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Autore: Jessy87g    20/09/2008    5 recensioni
"Nelle lotte dell’Arte succede presso a poco come nella guerra: tutta la gloria conquistata rifulge sul nome dei capi: l’armata fa a pezzi per guadagnare qualche linea d’un ordine del giorno.
Quanto ai soldati caduti nella mischia, essi vengo sepolti là dove gli altri caddero, e un solo epitaffio basta per ventimila morti."
Piccole scene di vita quotidiana attendendo la gloria.
Genere: Romantico, Commedia, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kagura, Rin, Sesshoumaru
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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“Donna Sol:
Morto! No! Stiamo riposando. Lui dorme. Lo sai che è il mio sposo, e che ci amiamo? Ci siamo coricati qua. E’ la nostra notte di nozze. Non svegliatelo signor Duca di Mendoza. E’ tanto stanco. Ecco così…Amore mio, voltati verso di me. Più vicino, ancora di più…” [1]

(Hernani, Victor Hugo. Atto V, scena sesta)




.CAPITOLO 5.





Il sole stava quasi per terminare il suo corso ed iniziava già a tingersi di infuocati bagliori rossastri, quando Kagura uscì dalla sua stanza. Aveva passato tutto il pomeriggio a leggere e rileggere le ultime pagine del suo manoscritto. Inutilmente.
Sebbene ci avesse messo tutto il suo impegno, non riusciva a comprendere cosa ci fosse di tanto sbagliato: le frasi erano ben architettate e scorrevoli; gli artifici retorici inseriti al posto giusto; la grammatica assolutamente corretta. Eppure..
Forse il problema stava nel contenuto? Macché!..Cosa ci poteva essere di sbagliato?! In fondo la storia, anche se leggermente romanzata, era quella: André Marie Chénier, grandissimo poeta e uomo politicamente impegnato, a causa della sua opposizione alle crudeltà a cui si abbandonarono molti rivoluzionari, accusato di “crimini contro lo stato”, venne ghigliottinato il 25 Luglio 1794. Dopo soli quattro giorni sarebbe finito il regno del Terrore di Robespierre.

Perfetto. Era tutto assolutamente perfetto. Non per il povero Chénier naturalmente..ma questa storia così affascinate e romantica, proprio in virtù della sua tragica fine, di certo non poteva che dare una cornice assolutamente interessante ad uno breve excursus delle sue opere poetiche.

Volui tibi suaviloquenti / carmine Pierio rationem exponere nostram [2] direbbe Lucrezio.

“Peccato che Lucrezio non abbia mai avuto a che fare con gli editori francesi!” Sbottò Kagura a denti stretti, posando con poca grazia i fogli colpevoli sullo scrittoio, per poi volgere per l’ennesima volta uno sguardo insofferente attorno a sé: come se stesse cercando, impressa su uno dei muri, la risposta al suo atroce dilemma.
Inevitabilmente la sua attenzione fu catturata dal quadro di Erodiade che troneggiava sopra il letto. “Che fortuna..sei stata la moglie di ben due re! [3]” borbottò, irritata, al ritratto; prima di uscire di camera a testa bassa, traboccante di ogni bellicoso intento nei confronti del suo ospite “Avessi avuto anch’io una simile fortuna; non mi sarebbe mai passato per la testa di scrivere un libro e, soprattutto, non avrei mai dovuto abbassarmi a fare la sguattera per pubblicarlo!”
Come è naturale che sia, sarebbe stato davvero un avvenimento poco interessante se il suo malumore avesse trovato, una volta varcata la soglia, un momento di pace.
Infatti accrebbe notevolmente il disagio della nostra protagonista il fatto che la casa si presentasse completamente vuota; sebbene avrebbe giurato di aver sentito, fino a qualche minuto prima, lo scalpiccio dei piedi della bambina, intenta in chissà quale occupazione, che correva da un angolo all’altro del corridoio.

A quell’inquietante scoperta si sentì gelare il sangue.
Dove poteva essere andata? Da sola, per strada, in quell’immensa città!
Corse prima nella sua cameretta, poi nello studio di Sesshomaru, infine addirittura nel ripostiglio.
Niente.
In quel momento di panico assoluto notò con incommensurabile sgomento che il cappottino di Rin mancava dall’appendiabiti.
Già la sua mente, in totale stato confusionale, stava immaginando le peggiori tragedie che avrebbero potuto capitare ad una bambina dispersa per Parigi; quando si ritrovò in fondo alle scale esterne, davanti alla porta della tipografia.


“…La costanza, tiranna del core,
detestiamo qual morbo, qual morbo crudele;
sol chi vuole si serbi fedele;
non v'ha amor, se non v'è libertà...”


Un canto leggermente stonato ed eccessivamente virtuosistico le straziò i timpani; tanto da farle scordare per un attimo il perché si trovasse fuori di casa.
In piedi di fronte alla tipografia stava Charles Cros, tutto impettito e concentrato nella sua ‘commovente’ interpretazione del Duca di Mantova, con un fazzoletto in mano atto a tergere pateticamente il sudore dalla fronte del maestro.
Di fronte allo scrittore-tenore, François Villon, in linea con il suo mestiere di musicista, dirigeva attentamente l’esibizione, guidando la voce dell’amico con dei gesti teatrali.
In disparte i due spettatori, Germain Nouveau e Tristan Corbière, crollati l’uno sull’altro, cercavano maldestramente di trattenere le risa.

“…De' mariti il geloso furore,
degli amanti le smanie derido;
anco d'Argo i cent'occhi disfido
se mi punge, se mi punge una qualche beltà,
se mi punge una qualche beltà.”
[4]

“Per pietà, smettetela!” Si intromise la donna, afferrando monsieur Cros per un braccio e costringendolo a tacere.
“Mia bella signora.” Si lamentò egli, un po’ offeso per non essere riuscito a innalzare il suo do di petto “Spero che abbiate una valida motivazione per interrompere sì bruscamente una sentita esibizione.”
“Rin...” Balbettò la donna, che era sul punto di perdere completamente la calma “Era in casa...Adesso non c’è più...L’avete per caso vista passare?”

I quattro bohèmiens tacquero per un interminabile istante, scambiandosi vicendevolmente fastidiose occhiate divertite; finché Tristan non decise che era il caso di porre fine ai tormenti che affliggevano la povera Kagura.
“Non disperate madmoiselle Bervoix.” La rassicurò, avvicinandosi e poggiandole galantemente la mano sulla schiena “La piccola Rin non è affatto fuggita.”
“Allora dov’è?” Lo incalzò la donna, impaziente; anche se quelle parole l’avevano fatta sentire molto più leggera.
“E’ al momento impegnata nella consueta passeggiata serale lungo la Senna con monsieur de Lisle.”


La mente della giovane impiegò diversi secondi per recepire quella curiosa informazione: conosceva da poco Sesshomaru, ma davvero quell’immagine così.. paterna rifiutava di essere catalogata dal suo cervello come ‘reale’.
“E dove vanno di solito?” Domandò essa, cercando di trattenere il più possibile quel tremolio delle gambe che, nonostante la paura fosse passata, pur persisteva.
“Seguite Rue de Carmes finché non vi trovate ad un incrocio;” spiegò pazientemente il pittore, mostrando con il dito la piccola strada a pochi passi da loro “ prendete il Boulevard Saint-Germain alla vostra destra e proseguite avanti. Dopo non molto troverete alla vostra sinistra rue des Bernardins: camminate fino al ponte che fa da collegamento con L'Île de la Cité. Di solito sono lì.”
“Ho capito..Grazie..” balbettò la donna, sempre un po’ scossa da tutte quelle emozioni che l’avevano colta nel giro di pochi minuti.
Stava quasi per incamminarsi verso la strada che Tristan che aveva indicato; quando una strana curiosità, di quelle immotivate e stupide, ma che non lasciano requie al cervello finché non vengono svelate, la costrinse a rivolgere nuovamente la sua attenzione verso Monsieur Cros.
“Ma voi conoscete l’italiano?”
“Naturalmente no.” rise quest’ultimo, portandosi la mano alla barbetta biondiccia che cresceva folta sul mento per poi terminare a punta “A dire la verità questo motivetto mi è rimasto in testa per una siffatta coincidenza: la scorsa sera mi trovavo nei camerini dell’Opera per un certo galante motivo che voi certo immaginerete; quando, tutto intento a cercare nel buio la porta giusta, i miei timpani vengono colpiti dalla voce del tenore nella stanza adiacente che stava provando, per l’appunto, quest’aria. Così..”
Ma, preso com’era nella narrazione dettagliata della propria singolare missione, il bohèmien non si accorse che, con il tacito benestare dei suoi compagni, la donna era sgattaiolata via prima ancora che egli potesse terminare il racconto lodando, com’era solito fare, la propria ars amatoria.


***********************


La spalle. Se qualcuno avesse chiesto a Madmoiselle Bervoix che cosa più la colpisse di Sesshomaru, essa non avrebbe avuto dubbi sulla risposta.
Non sapeva bene il perché – in fondo, la figura del demone mostrava delle stranezze ben più evidenti -; tuttavia quell’elemento, quella parte di lui, aveva attirato la sua curiosità a causa di quella stessa insensatezza che guida i nostri gusti: un qualcosa ci affascina proprio perché non sappiamo darne la ragione.
Così la prima cosa che cercò con lo sguardo e, infine, intravide, furono le spalle di Monsieur de Lisle, leggermente incurvate in avanti, divise lungo l’asse della spina dorsale da una striscia di capelli d’argento tenuti legati da una coda bassa. Il vestito nero, un po’ consunto, cadeva leggermente largo all’altezza della vita; ma lasciava intuire sotto il tessuto, tirato fino quasi a rischiare di strapparsi, le scapole del demone che la posizione del busto faceva appena sporgere.
Con i gomiti appoggiati sopra il ponte, il demone teneva ben salda per la vita la bambina che, seduta sul parapetto, sgambettava felice mentre l’acqua della Senna le scorreva sotto i piedi tingendosi sempre più di un rosso scialbo.
Entrambi osservavano, come incantati, dei palazzi lontani, dietro i quali il sole pian piano moriva.

“..E così Hernani, incalzato dal vecchio a rispettare la sua promessa, fu costretto a uccidersi. Ma la donna che aveva appena sposato, prima che lui compisse l’estremo gesto, si avvelenò. Preferì morire con lui piuttosto che vivere senza di lui.”
“Ma perché Hernani non si è difeso? Lui era contento, voleva stare con lei..”
“Perché ci sono delle leggi che vanno al di là della ragione Rin; un giorno lo imparerai.” mormorò Sesshomaru, spostando su di lei uno sguardo quasi paterno “Hernani aveva promesso al vecchio che si sarebbe lasciato uccidere da lui se lo avesse aiutato a salvare la sua amata. Così è stato; non poteva non rendergli il sangue che gli doveva..”

“Anche a costo di distruggere una felicità non sua?”

Il demone non si voltò; sapeva che Kagura era lì da tempo, aspettava solo che intervenisse durante quella discussione..anzi, sperava che intervenisse.
La loro breve avventura in carrozza, quell’alacre scambio di battute, lo aveva stimolato non poco. Le dispute sull’arte erano sempre stato un florido terreno sul quale non avrebbe mai potuto fare a meno di battersi, ma sul quale ultimamente trovava ben pochi stimoli: ormai conosceva a memoria ogni impressione, ogni pensiero dei suoi concorrenti; tanto da riuscire a prevedere quasi ogni ragionamento, ripetuto fino alla nausea e da lui già mille volte smontato.
Adesso l’arrivo di quella donna dalla mente, forse sempre un po’ ingenua, ma per certi versi brillante e maliziosa, non ancora infarcita e appesantita dalla retorica dei vecchi luoghi comuni, gli aveva dato una felicità quasi bambinesca. La studiava, la osservata, la punzecchiava..la trascinava con l’inganno sul terreno del confronto, per poi portarle l’assalto da ogni parte, fino a farle cedere le armi; non prima di averla fronteggiata in un’aspra battaglia dove lui l’incalzava e lei si difendeva con la disperazione e la forza di colui che sa di perdere, ma lo vuol fare con onore.
Anche stavolta fu così.

“L’avrebbe distrutta lo stesso. Un uomo d’onore, una volta che ha perduto il suo bene più prezioso, non potrà mai più essere felice. Egli passerà ogni singolo istante della sua vita attanagliato dal rimorso, prostrato dalla vergogna; si chiederà perché, perché in quell’istante è stato così perfettamente vile.
Come avrebbe potuto essere più tranquilla e serena Donna Sol, vedendo colui che amava in queste condizioni?”
“Lui doveva vivere non per se stesso; ma per lei!”
“Hernani aveva un dovere anche nei confronti del proprio onore!”
Kagura preferì non rispondere subito; si limitò ad osservare distrattamente per qualche secondo la piccola che, tediata da quella discussione della quale non comprendeva bene il senso, si era allontanata di qualche passo da loro.
“Voi avreste fatto lo stesso?” Chiese con un sorrisetto scettico che le piegava le labbra leggermente illividite dal freddo, voltandosi verso di lui.
Sesshomaru, con le braccia sempre appoggiate al parapetto di pietra, continuava imperterrito a fissare un punto indistinto innanzi a sé, perduto tra le onde placide della Senna e le case arrossate dal tramonto.
“Io non sarei arrivato al punto di offrire in cambio la mia vita pur di salvare una donna.” Rispose serafico, con una lentezza tale da far pensare che le parole fossero state attentamente soppesate dalla sua mente “Non sopporterei di contrarre un debito con nessuno; ancor meno se per saldarlo dovessi addirittura sacrificare la mia vita.”
“Un vero cavaliere.” Lo canzonò madmoiselle Bervoix.
“I cavalieri non esistono, ancor meno le dame; ed Hernani non può esistere, se non su carta o su un palcoscenico.” sentenziò monsieur de Lisle, alzando le spalle – il tessuto si tirò fino all’estremo a contatto con la pelle -. Poi si voltò con un lento, calcolato movimento, per poter vigilare sulla bambina.

Kagura lo stette ad osservare in silenzio: era così strana la sua espressione quando si rivolgeva verso la piccola protetta. Apparentemente non si notava nessun cambiamento; ma una discreta osservatrice come lei riusciva a cogliere anche le più impercettibili sfumature che, in un carattere come quello del demone, indicavano un radicale cambiamento da uno stato d’animo all’altro.

In quel momento la donna capì quanto era forte il legame che li univa.

Era uno di quei sentimenti forti, duraturi, sotterranei; uno di quei sentimenti che non ha bisogno di gesti d’affetto per palesarsi. C’è e basta. Esso regna negli angoli più oscuri e primordiali del cuore; è immutabile e inesauribile. Non è riconducibile a un canone, non ha un nome. Amore, affetto, bisogno, pietà: racchiude ognuna di queste cose e non le racchiude completamente nessuna.
Non era un sentimento paterno, quello che lo legava alla bambina..forse era qualcosa più forte e silenzioso del sangue: il tacito patto di colui che sceglie e non subisce l’oggetto dell’amore.
Monsieur de Lisle aveva raramente un gesto d’affetto nei confronti della bambina, ancor meno una parola dolce, un sorriso da regalarle; eppure la luce diversa che balenava per un istante nelle sue pupille quando la guardava sopperiva a tutto quel mondo di carezze non date, di parole non dette. La cosa più straordinaria era che Rin lo capiva, lo capiva meglio di chiunque altro con l’ingenua sagacia che posseggono solo i bambini.

“E’ molto che abita con voi?” Domandò Kagura, voltandosi anch’essa verso la diretta interessata che, a quanto pare, aveva trovato immensamente interessante osservare, seduta su una panchina poco distante, il ritmico saltellio di alcuni uccellini in cerca di qualcosa da mangiare.
“Quattro anni.”
“Dove l’avete conosciuta? I suoi genitori sono morti o l’hanno abbandonata?” Incalzò essa, cercando di ottenere più informazioni possibile; non solo per curiosità personale, ma soprattutto per avere una vaga indicazione su come porsi con la bambina.
“Entrambe le cose. A quanto ho saputo erano degli ubriaconi - Parigi ne è piena - che la lasciavano tutto il giorno a gironzolare per strada mentre loro cercavano di ammazzarsi il più velocemente possibile con l’assenzio. Presumo ci siano riusciti.”
“Oh Dio, che gente!” Commentò schifata Kagura.
“Non siate così perbenista, madmoiselle; lasciate questo lavoro ai borghesi.” la riprese il demone “L’alcool spesso è l’unico attenuante alla disperazione; alienarsi è l’unico rimedio per avere un attimo di pace. Può sembrare orrendo ma è la realtà.”
“Ma avevano una bambina da mantenere!”
“Nel ventre putrefatto di questa città gli uomini non sono uomini ma bestie abbrutite dalla fame e dalla sofferenza; come bestie si accoppiano e come bestie figliano..” l’ultima frase fu pronunciata con una strana espressione del volto: non si capiva se ne provasse pietà o ribrezzo. Poi, come se si fosse improvvisamente reso conto del peso delle sue ultime parole si affrettò ad aggiungere “Perdonate signorina per il linguaggio poco adatto a delle orecchie femminili; pure le cose stanno così.”
“Non preoccupatevi;” si affrettò a rassicurarlo Kagura, sempre un po’ scossa da quell’inquietante discorso “non è peggio che leggere Zola o i Goncourt. Ma continuate..come avete conosciuto Rin?”
“Chiedeva l’elemosina in una sudicia strada trafficata.” Rispose, coinciso, monsieur de Lisle; alzando appena gli occhi, come se rifigurasse nella propria mente quella scena “Sporca, coperta di stracci, mi offrì un fiore, rubato da chissà dove, in cambio di qualche moneta.”
Kagura sentì un nodo stringerle la gola.
“Così decisi di prenderla con me. Fu una decisione avventata; la prima della mia vita. Ma non me ne pento.”
“Ma perché proprio lei?” insisté la donna “Ne avrete visti a centinaia di bambini poveri che vi chiedevano l’elemosina. Perché avete scelto proprio Rin?”
Monsieur de Lisle rimase per diversi secondo in silenzio; come se anche lui si chiedesse, per la prima volta, il perché di quella scelta; perché l’istinto proprio quel giorno aveva preso il sopravvento sulla salda ragione.
Si voltò lentamente verso di lei, con la solita espressione indecifrabile, un sopracciglio leggermente inarcato, il busto sporto in avanti.

“Perché mi ha sorriso.”

Dopodiché, richiamata la bambina con il solito tono pacato, si incamminò verso rue Laplace, non senza aver lanciato una rapida occhiata alla donna per invitarla a seguirlo.




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[1] Hernani è un dramma in cinque atti in versi rappresentato per la prima volta alla Comédie-Française il 25 febbraio 1830. Esso segna l'inizio del Romanticismo nel teatro francese, che si affermò in seguito a uno scontro tra "vecchio" e "nuovo" rimasto nella storia con il nome di "battaglia di Hernani".
La vicenda si svolge in Spagna nel 1519 e racconta dell'amore tormentato tra il protagonista Hernani e doña Sol, desiderata dal re don Carlos.

[2] “Ho voluto esporre a te con l'armonioso canto delle Pieridi la mia ragione” Lucrezio. De Rerum Natura.

[3] Da prima fu sposa di Erode Filippo I da cui ebbe una figlia, Salomè. Dopo il divorzio da questo tetrarca ne sposò il fratello Erode Antipa, tetrarca di Galilea.
Secondo quanto riportato nel Vangelo di Marco, fu lei che chiese a Salomè di pretendere la testa di Giovanni Battista dopo aver ballato per lo zio la famosa danza dei setti veli.

[4] Rigoletto. Giuseppe Verdi. Atto I, scena prima.


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Chiedo scusa per il terribile ritardo! Purtroppo gli esami sono riniziati e ho avuto poco tempo da dedicare alla correzione del capitolo.
Grazie ancora per la vostra pazienza! Non so come farei sanza di voi!

Un'ultima cosa prima di lasciarvi: l'episodio dell'incontro tra Sesshomaru e la piccola Rin in realtà non è stata una pura invenzione. E' accaduto questa primavera in Egitto che una bambina, sporca e scalza, mi siavvicinasse per offrirmi un fiore in cambio di qualche spicciolo. I suoi grandi occhi verdi mi sono rimasti impressi nella memoria e nel cuore.


Alla prossima

  
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