Disclaimer:
I diritti di Harry Potter and co. appartengono a Madama J.K.Rowling e a tutto un
circo di gente che li ha acquistati. Niente di tutto ciò mi appartiene e io non
scrivo a scopo lucro, ma solo per “palestrare” la mia
fantasia.
Titolo:
Nel Segno della Vergine;
Autore:
Thilwen;
Beta-reader:
mise_keith;
Tipologia:
A
Capitoli;
Numero
Capitoli: Quattro;
Era:
Harry
Post Hogwarts. Precisamente nell’anno 2001.
Note:
Il
rating della storia è PG13, anzi, “Giallo”, a causa del linguaggio. Ho provato a
omettere il turpiloquio ma l’effetto dato non era lo stesso. Diciamo che è
integrante al testo.
Ovviamente
contiene spoiler sul settimo libro e si basa anche su alcune dichiarazioni
rilasciate dalla Rowling.
Questa
storia nasce da un’ispirazione particolare.
Ogni
riferimento a casi, persone o eventi realmente accaduti è
quindi da ritenersi puramente causale.
Ringraziamenti
speciali: a
Chiara, mise_keith, che legge, corregge e consiglia. E sopporta,
soprattutto.
Dediche:
A
chi, certamente non di proposito e sicuramente inconsapevolmente, mi ha dato
l’ispirazione per questa storia.
Nel
Segno della Vergine
Hermione
non era il tipo di persona da prendersela per quelle cose.
Quelle,
per lei, non erano cose importanti.
Non
rientravano strettamente in relazione con questioni fondamentali come famiglia,
salute e lavoro, non avevano molto a che fare con libri e cultura, non toccavano
alcuna creatura magica da lei eccessivamente concupita.
Non
le avrebbe mai ritenute delle cose importanti, quindi.
Non
significavano nulla, in fondo.
Quello
non significava che non la pensasse o non le volesse bene.
Non
se la sarebbe presa.
Poteva
smetterla di preoccuparsi.
«Smetterla
di preoccuparmi, il piffero!» si disse a voce alta, evitando di cadere nel
turpiloquio evidente, continuando a passarsi una mano lungo il viso e
osservando, distrutto, la prima pagina della “Gazzetta del Profeta” che giaceva
sul tavolo della cucina di casa sua e di George.
Gazzetta
che in cima citava elegantemente tale data:
“20
settembre 2001”
Avrebbe
vomitato dozzine di pallini acidi alla vista di quella data, se ne fosse stato
capace.
Di
certo il modo in cui gli si erano attorcigliate le budella non avrebbe promesso
nulla di buono per il suo apparato digerente; improvvisamente era sorto anche un
vago vuoto in prossimità del cuore.
O
forse era il cardias.
Poco
importava, perché quello che era successo lo avrebbe messo in cima alla lista
come peggior fidanzato del nuovo millennio, con tanto di corona artistica che
avrebbe ricordato vagamente il palco di corna di un cervo a
primavera.
Si
era dimenticato del compleanno di Hermione.
Di
nuovo.
Sì,
perché il misfatto aveva pure un precedente.
Ma
quella dell’anno prima, in fondo, era stata una storia a parte. Era un momento
di crisi, erano entrambi abbastanza impegnati con il lavoro e, in quelle precise
settimane di fine estate, si poteva quasi dire che non si
parlassero.
In
fondo, da quando stavano insieme, di momenti critici ne avevano attraversati
parecchi; non basta che due si vogliano bene e si desiderino per anni perché,
quando finalmente qualcosa accade, vada poi tutto liscio come
l’olio.
Loro
erano pur sempre loro,
ecco.
Due
pasticcioni sentimentali alle prese con l’ardua costruzione di una posizione
sociale nella vita.
Ma
questo era un altro discorso. Adesso, per quanto impegnati e non particolarmente
disponibili a vivere una relazione con responsabilità da adulti, le cose
andavano discretamente bene.
Però
lui si era dimenticato del suo compleanno.
Se
l’era dimenticato comunque.
Se
l’era dimenticato di nuovo.
E
per quanto Hermione difficilmente ne avrebbe fatto una tragedia, di sicuro
doveva esserci rimasta male.
Deglutì
a vuoto. Si versò un bicchiere d’acqua e lo bevette tutto d’un
colpo.
Era
proprio questo il punto; lui riusciva a farle del male anche quando tentava di
tutto per far andare le cose per il meglio.
Era
davvero una frana.
In
fondo una sfuriata avrebbe potuto sopportarla. Una lunga serie di improperi,
rimproveri e recriminazioni, magari condita di cose dove lui non c’entrava
proprio, come l’aumento del prezzo dei croccantini di Grattastinchi, o i diritti
barbaramente violati di una comunità di Goblin nordafricani, se mai ci fossero
stati Goblin in Nord Africa.
Invece
Ron sapeva perfettamente che non sarebbe andata così. Lui l’avrebbe cercata, si
sarebbe scusato tenendo gli occhi bassi e sentendo le orecchie diventare pian
piano sempre più calde e, probabilmente, rosse. Lei, a quel punto, avrebbe
sospirato sconsolata e stanca, si sarebbe passata una mano fra i capelli
mordendosi le labbra e infine avrebbe sillabato con voce piatta e incolore la
solita grigia bugia:
“Non
fa nulla, Ron. Non è importante”.
Così,
sentendosi assolto, avrebbe alzato la testa e incontrato con un mezzo sorriso i
suoi occhi, pensando che la questione fosse ampiamente chiusa lì e che, magari,
avrebbe potuto portarla fuori per cena nelle prossime
sere.
E
lì avrebbe incontrato il suo sguardo.
Se
Hermione era capace di mentire con le parole, ormai troppo stanca e impegnata
per litigare con lui come una ragazzina (tranne che per le autentiche cazzate:
per quelle potevano battibeccare per ore), con gli occhi poteva tacitamente
mandarlo all’inferno con tutte le mutande.
Il
suo sguardo sarebbe stato carico di delusione, tristezza, rammarico, come quando
l’anno prima gli aveva detto “Ti sei pure dimenticato del mio compleanno, ma non
fa nulla” e l’aveva fatto sentire un’autentica cacca di cane appena pestata da
un camionista ubriaco pronto anche a vomitarci sopra.
Insomma,
una vera e propria schifezza.
E
Ron si sarebbe talmente sentito soffocato dai sensi di colpa che non sarebbero
bastate nemmeno una cinquantina di punizioni con Piton, pace all’anima sua, per
espiare i suoi peccati.
Ma
come aveva fatto questa volta a dimenticarsi del suo
compleanno?
Fino
a due giorni prima lo sapeva. Era il diciassette, poi ci sarebbe stato il
diciotto e infine il diciannove settembre, il compleanno di
Hermione.
Poi
nei due giorni precedenti buio totale. Soltanto lavoro, lavoro per lui. E
lavoro, lavoro per lei.
«Ma
come ho fatto?» chiese alla testa rossa di George spuntata in cucina con i
capelli arruffati in maniera particolarmente strana. Doveva aver dormito in
qualche buffa posizione quella notte.
«A
fare che?» domandò l’altro, la voce impastata e lo sguardo ancora vagamente
ebete.
Si
sedette su di una sedia nei pressi del tavolo, guardandolo senza vero
interesse.
«Sai
che giorno è oggi?» continuò Ron.
«Non
ne ho la minima idea» rispose George, prima di piegarsi in avanti per leggere la
data sulla prima pagina del giornale «Ah, è il venti settembre. E allora?»
ritornò a poggiare le spalle allo schienale della sedia.
«Allora»
riprese Ron «ieri era giorno diciannove. Quindi,» proseguì non notando nessun
cambiamento nell’espressione del fratello «il compleanno di
Hermione».
Ci
fu un secondo di silenzio durante il quale George strinse appena gli occhi come
chi teme di aver capito. Poi Ron concluse: «E io l’ho
dimenticato».
«Cazzo».
«Per
il secondo anno consecutivo».
«Cazzo!»
ripeté con un po’ di più convinzione, scotendo la testa a destra e sinistra, un
po’ per disapprovazione, un po’ per vera e propria commiserazione. «Sei nei
guai».
Ron
si morse le labbra «Non credo che lei abbia voglia di fare storie; è troppo
impegnata e troppo stressata, e non è il tipo che ritiene importanti queste
cose. Però… ecco, ci sarà rimasta parecchio male. E io mi sento parecchio uno
stronzo».
«Oserei
dire che un po’ ci sei» commentò George, ormai completamente sveglio. «Ma scusa,
come hai fatto a dimenticartelo?»
L’altro
sospirò. Poi scivolò anch’egli su di una sedia di fronte al fratello. «Lo
ricordavo, fino a pochi giorni prima. Le avevo anche preso un regalo. Le avevo
proposto di cenare insieme, magari a casa sua…mmm…» Ron alzò gli occhi al cielo
gustandosi l’immagine di quello che sarebbe accaduto se avessero realmente
organizzato così la serata.
«Ron,
abbiamo capito. Va’ avanti».
«Ma
lei ha risposto che non poteva essere, aveva troppi impegni al lavoro, e che
avrebbe preferito festeggiassimo un altro giorno per poterci godere il momento…»
stirò le gambe sotto il tavolo e gettò l’ennesima occhiata alla Gazzetta del
Profeta, augurandosi in ultima chance, che si fosse sbagliato, ma la data era
sempre fissa sul ventesimo giorno di settembre. «Poi fra impegni varii non ci
siamo sentiti. E ieri non ho avuto modo di parlare né con Harry, né con Ginny,
quindi con nessuno che potesse farmi pensare alla cosa. Anche se… avrei dovuto
ricordarlo da solo».
Sospirò
e guardò il fratello con aria sconsolata: «Secondo te che dovrei
fare?»
«Tu
che cosa vorresti fare?» domandò di rimando George.
«Mah,
andare da lei, scusarmi, beccarmi la sua occhiata delusa, farmi mandare il cuore
in pezzi, per poi chiudermi nella soffitta di mamma e papà, e battermi la
schiena con un cilicio in ginocchio sui ceci, con il nostro vecchio Ghoul che mi
ulula intorno».
George
alzò un sopracciglio, grattandosi la testa poco sopra l’orecchio mancante
«Scusa, ti sembra una buona idea?»
«In
effetti la parte del cilicio non mi sconfinfera più di
tanto».
Il
ghigno che si materializzò sul volto del fratello lo inquietò non poco.
Probabilmente in quel momento percepì che doveva essere senza dubbio foriero di
guai.
Di
guai veri.
«Dimmi
un po’, Ron, » chiese «Hermione dunque è Vergine?»
Ron
guardò George come se fosse certo che avesse perso parte del cervello
dall’orecchio danneggiato. Poi, un lieve rossore d’imbarazzo frammisto a un poco
d’irritazione gli colorò il visto.
«Senti,
George, io capisco che io e Hermione possiamo sembrare un poco imbranati, che la
nostra relazione altalenante vista da fuori sembri parecchio immatura, ma
abbiamo pure la nostra età e certe cose… ecco ti posso assicurare che lei non
sia…»
«Oddio
Ron! Non mi riferivo ovviamente a questo: sarebbe difficile non sentirvi quando
talvolta vi fermate in camera tua a lungo!» proseguì l’altro ridendo «Parlavo di
segni Zodiacali!»
Ron
boccheggiò come un pesce fuor d’acqua per alcuni secondi senza spiccicare una
sola parola.
«Sì,
lo è». Concluse infine, anche se non proprio convinto.
«E
sai che significa questo?»
«Onestamente,
no».
George
sospirò, come se stesse parlando con una persona profondamente ignorante su di
un argomento fondamentale nella vita. «Significa che si tratta di persone
particolarmente intelligenti e pignole, sì, ma anche dotate di un’indole poco
romantica e particolarmente introversa».
Ron
dovette ammettere in cuor suo che Hermione ricalcava bene questa
descrizione.
«E
con questo?»
«Con
questo significa che tu, piuttosto che gettarti a capofitto in una causa
sentimentale, devi usare il cervello e cercare di farti perdonare girando la
frittata a tuo vantaggio».
L’aria
da esperto di George lo preoccupò non poco.
«Scusa,
ma tu queste cose da dove le hai scoperte? Non mi pare si studiassero tali
idiozie durante le lezioni di Astrologia a scuola» non poté fare a meno di
chiedergli.
«Ovviamente
dal grande Bunny SuperStars».
Ci
vollero alcuni secondi perché il nome fosse estratto dalla fuligginosa memoria
di Ron.
«Il
tizio che scriveva quelle fandonie su “Strega Oggi”? Leggevi il giornale della
mamma?»
George
arrossì lievemente. «Beh, guarda che poteva rivelarsi una lettura interessante,
per i nostri studi sugli interessi femminili al fine di creare prodotti per le
donne. E Bunny non scriveva solo fandonie!»
«Ma
per favore!» commentò Ron «L’unica volta che l’ho letto diceva che i Pesci
avrebbero avuto nel corso di quella giornata un fortunato
incontro».
George
manifestò il suo interesse all’aneddoto con il silenzio.
«Ho
incontrato zia Muriel quel giorno».
«Fai
come vuoi. Vai, fa’ soffrire Hermione dicendole che hai dimenticato il suo
compleanno senza un buon motivo, per la seconda volta consecutiva, così penserà
che non ci tieni per nulla a lei» sbottò con finta aria offesa il fratello,
afferrando con un gesto repentino il giornale e iniziando a
sfogliarlo.
«Hermione
non penserebbe mai una cosa simile».
Forse.
«Hermione
è una donna. Le donne credono che se tu non le renda partecipi di ogni tuo
respiro non vuoi loro bene».
«Hermione
è diversa».
In
generale.
«Se
lo dici tu, prova pure. Basta che non sconvolgi troppo il nostro Ghoul con le
tue punizioni corporali».
Ron
sospirò. In effetti, per quanto Hermione non sarebbe mai arrivata a pensare
certe cose, non si sarebbe certo fatta una risata sulla faccenda. Sarebbe stato
abbastanza doloroso per entrambi.
Forse
avrebbe potuto trovare una scusa abbastanza credibile da assolverlo e avrebbero
fatto finta di nulla.
«Senti,
George» lo richiamò dopo qualche minuto, mentre leggeva un articolo in terza
pagina «tu per caso hai qualche idea su come potrei cavarmela questa
volta?»
George
sembrava non aspettasse altro. Infischiandosene di ciò che stava leggendo, piegò
il giornale in quattro parti e se lo pose in grembo. Poi sorrise in maniera
famelica inclinando di poco la testa a sinistra. «O, sì, in effetti c’è qualcosa
che possiamo provare. Che tu puoi provare…»
Data
l’espressione e le parole del fratello a Ron, pur solo mentalmente, scappò
un’imprecazione irripetibile.