.

Le piaceva parlare con quel ragazzo, aveva uno spirito ironico che non lo rendeva mai noioso da ascoltare.

“Ed è anche un bel ragazzo”, si ritrovò a pensare la bionda, osservandolo meglio.
Era alto, slanciato, non mingherlino ma neanche palestrato: aveva il fisico di uno che è abituato a spostare scatoloni tutto il giorno nel suo negozio, rifletté la ragazza. E aveva una personalità forte e decisa, ma anche dolce, e dava l’impressione di uno che era capace di farti sentire al sicuro e desiderata, ma senza essere smielato…

<< … e dopodomani arriverà un mio cugino e, certo, devi proprio vederlo! E’ proprio un tipo! Va sempre in giro con un giubbotto di pelle nera, ha i capelli bianchi e l’aria da duro, ma è una brava persona… mi ha chiesto di venire a lavorare nel mio negozio, e non ho proprio saputo come rifiutare… Ti chiederei anche un consiglio su questo, ma in questo momento sei nel tuo mondo e resteresti lì imbambolata anche se ti dicessi che domani mi sposo con Helena Bonham Carter perché Tim Burton l’ha stufata. >>

Maka si riscosse quando lui si mise a fissarla, come in attesa di una risposta.
“Oh cavolo, di che stava parlando?E ora che gli dico?” << Infatti >>, rispose la bionda sperando di andare sul sicuro con quell’avverbio, guardandolo di sottecchi.
Tom scoppiò in una grossa risata e, asciugandosi gli occhi, iniziò ad alzarsi dalla sedia del tavolino in cucina, dato che avevano finito di sistemare già da un po’. La bionda lo guardò con un sorriso imbarazzato, accompagnandolo alla porta.

<< Io,… mi dispiace, non ho scusanti, mi sono distratta un attimo e poi… >>

<< Figurati >> rispose Tom sorridendo << tanto ormai ci sono abituato! E’ per questo che mi diverto a venire qui >> concluse con un occhiolino, prima di uscire.

Maka chiuse la porta e si guardò intorno. L’allegria che sembrava aleggiare quando era presente Tom sembrava svanita. Ora la sua casa sembrava solo vuota e fredda, come al solito.

La ragazza si incamminò verso la cucina, guardando l’ora: erano già le sette di sera, avrebbe mangiato la tanto agognata pizza e sarebbe andata a letto presto. Proprio come al solito.
  
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