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Autore: _Carrotscupcake_    25/08/2014    2 recensioni
Sono John Watson e oggi risolvo casi con il mio migliore amico e marito Sherlock Holmes. Sherlock è un genio, un vero e proprio genio, l'ho visto risolvere i quesiti più assurdi in meno di un minuto, davanti ai miei occhi. Ho deciso di scrivere questo blog affinché tutti possano apprezzare la sua intelligenza quanto l'ho sempre apprezzata io, e amarlo, anche se sembra impossibile dato che al mondo non esiste una testa di cazzo più insopportabile di lui. Questa storia parla del nostro primo caso assieme e di come, lentamente, ha fatto sì che lo amassi, e aveva solo diciassette anni.
Genere: Mistero, Romantico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Dal blog di John Watson: Un'insolita proposta.

Quel venerdì sera, rinunciai ad uscire e decisi di cercare Sherlock su internet. Provai tutti i social network che conoscevo, facebook, instagram, twitter, e persino tumblr, ma non trovai niente. Quando mi ero quasi  arreso, finalmente trovai qualcosa: un blog. Il blog si chiamava “scienza della deduzione”. Lo aprii e iniziai a leggere l’ultima cosa che aveva postato. Dopo tre righe mi accorsi che mi sarei divertito di più tentando il suicidio che a leggere quella cosa. Erano solo stupidi elenchi, o elenchi troppo intelligenti perché una persona di intelligenza media come me potesse capire. Non mostrava per niente la sua genialità, quella che avevo sperimentato il pomeriggio stesso conoscendolo. Mi ripromisi che se lo avessi conosciuto bene, avrei tenuto un blog per lui, e avrei fatto in modo di non essere l’unico sulla terra ad apprezzare la sua intelligenza. Mi addormentai pensando a quanti soldi avrebbe potuto fare deducendo la vita di perfetti sconosciuti, come una specie di falso cartomante, l’idea mi fece ridere, perché ero sicuro che lui l’avrebbe odiata.
Di sabato il tempo sembrò aver smesso di scorrere, passai la giornata nel letto a cercare di capire cosa avrei detto a Sherlock quando l’avrei rivisto, per sembrare almeno un po’ più intelligente della gente media che tanto lo annoiava. Ero troppo distratto per poter studiare, anche se avrei avuto un esame di mercoledì. La sera decisi di alzarmi da quel letto, vestirmi ed andare a prendere una birra con degli amici, per distrarmi un po’. Fu la solita serata tra ragazzi, ma mi sembrò estremamente noiosa, e non ne potevo più di Mike che mi diceva che era assurdo che vivessi ancora dai miei genitori. Tornai a casa presto e mi addormentai quasi subito.
La domenica passò altrettanto lenta, ed era piuttosto deprimente vedere come i nostri allegri pranzi domenicali si stavano facendo sempre più tetri. Harry rimaneva assorta e in silenzio per tutta la durata del pasto, intristendo sia mamma che papà, e le portate che prima erano tante e abbondanti si erano ridotte ad una misera fetta di carne con le patate. Andai in camera mia subito dopo aver mangiato, e rimasi lì tutto il giorno, tentando invano di studiare.
Lunedì mattina mi svegliai prima del dovuto, ero molto agitato all’idea di incontrare di nuovo Sherlock Holmes. Dopo essermi preparato, buttai Harry giù dal letto, dovendo sopportare per questo le più svariate imprecazioni e minacce di morte. Andammo a scuola a piedi, e facemmo tardi. Harry riuscì ad entrare giusto in tempo, e io non trovai Sherlock.
Andai all’università a seguire i corsi, ma la mia mente era già al momento in cui sarei andato a prendere mia sorella.
Sorprendentemente vidi Harry uscire da scuola, e mi domandai se fosse entrata solo qualche minuto prima, per farmi credere di aver seguito tutte le lezioni. Immaginai che Sherlock l’avrebbe facilmente dedotto.
Quando Harry si avvicinò a me, con aria un po’ depressa e sbuffante mi accorsi con grande sorpresa che non aveva bevuto. Le rivolsi un sorriso, che lei non ricambiò. Mi guardai intorno insistentemente, cercando di temporeggiare senza che Harry se ne accorgesse.
<< E’ inutile che cerchi, John. Lui non è venuto oggi.>> disse mia sorella con un sorriso beffardo e canzonatorio.
<< Chi? >> chiesi un po’ sorpreso.
<< Sherlock Holmes. Non viene spesso a scuola. >> disse lei, sbadigliando. << Forse non ha un fratello rompipalle come te. >>
<< Non parlarmi così, Harriet. >> replicai innervosito.
<< Certo, come vuoi. >>


Fino a mercoledì mattina non ci fu traccia di Sherlock Holmes a scuola, per cui quel giorno quando andai a fare l’esame ero parecchio scocciato. Non fu per niente facile e in più avevo la testa altrove. Lo passai, non brillantemente come al solito però. Quando andai a prendere mia sorella a scuola quel giorno, non ero per niente di buon umore.
Una volta arrivato a scuola mi accorsi che mia sorella non era ancora uscita, mi sedetti in cortile ad aspettarla. Anche se ormai mi ero arreso all’evidenza che non l’avrei mai più incontrato di nuovo, i miei occhi vagarono irrequieti per un po’ tra la folla, alla ricerca di Sherlock.
Cinque minuti di attesa dopo, mia sorella non era ancora uscita e iniziai a pensare che aveva di nuovo marinato la scuola.
<< John. >> una voce alle mie spalle mi fece sobbalzare, eppure la riconobbi immediatamente senza alcuno sforzo, e sulle labbra nacque spontaneamente un sorriso.
<< Sherlock Holmes. >> dissi, prima ancora di girarmi.
Quando mi voltai lo trovai fermo verso di me con lo stesso cappotto che aveva la prima volta, con uno strano sorriso sghembo in volto.
<< Hai chiesto il mio nome a tuo fratello, vero? >> disse, chiaramente compiaciuto.
<< Cosa si deve fare per stupirti allora? >> gli sorrisi.
<< Vedo che ti interessa molto di stupirmi. >> rispose lui.
<< Non esserne troppo compiaciuto, Sherlock. >>
<< Non ti scoccia di vivere ancora con i tuoi? >> si limitò a chiedere, di punto in bianco.
<< Come l’hai dedotto, sta volta? >> gli chiesi senza riuscire a trattenere un sorriso, era quello, esattamente quello il motivo per cui non vedevo l’ora di vederlo di nuovo. Impazzivo dalla voglia di sapere come funzionava quell’assurdo cervello, di starlo a guardare mentre lui esaminava i dettagli, di capire fino a che punto era bravo.
<< Vieni qui a prendere tuo fratello, quindi non dovete abitare molto distanti, o non avresti tempo per farlo, dal momento che frequenti una facoltà impegnativa come medicina, probabilmente vivi assieme a lui. Raramente i ragazzi della mia età non abitano con i propri genitori, quindi per abitare assieme a lui dovreste abitare entrambi con i vostri genitori. Inoltre lo vedo dai tuoi vestiti e il tuo pranzo. Camicia ben stirata, come ti ho detto l’altra volta sei un ragazzo curato, ma non avresti il tempo di stirare le camice così bene, quindi o le porti in lavanderia, ma non puoi permettertelo, o è tua madre a stirarle. Ed è indubbiamente anche lei a farti il pranzo, da quello che si vede dalla busta di carta che hai in mano, è ancora piena e a quest’ora avrai già mangiato, quindi è piena di cose come forchette e fazzoletti inutili o cose che tua madre cucina e a te non piacciono. In più c’è il fattore economico, semplicemente non potresti permetterti di vivere da solo e non lo chiederesti mai ai tuoi genitori in un periodo di ristrettezze economiche. >>
<< Impressionante, davvero. >> non riuscii a fare a meno di esclamare.
<< Già, lo hai già detto la volta scorsa. >>
<< Oh, scusa. Hai ragione, non lo farò più. >> risposi un po’ imbarazzato.
<< No, non fa niente.. Va bene. >> disse lui, rivolgendomi uno strano sguardo.
<< Comunque, per rispondere alla domanda di prima, sì mi scoccia parecchio. Perché? >> ammisi imbarazzato.
<< Potremmo andare a vivere assieme. >> rispose lui, semplicemente.
<< Cosa? >>
<< Coinquilini. Tu risparmieresti soldi, e i miei mi lascerebbero andare se sapessero che vivo con un maggiorenne. >> spiegò lui, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
<< Ma ci conosciamo appena. >> dissi confuso.
<< Beh, suono il violino. >> rispose.
<< E questo cosa centra! >> replicai esasperato.
<< Hai bisogno di sapere questo di me. A volte sto zitto per giorni interi e sono un sociopatico iperattivo. Che dici, affare fatto? >>
<< Sherlock, non posso andare a vivere con uno sconosciuto. >>
<< 221 B di Baker Street, ci vediamo verso le sei domani pomeriggio. >> continuò lui imperterrito, e poi fece per andarsene senza nemmeno ascoltare la risposta. Proprio in quel momento Harry ci raggiunse. La squadrai quasi come un radar e mi accorsi che non era ubbriaca, questo mi tranquillizzò un po’, così tornai a rivolgere la mia attenzione verso Sherlock.
<< E chi è lei? >> disse lei un po’ confuso.
<< Mia sorella.. >> ammisi infine. Infondo aveva sbagliato solo un minuscolo dettaglio: “mio fratello” non era un fratello, ma una sorella. Aveva dedotto tutto il resto correttamente, e a me sembrava comunque impressionante, quindi al momento mi era sembrato irrilevante contraddirlo.
<< Quindi.. Ho sbagliato. >> il sorriso scomparve immediatamente dal suo volto.
<< Già, piacere tutto mio. >> disse Harry, in tono divertito.
<< Come ho fatto a non capirlo. >> sussurrò, e parlava più a se stesso che a noi.
<< Sherlock… >> cercai di richiamare la sua attenzione.
<< Perché non ho pensato che potessi essere una ragazza? >> disse poi rivolgendosi a mia sorella.
<< Quello che voleva dire in realtà è molto felice di averti incontrata. >> dissi io.
<< Sono stato così.. mediamente intelligente! >> si stava ancora lamentando lui.
<< Sherlock, ascolta. >> cercai il suo sguardo, e a fatica riuscii alla fine a fargli rivolgere gli occhi verso i miei. << Sei stato geniale in ogni caso. >>
<< Lo pensi davvero, John? >> chiese lui.

<< Certo, ovvio, straordinario. >> confermai, e mi resi conto che le mie parole erano riuscite a tranquillizzarlo.
<< Voi due, prendetevi una stanza. >> disse mia sorella, ridacchiando.
<< In realtà e quello che vorremmo fare, un appartamento intero per la precisione. >> disse Sherlock sbrigativo, e io non riuscii a capire se non aveva colto l’allusione di mia sorella o aveva deciso di ignorarla. << 221 B  di Baker Street, domani alle sei. Ora devo andare. >> concluse e fece di nuovo per andarsene tutto assorto nei suoi pensieri.
<< Ma Sherlock! >> protestai. << Non ho nemmeno il tuo numero di cellulare. >>
<< Non ti servirà. >> rispose lui, mentre già si allontanava.
<< Come faccio ad avvisarti, se verrò? >> gli urlai contro.
<< Verrai. >> ribatté senza voltarsi.


<< E così te ne andrai di casa? >> disse mia madre, sedendosi su una sedia malconcia in un angolo della nostra piccola e buia cucina, e riparandosi dal freddo vicino al camino acceso.
<< E’ solo un’idea mamma, non so ancora com’è la casa, o quanto mi verrà a costare. >>
Odiavo le riunioni di famiglia, c’era sempre una sorta di tensione nell’aria. Ci posizionavamo tutti in cucina, ai soliti posti. Io ero in piedi appoggiato alla porta di legno scricchiolante; Harry si sedeva alla parete sinistra della cucina, appoggiata alle porte della credenza rossa che si trovava sotto i fornelli, a terra sulle piastrelle quadrate di gres color terracotta; mia madre si sedeva davanti al fuoco e mio padre, infine, su una panca che si trovava sotto una grande finestra, proprio nella parete opposta alla porta dove ero io.
Quella sera comunque c’era un aria strana. Harry come sempre non faceva altro che ridacchiare, ma quella volta era diverso: lo faceva come se fosse stata davvero divertita, non come se fosse troppo stata ubriaca per rimanere seria. Quella sera c’era aria di buone notizie.
<< La casa gli piacerà sicuramente, insomma l’ha scelta Sherlock, e lui è così straordinario! >> Harry mi stava prendendo in giro, ma io fui l’unico a capirlo, e la fulminai con lo sguardo.
<< Chi è questo Sherlock Holmes? >> chiese mio padre.
<< Lui è.. Beh. Lo conosco appena. Gli serviva un coinquilino, e mi è sembrata una buona idea. Insomma, così se trovo un lavoretto riuscirò a permettermelo, e prima o poi devo iniziare a vivere da solo. >> dissi io.
<< Oh John. >> a mia madre si riempirono gli occhi di lacrime. << Mi dispiace tanto che non hai la libertà di andare a vivere da solo, insomma che hai bisogno di un lavoro e che dovrai avere un coinquilino. E se la casa non fosse abbastanza grande? E se avesse delle abitudini che non ti vanno a genio? >>
<< Oh, mamma, non preoccuparti. Sono sicura che John si troverà meravigliosamente assieme a Sherlock Holmes, e che la casa troppo stretta non sarà un problema. >> chissà come erano venute in testa tutte queste strane idee a mia sorella, mi chiesi se la mia ammirazione per Sherlock non risultasse assurda, e mi vergognai un po’ al pensiero che lui avesse potuto credere che ero un pazzo ossessionato.
<< Mamma. >> dissi io, tentando di riportare la discussione ad un livello minimo di serietà. << Con Sherlock andrà bene.. Lui è tranquillo. >> non potevo scegliere aggettivo meno adatto e me ne accorsi mentre lo dicevo, ma non volevo che mia madre si preoccupasse.
<< Comunque a me sembra una buona idea. >> disse mio padre.
La riunione di famiglia fu conclusa, e l’idea di Sherlock della convivenza sembrava approvata da tutti.
   
 
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