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Autore: Angie Mars Halen    27/08/2014    2 recensioni
Fin dal loro primo incontro Nikki e Sharon capiscono di avere parecchi, forse troppi, punti in comune, particolare non indifferente che li porta ad aggrapparsi l’uno all’altra per affrontare prima la vita di strada a Los Angeles, poi quella instabile e frenetica delle rockstar. Costretti a separarsi dai rispettivi tour, riusciranno a riunirsi nuovamente, ma non sempre la situazione prenderà la piega da loro desiderata: se Sharon, in seguito ad un evento che ha rivoluzionato la sua vita, riesce ad abbandonare i vizi più dannosi, Nikki continua a sprofondare sempre di più. In questa situazione si rendono conto di avere bisogno di riportare in vita il legame che un tempo c’era stato tra loro e che le necessità di uno non sono da anteporre a quelle dell’altra. Ma la vita in tour non è più semplice di quella che avevano condotto insieme per le strade di L.A. e dovranno imparare ad affrontarla, facendosi forza a vicenda in un momento in cui faticano a farne persino a loro stessi.
[1982-1988]
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mick Mars, Nikki Sixx, Nuovo personaggio, Tommy Lee, Vince Neil
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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DREAM ON





Era già mattina quando aprii gli occhi e, per una volta negli ultimi tre anni, non avevo né mal di testa né mi sentivo le ossa in frantumi. Avevo ancora sonno, questo era vero, però non era dovuto al fatto che avessi passato la notte a stonarmi in compagnia del primo che era riuscito a procurarmi un po’ di cocaina – anzi, non ne avevo proprio toccata, di cocaina. Avevo solo fumato uno spinello, ovviamente accompagnato da una birra fredda, ma ero riuscita a non spingermi oltre.

Mi sedetti e mi stiracchiai nella penombra della stanza, accorgendomi di essere l’unica anima viva nella camera. La luce che entrava dalle fessure della veneziana abbassata non era sufficiente per aiutarmi a distinguere i contorni dei vari oggetti sparsi sul pavimento, allora arraffai il primo cumulo di vestiti che trovai e riconobbi col tatto che si trattava delle mie mutande e di una T-shirt che non mi apparteneva. Me le infilai entrambe e mi incamminai scalza verso il salotto, dal quale proveniva un forte aroma di caffè proprio come accadeva nel nostro appartamento le mattine in cui Brett si svegliava per primo e lo preparava per tutti in modo che potessimo affrontare le prove con più energie. Mi strinsi nelle spalle mentre avanzavo sul pavimento freddo del piccolo disimpegno buio e mi trovai nel salotto, scoprendo che anch’esso era vuoto. Decisi allora di seguire la scia dell’odore di caffè e di recarmi in cucina, dove trovai la causa di quel buon profumo: Nikki se ne stava in piedi davanti ai fornelli, intento a spignattare come non pensavo fosse in grado di fare. Lo osservai incuriosita mentre arraffava una spatola appesa ad una barra metallica per rigirare quello che stava friggendo in una padella, ma all’improvviso una nuvola grigia si sollevò verso l’alto e lui lasciò cadere le braccia lungo i fianchi con fare sconsolato.

“Ma vaffanculo...” borbottò mentre spegneva il fornello, dopodiché sollevò la pentola e si voltò, incrociando il mio sguardo. “Oh, Sharon, finalmente sveglia!”

Lo salutai con un cenno della mano accompagnato da un lungo sbadiglio.

“Volevo preparare qualcosa da mangiare, ma credo che dovremo rinunciare alla mia colazione,” spiegò mentre mi mostrava la padella, al cui interno c’era uno strano composto giallastro con i bordi anneriti che avrebbe dovuto essere un’omelette, o qualcosa di simile.

“Non preoccuparti, anche a casa mia non riusciamo mai a cucinare niente,” lo rassicurai abbozzando un sorriso.

Nikki sospirò e riempì di caffè un paio di tazze di forma e colore diversi. “Sempre meglio che rischiare di dar fuoco alla casa mentre cerchi di preparare un piatto di pasta come ha fatto Tommy una volta.”

“Adesso che non abitate più insieme non ci sarà più il rischio che qualcosa si incendi,” scherzai mentre prendevo una delle due tazze calde.

Nikki alzò le spalle e mi fece cenno di seguirlo in salotto. “Abitare da solo ha i suoi vantaggi perché non c’è nessuno che mi scoccia mentre sto scrivendo una canzone, ma non è poi così bello tornare a casa e non trovare nessuno, indipendentemente dal fatto che questo qualcuno sia semplicemente seduto al tavolo a leggere il giornale o che si stia dondolando da appeso a un’anta della finestra, ululando come un dannato.”

Presi posto sul divano e mi lasciai sprofondare nei cuscini fin troppo molli sotto lo sguardo indagatore di Nikki, poi riposi la tazza sul pavimento e lo guardai di sbieco. Non feci in tempo a domandargli per quale motivo mi stesse fissando in quel modo perché mi precedette: in un attimo mi ritrovai con le labbra premute contro le sue, nel silenzio del salotto come sempre interrotto dal rumore delle automobili che entrava dalla finestra spalancata insieme a un venticello caldo. Gli circondai il collo con le braccia e il nostro bacio si fece sempre più veemente finché Nikki non lo interruppe improvvisamente.

“Ho trovato la soluzione al problema di prima,” saltò su.

“Non ti seguo,” dissi con ancora il fiato corto.

Si sedette e mi guardò dritta negli occhi mentre ero ancora distesa sul divano. “Perché non rimani qui con me?”

A quelle parole sentii un brivido percorrermi la schiena e risalire fino al collo. Ero così stupita da quella proposta assurda che non riuscii nemmeno a trovare la forza per mettermi a sedere di fianco a lui.

“Così io non sono da solo e tu non devi più condividere la stanza con Rita, che ti spedisce a dormire sul divano ogni volta che rimorchia qualcuno,” continuò Nikki come se non si fosse accorto della mia espressione sorpresa. “Io tengo compagnia a te, tu a me, poi suoniamo, facciamo festicciole. Insomma, sarà divertente.”

“Tu... tu sei matto,” balbettai con gli occhi ancora spalancati. “Io che abito con te? Non credo funzionerebbe.”

“Ehi!” mi interruppe sollevando le mani. “Non ho detto che devi essere la mia fottuta fidanzata! Ti ho solo proposto di trasferirti qui, sempre ammesso che tu voglia staccarti dalla sottana di Brett.”

“Per me è come un fratello. Non ti permetto di parlare di lui con quel tono insofferente,” misi subito in chiaro, alterata.

“Lo so, infatti il tono insofferente non era riferito a Brett, ma al fatto che tu gli sia perennemente attaccata al culo.”

Sentii gli occhi schizzarmi fuori dalle orbite per il nervoso. “Credo che sia normale che due persone che si conoscono da una vita passino molto tempo insieme, o no?”

Nikki sbuffò e si lasciò cadere con la schiena contro il divano, fissandosi le mani congiunte sul grembo. “Non lo so, non ho mai avuto vicino qualcuno che conosco da una vita. Ho T-Bone, che ho incontrato un paio di anni fa, però tutte le altre persone vanno e vengono di continuano. Arrivano, mi lavorano, ottengono ciò che vogliono e spariscono, mentre altre volte mi ritrovo a essere io quello che le lavora, ottiene ciò che vuole e sparisce.”

Sollevò poi il capo e puntò lo sguardo assente in un punto fisso del muro chiaro dall’altra parte della stanza.

“Non sono quel tipo di persona. Anzi, a volte penso che dovrei imparare a non legarmi troppo a tutti quelli che conosco,” ammisi con un filo di voce, torcendomi le dita.

Nikki si strofinò un occhio. “Non era questo che intendevo. La mia era solo una proposta. Sei libera di scegliere”

“Ovvio che sono libera di scegliere. Infatti scelgo di accettare.”

Le iridi verdi di Nikki si illuminarono all’improvviso assumendo più vitalità del solito e si chinò nuovamente su di me per abbracciarmi. Se quello che mi aveva detto la sera prima era vero e non era solo una conseguenza del fatto che fosse particolarmente preso dalle circostanze, allora avrei passato parecchio tempo in quella casa, altrimenti ero destinata a trascorrerci a malapena un mese, dopodiché avrei fatto le valigie e sarei tornata a invadere la stanza di Rita con la coda tra le zampe.

Ora non mi restava che annunciare agli altri che da quel giorno non avremmo più condiviso lo stesso tetto e, mentre camminavo verso casa a passo sostenuto, pensavo a un eventuale modo in cui comunicarlo a Brett, che non si sarebbe rassegnato facilmente. Del resto era comprensibile visto che erano tredici anni che era abituato ad avermi tra i piedi per buona parte della giornata.

Quando arrivai a casa, mi aspettavo di trovare la solita atmosfera sonnolenta tipica delle dieci del mattino, con tanto di Steven in mutande che ronfava sul divano col suo cappello da cow-boy calato sugli occhi, ma mi sbagliavo. La porta era spalancata come quando c’era una festa in corso e le note di Roadhouse Blues dei Doors riecheggiavano per tutto l’appartamento. Le tende svolazzavano appena mosse dal vento secco e tiepido, la voce potente di Steven risuonava giuliva per il salotto e tutte le finestre erano state lasciate aperte per permettere alla luce di invadere l’intera casa. Chiamai ad alta voce i miei compagni e la prima a sbucare dal corridoio fu Rita, ancora più allegra e iperattiva del solito.

“Che bello riaverti tra noi, Sharon!” esclamò, poi aggiunse con un’espressione astuta stampata sul suo volto coperto da un’adorabile spolverata di lentiggini. “Ci stavamo giusto domandando che fine avessi fatto.”

“Al pub ho incontrato Nikki e ha insistito per farmi vedere la sua nuova casa,” raccontai mentre mi guardavo intorno, ancora stupita da tutta quella strana vitalità.

Rita agitò un dito come per dirmi “ecco, lo sapevo”.

“Secondo me non hai visto solo la casa, ma sorvoliamo su questi dettagli perché dopo avrai tutto il tempo che vorrai per raccontarmeli senza tralasciare nulla. Prima però dobbiamo darti una notizia sensazionale,” mi fece cenno di aspettare e si affacciò nuovamente alla porta del corridoio. “Brett, bastardo, vieni un po’ a dire a Sharon Smith che cos’è successo ieri sera!”

Un attimo dopo la sagoma imponente del mio amico guizzò fuori dalla sua camera seguita da quella più minuta di Steven, attraversò il disimpegno veloce come un fulmine e si fermò a pochi centimetri da me, muovendo l’aria. Brett mi fissava con gli occhi fuori dalle orbite, grondante di sudore come se avesse appena corso sotto il sole e con un sorriso che partiva da un orecchio e arrivava fino all’altro.

“Ieri sera, poco dopo che tu sei uscita, ci ha contattati un certo John Gates,” cominciò sfregandosi le mani. “Sai chi è?”

Inarcai un sopracciglio, confusa. “Non mi dice niente.”

Brett sogghignò seguito a ruota dagli altri due. “E il nome ‘Platinum Records’ ti dice qualcosa?”

Non appena udii quelle due parole mi sembrò che il pavimento sublimasse da sotto i miei piedi. “Non è quella casa discografica che c’è sul Santa Monica Boulevard?”

“Proprio così!” confermò Brett, e il mio cuore perse un battito. “E il carissimo John Gates vorrebbe metterci sotto contratto. Domani sera abbiamo un appuntamento nel suo ufficio nella sede principale.”

Rita fece capolino da dietro sua spalla di Brett. “Quell’uomo ci sta perseguitando da settimane e non ce ne siamo mai accorti. Sono settimane ce questo tizio pensa di offrirci un contratto, e noi nemmeno lo immaginavamo.”

Non le permisi di aggiungere altro perché mi avventai contro di lei per abbracciarla, le lacrime agli occhi per l’emozione e un’incredibile voglia di elargire abbracci a tutti. Quella era decisamente la mia giornata fortunata: avevo trovato una persona che si era affezionata a me e anche un contratto per la mia band. Mi sentivo stranamente a posto con me stessa e col mondo intero.

“Nikki!” esclamai ad alta voce mentre liberavo Steven dalla mia stretta. “Deve saperlo subito!”

Quel Nikki?” domandò il mio cantante, confuso e con un’espressione epica stampata sul volto.

Tornai ad arraffare il mio gilet di jeans da sopra il divano e sfrecciai verso la porta senza dargli una risposta, ma soprattutto senza rendermi conto che qualcun altro aveva deciso di seguirmi mentre mi catapultavo giù per le scale. Me ne accorsi solo nel momento in cui una mano mi afferrò per un braccio, quando avevo già oltrepassato il cancelletto.

“Dove corri? Resta qui, dobbiamo festeggiare!” mi pregò Brett.

“Devo assolutamente dire a Nikki che stiamo per ottenere un contratto. Torno subito,” risposi tutto d’un fiato, poi mi accorsi che Brett era sempre più perplesso e pensai che sarebbe stato meglio se gli avessi fornito qualche spiegazione, possibilmente seguendo l’ordine cronologico degli avvenimenti. Brett mi ascoltava attentamente, le braccia penzoloni e gli occhi fissi nei miei come se fosse stato pronto a zittirmi piazzandomi una mano sulla bocca nel momento in cui non avrebbe più potuto sopportare le mie parole. Capii che si stava innervosendo perché aveva iniziato a guardarmi di sbieco e a mordicchiarsi l’interno di una guancia.

“C’è qualcosa che non va?” gli chiesi timidamente quando ebbi terminato il mio discorso.

Brett sollevò le sopracciglia e sospirò. “Ti stai cacciando in un brutto guaio.”

Mi portai le mani sulla pancia e scoppiai in una risata nervosa. “Non dire stronzate!”

“Hai idea della persona con cui stai per–” si interruppe e calciò via una lattina vuota abbandonata sul marciapiede, spedendola in mezzo alla strada. “Hai presente il carattere di Nikki Sixx. Lo sai come tratta la gente, no? Lo farà anche con te e sono pronto a mettere la mano sul fuoco che tra una settimana sarai di nuovo qui.”

“Perché mi dici queste cose?” domandai con tono infantile come una bambina che si sente presa in giro da un adulto.

“Perché ti voglio bene, Sherry,” rispose Brett. “Non potrei tollerare di vederti tornare a casa col morale a pezzi per colpa di un cretino come lui.”

“Vaffanculo!” sbottai. “Non potresti pensare positivo per una cazzo di volta nella tua vita? Pensa a me che sarò felice, non a me che tornerò indietro col cuore a pezzi tra le mani, anche perché io non sono la sua fidanzata o qualche altra roba del genere.”

Brett si passò una mano aperta sul volto con la vana speranza di tranquillizzarsi, ottenendo però l’effetto contrario. “Ah, non lo sei? Allora ti dico io chi sei. Sei la prima scema che passa e che gliela serve su un piatto d’argento tutte le volte che vuole. Sei peggio di una groupie. Lo sai che fine fanno quelle, le vedi tutti i giorni entrare e uscire da casa nostra: le teniamo con noi finché non ci stanchiamo, poi le mandiamo via e ne facciamo entrare qualcun’altra. Solo che a loro va bene così, mentre tu stai cercando dell’altro.”

“Non sto cercando proprio niente!” ribattei con le gote che bollivano per la rabbia. “Ho solo trovato una persona che mi vuole bene.”

Brett sbuffò sonoramente. “Non sei la sua fidanzata, ma gli vuoi bene e vorresti stare con lui... santo cielo, Sharon, ma ti senti quando parli? Ti stai contraddicendo.”

“Piantala, Brett!” esclamai. “Ultimamente non ne azzecchi proprio una con me, eh? Si può sapere cosa ti prende? Neanche mia madre si preoccupava così per me, e ancora di meno faceva mio padre.”

Gli voltai le spalle mentre mi chiamava pregandomi di restare a casa a festeggiare, ma io non avevo la mia minima intenzione di farlo. Quella avrebbe dovuto essere una bellissima giornata e Brett era riuscito a rovinarla. Era sempre stato un ottimo amico: aveva sempre saputo darmi consigli validi e mi aveva aiutata nel momento del bisogno come anch’io avevo fatto con lui, ma certe volte diventava troppo apprensivo. Gli volevo un bene dell’anima, però era bene che ragionassi con la mia testa anziché con la sua, e quella mattina ero arrivata alla conclusione che avesse torto. Sapevo che Nikki e io eravamo legati da qualcosa e, nel bene o nel male, lo saremo stati molto a lungo anche se Brett temeva che potessi non essere felice come lui desiderava che fossi.

Con questi pensieri per la testa, svoltai l’angolo e mi ritrovai sul Sunset Boulevard, determinata più che mai a correre da Nikki per portargli la buona notizia.




N.D’.A.: Salve! =)
Spero che il capitolo sia stato di vostro gradimento.
Fino ad ora nessuno ha mai detto niente, ma se doveste trovare qualche errore nella forma o di distrazione, fatemelo notare in modo che possa correggerlo visto che non è difficile che ce ne siano nonostante rilegga il capitolo centomila volte prima ci caricarlo!
Grazie a tutti! ♥
Glam kisses e a mercoledì prossimo!

Angie


Titolo: Dream On - Aerosmith


   
 
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