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Autore: Amaya Lee    27/08/2014    3 recensioni
Arashi si scrive con lo stesso simbolo di "tempesta".
Questa storia comincia con due ferite verdi, limpide ma impenetrabili, e una cappa nera che viaggia imperturbata nella neve.
Poi gocce di sangue, un ticchettio semplice, distinto, elementare, che scandisce ogni istante di un tempo che scade.
L'attesa di un cambiamento si tramuta nella speranza di sopravvivere, scendendo a patti con incubi radicati troppo in profondità, mentre paure ipnotiche e scomode sbocciano in passione dolorosa.
La creatura più fragile non può sciogliere le catene del suo destino, non può ribellarsi al compito per cui è stata scelta, e più si dimena, più le ombre la trascinano a fondo.
Chi ha pianificato tutto questo e impugna i fili del fato resta nell'ombra, nell'attesa che la tempesta si faccia domare. Una risata disumana si eleva dalle profondità del Lago, una risata che per secoli è rimasta sepolta nell'oblio, nell'attesa di essere udita.
L'ultima parola di questa storia è "vendetta", e deve ancora essere pronunciata.
{tratto dal testo}
[...] Si trattava della legge del più forte, una regola che nemmeno le preghiere avrebbero potuto spezzare.
Genere: Angst, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kanato Sakamaki, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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IV

Convulsion






 

Essere ciechi non è una sventura,
è una sventura essere incapaci di sopportare la cecità.

John Milton

 















“Mi sembra piuttosto che quella confusa sia tu” Laito, fortunatamente, interruppe il mio stato di rapimento con la sua voce seducente. “Bitch-chan.”
“Potresti smetterla di chiamarmi...”

“Pare ci sia un piccolo equivoco” mi interruppe il ragazzo con i guanti. Mi sentii sollevata, ma lui continuò, imperturbabile. “Hisoka-san, hai frainteso le intenzioni della Chiesa. Tu sei stata scelta...”
Esitai. “Si, per una borsa di studio.”
Ayato sbuffò, avvicinandosi. Ogni passo che riduceva la distanza tra di noi faceva aumentare la mia angoscia. “Certo che la Chiesa se le inventa tutte, per ingannare i propri fedeli.”
Pensai che non dicesse sul serio. Non poteva dire sul serio.

“Cercherò di spiegartelo nel modo più semplice possibile, in modo che non ci siano malintesi” intervenne nuovamente il grigio, annoiato. Attese pochi secondi, per accertarsi di avere la mia attenzione. “La comunità del tuo paese ti ha mandata da noi come sacrificio, necessario per mantenere la pace tra le nostre fazioni.”
Rimasi immobile. Non sentivo nient'altro che il battito del mio cuore, il quale palpitava con lentezza estenuante nel mio petto. “Di che fazioni stai parlando?” chiesi, ostentando un'austerità che non potevo permettermi.
Fu Ayato a rispondermi. “Quella umana...”
“E la nostra razza” sbottò il lupo bianco, Subaru.
Un intuizione cominciava a farsi largo nella mia mente, ma feci del mio meglio per allontanarla. Pelle diafana, occhi ipnotici, vitta notturna. Comparse improvvise. Non poteva essere, certe cose esistevano solo nei film. Dovevo separare la realtà dalla finzione.

Qualcosa mi bloccava la gola.

“Hai capito, vero?” sussurrò una voce nel mio orecchio, una voce che non avevo ancora sentito, soffiando contro la mia pelle. Rabbrividii, ma non riuscii a negare.

Qualcosa di umido sfiorò il mio collo, e il mio cuore prese automaticamente a battere all'impazzata. Strinsi forte le palpebre, cercando disperatamente una via d'uscita, una soluzione logica.

Dovevo usare la logica, dovevo riflettere.
Laito racchiuse la pelle del mio collo tra le labbra, in un gesto che forse avrebbe dovuto essere stuzzicante, ma a percorrermi fu un tremito di disgusto.

Improvvisamente, la risposta si accese nel mio cervello come una lampadina. Scoppiai a ridere, costringendo il rosso ad allontanarsi di scatto. Mi tenevo la pancia dalle risate, che rimbombavano tra le pareti e sembravano fuori luogo, ma non riuscivo a trattenerle. Dopo uno spavento così clamoroso avevo bisogno di ridere.

“Voi...” Faticai a continuare la frase, che era continuamente interrotta dalla mia risata fragorosa e prolungata. “Questo... è uno scherzo, eh?”
Certo che lo era. E io ci ero cascata in pieno. Non c'era altra possibilità.

Piano, le mie risate sfumarono, e il sorriso sul mio volto fu fatto vacillare dagli sguardi interdetti e di disappunto rivolti a me.

“Volevate prendermi in giro? Bene, ammetto che mi sono presa una bella paura, complimenti, ma non ha più senso fingere” dissi, incrociando le braccia al petto. “Dico sul serio, non sono stupida. I vampiri non esistono.”

Ayato e Laito si scambiarono un'occhiata indecifrabile, mentre tutti gli altri restavano impassibili.
Io impugnavo la mia convinzione come un'arma di difesa, per niente intenzionata a lasciarla andare. I vampiri non esistono.

“Nessuna ha mai reagito in questo modo” constatò il biondo, senza aprire gli occhi.

Ayato annuì, in un modo che non mi piacque. “Shu ha ragione. Di solito, quando voi mortali lo venite a sapere, scappate via come dei conigli. Come se credeste davvero di poterci sfuggire.”

I vampiri non esistono.

“In effetti” intervenne Laito “Forse Bitch-chan ha bisogno di una piccola dimostrazione...”

Trasalii, e la paura ricominciò ad insinuarsi in me. I miei sensi si accesero, l'adrenalina affluiva velocemente nei condotti sanguigni.

Subaru si alzò all'improvviso, ergendosi in tutta la sua altezza. “Se è questo che serve per aprirti gli occhi, stupida mortale” mormorò. Un attimo dopo lui non c'era più.
Delle dita gelide si strinsero attorno al mio collo, bloccandomi la respirazione.

Annaspai, in cerca d'aria, ma questa non arrivava ai polmoni. Panico. Non riuscivo a pensare a nient'altro. Le mie mani si sollevarono di scatto, trovando quella che mi stava soffocando, graffiandola, cercando di strapparla via da me.

Ma quella era troppo forte, innaturalmente forte.

L'aria mi mancò per quella che mi sembrò un'eternità. Il viso mi pulsava, e delle macchioline nere mi annebbiavano la vista.

Sto morendo, pensai. Non volevo morire.

“Basta così, Subaru” disse una voce lontana, ovattata.
La presa sulla mia gola svanì, e mi ritrovai ad afferrarla con mani tremanti mentre tossivo violentemente. Cercavo di riassumere una respirazione regolare, ma tutto ciò che facevo era inciampare nell'aria.
Caddi in ginocchio sul pavimento, appoggiandomi ad esso con un braccio teso in avanti. Seguii con gli occhi il motivo rosso e nero del tappeto, e l'ossigeno ricominciò a fluire al cervello, permettendomi di formulare ragionamenti coerenti.

“Voglio divertirmi anch'io con lei” si lamentò Laito, evidentemente contrario al gesto del lupo bianco. Mi toccai il collo, risalii alla mascella e sfiorai la guancia, come per controllare che fosse tutto al suo posto. Ero intera, anche se mi mancava ancora un po' di sensibilità.
Sollevai di scatto la testa, incrociando lo sguardo neutro di un paio di occhi pervinca. Questi bastarono a farmi scattare.

“Siete pazzi” affermai, più a me stessa che a loro.
I vampiri non esistono.

Ne ero certa. Quei ragazzi erano semplicemente degli psicopatici che credevano di essere creature della notte, o lo facevano semplicemente credere agli altri. Erano completamente fuori di testa, e non mi sarei lasciata coinvolgere oltre.

Una volontà incontrollabile si impadronì di me, e in un paio di secondi fui davanti alla porta, impugnando il pomello dorato.

Con uno sforzo riuscii a sbloccare la serratura, consapevole degli sguardi puntati su di me, e mi lanciai fuori dalla stanza.

Percorsi tre corridoi correndo a perdifiato, cercando di raggiungere l'uscita.

Correvo veloce. In passato avevo fatto parte della squadra di atletica, ma ero stata espulsa per aver risposto in modo poco adeguato al mister durante una delle sessioni di allenamento, e lì era finita la mia carriera.
La mia resistenza ne risentiva, evidentemente, perché giunta al Salone d'Ingresso il petto mi bruciava. Dovevo solo scendere la scalinata, poi sarei finalmente stata fuori da lì.
Adocchiai il portone principale, ma scoprii con orrore che Ayato vi era appoggiato con nonchalance, le braccia incrociate al petto. Mi guardò come se avesse tagliato il traguardo di una maratona prima di me, e si stesse vantando senza parlare.

Mi voltai, senza sapere esattamente se tornare indietro fosse la scelta giusta, ma trovai Subaru alle mie spalle.
La sensazione della sua mano attorno alla mia gola era ancora vivida sulla mia carne e nella mia mente, e cambiai direzione. Mi diressi a sinistra, nel corridoio che conduceva all'ala destra dell'edificio.

“Siete tutti pazzi!” urlai, lasciandomi alle spalle il Salone. 
























Buonasera♥
Anche stasera aggiorno, visto che ho un po' di capitoli pronti nel pc. Tuttavia, mi sto impegnando per scriverne di nuovi per non ridurre eccessivamente in futuro la frequenza, e spero di riuscirci. 
Comunque, qui Arashi-chan comincia a comprendere quale sia la natura dei suoi ospiti, anche se non vuole crederci. Ho cercato di rendere le sue reazioni il più verosimili possibile, e di rispettare al meglio l'IC di ognuno. Scusate davvero se è breve, ma dovevo mantenere un po' di suspence per il capitolo successivo. Infondo non fa male, no? Spero lo apprezziate ugualmente, in tal caso mi farebbe davvero moltissimo piacere se lasciaste una recensione, per farmi sapere♥
Ah, ringrazio di cuore Alyx Evans e UnaScuotitriceDiParole per aver recensito il precedente capitolo, le tre persone che hanno aggiunto la storia alle seguite, e sempre Alyx Evans che l'ha messa addirittura tra le preferite! 
Al prossimo aggiornamento, un bacio
Nico-chan

  
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